La Sorgente Primordiale dell'Occultismo — G. de Purucker

Sezione 1

l'Insegnamento della Saggezza Originale

(Le Sezioni 1 e 2 sono state pubblicate insieme sotto il titolo The Path of Compassion [Il Sentiero della Compassione], copyright © 1986 Theosophical University Press.)

LA TRASMISSIONE DELLA LUCE

Non vi è che un solo occultismo, una sola verità. La sorgente della saggezza su questa terra è la Fratellanza degli adepti, il cuore spirituale del mondo, da cui scaturisce incessantemente un flusso d'ispirazione e illuminazione. Ė la suprema sorgente unica dalla quale sono derivate tutte le sfaccettature della verità che i sistemi religiosi e filosofici del mondo contengono. Da lì provengono, di epoca in epoca, non solo i grandi saggi ed insegnanti in qualità di guide e istruttori degli uomini, ma anche gli inviati o messaggeri, sia conosciuti che sconosciuti, che lavorano nel mondo a beneficio dell'umanità.

Questa Sorgente Primordiale della saggezza è formata dai più nobili giganti spirituali ed intellettuali che l'umanità abbia mai prodotto —  uomini che sono entrati in comunione con il loro dio interiore. Conoscendosi l'un l'altro, essi sono collegati tra loro e formano così la grande scuola di luce e verità, la grande Fratellanza. Chiamati con vari nomi in epoche diverse, questi esseri elevati sono conosciuti nei paesi buddhisti come Dhyani-chohan; gli antichi persiani chiamavano i membri di questa gerarchia solare: Amshaspend. I mistici giudei e i cabalisti li denominavano Bnei 'Elohim, Figli degli Dèi, e in altri paesi, come nell'antico Egitto, erano chiamati Figli della Luce, o Figli del Sole.

In passato sono esistite innumerevoli scuole di Occultismo, derivanti tutte dalla scuola-madre, esistono tuttora ed esisteranno in futuro. I Misteri dei greci erano una di queste scuole, come lo erano i Misteri dei persiani e degli egiziani; i Misteri praticati nelle antiche Americhe, come quelli dei peruviani e dei maya, erano scuole che seguivano la stessa tradizione sacra. Sia il Lamaismo del Tibet che i Vedanta dell'Hindustan sono essenzialmente scuole di occultismo, pur essendo anche sistemi di filosofia esoterica. I Rosacroce dell'età medievale in origine erano un'associazione mistica teosofica e quasi-esoterica; e i Martinisti in Francia, che sussistono a tutt'oggi, formano una delle scuole di 'occultismo.' Vi sono poi le cosiddette corporazioni alchemiche, sia in India, in Asia Minore, che in Europa, i cui seguaci, pur possedendo un minimo di aspirazione spirituale, tuttavia concupiscono maggiormente i poteri o i fenomeni.

Inoltre, in Oriente vi sono anche vari gruppi quasi-occulti, qualcuno più grande, qualcuno più piccolo, che studiano a modo loro le varie tracce della letteratura mistica che le epoche passate hanno visto nascere nei loro paesi. In Persia, Egitto, Siria, e in parte della Turchia, esistono associazioni simili, spesso molto esclusive, delle quali generalmente non si sa nulla.

Tutte queste associazioni, in ogni paese e in ogni epoca, fanno un buon lavoro, a modo loro, in proporzione al valore dell'antica saggezza che insegnano. Ma questa verità, così come la insegnano, è troppo spesso vista attraverso i prismi della distorsione mentale di coloro che si sono allontanati dalla sorgente primordiale. Solo quando trasmettono fedelmente lo splendore ricevuto originariamente dalla scuola-madre, allora possono essere giustamente chiamate scuole di occultismo. Possiamo aggiungere che attualmente vi sono nel mondo, in ciascuna delle grandi masse continentali, poche —  molto poche —  scuole esoteriche connesse alla Fratellanza.

Qualche studente intuitivo ha sospettato l'esistenza degli insegnamenti esoterici nelle arcaiche scuole dei Misteri, che però non sono mai stati trovati in un'organizzazione conforme. Nelle diverse letterature antiche rintracciamo qualche allusione, qualche riferimento qua e là, ma una successione ragionata ed esplicita di tali insegnamenti esiste solo nei luoghi in cui nessun studente non iniziato è, fino ad oggi, consapevolmente penetrato.

Nel tramandare le verità più profonde per le generazioni successive, gli antichi saggi e veggenti adottarono l'uso della metafora o figure retoriche, spesso sotto forma di racconti fantastici e curiosi, leggende, favole, romanzi mitologici. Platone, ad esempio, attraverso l'uso del mito forniva cautamente molti cenni riguardo gli argomenti insegnati nei Misteri; ma poiché egli stesso sapeva quello che faceva e aveva ricevuto il permesso di attuarlo, usò la maschera della metafora, per cui non era una violazione né del carattere né dello spirito del suo giuramento.

In effetti, usando in questo modo i termini esoterici, i grandi istruttori delle epoche passate si scrissero lettere reciprocamente, e composero i loro libri, passandoseli di mano in mano. Coloro che erano iniziati potevano comprendere ciò che leggevano; per loro era intelligibile e chiaro; ma per l'uomo che non era stato accolto tra le 'mura del tempio,' gli insegnamenti erano soltanto filosofia speculativa, o forse un gergo senza significato.

Questi insegnamenti di saggezza furono trasmessi in successione diretta da saggio a saggio, fin da quando i Misteri furono istituiti per la prima volta tra gli uomini nell'ultimo periodo Lemuriano e nell'Era degli Atlantiani —  un passo che divenne necessario perché l'umanità aveva perduto il potere di comunicare direttamente e coscientemente con i suoi antenati divini. Agli uomini fu così insegnato a risvegliare l'anima con uno sforzo della volontà combinato ad un'intensa aspirazione, in modo che potessero entrare in comunione diretta con il proprio dio interiore —  o con qualche altra divinità. Fu in questa maniera che le verità più nobili sull'uomo e l'universo furono percepite originariamente, e di conseguenza 'cantate' —  per usare il termine dei Veda —  cioè formulate in linguaggio umano.

Perché, praticamente, tutti gli insegnamenti delle antiche letterature furono divulgati tramite la metafora del campo di battaglia? La Bhagavad-Gita, ad esempio, racconta il conflitto tra gli eserciti opposti dei Kuru e dei Pandava. Nelle mitologie germaniche e scandinave vi è un continuo combattere tra gli dèi e gli eroi; così, anche le mitologie greche, persiane e babilonesi, in questo senso sono tutte simili.

La questione è facilmente risolvibile: ai bambini piccoli noi diamo libri di fiabe; a coloro che non possono comprendere il significato di pace, di calma e di enorme forza che sta in esse, parliamo di battaglie e combattimenti, perché vi è sempre un vincitore e un vinto. Quindi, nelle letterature mondiali i segreti delle verità mistiche furono descritti nel filone epico, per affrontare le caratteristiche mentali di quelle epoche. Ma dietro tutto questo vi erano le scuole esoteriche[1] che insegnavano la verità e la compassione più direttamente, come fece Lao-tse in Cina: "La via del Tao non è quella di lottare." Ma questo non vuol dire immobilità, perché l'immobilità di solito è torpore mentale, mentre tutto lo sforzo dovrebbe essere di incarnare, nella propria vita e in ogni fibra del nostro essere, uno spirito attivo di compassione per tutta l'umanità.

Proprio come le corporazioni esoteriche divennero le grandi scuole religiose e filosofiche del passato, così l'attuale movimento teosofico fu designato ad essere il vivaio spirituale-intellettuale da cui nasceranno i grandi sistemi filosofici, religiosi e scientifici delle epoche future —  in verità, il cuore delle civiltà dei cicli a venire.

In ogni Era importante sono stati fondati movimenti teosofici in varie parti del globo. Pochi hanno avuto successo; la maggior parte di essi vissero per un periodo, fecero qualcosa di buono, raggiunsero una certa quantità del lavoro che doveva essere fatto, e poi fallivano, diventando una chiesa, una setta, una serie dogmatica di credi. Questi tentativi periodici di instillare nei cuori degli uomini le verità senza tempo continueranno nei tempi futuri, finché gli esseri umani si saranno così evoluti da accogliere la luce che verrà, e la onoreranno come il dono più prezioso che hanno.

Così avvenne che nel 1875 due individui dall'anima buddhica si addossarono la sfida di diventare essi stessi karmicamente responsabili, nel senso di divulgare un nuovo messaggio che, per la forza del suo vigore innato e il potere persuasivo delle sue verità, potesse indurre gli uomini a pensare. Da allora in poi la scienza cominciò ad avere stimoli di idee innovatrici; nuovi impulsi furono immessi nell'atmosfera del pensiero del mondo e, non ultimo, prese decisamente consistenza l'ideale di lavorare per una possibile fratellanza universale fra tutti i popoli. Il primo obiettivo era che questi antichi principi spirituali lievitassero nel pensiero umano, negli strati religiosi e filosofici, ed infine nella struttura sociale stessa. H. P. Blavatsky fu ispirata a scrivere i suoi capolavori, Iside Svelata e La Dottrina Segreta —  non allo scopo di fondare un'altra religione, ma per ripristinare ancora una volta, e in misura più esauriente, l'arcaica tradizione di saggezza dell'umanità nei suoi aspetti più esoterici. Come tale, lei fu uno degli anelli nella linea seriale degli istruttori che vengono in determinati periodi per trasmettere la luce esoterica e la verità. H. P. B. apparve tra l'inizio di un nuovo ciclo messianico e la fine di quello vecchio, ed era quindi il messaggero dell'età futura.

Questa successione di istruttori, uno dopo l'altro, è continuata attraverso innumerevoli secoli. Non vi è nulla di sorprendente in ciò, è semplicemente l'esempio di una delle leggi della natura; proprio come una generazione succede all'altra, e un'etnia, al momento evolutivo, viene dopo un'altra, così vi è una catena di uomini saggi che perpetuano il flusso della verità attraverso le Ere. Negli scritti sanscriti questa catena è chiamata guruparampara, che è di due tipi: il primo include quei saggi che si elevano maggiormente rispetto ad altri, per così dire, in saggezza e dignità spirituale sempre più grandi; e il secondo comprende quelli che si alternano a vicenda nel tempo, e in una linea di successione nel mondo esterno degli uomini.

Lo stesso schema era noto ai poeti e filosofi greci; sia Omero che Esiodo parlarono entrambi della Catena d'Oro che univa l'Olimpo alla terra, e i successivi scrittori mistici greci la chiamavano la Catena Ermetica. Questa trasmissione della torcia della luce di mano in mano c'è sempre stata, e sempre ci sarà —  finché viene un appello dal cuore degli uomini. Quando questo appello muore, la catena di successione rimane intatta, ma gli istruttori non lavorano più allo scoperto.

I guardiani dell'umanità —  chiamateli come volete, maestri, mahatma, adepti o fratelli maggiori della razza —  lavorano ovunque intravedano la sia pur minima possibilità di agire per il bene, di coltivare la natura spirituale degli esseri umani loro compagni. Ovviamente, qualsiasi società o gruppo di persone, o qualsiasi individuo che tenti di seguire un nobile sentiero nella vita, riceveranno, se meritevoli, il loro aiuto. La prova, l'unica prova, è il merito. Ogni qualvolta è fatto il giusto appello, la risposta verrà. Il solo appello che essi riconoscono è quello fatto dagli individui i cui cuori anelano alla luce, e le cui menti cercano la visione, e le cui anime sono pervase dalla compassione. E inoltre, l'appello deve essere fatto soltanto per mettere questa passione e questa luce sull'altare del servizio per l'umanità. Non vi è un solo battito del cuore che rimanga senza risposta, non una singola aspirazione dell'anima ad aiutare, che non sia registrata fedelmente.

Quindi la Fratellanza degli adepti è il guardiano e il custode della saggezza primordiale, i cui membri hanno giurato di preservarla in segretezza e silenzio finché qualcuno bussi alle sue porte con il giusto tocco. Essi, a loro volta, ricevono la luce da altri esseri più elevati di loro; e così via, per sempre, questa teosofia —  la saggezza degli dèi —  è trasmessa agli uomini lungo la Catena d'Oro di Mercurio, l'interprete.


L'ILLUMINAZIONE SPIRITUALE CONTRO LE ILLUSIONI PSICHICHE

Le forze spirituali ed astrali sono incessantemente al lavoro, fin dalle prime Ere della terra. Ma vengono determinati periodi della storia umana in cui le porte tra il nostro mondo fisico e i regni interiori sono parzialmente aperte, in modo che gli uomini diventino più recettivi a queste sottili influenze. Stiamo vivendo un'epoca di vita e di pensiero materialistici, e stiamo entrando in un'Era più spirituale. Allo stesso tempo, il mondo è pieno di prove di un'esplosione di influenze psichiche, che sono sempre ingannevoli, sempre pericolose, perché i regni astrali appartengono ad un'area d'esistenza materiale impregnata di emanazioni dannose, sia umane che diversamente.

Tale è in verità il nostro periodo attuale, in cui le energie spirituali ed astrali sono accelerate poiché siamo alla congiunzione di due grandi cicli, la conclusione di uno e l'inizio di un altro; e, concordemente a questa tradizione di periodi ciclici, le menti degli uomini stanno cambiando rapidamente, diventando più sensibili a livello psichico. In ciò vi è un grande pericolo, ma vi è anche una possibilità maggiore di progredire più velocemente, se la coscienza dell'uomo è diretta verso cose più elevate, poiché questo movimento accelerato di cambiamento è particolarmente potente per quanto concerne le forze spirituali.

Non vi è niente di straordinario in questo; è già avvenuto in passato. Ai tempi della decadenza della razza atlantiana fu fatto uno sforzo immenso —  uno sforzo che culminò nell'istituzione delle scuole misteriche che lunghe Ere dopo si estrinsecò nei vari centri mistici, religiosi e filosofici del mondo antico. Se esaminiamo le letterature sacre del mondo, troviamo che le più antiche contengono in vasta misura gli insegnamenti esoterici arcaici. La ragione è che all'incirca dal periodo della sommersione dell'ultima isola del sistema continentale di Atlantide —  che Platone afferma sia avvenuta all'incirca 9000 anni prima dei suoi tempi —  è subentrata una continua crescita di materialismo nel mondo, e una conseguente ed eguale recessione degli impulsi spirituali. Ma questo ciclo, così come abbiamo accennato, è finito da poco. Quello in cui stiamo entrando è molto insolito, in quanto non appartiene alla cosiddetta Era messianica che ha una durata di 2160 anni, ma copre un arco di tempo di quasi dodicimila anni.

Grandi avvenimenti stanno per accadere, perché l'intero mondo civilizzato si sta avvicinando ad un punto critico della sua storia. C'è veramente una battaglia che si svolge tra le forze della luce e le forze delle tenebre, ed è una questione da ponderare con molta cura: da quale lato della linea divisoria tra salvezza spirituale e retrocessione spirituale oscilleranno i piatti della bilancia del destino?

In una lettera scritta poco prima di morire, H. P. Blavatsky ammoniva:

Lo psichismo, con tutti i suoi allettamenti e pericoli, si sta necessariamente sviluppando tra di voi, e dovete stare attenti affinché lo sviluppo psichico non superi quello manasico e spirituale. Le capacità psichiche tenute perfettamente sotto controllo, affrontate e guidate dal principio manasico, sono validi aiuti per lo sviluppo. Ma queste capacità, insorgendo con tumulto, controllando invece di essere controllate, usando invece di essere usate, portano lo studente nelle più pericolose illusioni e nella certezza della distruzione morale. Sorvegliate quindi con attenzione questo sviluppo, inevitabile nella vostra razza e periodo evolutivo, in modo che alla fine lavoriate per il bene e non per il male.[2]

Sfortunatamente, come sempre avviene in un'epoca che ha perduto il contatto con la spiritualità, gli individui oggi anelano ai poteri, per lo sviluppo di presunte ma a stento comprese facoltà superiori; e nella loro cecità cercano al di fuori di se stessi. I loro cuori desiderano risposte agli enigmi della vita, e così prendono quel che possono dagli insegnanti che si fanno personalmente pubblicità su come ottenere ed usare i poteri psichici, e questi 'insegnamenti' sono sempre attuati a proprio vantaggio. Ė difficile parlare di queste cose senza ferire molte anime fiduciose che, non conoscendo la verità, seguono quelli che appaiono come bagliori di una vita più grande di quella che hanno; e questo spiega i molti cosiddetti movimenti psichici e quasi mistici[3] che esistono oggi e che, in molti casi, stanno deviando la gente, invece di guidarla verso la luce che emana dal proprio dio interiore. Dobbiamo stare sempre in guardia riguardo queste cose. Le onde della luce astrale sono estremamente inaffidabili, e migliaia di persone seguono l' utopia della luce psichica invece del costante splendore ardente della divinità interiore.

Ė molto evidente che l'Occidente è fuorviato dagli insegnamenti psichici, che in se stessi non hanno nulla di permanente. E coloro che seguono queste pratiche sono, al novantanove per cento, persone che hanno una struttura spirituale e psichica non allenata, e sono dunque facilmente preda della maya dello psichismo. Ciò non significa che queste facoltà e questi poteri siano negativi o che non facciano parte della costituzione umana, né che siano inutili. Il significato è che sono molto rischiosi per chi non ha la visione spirituale, il potere dell'intelletto e della volontà spirituale, per guidare e controllare la natura psichica in cui sono inerenti tali facoltà.

Sono pericolose anche le pratiche dello hatha-yoga di tipo psico-astrale, solitamente connesse a una postura fisica, ecc., alle quali si dedicano certe persone nel tentativo di ottenere per se stesse poteri di tipo inferiore. Queste pratiche non solo possono influenzare la mente e distaccarla dalla sua sede normale, creando così la pazzia, ma possono anche interferire con un'equilibrata circolazione pranica del corpo. I fanatici religiosi spesso impazziscono; e in alcuni casi diventano i cosiddetti estatici, ritenuti dagli ignoranti come modelli di una vita santa semplicemente perché la loro pelle può sanguinare, e le mani o i piedi possono mostrare ferite che si suppone rappresentino i chiodi della Croce. Lo stesso si potrebbe dire dei fachiri e della tipologia inferiore degli yogi orientali. Si possono raggiungere risultati che danneggiano sia la mente che la salute, come pure la vita stessa. In tutte queste pratiche non vi è un soffio di spiritualità.

Colui che entra sul sentiero con la speranza di ottenere poteri di qualsiasi tipo, considerandoli come qualcosa di capitale importanza, è destinato a fallire. In verità, egli si sta incamminando su una strada rischiosa che, al peggio, potrebbe condurre alla stregoneria e alla magia nera e, al meglio, portargli solamente il frutto della delusione del Mar Morto.[4] Poteri come questi, sia spirituali, intellettuali o psichici, si sviluppano al momento opportuno e in maniera perfettamente naturale man mano che progrediamo, a patto di avere l'irremovibile determinazione di conseguirli, e soprattutto, che il nostro cuore sia sempre illuminato e pieno d'amore compassionevole, un amore che anche oggi è una chiara caratteristica dell'anima spirituale interiore.

Negli insegnamenti della tradizione esoterica vi sono un'immensa speranza e bellezza spirituale. In questi insegnamenti c'è il sentiero nel quale possiamo evolvere, ma dipende dall'individuo ascendere oppure no lungo il raggio che è vivente e che lavora dentro di lui. Mentre è vero che per comprendere appieno la chiave più profonda della filosofia si richiede un alto potere intellettuale e una visione spirituale, spesso sono i caratteri molto semplici a vedere la grande luce. La luce passa dappertutto. Non dobbiamo fare altro che aprire le porte chiuse della nostra personalità, e la sua stessa luce entrerà, e allora afferreremo istintivamente i segreti più reconditi della natura.

L'avatara Gesù, così mal compreso in Occidente, insegnò le medesime verità. Cerca prima i tesori dello spirito, del regno dei cieli, e tutte le altre cose saranno integrate —  tutti poteri, le energie e le facoltà psichiche si metteranno a posto naturalmente e senza pericolo, illuminate e guidate dal sole spirituale interiore.

Ora, quali sono questi tesori dello spirito? Nono sono altro che le facoltà e le energie dell'intelletto a renderci simili a dio in pensiero ed opere: il potere della volontà, l'intuizione, l'immediata empatia con tutte le vite. Non vi è ragione perché gli esseri umani non debbano cominciare ad usare il loro lignaggio. Tutti i poteri, qualità e attributi, sono in noi, anche ora, ma per la maggior parte sono latenti, perché non abbiamo ancora imparato ad esternarli. In realtà, siamo noi che 'dormiamo' nella nostra ordinaria mente inferiore e nei sentimenti, mentre la nostra natura superiore non dorme mai del tutto, ma è intensamente attiva.

Ad esempio, quando la volontà spirituale è evocata e si attiva in un uomo, egli diventa dominatore di se stesso in modo da avere l'assoluto auto-comando, e nemmeno gli abitanti del mondo astrale possono in qualche modo controllarlo. La volontà nell'azione è un flusso di energia, che significa un flusso di sostanza, precisamente come l'elettricità è sia forza che materia. Dietro la volontà c'è il desiderio. Se il desiderio è puro, la volontà è pura. Se il desiderio è negativo, la volontà è negativa. Dietro al desiderio c'è la coscienza. Quindi, la volontà ha origine dalla coscienza tramite il desiderio. Noi desideriamo, ed istantaneamente la volontà risveglia l'intelligenza che guida questa volontà, ed agiamo —  o ci tratteniamo dall'agire, il che, a volte, è anche meglio.

Vi è il desiderio divino[5] che negli uomini è chiamato aspirazione, e anche il suo riflesso materiale. Quanti di noi lasciano che la volontà sia guidata dagli impulsi egoistici ed interessati dell'aspetto inferiore della natura del desiderio, il principio kamico! Di conseguenza, poiché la volontà umana è radicata in buddhi-manas, sono l'intuizione e il principio manasico superiore che dovrebbero dirigere la nostra volontà umana ad azioni più nobili che è di nostra competenza fare: le azioni della fratellanza e del servizio impersonale; ed è questa la vera natura e la caratteristica dell'ego spirituale, il principio buddhico-manasico nell'uomo.

L'intuizione si esprime come una visione rapida, una conoscenza immediata. Ma c'è una grande differenza tra saggezza e conoscenza. La saggezza potrebbe essere chiamata la conoscenza dell'ego superiore, l'anima spirituale, e la conoscenza potremmo definirla la saggezza della personalità. In entrambi i casi è un memorizzare il tesoro dell'esperienza di ciò che abbiamo imparato e dimenticato —  un tesoro che non è in una camera, piccola o grande, ma in noi stessi. Ogni esperienza è una modifica del sé che sta assimilando; e il deposito della memoria è pieno delle registrazioni delle Ere, precisamente come la personalità è stampata ed impressa nelle registrazioni karmiche di tutte le personalità precedenti che l'hanno creata.

Saggezza, conoscenza, potere interiore, sono tutte facoltà dello spirito, sono i frutti del processo evolutivo della potenza inerente all'anima-spirito. L'intuizione, di per sé, è saggezza spirituale e conoscenza raccolta, raccolta nella casa del tesoro dell'anima-spirito in vite passate. L'istinto, d'altro lato, può essere definito il lato passivo dell'intuizione, che è il lato dinamico della volontà, l'aspetto vigilante ed attivo. L'istinto si esprime pienamente attraverso l'essere naturale: gli atomi si muovono e cantano per istinto; così come fa l'uomo che usa la propria coscienza e la volontà, essi possono fare altrettanto; ma il canto e il movimento dell'intuizione sono incomparabilmente più elevati del canto e del movimento dell'istinto. Entrambi sono funzioni della coscienza, l'istinto è vegetativo, automatico; l'intuizione è attiva, sveglia.

Lo spirito tutto permea, è vivente, e si muove dappertutto, perché è universale. La chiaroveggenza spirituale, di cui la chiaroveggenza psichica non è che un'ombra fluttuante, rende un individuo capace di vedere dietro il velo dell'illusione, di vedere ciò che accade su qualche stella remota nei campi dello spazio. Ė il potere di percepire la verità delle cose istantaneamente, conoscere i cuori degli uomini e comprendere le loro menti. Ė la facoltà di visualizzare con l'occhio interiore, non tanto una visione delle forme, quanto un' acquisizione della conoscenza, e poiché quest'acquisizione della conoscenza avviene in un modo che è parallelo al vedere con l' occhio fisico, è chiamata visione diretta.[6]

Così è per la chiarudienza spirituale, che non è il potere di udire con l'orecchio fisico (o di vedere, perché qualche volta i suoni sono visti e i colori uditi, essendovi un'interrelazione tra senso e senso) —  ma di ascoltare con l'orecchio dello spirito. I suoni che sono uditi con l'orecchio dello spirito sono uditi nel silenzio e nella pace di tutti i sensi. Questa chiarudienza spirituale renderà capace un individuo di udire i movimenti degli atomi, poiché essi cantano i loro inni individualmente; di udire la crescita dell'erba, lo sbocciare della rosa —  di udire tutto ciò come una sinfonia.

Socrate era solito dire a quelli intorno a lui che il suo daimon, il suo consigliere interiore, non gli aveva mai suggerito cosa fare, ma sempre quello che non doveva fare.[7] Questo daimon era la 'voce' dell'ego superiore, che nei grandi uomini è spesso molto forte nella sua energia, e in qualche costituzione ipersensibile può essere udito come una 'voce.' Non è realmente una voce (anche se a volte è quello il suo effetto sul cervello fisico) ma piuttosto un impulso interiore, che si manifesta anche come lampi di luce e visione interiore.

Non possiamo comprendere noi stessi se non abbiamo sviluppato la comprensione del cuore. La chiave è la empatia, e il metodo è guardare all'essere divino in noi. Se aspiriamo a diventare più simili a lui in ogni momento della nostra vita, la luce verrà e riconosceremo la verità quando l'avremo incontrata. Da quel momento diventeremo più compassionevoli e forti —  qualità che sono le vere insegne dell'uomo auto-illuminato. La prima lezione, dunque, è di cercare la luce del nostro dio interiore, e affidarci solo ad essa. Quando seguiamo questa luce e ci riscaldiamo ai suoi sublimi raggi datori di vita, allora possiamo vedere negli altri la stessa luce di dio.

Andando alla sorgente troviamo l'acqua più limpida; quindi, perché bere le acque fangose a centinaia di miglia da quella fonte? Se un uomo vuole conoscere se stesso e i meravigliosi poteri e facoltà che gli appartengono, deve proiettarsi nell'universo che lo circonda, e studiare quell'universo come se fosse egli stesso. Un aforisma, forse, ma una vera chiave maestra per la saggezza, che contiene l'essenza non solo di tutta l'iniziazione, ma di una totale crescita futura.


IL TRANQUILLO, PICCOLO SENTIERO

Tutte le scuole esoteriche hanno insegnato che la vera base della loro esistenza è: "Uomo, conosci te stesso!" Ė sempre stato così, e la sua chiave si trova in molte cose. Si trova nello studio della sofferenza che il groviglio della personalità sperimenta prima che sia oltrepassato il suo intricato labirinto di egoismo; si trova anche, su un piano più esoterico, in un'attenta lettura delle maestose letterature delle epoche passate: l'opera del cervello, l'opera del cuore, l'opera dell'anima, dei veggenti e saggi di ogni Era. Più grande di tutte, essa si trova nello studio dell'amore per gli altri e in un assoluto oblio di sé. In questo giace il mistero della Buddhità, dello stato Cristico: dimenticare se stessi, immergersi nell'amore onnipervadente, sconfinato e senza frontiere, di tutto quello che esiste.

Alcune persone immaginano che il sentiero della conquista spirituale sia lontano, oltre le montagne del futuro, quasi inavvicinabile, mentre in realtà vi è un confine relativamente esiguo tra la vita ordinaria e quella percorsa dal neofito o chela. Essenzialmente, la differenza è una delle prospettive, e non una distanza metafisica. Ė la stessa differenza che esiste tra chi cade sotto il dominio della tentazione e quindi ne diventa schiavo, e chi invece resiste con successo alla tentazione, e di conseguenza ne diventa padrone.

Chiunque può entrare sul sentiero, se la sua volontà, la devozione e i desideri sono guidati per essere di maggior servizio agli altri. La sola cosa che lo trattiene dal compiere quel bellissimo passo sono le proprie convinzioni, i pregiudizi psicologici e mentali che travisano la sua prospettiva. Siamo tutti apprendisti, tutti noi abbiamo delle illusioni. Persino i mahatma e gli adepti hanno delle illusioni, anche se di carattere estremamente sottile ed elevato, che li trattengono dall'andare ancora più in alto —  e questa è una delle ragioni per cui sono così compassionevoli con quelli che stanno cercando di inoltrarsi sul vero sentiero che essi hanno percorso con successo in periodi precedenti.

La via più rapida per padroneggiare queste illusioni è di tagliarle alla radice, e questa radice è l'egoismo nelle sue innumerevoli forme. Anche il forte desiderio di avanzare, se è solo per se stessi, si basa sull'egoismo, che a sua volta produce le proprie maya sottili e potenti. Quindi, ogni ambizione di riuscire, a meno che non si sia purificata di tutta la personalità, sarà inevitabilmente un fallimento, perché la via della crescita interiore è l'oblio di se stessi, una rinuncia alle brame personali e ai desideri di ogni tipo, per diventare un servitore impersonale di tutto ciò che vive.

Bisognerebbe dire, comunque, che lo scopo dell'occultismo genuino non è di 'creare discepoli' o di convertire del materiale umano refrattario in individui che lottano per un avanzamento meramente personale. Piuttosto si tratta di rigenerare la nostra natura umana imperfetta per farla diventare nobilmente umana, e infine simile a dio —  e questo lungo le linee arcaiche e tradizionali dell'insegnamento e della disciplina che sono state accettate e seguite nelle epoche passate.

Il chelaiato è una visione dalla quale nascono la convinzione e l'azione definitiva. Tutte le regole di condotta morale che possiamo leggere su questo soggetto nelle grandi letterature delle filosofie antiche, come pure negli scritti teosofici, sono semplicemente aiuti potenti per agevolare l'aspirante a purificarsi dall'egoismo. Il vero codice dell'etica non è mai quello scritto, e quindi non soggetto a dogmatismi, non facilmente asservito alle nozioni convenzionali o alle cattive interpretazioni della mente che disputa e polemizza su semplici parole. In essenza, esso è di una semplicità estrema, perché le verità più belle e comprensibili sono sempre le più semplici. Vi sono momenti in cui butto via la mia penna e dico a me stesso: dovremmo avere proprio quelle semplici verità che i più piccoli, con le loro nature incontaminate e la loro percezione immediata e diretta, possono afferrare. Ė difficile ingannare a lungo un bambino. Ma quando si dice che il neofito deve riconquistare lo stato della fanciullezza, questo non significa puerilità o stupidità! Ė del cuore del bambino che abbiamo bisogno —  fiducioso, intuitivo e vigile.

L'allenamento intellettuale è molto prezioso ed è di grande aiuto, ma diventare come un 'fanciullo' è la lezione più difficile da imparare per gli esseri umani. La mente-cervello è un buon strumento se guidata ed allenata, ma è un despota se lasciata ai propri meccanismi ed impulsi, perché è sempre egoistica; la sua visione è necessariamente condizionata dal vortice del campo inferiore e limitato della coscienza del groviglio manasico della personalità. Nella natura superiore ha sede la comprensione più elevata, ed essa sola può arrivare al significato interiore degli insegnamenti. La mente inferiore può ottenere qualche successo nella comprensione che la mente-cervello ha di quegli insegnamenti, ma solo se aiutata dall'intendimento interiore. Un individuo può essere davvero sincero, davvero voglioso di conoscere, davvero pronto a sperimentare e indagare, ma lo splendore buddhico potrebbe essere completamente assente. L'unica prova d' idoneità è quella data dall'individuo stesso. Se la luce di buddhi risplende, anche con un solo barlume fuggente, ciò è sufficiente. Allora quell'individuo ha il diritto esoterico di conoscere.

L'auto-conquista è il sentiero della crescita. Tutta la verità è contenuta in queste poche semplici parole. Ė una crescita lenta come per tutte le grandi cose; e se deve essere raggiunta in questa maniera, deve essere uno sbocciare dell'uomo stesso. Non vi è nessun altro sentiero se non quello dello sviluppo interiore, una via non facile; chi non può controllare se stesso nelle cose della vita quotidiana e non conosce chi o che cosa egli sia, non può controllare gli eventi e le esperienze che inevitabilmente sorgono intorno a chiunque riesca, sia pure di un piccolo grado, ad avvicinare la "più stretta di tutte le porte."

Qui vi è uno strano paradosso: se un individuo vuole essere padrone di se stesso, deve assolutamente essere altruista, e tuttavia deve essere completamente se stesso. Il sé inferiore va emarginato, cioè ritirato verso l'interno e assorbito dal sé superiore. Il sé superiore è il nostro essere essenziale o reale, e quello inferiore ne è solo un raggio —  insudiciato, reso impuro, per così dire, perché è attaccato a questo mondo di molteplici illusioni.

Più un uomo è avviluppato nella maya e più è facile che s'inganni; e tali sono spesso i sedicenti sapienti del mondo. Ma non possiamo ingannare un adepto, poiché egli ne percepirebbe immediatamente la frode; e la ragione è che non possiamo, per così dire, lanciare l'esca del nostro attaccamento personale nel suo essere. Nulla di quello che potremmo fare o dire lo influenzerà o lo attirerà verso il nostro pensiero, se esso è, sia pure in minima misura, egoista, non universale. L'adepto è oltre queste illusioni, ha lottato contro di esse, le ha trovate e le ha respinte. Tuttavia i maestri percepiscono, anche prima che noi stessi lo realizziamo, il più piccolo impulso dello spirito del vero chela. L'appello su di essi è enorme, e allora s'instaura un'immediata empatia magnetica.

Far progredire ulteriormente il pensiero: quando un neofito fa una scelta deliberata e concreta con tutta la forza del suo essere, egli accende una luce interiore, e questo è lo splendore buddhico; ed è, come già detto, percepito distintamente, sorvegliato e curato dai maestri, e così egli è un 'chela accettato.' Per quanto tempo rimarrà in questa condizione? Nessuno è eletto dai maghi ambulanti che vagano per il mondo selezionando colui che ritengono un possibile materiale adatto —  non è così. La scelta è nell'individuo: è lui a scegliere il suo sentiero, è lui a prendere la sua decisione; e se viene percepita la luce buddhica, sia pure solo una scintilla, egli è accettato, anche se per il momento può non esserne consapevole. In seguito tutto dipende da lui: riuscire o cadere sul ciglio della via.

Ė un caso rarissimo che un discepolo sappia subito di essere stato accettato, poiché è una regola consueta che egli sia provato in centinaia di modi diversi, in quanto queste prove risultano dagli avvenimenti comuni della vita e dalle reazioni dell'aspirante. Comunque, una volta che egli è consapevole del suo maestro, il sentiero diventa contemporaneamente più facile e più difficile —  più facile perché vi è la nuova convinzione che almeno un certo progresso è stato ottenuto, e anche a causa del coraggio e della fiducia in sé derivante da questa realtà; enormemente più difficile perché da questo momento egli è ancora di più sotto un allenamento e una guida diretti, e le numerose cadute e ricadute, per le quali all'inizio è concessa molta indulgenza, hanno d'ora in poi gravi conseguenze.

Inoltre, nessun maestro si fa riconoscere dal suo discepolo prima che quest'ultimo abbia precedentemente ricevuto molte premonizioni istruttive dal proprio essere interiore. La ragione è evidente: nessuno viene mai accettato fin quando sia stato effettivamente riconosciuto dalla sua divinità interiore, cioè, fino a quando sia divenuto più o meno consapevole che dentro di lui pulsa un meraviglioso mistero.

Una certa fase di progresso è naturalmente necessaria prima di poter fare questa scelta; ma ogni essere comune può fare una tale scelta, perché in lui spirito e materia hanno raggiunto un equilibrio più o meno stabile. In altre parole, il chelaiato può essere intrapreso a qualunque stadio da qualcuno capace di far sorgere nella sua mente e nel suo cuore la luce Cristica. Sacrificare sull'altare il suo egocentrismo è ciò che conta, e nessuna invocazione umana d'aiuto passa mai inascoltata, se quest'invocazione di ottenere più luce è impersonale. La prova è l'impersonalità.

Non dobbiamo pensare, comunque, poiché le parole rinuncia e sacrificio sono usate spesso, che implichino la perdita di qualcosa di valore. Al contrario, invece che una perdita, è un indescrivibile guadagno. Rinunciare alle cose che disprezziamo, che rendono una persona meschina, gretta e abietta, significa rigettare i nostri ostacoli e accogliere la libertà, la ricchezza della vita interiore e, soprattutto, il riconoscimento cosciente della propria unità essenziale con il Tutto.

Dovremmo comprendere chiaramente che questo allenamento, che è quello dello studio e della disciplina che nascono nei moti spirituali ed intellettuali dell'anima del discepolo, non ha mai incluso, e mai lo farà, qualche intrusione o qualche interferenza con i diritti o doveri inerenti alla sua famiglia. Il chelaiato non ha niente di soprannaturale, niente di misterioso o di stravagante. Se così fosse, non sarebbe chelaiato. Per noi è il sentiero più naturale che possiamo tentare di seguire, perché, allenandoci con la parte più nobile in noi, ci stiamo allenando con le forze spirituali che controllano e dirigono l'universo. Vi è ispirazione nel pensiero.

La vita del neofito è molto bella, e cresce rapidamente sempre di più, quando l'oblio di sé arriva nella vita ad un grado sempre più esteso. A volte egli è anche molto triste, e la tristezza sorge dalla sua incapacità a dimenticare se stesso. Realizza che è molto, molto solo; che il suo cuore anela alla fratellanza. In altre parole, la parte umana di lui aspira a cercare un appoggio. Ma è proprio la mancanza di queste debolezze che lo rendono il padrone della vita: la capacità di stare da solo, equanime e forte in tutte le circostanze. Comunque, non dobbiamo mai pensare che i mahatma siano una specie arida d'umanità, senza sentimenti umani o empatia umana. Ė il caso contrario.

Vi è una in essi vita molto più attiva della nostra, un flusso vitale più forte e pulsante; le loro simpatie sono così largamente estese, che non possiamo nemmeno comprenderle, anche se un giorno ci riusciremo. Il loro amore abbraccia ogni cosa; essi sono impersonali e quindi diventano universali.

Il chelaiato significa tentare di far emergere il maestro che vive nel nostro essere, poiché egli ora è lì.

Verrà un momento, comunque, se il discepolo progredisce abbastanza, che dovranno essere abbandonati persino i doveri familiari; ma le circostanze allora saranno tali che questo abbandono sarà veramente una benedizione per lui, come pure per le persone verso cui egli aveva questi doveri. Tuttavia nessuno deve essere ingannato dalla pericolosa idea che più un uomo è elevato, meno è soggetto alla legge morale. La verità è il diretto contrario di questo; fare del male ad un altro non è mai giusto.

A nessun passo, lungo questo sublime sentiero, vi è mai un impulso esteriore di qualche genere; dall'anima ardente dell'aspirante scaturisce solo questa costrizione elevata, per progredire sempre più all'interno e all'esterno, incessantemente. Ogni passo è marcato, durante il primo percorso, dall'abbandonare qualcosa dei suoi legami ed imperfezioni che lo incatenano a questi regni della materia. Ci vien detto continuamente, con insistenza, che il ruolo più grande nella vita è di nutrire nel proprio essere la compassione imperitura per tutto quello che esiste, che porta così alla vittoria dell'altruismo, che a sua volta rende la monade peregrina capace, alla fine, di diventare il Sé dello spirito cosmico senza privarla della sua individualità.

In tutto questo giace il segreto del progresso: per essere più grandi dobbiamo diventare più grandi, per diventare più grandi dobbiamo abbandonare ciò che è inferiore; per assimilare un sistema solare nella nostra mente e nella nostra vita dobbiamo fare una rinuncia, vale a dire che dobbiamo inoltraci oltre i confini della nostra personalità, di ciò che è meramente umano, e sorpassarli. Abbandonando gli egoismi inferiori passiamo negli egoismi più estesi dell'altruismo. Nessuno avanzerà di un singolo passo nell'egoismo più ampliato che già alberga nella propria natura, finché non impara che 'vivere per sé' significa discendere in sfere ancora più compatte e ristrette, e che 'vivere per tutto ciò che è' significa un'espansione della propria anima, che fa diventare la vita più grande. Tutti i misteri dell'universo risiedono latenti dentro di noi, tutti i suoi segreti sono lì, e tutto il progresso nella conoscenza esoterica e nella saggezza altro non è che uno sbocciare di ciò che è già dentro.

Quanto piccole sembrano le nostre tribolazione che ci affliggono così intensamente —  un siffatto fardello di dolore —  quando permettiamo alle nostre menti di fermarsi su queste realtà infinitamente confortanti. Nessuna meraviglia che gli scrittori cristiani dichiararono che 'nemmeno un passero cadrà dal cielo senza il volere di Dio; persino i capelli del vostro capo sono tutti contati.'[8] Quanto più per noi stessi allora. Anche questo mondo di fantasmagorie ed ombre è una parte intrinseca ed inseparabile dell'Illimitato da cui siamo scaturiti, e verso il cui cuore divino ritorneremo un giorno, sulle ali delle esperienze attraverso le quali siamo passati, ali che ci trascineranno al di sopra delle valli verso le remote cime delle montagne dello spirito.


LA FEBBRE DELL'IMPEGNO E LA VOLONTÀ SPIRITUALE

A volte accade che i caratteri molto sensibili, quando vengono inizialmente a contatto con il sentiero del chela, siano profondamente scossi, e quindi subentra spesso una vera sofferenza del cuore e della mente. Questo è del tutto naturale. Ė veramente la voce dell'anima interiore che ha afferrato un bagliore della luce spirituale, eppure, poiché il cervello non può né contenerlo né riconoscerlo, come risultato si manifesta un'agonia dell'anima. Ma a volte subentra anche, come una gemella di questa sofferenza e di queste pene interiori, un'agonia di gioia, un'esultanza così acuta, che può essere persino più difficile da sopportare.

La maggior parte dei casi in cui l'aspirante si trova coinvolto in prove e tensioni emotive o mentali sono tipici di quella che H. P. B. ha chiamato la febbre dell'impegno. Sfortunatamente, pochi comprendono esattamente che cosa sia, anche se molta gente l'ha sperimentata, inconsciamente o in parte coscientemente. La si può meglio descrivere come uno stato febbrile della mente e del sentimento, che spesso agisce negativamente sul corpo, e ciò deriva da un'agitazione della parte interiore del proprio essere, solitamente della parte kama-manasica della costituzione.

La febbre dell'impegno può avere sia un aspetto nobile che riprovevole. Com'è stato puntualizzato da H. P. B.,[9] appena qualcuno s'impegna a dedicare la propria vita al sevizio degli altri, "insorgono certi effetti occulti. Il primo di questi è l'emergere esternamente di qualsiasi cosa latente nella natura dell'uomo: i suoi difetti, le abitudini, le qualità, o i desideri repressi, sia buoni che cattivi, è indifferente. . . Tutti voi conoscete la vostra genealogia terrena, ma chi di voi ha mai tracciato i legami di eredità, astrale, psichica e spirituale, che concorrono a fare di voi quelli che siete?"

Commentando le affermazioni di H. P. B. e gli effetti che la febbre dell'impegno ha su un allievo impegnato, William Q. Judge scrisse:

. . . è una sorta di calore nell'intera natura, che agendo come l'aria in una serra, fa in modo che tutti i semi, sia di tipo buono che cattivo, germoglino e si mostrino alla persona. . . Il campo in cui essa lavora è quello offerto dall'intero essere, e quindi includerà la parte nascosta e sconosciuta di noi, che in tutti casi ordinari rimane in disparte aspettando le altre incarnazioni e circostanze per risorgere in nuovi secoli di civiltà.[10]  

E in una successiva Circolare pubblicata nel 1890, aggiunse queste osservazioni:

Non bisogna dimenticare che l'assunzione dell'impegno[11] mette in campo forze che aiutano e forze che ostacolano. Il richiamo al Sé Superiore, fatto onestamente e seriamente, apre un canale dal quale scaturiscono tutte le influenze positive dai piani superiori. Una nuova forza ricompensa ogni nuovo sforzo; un nuovo coraggio viene ad ogni nuovo passo in avanti. . . Per cui, prendi coraggio, discepolo, e resisti nel tuo cammino attraverso gli ostacoli e i successi che hanno circondato i tuoi primi passi sul sentiero del noviziato. Non fermarti a lamentare i tuoi errori; riconoscili e cerca di imparare da ciascuno la sua lezione. Non vantarti del tuo successo. Così tu otterrai l'auto-conoscenza, e l'auto-conoscenza svilupperà l'auto-padronanza.  

Vi sono molti tipi di questa febbre dell'impegno, ma la maggior parte sono radicati nella stessa causa. Ad esempio, un entusiasmo eccessivo ed incauto senza un idoneo equilibrio mentale ed emotivo è un tipo evidente di febbre psico-mentale. Esplosioni di energia, seguite da gravi reazioni; stati mentali in cui il neofito desidera abbandonare ogni cosa tranne l'unico obiettivo: accantonare, perché del tutto immeritevoli, quelle cose alle quali, come uomo, darebbe invece valore; l'infondata convinzione che chiunque altro, tranne se stesso, è da biasimarsi quando sorgono le difficoltà —  sono tutti presupposti della febbre dell'impegno, una febbre che deriva da un super-entusiasmo di cui si riempie il cuore e da un energico senso della responsabilità che egli ha assunto sinceramente.

La febbre dell'impegno è un segno di lealtà; è anche un segno che il cuore è stato profondamente toccato, e la mente intensamente impressionata. Significa veramente che il discepolo sta cominciando ad esaminare le circostanze della sua vita, quali che possano essere, da una prospettiva totalmente diversa; e inoltre, che egli sta tentando di infrangere tutti gli antichi ceppi dell'egoismo. Quindi, in un certo senso, è un buon segno, perché dimostra che la natura si è mossa, che l'aspirante sta progredendo, e qualsiasi cosa è meglio dell'indifferenza del cuore freddo e morto, che è un sonno spirituale ed intellettuale.

La sensazione di vuoto senza speranza, e di 'morte,' che a volte si sperimenta è semplicemente una reazione, una parte del ciclo della febbre dell'impegno; precisamente come una febbre corporea lascia per un periodo il malato debole, esausto e freddoloso. Ma la febbre dell'impegno è anche pericolosa, come lo sono le febbri che nascono dallo sforzo della natura di rigettare i veleni del corpo per ripulirlo e purificarlo. Ė molto meglio se l'aspirante è capace di ritrovare, mediante l'aspirazione e una volontà inflessibile, il vero equilibrio e la tranquilla fiducia dell'invincibile forza, che sono categoricamente necessari. Pensiamo alle parole di Orazio in una delle sue Odi:[12]

Justum et tenacem propositi virum. . . "un uomo intemerato, tenace nel suo proposito" —  un uomo la cui mente non è agitata dalle minacce dei tiranni, né dai fulmini di Giove o dal clamore delle folle, né dai flutti del grande mare in tempesta. Nessuna di queste cose può distoglierlo se ha una mente costante e ferma.

Nell'affrontare queste situazioni, il discepolo deve trovare la linea divisoria di sicurezza e attenersi ad essa, da un lato coltivando le emotività nocive e, dall'altro, voltando le spalle e non curandosi di coloro che stanno subendo le sofferenze febbrili delle anime che aspirano e cercano la luce, ma che, tuttavia, sono ancora coinvolte nei veli accecanti delle emozioni, e quindi possono trovarsi veramente nel pericolo di deviare dal sentiero.

Una volta che abbiamo messo piede sul sentiero, non possiamo ritornare indietro. Ė impossibile. Le porte si sono chiuse dietro di noi. Possiamo fallire e cadere intorpiditi, oppure morire, ma da quel momento in poi dobbiamo proseguire. Quando sopraggiunge un'agitazione interiore, e le condizioni febbrili sono intense, l'aspirante dovrebbe usare la sua volontà spirituale e attirare la saggezza divina nelle parti superiori del proprio essere, poiché la volontà è un'energia, e funziona come tutte le energie, sia attivamente che passivamente. La volontà attiva è la volontà coscientemente messa in moto dall'intelligenza dirigente e dalla vita innata. La volontà passiva è la volontà vegetativa, quegli aspetti che governano gli automatismi del corpo o della mente.[13] Chiunque può sviluppare la volontà spirituale. Come scrisse W. Q. Judge:

Ė sviluppata dal vero altruismo, un desiderio completamente sincero di essere guidato, governato ed assistito dal Sé Superiore, di fare qualsiasi cosa il Sé Superiore abbia in serbo per lui, e soffrire o gioire, mediante il mezzo della disciplina e dell'esperienza; sommergendo il più possibile, giorno per giorno, a poco a poco, il semplice sé personale.[14]  

In un certo senso, il grande maestro è la vita stessa, e l'allievo è colui che vive ogni giorno con le sue varie esperienze, tentazioni, lusinghe, ed ha alti e bassi di attività mentale e sensazioni emotive. Il modo per affrontare queste prove dipende da equanimità, coraggio inalterato e un positivo rifiuto di farsi scoraggiare dai fallimenti.

Ogni volta che c'è qualche sentimento di entusiasmo irrefrenabile e non disciplinato, o anche di vuota disperazione, l'aspirante dovrebbe semplicemente aspettare e fare del suo meglio per riacquistare l'equilibrata consapevolezza che lui, nella sua interiorità, è un essere spirituale. Per quanto ne possa sapere, il suo karma passato potrebbe essere stato così nobile che, come un'esplosione di sole che squarcia le nuvole, egli un giorno può essere illuminato, e realizzare che i suoi piedi sono sul sentiero.

Ė un paradosso curioso che il maestro esteriore lavori in piena armonia e in rigoroso accordo con le premonizioni che nascono nella coscienza del neofito sulla presenza del maestro interiore —  il più grande di tutti per quanto lo riguarda. A volte queste premonizioni sono come lampi di luce abbagliante che irrompono nella coscienza, rischiarando ciò che sembra essere la buia e cupa notte del suo essere; e in quei momenti egli realizza di essere sul sentiero, una sensazione quasi dolorosa nell'intensità e nella realtà che l'accompagnano. Ma questi lampi di riconoscimento intimo del proprio costante progresso non dovrebbero, e in verità non possono, mai essere scambiati per le vibrazioni della mente-cervello, che sono spesso travisate dall'individuo incauto o impreparato, a causa di un'arrogante sicurezza ed egoismo personale, come il segnale che egli ha già messo piede sul sentiero. In realtà, questo aspirante chela è molto lontano dal sentiero, perché non ha ancora raggiunto quello sviluppo della sua natura interiore che può resistere alle tentazioni della vita quotidiana.

Si potrebbe forse pensare, poiché le attività dell'universo si svolgono in silenzio e non fanno un'impressione visibile e immediata, che la natura possa essere mistificata. La natura non può essere mistificata. Mentre all'inizio è permesso un notevole grado di tolleranza —  e questa è precisamente la parola esatta —  ai fallimenti umani, le regole diventano più rigorose e rigidamente applicate man mano che l'aspirante progredisce, poiché egli ha fatto un sacro voto d'obbedienza al suo sé superiore. Nelle fasi più avanzate vi è l'obbedienza spontanea del cuore e della mente pensante, poiché, appena il neofito arriva a percepire di essere diventato uno con gli dèi, tanto più deve necessariamente lavorare in armonia con le leggi della natura, il che significa obbedienza non alle proprie concezioni ma alle cose come esse sono. Ed è questa la spiegazione della locuzione che i mahatma non osano e mai oseranno interferire con il karma. Essi sono i servitori della legge, i docili strumenti del supremo maestro spirituale del nostro globo —  il Guardiano Silenzioso dell'umanità —  e più elevato è il mahatma, più è volontariamente e gioiosamente obbediente.

Ė una falsa pietà e un crimine esoterico quando un cosiddetto maestro fuorvia gli aspiranti discepoli promettendo loro qualsiasi cosa che non sia la verità delle Ere: non vi è sentiero breve, né una via facile, perché la crescita interiore, lo sviluppo interiore, l'evoluzione interiore, sono una questione di tempo e soprattutto di sforzo personale. Vi sono momenti in cui la verità può sembrare fredda e inaccettabile, ma la colpa è del neofito, non del maestro, e prova solo che l'aspirante non è ancora sufficientemente risvegliato per riconoscere il vero dal falso, la via di destra da quella di sinistra.

Dovrebbe essere ovvio che nessun maestro vivente potrebbe creare un chela dalla struttura di un non-chela, perché sarebbe come dire che è possibile collocare qualcosa sul fuoco con un elemento che non è il fuoco. Se fosse possibile trasformare, con un atto di magia, un uomo comune in un chela di successo, sarebbe l'opera del peggior tipo di magia nera, perché non aiuterebbe in nessun modo l'uomo, ma farebbe di lui un meccanismo creato senza la forza interiore, senza la luce interiore, senza la capacità interiore di andare oltre il sentiero. Non vi è alcuna conquista se l'individuo non progredisce egli stesso. Ecco perché i mahatma non interferiscono nel lento sbocciare delle facoltà interiori della costituzione del chela; se lo facessero, sarebbe un'intrusione con la crescita e porterebbe a un ristagno e ad un indebolimento del chela, il che è esattamente l'opposto di ciò che necessita.[15]

L'attraversamento del sentiero porta a quei livelli di conoscenza altamente spirituali ed intellettuali in cui i maestri vivono ed hanno la loro esistenza, ma è assolutamente impossibile avvicinarli, a meno che il chela lo faccia davvero, e respiri l'atmosfera spirituale ed intellettuale, rarefatta e tonificante, che essi respirano. Coloro che vogliono guidare gli altri dovrebbero sempre ricordare questo: se in qualsiasi momento sono ingannati, da un lato da false speranze, oppure, all'incontrario, dal canto delle sirene dell'ambizione personale o dall'errata idea che il sentiero può essere percorso in pendenza, è un'offesa perpetrata sulle loro anime. Se qualcuno crede di poter scaricare la responsabilità dei suoi pensieri ed azioni su un altro, anche se l'altro fosse ipoteticamente un dio o un demone, un mortale o un angelo, da quel momento egli inizia a percorrere il sentiero discendente. Rinuncia alla propria volontà di salvezza, alla volontà di realizzazione, alla volontà di conquista.

Come fecero i maestri a diventare i grandi e nobili uomini che sono? Attraverso molte Ere, tramite l'evoluzione auto-diretta. Nessuno può riuscire, nessuno può seguire il sentiero, se non si è sviluppata la propria forza, se non si sono evoluti i suoi poteri e le facoltà interiori, se la sua visione non infrange i veli dell'illusione che gli circondano la coscienza. Ė un lungo processo, ma glorioso.

Alcuni studenti si sono confusi su un'affermazione fatta da W. Q. Judge riguardo il limite d'età di quarantaquattro anni, oltre i quali "è difficile entrare attraverso la porta" del mondo interiore, e impossibile per quelli che solo da poco hanno rivolto il pensiero a tali soggetti.[16] Questo accade perché durante la mezza età i veli dell'egoismo avvolgono talmente l'essere interiore, che la luce esterna non può facilmente penetrare nella mente-cervello; e chi inizia lo studio dell'esoterismo a questo stadio lo trova più difficile che se avesse percorso queste linee in gioventù, o meglio ancora, nell'infanzia. Ma le eccezioni sono molto numerose.

Effettivamente non è necessario che qualcuno pensi, poiché entra sul sentiero in tarda età, che non gli sia possibile alcun progresso futuro. Niente può fermare l'autoritaria energia della volontà spirituale, e proprio il fatto che un individuo a metà della vita, o ancora più avanti, desideri entrare sul sentiero dello splendore, evidenzia che, attraverso il suo essere, stanno lavorando una volontà e una determinazione, un entusiasmo e un'intuizione, che di per sé sono prove della possibilità, quasi una certezza, della ricezione della luce. Gli eventi futuri gettano le loro ombre davanti, e così avviene qui, perché la luce sta irrompendo, è dietro gli eventi futuri, e annuncia il loro arrivo.

Il chelaiato è trasformare le tenebre della personalità nella radiosa luce solare dell'impersonalità. Ė un passaggio dal fango dell'esistenza materiale, con i suoi fantasmi del pensiero e delle emozioni, verso il luminoso splendore del sole interiore spirituale, entrando, alla fine, in comunione con l'anima dell'universo. Ė l'antichissimo sentiero che guiderà l'aspirante a diventare-uno con la propria essenza spirituale, il che significa il conseguimento di una gamma enormemente accresciuta di coscienza e di vita. Poiché la nostra natura spirituale è, in un senso, universale, si vede subito che il chelaiato è una crescita continua verso l'universalità in pensiero e sentimento, un affrettarsi lungo il meraviglioso sentiero fino al più remoto velo dei confini interiori dell'universo.

Meraviglioso pensiero: noi viaggiamo senza avanzare, progrediamo senza alcun movimento. Raggiungiamo il cuore dell'universo perdendo noi stessi per ottenere il Sé cosmico che dimora nella nostra essenza più profonda. La via del sentiero su cui viaggiamo è lunga, e potrebbe risultare difficile, ma è anche luminosa di gioia, e rischiarata dai fuochi dello spirito. Il 'viaggio' è veramente un cambio di coscienza, un'alchimia spirituale. Il cuore dell'universo è a una distanza infinita e tuttavia è più vicino della nostra anima, perché è il nostro Sé.


[1] Ogni sistema di pensiero religioso-filosofico ha avuto la sua terminologia per questa dottrina esoterica universale. Nelle scritture hindu dell'Era pre-buddhista sono denominate come brahma-vidya, atma-vidya, e gupta-vidya, che significano rispettivamente conoscenza del supremo, conoscenza di sé, e conoscenza segreta, ed anche come rahasya, un termine che vuol dire mistero, e che ha la stessa connotazione del mysterion greco e della gnosi del Neoplatonismo e delle scuole gnostiche. Nel Buddhismo era ed è ancora conosciuto sotto termini come aryajnana, conoscenza nobile o elevata, e bodhidharma, legge-saggezza o sentiero.

[2] Da una lettera datata Londra, 15 aprile 1891, alla Quinta Convenzione Annuale della Società Teosofica, Sezione Americana, tenutasi a Boston, Mass., il 26-27 aprile.

[3] Con pochissime eccezioni, tutte queste organizzazioni inseguono più o meno i siddhi inferiori di cui H. P. B., usando il termine Pali, parla ne La Voce del Silenzio (p. 73 ed. or.). In India sono rappresentati dalle diverse scuole di pratica yoga.

Siddhi, dalla radice verbale sanscrita sidh, essere appagato, raggiungere un obiettivo, significa 'realizzazione perfetta.' Vi sono due classi di siddhi: quelli che appartengono alle energie fisiche e mentali inferiori, e quelli che riguardano I poteri intellettuali, spirituali e divini, e sia l'uno che l'altro tipo di siddhi sono posseduti dall'iniziato spirituale, che li usa solo a beneficio dell'umanità, e mai per se stesso. Il nome personale di Gautama il Buddha, Siddharta, significa uno che raggiunto il suo obiettivo.

[4] ['Il frutto della delusione del Mar Morto' è un'espressione che indica una cosa che sembra essere di grande valore ma che si dimostra invece senza valore. La frase si riferisce alla mela di Sodoma, che si credeva crescesse sulle rive del Mar Morto: bella da vedersi, se veniva però toccata oppure odorata, si frantumava in polvere. —  n. d. t.]

[5] Il detto negli antichi Veda: "Il desiderio (kama) nacque per primo in Esso" e allora il mondo venne in esistenza, significa che Brahman, dormendo nel suo pralaya di lunghi eoni, dapprima sente un palpito interiore, i semi del desiderio divino che si realizzeranno. La coscienza era dietro il desiderio; il desiderio nacque in essa e portò la volontà in esistenza, e la volontà agì sugli atomi latenti e produsse i mondi.

[6] Riguardo la normale vista, W. Q. Judge, nella sua Prefazione agli Aforismi Yoga di Patanjali, parla della mente che si dirama attraverso l'occhio e fa proprie la forma e le qualità dell'oggetto visto. Quando ritorna, rimanda l'informazione acquisita all'anima. Questa è l'antica spiegazione, che fu proposta, tra gli altri, da Platone. La teoria era che dall'occhio scaturisce una forza che potremmo chiamare 'il raggio visivo,' poiché questa forza o raggio è una proiezione della coscienza o della mente; che normalmente il suo tasso di proiezione o di spostamento è molto alto, ed effettivamente può essere accresciuto dalla volontà o dal pensiero; che il raggio o la forza emanante dall'occhio incontra l'oggetto che desidera conoscere, e ritorna accompagnato dalla luce; e quando questa combinazione rientra nel bulbo oculare, il messaggio che porta è trasmesso al cervello e quindi alla mente o coscienza che lo ricevono.

Ora, quando si richiede lo studio di un oggetto molto lontano, come una stella o un pianeta, questo raggio visivo, che è akashico in essenza, lascia l'occhio e si dirige sull'oggetto alla velocità del pensiero, e tutte le sue condizioni di viaggio e di ritorno, di impressioni e di ricezioni, sono guidate dalle note leggi dell'ottica, come pure da altre leggi attualmente sconosciute. Non è affatto la mente a proiettare un tentacolo di se stessa; sebbene abbastanza bizzarra, sbagliata com'è, tuttavia questa definizione è un'intuizione di cosa era l'organo della vista ai primordi dell'umanità. Allora non era un occhio, ma in effetti era più simile ad un tentacolo, e riceveva le sue impressioni sensoriali dal contatto; e attraverso innumerevoli milioni di esempi di questo genere d'esperienza sensoriale, l'occhio si è gradualmente evoluto, accrescendo in potere e delicatezza di funzioni, finché l'effettivo contatto fisico non fu più necessario. (Come dato di fatto, praticamente tutti i sensi attuali hanno avuto origine in questo modo; e lo studioso di biologia può ricavare molte tracce di com'erano nella prima, seconda e terza razza-radice, studiando qualcuno degli strani apparati sensoriali degli esseri inferiori.) Ė precisamente questo raggio visivo che si dirama dall'occhio —  raggio che, nella funzione normale, è di carattere elettro-magnetico —  a trascinare con sé anche l'atmosfera magnetica dell'uomo quando dietro c'è la volontà che aziona il magnetismo aurico personale; ed è anche così nei casi di suggestione, comunemente chiamati ipnotismo, quando un soggetto è attratto ed affascinato così frequentemente dall'occhio: qui l'allusione alla questione dell'ipnotismo non è un'approvazione della pratica, ma una spiegazione di essa e del pericolo in cui s'incorre permettendo a noi stessi di essere soggiogati dalla volontà di un altro individuo. Guardare fissamente una persona negli occhi è sempre ammirevole, e giustamente, perché denota una certa dose di carattere ed equilibrio; forse in ciò vi è un'inconscia percezione della battaglia del magnetismo, amichevolmente o no, come potrebbe essere a seconda dei casi.

[7] Vi è una ragione interessante perché queste intimazioni raramente sono di tipo positivo, essendo quasi invariabilmente esortazioni a fermarsi, a riflettere, o a non fare così e così. Quando un uomo è in uno stato d'indecisione, la sua mente crea immagini che sono trasmesse dalla vibrazione simpatica nell'interno della coscienza; e poiché la coscienza interiore ha questo contatto con la mente-cervello, se l'azione raffigurata è sbagliata, la risposta arriva.

[8] [Matteo. 10, 30. —  n.d.t.]

[9] Esoteric Section of T. S., Instructions, I.

[10] 'Suggestions and Aids.'

[11] Ogni voto, ogni impegno —  va ricordato —  è preso dal proprio sé superiore, il maestro spirituale interiore, e le ammonizioni provenienti da questa fonte hanno la precedenza su ogni cosa. Comunque, ricordiamo anche che pochissimi di noi possono affermare di essere in continua comunicazione con il dio interiore, e molto meno sotto la sua sublime ispirazione per lunghi periodi di tempo.

[12] Libro Terzo, III.

[13] Il sonno è causato all'azione automatica della volontà, almeno in parte. La circolazione del sangue, il battito cardiaco, e i movimenti delle palpebre, in realtà aumentano —  in definitiva, derivano dalla parte automatica o vegetativa della volontà, il lato passivo; e ciò agisce non solo nell'uomo, ma in tutti gli animali inferiori. Ugualmente è per la volontà, che ha appreso, attraverso continue ripetizioni, a lavorare appropriatamente e agevolmente nelle scanalature —  di solito inconsciamente per la mente che percepisce.

[14] 'Subsidiary Papers,' settembre 1894.

[15] Tutto è karmico. Qualsiasi cosa accada è il risultato delle numerose energie karmiche che lavorano per trovare espressione in una vita, poiché le energie più forti si manifestano prima, mentre le meno forti non sono respinte, ma sono rimandate indietro ad attendere il loro turno. In alcune circostanze insolite è possibile per un adepto o maestro, con il pieno consenso del suo discepolo, prevenire l'apparizione dell'energia karmica più forte, o di smorzare così la sua azione, in modo che altre energie o elementi karmici possano apparire quasi simultaneamente. Questi casi rari accadono a beneficio sia dell'allievo, sia per qualche lavoro impersonale per l'umanità, e possono aver luogo solo in circostanze o condizioni che sottostanno effettivamente a ciò che potremmo chiamare il karma superiore di un discepolo che si sottomette al destino modificato in questo modo. Ma anche qui il karma così influenzato si manifesterà ugualmente, precisamente con la sua normale condizione di potere, e con i risultati precisamente normali.

[16] 'Subsidiary Papers,' ottobre 1895.



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