La Sorgente Primordiale dell'Occultismo — G. de Purucker

Sezione 5

Le Gerarchie e La Dottrina delle Emanazioni

DAL PARANIRVĀNA ALL'ESISTENZA MANVANTARICA

È la vita unica, eterna, invisibile e tuttavia onnipresente, senza principio né fine, e ciò nonostante, periodica nelle sue manifestazioni regolari, nei cui intervalli regna l'oscuro mistero del Non-Essere; incosciente, e tuttavia Coscienza assoluta; irrealizzabile eppure unica Realtà auto-esistente; insomma, "un Chaos per i sensi, un Kosmo per la ragione." Il suo unico attributo assoluto, che è Essa Stessa, un Movimento eterno ed incessante, è chiamato nel linguaggio esoterico il Grande Soffio, che è il movimento perpetuo dell'Universo, nel senso di spazio illimitato ed onnipresente. Ciò che è privo di movimento non può essere divino. Però, in realtà, non vi è assolutamente niente privo di moto nell'Anima Universale. — La Dottrina Segreta, I, 2 ed. or. (p. 27 online, versione stampabile, Istituto Cintamani)

Ogni cosa, ogni essere o entità delle immense gerarchie che riempiono lo Spazio, è vivente, è più o meno cosciente, o autocosciente; e questo è il caso del superdio attraverso tutte le gamme gerarchiche intermedie, giù fino alle parti che compongono un atomo. Tutti hanno un lato della coscienza e un lato del veicolo, e sia lo spirito dimorante che il suo veicolo sono un'unità composita. Ė perfettamente vero che esiste un meccanismo, sia nel cosmo che su scala infinitesimale, che prevale nella costruzione di strutture atomiche, tuttavia dietro il meccanismo ci sono le intelligenze spirituali viventi, i progettisti. Come H.P.B. scrive:

L'occultista, nella manifestazione di ciascuna Forza della Natura, vede l'azione della qualità o della speciale caratteristica del suo Noumeno; Noumeno che è un'Individualità distinta ed intelligente sull'altro lato dell'universo manifestato e meccanico. — La Dottrina Segreta, I, 493 ed. or. (p. 631 online)

La maggior parte di noi, comunque, fa una distinzione troppo radicale tra questi due aspetti della struttura della vita cosmica, e questo è comprensibile perché, è ovvio, c'è un'enorme differenza tra la macchina e l'uomo che la guida. Ma nell'universo non vi è una tale distinzione così netta nello spazio e nel tempo tra il meccanico spirituale e il meccanismo che è il suo veicolo di espressione. Ė questo il punto in cui fu fatto l'errore che portò alla nascita delle filosofie materialistiche e a quelle particolari religioni che insegnano un Dio extracosmico che lavora sulla materia come una sua creatura. Non vi sono dèi extracosmici in nessun luogo. Qualsiasi cosa animi e vivifichi l'universo, o un suo qualsiasi fattore componente, vive in esso e opera attraverso di esso, esattamente come lo spirito e la mente e l'apparato fisico di un uomo formano un tutto composito che agisce attraverso il suo corpo astrale-vitale-fisico.

Il sole, le stelle e i pianeti non sono propriamente gusci materiali vivificati da entità che hanno con essi solamente un rapporto di mera forza, ma sono, come l'uomo, l'incarnazione di uno spirito e di una mente che agiscono unitamente attraverso i propri flussi di forza e sostanza, che sono le parti inferiori della costituzione che termina nel corpo fisico. Ogni corpo celeste è essenzialmente un essere divino che effettivamente si manifesta come una stella, un sole, o un pianeta.

Se comprendiamo il concetto teosofico di emanazione, avremo una chiave per molti misteri dell'universo. Emanazione significa il flusso di tutti gli stadi inferiori della struttura gerarchica che chiamiamo piani — o sfere — cosmici. Tutto questo flusso scaturisce dai centri di coscienza cosmica, ed ognuna di queste monadi cosmiche è essenzialmente un dio, dalla cui essenza si emanano i veli o i rivestimenti di cui la monade stessa si ricopre. Questi rivestimenti sono la molteplicità degli esseri e delle cose che creano l'universo che vediamo. Ed ugualmente, la stessa regola di espansione emanativa produce i vari gradi gerarchici della costituzione di qualsiasi essere o entità, da una stella ad un atomo. Così, all'inizio di un manvantara cosmico, un universo si dispiega in una manifestazione di sostanze, forze e coscienze inerenti in se stesso, e così fa ogni unità gerarchica che emana da Parabrahman.

L'evoluzione non è che un aspetto dell'espansione emanativa; dall'istante in cui inizia l'emanazione, anche l'evoluzione comincia il suo lavoro. Se limitiamo il termine emanazione al processo del flusso della facoltà interiore, allora possiamo logicamente limitare il termine evoluzione al significato di un immediato inizio della crescita evolutiva, o il germogliare della facoltà e dell'organo interiore dai precedenti e latenti semi causali. In effetti, questi termini sono molto affini, per cui è difficile distinguerli tra di loro.

Sarebbe sbagliato dire che Parabrahman, per volontà o per uno sforzo della propria coscienza, emana l'universo o un'unità gerarchica; o, similmente, che l'Illimitato, per l'azione della sua volontà e vita, evolve un universo o un'unità gerarchica da se stesso. Così attribuiremmo a Parabrahman o all'Illimitato un'azione o degli atti che non appartengono all'Infinità, ma ad entità già manifestate, come le monadi cosmiche o galattiche. Parabrahman non agisce mai, perché Parabrahman è un'astrazione. Sono soltanto gli esseri e le cose ad agire; e sia Parabrahman che l'Illimitato non sono altro che termini per indicare lo Spazio senza frontiere e la Durata senza principio né fine.

Ogni entità cosmica che viene in attività manvantarica lo fa per le forze e i poteri e le sostanze inerenti in se stessa; risvegliandosi dalla latenza paranirvanica, comincia il suo processo di espansione emanativa in fasi progressive verso lo sviluppo evolutivo. Uguale è per un uomo: non è alcun 'dio,' né l'Illimitato, e nemmeno Parabrahman, a determinare la reincarnazione di un uomo; ma è il suo risveglio dalla latenza all'attività dei poteri innati e delle sostanze che, in definitiva, sfocia nel rivestimento della monade devacianica nella sua serie di veli veicolari, terminando con il corpo fisico.

Quando un universo, o qualsiasi altra entità, comincia la sua espansione emanativa dal paranirvāna del pralaya nell'attività manvantarica, le fasi progrediscono 'verso il basso' nei regni eterei e infine materiali dello spazio circostante; ma nella sua discesa dallo spirito alla materia, il più elevato non cade mai direttamente, attraverso i piani, nei piani inferiori. Ciò che accade è che il divino si risveglia per primo dal suo riposo paranirvanico e si riveste di un velo spirituale, mūlaprakriti o pradhāna, che poi, attraverso i periodi di tempo cosmico, si ricopre del suo velo di manifestazione; e quest'ultimo proietta intorno a sé ancora un altro avvolgente veicolo o rivestimento, in parte dalle forze e sostanze che scaturiscono dall'interno del suo cuore, e in parte dalle accrezioni provenienti dallo spazio circostante. Questo processo continua fino al corpo fisico, sia di un sole, di un uomo, o di un atomo.

Quest'idea si trova nella Bhagavad-Gītā (cap. X) in cui Krishna dice: "Io ho stabilito tutto questo universo con parti di me stesso, e tuttavia rimango separato." Ciò significa che il divino, per il suo splendore di intelligenza e vita, il suo 'surplus di vita,' si ricopre di vesti di diversi gradi di eterealità discendente, raggiungendo e componendo alla fine il fisico; nondimeno, la parte divina e le parti spirituali, intellettuali e più elevate, rimangono in alto, immutabili, come essenze. I raggi provenienti da ciascuna parte costituente s'immergono nella manifestazione, riempiendo i piani cosmici di vita, mente e coscienza appropriate a ciascun piano così formato.

L'intero processo di espansione emanativa può essere paragonato ad una colonna di luce, puro spirito nelle sue parti più elevate, e materia fisica in quelle più basse, con tutte le fasi intermedie di crescente sostanzialità nel mezzo. Quando è raggiunto il piano fisico, il processo di discesa si ferma, e subito ha inizio il processo di ascesa, cioè di ritorno allo spirito, che per qualsiasi entità è il grande compimento. Lo schiudersi è l'arco della discesa, il rinchiudersi è l'arco dell'ascesa.

Naturalmente, il meccanismo è implicito nell'emanazione, ma, poiché stiamo trattando di esseri e cose e delle loro relazioni ed interrelazioni complessive, questi aspetti meccanici sono tutti le produzioni della coscienza interiore ed animante. In altre parole, poiché l'universo ed ogni cosa in esso vivono dappertutto, la vita e la mente cosmica, o coscienza, sono i veri fattori e gli agenti causali nel produrre, attraverso l'emanazione e l'evoluzione, il meraviglioso mistero di un universo incarnato e dei suoi principi componenti.

Un sistema solare universale, venendo in esistenza dalla sua latenza paranirvanica, rinasce nella manifestazione manvantarica mediante il suo potere inerente ed innato. Riproduce se stesso negli spazi dello spazio galattico come una reincarnazione di tutto ciò che era nella sua ultima apparizione lì, più l'enorme accumulo dell'esperienza fatta prima. Questo si applica in particolare ed in generale alla reincarnazione di qualsiasi corpo cosmico individuale, come una catena planetaria, un globo, oppure, su scala più piccola, a quella di un abitante di un globo, o persino di un atomo.

Tutte le cose vengono in esistenza dall'interno e si manifestano esternamente, percorrono le fasi dei loro cicli manvantarici, e poi sono attirate dai reami dell'apparenza, māyā, oltrepassandoli, verso l'interno e verso l'alto, nello spirito in cui esse hanno nuovamente il loro riposo nirvanico.

Un uovo è una buona analogia: a poco a poco il germe interiore si risveglia all'attività, il pulcino racchiuso lentamente cresce nella forma e alla fine rompe il suo guscio. Così è per l'universo che viene in esistenza; ed è per questo che gli antichi saggi dell'Hindustan ed altri, come gli Orfici della Grecia arcaica, parlavano dell'Uovo cosmico. Nessun germe in un uovo potrebbe mai seguire le regolari fasi sequenziali di sviluppo se non fosse riempito con le forze e le sostanze emananti dal suo interno, il che significa veramente che scaturiscono dalle sfere invisibili esterne nella nostra sfera visibile, producendo così l'entità incarnata.

L'essenza di questo insegnamento dell'emanazione è che tutti gli esseri o entità sui piani più elevati di sviluppo sono un tutt'uno, e quindi devono essere concretamente identificati con i veli che essi effondono da se stessi e che quindi formano i loro corpi. Ad esempio, Brahman e pradhāna non sono due, ma uno, e queste parole indicano semplicemente i due aspetti dell'entità che si sviluppa nella crescita evolutiva. Il Brahman è il lato della coscienza; il pradhāna è il suo velo avvolgente dell'essenza vitale, per davvero la stoffa della mente, dello spirito o coscienza, di cui la monade si riveste. Sul piano fisico anche i nostri corpi sono noi stessi, raffigurazioni molto imperfette del nostro essere interiore (e spesso un infernale disturbo per la nostra parte più elevata), e tuttavia noi stessi nei nostri aspetti più grossolani. Ma il nostro cuore, la monade, è il nostro vero Sé; e tutti questi nostri corpi, sia fisici, astrali o manasici — ai quali siamo connessi karmicamente dall'eternità — sono gruppi di atomi di vita ai quali abbiamo dato esistenza e nei quali rivestiamo noi stessi.


LO SPIRITO COSMICO IN PRALAYA E MANVANTARA

Affrontiamo ora il soggetto piuttosto difficile della natura dell'essere cosmico nel suo stato di mahāpralaya che precede il risveglio delle attività di fohat, e il conseguente inizio dello sviluppo evolutivo in un cosmo o un universo pienamente manifestati.

Leggendo i seguenti passaggi della Dottrina Segreta dovremmo tenere a mente che si riferiscono ad un universo individuale, e mai all'Infinitudine considerata in uno stato di mahāpralaya, perché sarebbe un assurdo filosofico. L'Infinitudine non ha né manvantara né pralaya, per il semplice motivo che i periodi del divino riposo spirituale e i periodi dell'attività evolutiva manifestata appartengono solo a porzioni limitate dell'Infinitudine, e quindi agli universi, sia immensamente estesi, come ad esempio un gruppo di galassie, sia ad unità cosmiche più piccole. Ė soltanto alle unità cosmiche individuali che possiamo attribuire periodi di tempo come i manvantara ed i pralaya.

L'impulso manvantarico inizia con il risveglio dell'Ideazione Cosmica (la "Mente Universale") simultaneamente e in parallelo con l'emergere primordiale della Sostanza Cosmica — quest'ultima essendo il veicolo manvantarico della prima — dal suo stato pralayico indifferenziato. Quindi, la saggezza assoluta si riflette nella sua Ideazione che, per un processo trascendentale superiore ed incomprensibile alla Coscienza umana, scaturisce in Energia Cosmica (Fohat). Vibrando nel petto della Sostanza inerte, Fohat la spinge all'attività, e guida le sue differenziazioni primordiali su tutti i Sette piani della Coscienza Cosmica. . . .
Si dice che durante i periodi del Pralaya l'Ideazione Cosmica non esista, per il semplice motivo che non vi è nessuno e niente a percepirne gli effetti. — I, 328 ed. or. (pp. 247-48 online)
La Luce è materia, e la Tenebra puro Spirito. — I, 70 ed. or. (p. 75 online)
Il "Raggio" della "Tenebra Eterna" diviene, quando è irradiato, un Raggio di Luce splendente o Vita, e dardeggia nel "Germe" — il Punto nell'Uovo del Mondo, rappresentato dalla materia nel suo senso astratto . . . il noumeno della materia eterna e indistruttibile. — I, 57 ed. or. (p. 66 online)
La Sostanza Primordiale non aveva ancora abbandonato il suo stato latente precosmico per passare nell'oggettività differenziata, e non era neppure divenuta (per l'uomo) il tuttora invisibile Protile della scienza. Ma appena "suona l'ora" e diviene ricettiva all'Impressione fohatica del Pensiero Divino (il Logos o aspetto maschile dell'Anima Mundi, Alaya) — il suo cuore si apre. — I, 58 ed. or. (p. 67 online)
Svâbhavât, "l'Essenza Plastica" che riempie l'Universo, è la radice di tutte le cose. — I, 61 ed. or. (p. 69 online)
"L'essenza radiante si coagula e si dissemina attraverso le profondità" dello Spazio. — I, 67 ed. or. (p. 73 online)
La radice rimane, la luce rimane, i grumi rimangono, e tuttavia Oeaohoo è uno. — I, 68 ed. or. (p. 74 online)
La "Luce" è lo stesso Raggio Spirituale ed Onnipresente che è entrato nell'Uovo Divino e lo ha fecondato, e chiama la materia cosmica a cominciare la sua lunga serie di differenziazioni. I grumi sono la prima differenziazione, e probabilmente si riferiscono anche a quella materia cosmica che si suppone sia l'origine della "Via Lattea" — la materia che conosciamo. Questa "materia," che secondo la rivelazione ricevuta dai primi Dhyani-Buddha, durante il sonno periodico dell'Universo è composta della massima tenuità concepibile all'occhio del perfetto Bodhisattva — questa materia, radicale e fredda, al primo risveglio del movimento cosmico, viene scagliata attraverso lo Spazio, apparendo, se vista dalla Terra, come ammassi e grappoli, come grumi di latte. Questi sono i semi dei mondi futuri, la "materia prima delle Stelle." — I, 69 ed. or. 9p. 74 online)
Allora Svâbhâvat manda Fohat a consolidare gli atomi. . . .
Ė per mezzo di Fohat che le idee della Mente Universale sono impresse sulla materia. — I, 85 ed. or. (p. 85 online)
Nella sua totalità [di Fohat] considerata esotericamente, dal punto di vista del Pensiero Divino manifestato, secondo la dottrina esoterica rappresenta le Legioni dei più elevati Dhyan Chohan creatori. . . . Mediante l'azione della Saggezza Manifestata o Mahat — rappresentata da questi innumerevoli centri di energia spirituale nel Cosmo — il Riflesso della Mente Universale che è l'Ideazione Cosmica e la Forza Intellettuale che accompagna una tale Ideazione, diviene oggettivamente il Fohat del filosofo esoterico buddhista. Fohat, correndo attraverso i sette principi di Akasa, agisce sulla Sostanza manifestata o Elemento Unico, come abbiamo già detto e, differenziandola in vari centri di energia, mette in moto la legge dell'Evoluzione Cosmica, obbedendo all'Ideazione della Mente Universale e dando origine a tutti i vari stati di esistenza nel Sistema Solare manifestato. — I, 110 ed. or. (p. 100 online)
È uno dei dogmi fondamentali della Cosmogonia esoterica che, durante i Kalpa (o eoni) della Vita, il moto che nei periodi di Riposo "pulsa e vibra attraverso ogni atomo dormiente" (Commentario sulle Stanze di Dzyan), assume, dal primo risveglio del Kosmo per un nuovo "Giorno," la tendenza sempre crescente al movimento circolare. "La Divinità diviene un turbine" — I, 116-17 ed. or. (pp. 105-6 online)

Questi estratti, e molti altri simili, si riferiscono alla condizione di un universo quando è nuovamente ritornato alla sua più elevata ed originaria essenza cosmica elementale durante lo stato di mahāpralaya, poiché tutto il mondo è scomparso dai piani cosmici inferiori della vita manifestata. L'universo si è riavvolto verso l'alto e verso l'interno, nel suo piano spirituale superiore, dove, nello stato di paranirvāna, tutti gli eserciti di esseri manifestati, dai grandi dèi attraverso le gamme intermedie, giù fino ai complessivi atomi di vita, passano ere cosmiche nel 'sonno' senza sogni che è, tuttavia, un'intensa attività spirituale e super-intellettuale, caratteristica dei piani più elevati dell'essenza cosmica.

Questa beatitudine paranirvanica dura per "Sette Eternità," che è l'immenso periodo di tempo-spazio equivalente in durata al precedente mahāmanvantara. Tutta la manifestazione è stata spazzata via dall'esistenza. Il riavvolgersi di tutti i piani cosmici è cominciato prima dal piano più basso, seguito dal riavvolgersi del successivo piano più elevato, e questo procedimento è continuato così, finché, alla fine, è stato raggiunto il piano superiore, in cui si sono raccolte tutte le monadi dei precedenti eserciti degli esseri in evoluzione, riposando nella coscienza paranirvanica libera da qualsiasi velo di copertura dell'esistenza senziente inferiore. Potremmo formulare la materia altrimenti, dicendo che l'uovo aurico dell'universo o cosmo è stato aspirato nel più elevato piano cosmico o elemento dell'Uovo cosmico, il Mahābrahmānda.

Possiamo a dovizia richiamare l'attenzione su una delle due idee fondamentali della saggezza arcaica relativa all'Esistenza essenziale, piuttosto che alla vita manvantarica, di un essere cosmico. Uno spirito cosmico è, per il proprio universo, l'unico e solo durante il mahāpralaya, perché durante questo periodo non vi è manifestazione; o, com'è stato espresso nelle Stanze di Dzyan, la Madre dorme per sette eternità nella quiete senza sogni e in una coscienza totalmente inconsapevole della manifestazione. Questo è guardare al soggetto dal punto di vista dei nostri mondi in manifestazione, tutti gli eserciti del mondo galattico che si manifestano nelle loro stupefacenti ramificazioni e varietà differenziate.

In realtà, tutta questa differenziazione è un tipo di morte — il mondo sotterraneo — per gli spiriti cosmici all'interno dell'universo, il quale universo nondimeno agisce e vive attraverso la propria anima mundi e in essa; siccome il pralaya o il mahāpralaya è la condizione in cui la vita spirituale-intellettuale dell'universo è al suo massimo, anche l'anima mundi è sparita perché è stata aspirata nella monade cosmica.

Seguendo la stessa linea di pensiero, nell'antico Egitto l'aspetto supremo di Osiride era espresso come un dio oscuro, un dio nero, che effettivamente significa, comunque, una luce così pura ed intensa che la nostra luce manifestata è come la sua ombra.

Su questo soggetto, in risposta alla domanda: "Le "Grandi Acque sono le stesse di quelle su cui si muovevano le Tenebre?" — H.P.B. rispose:

In questo caso, è sbagliato dire che le Tenebre "si muovevano." Le Tenebre Assolute, o l'Eterno Inconoscibile, non possono essere attive, e il movimento è azione. Anche nel Genesi è dichiarato che le Tenebre erano sulla faccia dell'abisso, ma ciò che si muoveva sulla superficie delle acque era lo "Spirito di Dio." Esotericamente, questo significa che al principio, quando l'Infinità era senza forma e il Chaos, o lo Spazio eterno, era ancora vuoto, solo le Tenebre (cioè Kalahansa Parabrahm) erano. Successivamente, alla prima irradiazione dell'Aurora, "lo Spirito di Dio" (dopo che il Primo e il Secondo Logos ebbero irradiato il Terzo Logos, o Narayan) cominciò a muoversi sulla superficie delle Grandi Acque dell'Abisso." Di conseguenza, la domanda, per essere corretta, se non chiara, dovrebbe essere: "Le Grandi Acque sono le stesse che le Tenebre di cui si è parlato?" La risposta potrebbe allora essere affermativa. Kalahansa ha un doppio significato. Exotericamente è Brahmā, che è il Cigno, il "Grande Uccello," il veicolo nel quale le Tenebre si manifestano alla comprensione umana come luce e come questo Universo. Ma, esotericamente, sono le Tenebre stesse, l'Assoluto Inconoscibile, che è la sorgente innanzitutto dell'irradiazione chiamata il Primo Logos, poi del suo riflesso, l'Aurora o il Secondo Logos, ed infine di Brahmā, la Luce manifestata o il Terzo Logos.[1]

Riguardo alla luce manifestata, se non vi fosse alcuna cosa a riflettere quella luce, non potrebbe esistere illuminazione. Vediamo i pianeti nei cieli perché essi intercettano la luce, ma non vediamo la luce stessa poiché essa lampeggia dal sole attraverso lo spazio. Deve esserci la differenziazione, cioè gli oggetti, per rendere visibile la luce. Quindi, la luce come noi la vediamo è immensamente inferiore a quella gloria assoluta dello spirito divino, totalmente indescrivibile ed invisibile agli esseri umani. La luce è realmente il flusso di un'entità spirituale, uno degli aspetti della vitalità di un dio — il suo fluido psico-vitale.

Comprendiamo che il manvantara è un tipo di morte per la monade cosmica che si manifesta attraverso i suoi veli oscuri dell'anima mundi. Ė un tipo di privazione, un immergersi nella māyā del sogno cosmico; mentre il pralaya è veramente lo spirito dell'universo pienamente sveglio sul proprio piano, perché in esso si raduna ogni cosa, ed è liberamente attivo nei suoi regni ineffabilmente spirituali.

Quando l'evoluzione o manvantara comincia e l'ultimo istante del pralaya cosmico si è concluso, ha luogo esattamente lo stesso procedimento all'incontrario. Ora si risveglia nel cuore divino dell'universo dormiente un desiderio puramente astratto di dare inizio alla manifestazione — un fatto che si ripete analogicamente nel caso dell'uomo. Il desiderio della manifestazione — raffigurato nella filosofia greca da Eros, e nei Veda come "Il Desiderio nacque in Lui" — si rivela sul piano cosmico superiore come il risveglio della parte divina di fohat guidata dalla mente divina dell'universo 'dormiente.' Quando parliamo di risveglio fohatico, non è che un altro modo per definire che le classi supremamente elevate dei dhyan chohan cominciano a risvegliarsi fuori dal loro paranirvāna di lunghe ere, attuando così l'espansione evolutiva degli elementi cosmici man mano che essi procedono stabilmente verso il basso attraverso i piani cosmici, finché appare ancora una volta l'impalcatura strutturale dell'universo pienamente sviluppato.

Nel Buddhismo esoterico, la natura della stoffa o essenza cosmica, immersa nel riposo paranirvanico durante il suo mahāpralaya è chiamata swabhavat, un composto sanscrito che significa non solo essenza di sé ma auto-evoluzione; e questa è la stoffa cosmica di carattere divino-spirituale, da cui l'universo è evoluto. Swabhavat, quindi, è essenzialmente sostanza cosmica astratta, ma di natura chiaramente vitale e spirituale-intellettuale; e se la chiamiamo la madre o la matrice cosmica, o l'essenza cosmica e divina della natura, non ha importanza, perché questi termini non sono che modi diversi per cercare di descrivere che cosa è l'essenza spirituale della natura durante il mahāpralaya.

Vediamo così che lo stimolo che risveglia l'universo dormiente al suo nuovo mahāmanvantara è guidato dal pensiero divino dell'universo, che si manifesta attraverso le sue energie divine, spirituali ed intellettuali, come pure essenziali e magnetiche, energie che collettivamente sono chiamate fohat.

Quando questo pensiero divino comincia a risvegliarsi all'attività, emana i raggi dell'intelligenza divino-spirituale che sono settupli, o anche duodecupli, e questi sono i logoi cosmici. Questi logoi cosmici, o quelli che una volta H.P.B. ha chiamato i "Figli Cosmici della Luce," sono i dhyan chohan primordiali o supremi, da cui fluiscono, man mano che procede l'espansione evolutiva dei piani cosmici, i propri raggi-figli o logoi minori — essendo tutte queste gerarchie minori di dhyan chohan il lato luminoso dell'universo, altrimenti chiamato la Gerarchia della Luce.

Infine, negli scritti filosofici hindu il pensiero divino è chiamato mahat, la mente universale, che nella costituzione dell'uomo corrisponde a manas, un raggio di mahat. Superiori persino a mahat, dobbiamo immaginare le essenze ancora più sublimi i cui raggi nell'uomo possiamo chiamare rispettivamente buddhi e ātman, e nell'universo mahābuddhi o il buddhi cosmico, e Paramātman o Brahman.


I TRE LOGOI

Non vi è forse nessun punto nella filosofia esoterica in cui si raggruppano tante idee vaghe come sull'insegnamento concernente i logoi. Il termine logos, comunemente usato nell'antico pensiero mistico dei greci, fu adottato dai primi cristiani, come, ad esempio, da Giovanni nel Quarto Vangelo, ed usato per come essi ne intendevano il significato. Originariamente, logos significava ragione, e in seguito venne anche a significare parola. Alcune scuole di filosofia greca la trasferirono, come una raffigurazione di linguaggio, al processo cosmico: in principio c'era la ragione divina, il pensiero divino, che per comunicare la vita e l'intelligenza dentro di sé aveva bisogno di un veicolo, una 'parola,' per potersi diffondere. E la parola era prodotta dal funzionamento della ragione divina, proprio come il linguaggio umano è prodotto dal funzionamento della ragione umana o pensiero.

Ora, quindi, ogni gerarchia, in altre parole ogni piano, ha i suoi tre Logoi: quello immanifesto, quello manifestato in parte, e quello manifesto, o il Primo, il Secondo, e il Terzo Logos — anche se, poiché l'intero universo è costituito di gerarchie che si ripetono l'un l'altra su piani differenti, in qualsiasi universo esiste un numero quasi incalcolabile di logoi minori come raggi che vi sono emanati.

Considerato come un'unità triadica, il concetto dei tre Logos primordiale diede ai cristiani la loro Santa Trinità, sia pure in qualche forma distorta; e lo stesso concetto diede ad altre religioni e sistemi filosofici dell'antichità i tre individui delle loro rispettive triadi. Così il Primo Logos, chiamato da H.P.B. il Logos immanifesto, equivale alla monade cosmica di Pitagora, la Monade delle monadi, che rimane eternamente in ciò che per noi è silenzio e tenebra — sebbene sia la luce assoluta e più perfetta del mondo. Nell'arcaica Trimurti Indiana è rappresentato da Brahman; e nello schema cristiano dal Padre.

Il Primo Logos Immanifesto è il Punto Primordiale dell'Antico dei Giorni della Cabala; e sotto un certo aspetto, in quanto stiamo prendendo in considerazione proprio la prima fase dell'inizio del dramma dell'evoluzione, è il seme primigenio dal quale tutta la gerarchia — che incarna tutte le gerarchie successive — dell'universo scaturisce nella manifestazione. Quest'evoluzione emanativa ha luogo attraverso il Primo Logos che si riveste di un velo di luce spirituale che al tempo stesso è intelligenza cosmica e vita cosmica, diventando il Secondo Logos manifestato-immanifesto, e al quale scuole diverse di filosofia danno nomi differenti.

Nell'antico sistema mistico di Pitagora, questo Secondo Logos era la Diade cosmica, concepita come un potere femminile, o un velo del Primo Logos, la Monade delle monadi; mentre nella mitologia greca era raffigurato come Gaia, la consorte (o il velo) di Urano, l'oceano, il Primo Logos. Similmente, certe scuole mistiche dell'Oriente parlavano del Secondo Logos come Pradhāna, il velo di Brahman o il Primo Logos; o, ancora, nel Buddhismo esoterico ad esempio, come Alaya o mahābuddhi, che è il vertice o la radice dell'ākaśa cosmica. Il concetto originale cristiano della Trinità, com'è ancora sostenuto nella Chiesa Ortodossa o Greca, considerava questo Secondo Logos come un potere femminile che è lo Spirito Santo."[2]

Questo Secondo Logos, la matrice cosmica dello Spazio, essendo per così dire il campo di vita creativo e produttivo, o i semi di vita, genera il Terzo Logos, che era concepito come il Figlio, come nell'originario schema greco cristiano, la Terza Persona della Trinità nata dallo Spirito Santo. Nell'antico sistema brahmanico era Śiva, nato dall'essenza di Vishnu. Un altro nome dato nell'Induismo primitivo a questo Terzo Logos era Brahmā, il Creatore, la riproduzione di Brahman, il Primo Logos, mediante e attraverso l'intermediazione del potere femminile Pradhāna, o il Secondo Logos.

Con l'apparizione cosmica del Terzo Logos l'espansione evolutiva dell'universo ha raggiunto il suo terzo stadio, e allora da lì inizia l'emanazione delle innumerevoli gerarchie minori che, nel loro insieme, compongono il complesso mistero dell'universo multiforme in tutte le sue attività e sostanze interattive.

Molti e vari erano i nomi dati al Terzo Logos dagli antichi sistemi religiosi e filosofici. I greci diedero a questo Terzo Logos Formativo la qualifica di Demiurgo, un termine che misticamente significa il supremo Architetto cosmico dell'Universo. Questa stessa idea è sempre stata sostenuta dai cristiani ed anche dalla moderna Massoneria speculativa, come è indicato dal loro appellativo: Il Grande Architetto dell'Universo. Nell'Induismo un altro aspetto del Terzo Logos era chiamato Nārayāna o Purusha, che si supponeva fosse avvolto nel suo velo cosmico che lo accompagnava, prakriti. Nārayāna significa l'uomo cosmico che si muove sulle acque dello Spazio, attraversandole (le acque cosmiche del Genesi), e queste acque cosmiche, tra l'altro, non sono che un altro nome dato al Secondo Logos, cioè l'estesa matrice delle entità cosmiche.[3]

In rapporto ai Logoi può essere d'aiuto la seguente domanda e risposta:[4]

D. Quale è la differenza tra lo Spirito, la Voce e la Parola?
R. In un certo senso, la stessa che c'è fra Atma, Buddhi e Manas. Lo Spirito emana dalle Tenebre Ignote, il mistero nel quale nessuno di noi può penetrare. Questo Spirito — chiamatelo lo "Spirito di Dio" o Sostanza Primordiale — riflette se stesso nelle Acque dello Spazio — o la materia ancora indifferenziata dell'Universo futuro — e produce così il primo fremito della differenziazione nell'omogeneità della materia primordiale. È la Voce, il pioniere della "Parola" o la prima manifestazione; e da questa Voce emana la Parola, o Logos, vale a dire l'espressione definita edoggettiva di ciò che, fino ad allora, era rimasto nelle profondità del Pensiero Nascosto. Quello che siriflette nello Spazio è il Terzo Logos.

Vi è un'interessante esposizione di idee relative al Secondo Logos, la Voce, che in Sanscrito è generalmente chiamata Vāch o Swara. Entrambi questi termini, che significano Suono, o Respiro, in un altro senso sono usati misticamente per Voce — e occasionalmente per Parola — e sono impiegati con un attributo femminile perché sono il vettore o la madre del Terzo Logos.

Ricapitolando: abbiamo l'ideazione cosmica o il Padre cosmico, cioè il pensiero cosmico, il Primo Logos, che limita se stesso e si riproduce nel Secondo Logos, che è la Madre cosmica, che porta in sé l'essenza del Primo Logos o pensiero divino e si riproduce come Terzo Logos, il Figlio cosmico o la Parola. Così abbiamo l'Idea — il Primo; il Suono — il Secondo; la Parola — e il Terzo, che è il Logos manifestato o creatore dell'universo. Quindi, Vāch o Swara è il Suono mistico dell'attività divina creatrice, il veicolo del pensiero divino, di cui la Parola o Verbo è l'espressione manifestata.

Applicando Vāch o Swara ad un essere umano, troviamo che entrambi i termini corrispondono, nella costituzione dell'uomo, al buddhi nato dall'ātman, riproducendo l'individualità atmica dalla sua matrice buddhica come manas. La stessa idea si trova in parecchi popoli, ad esempio tra i cabalisti antichi e moderni, che parlano di Bath Qôl, la figlia della Voce. Ora, questa Bath Qôl era considerata la divina ispirazione che guida alcuni individui umani molto evoluti, sia che fossero profeti o veggenti; e indica il manas dell'uomo illuminato dal buddhi interiore, e Bath Qôl è il raggio buddhico trasmittente.

Tornando nuovamente alla scala cosmica, vediamo che anche l'antico pensiero mistico degli ebrei definiva che la Voce o Suono divino era di carattere logoico, come evidenziato in Giobbe, xxxviii, 4-7:

Dov'eri tu quando io gettavo le fondamenta della terra? Dimmelo, se hai tanta intelligenza.
Sai tu chi ne fissò le misure? Chi tese sopra di essa il regolo?
Sopra di che poggiano le sue basi? O chi pose la sua pietra angolare?
Quando le stelle del mattino cantavano insieme e tutti i figli di Dio esultavano di gioia?

Qui c'è un chiaro riferimento all'idea molto arcaica che il mondo, in tutti i suoi piani cosmici, fu portato in esistenza dal suono, dal canto, un'idea, questa, che troviamo similmente tra le antiche popolazioni dei druidi e dei germanici. Qui, in Giobbe, vediamo che le stelle, all'inizio del manvantara, chiamavano il mattino, cantavano insieme, nel momento in cui i figli di Dio, che erano le divinità del piano cosmico superiore, celebravano o cantavano i mondi in esistenza.

Come H.P.B. ha scritto:

Egli [Ippolito] dice che Marco gli aveva confidato che i 'sette cieli' . . . emisero ciascuno una vocale; tutte queste, combinate insieme tra loro, formarono una singola dossologia; in parole più chiare: "il cui Suono trasmesso in basso [da quei sette cieli] alla terra, diventa il creatore e il padre di tutte le cose che sono sulla terra.[5] Tradotto dalla fraseologia occulta in linguaggio più semplice, si leggerebbe: essendosi il Settuplice Logos differenziato in sette Logoi, o Potenze Creatrici (Vocali), queste (il Secondo Logos, il "Suono") hanno creato tutto sulla Terra.[6]

Ė notevole che Swara, in Sanscrito, in uno dei suoi significati, vuol dire anche sette. Ciò rivela un concetto esoterico che i più antichi scrittori hindu attribuirono al termine, cioè che lo Swara cosmico si evolve in una serie di sette suoni, ciascuno corrispondente direttamente ad uno dei sette piani cosmici, dando così ad ogni piano la propria nota fondamentale o Swara. Come per Vāch, questo è spesso descritto come śatarūpā, dalle cento forme; e se vediamo che l'universo evoluto ha dieci piani cosmici, e ciascun piano è decuplicato, allora abbiamo cento note fondamentali individuali. Una tale costruzione decimale dell'universo dà per scontato il piano cosmico superiore dell'unità cui è vincolato all'Infinito, come pure il piano cosmico più basso, che è l'universo fisico — il semplice guscio o vettore di tutti gli altri — creando così l'universo duodecuplo menzionato da molti antichi filosofi, Platone incluso.

Se applichiamo tutto questo a una catena solare (o a una catena planetaria di dodici globi) vediamo che ognuna di queste catene è la manifestazione di una gerarchia logoica, che è il suo logos supremo. Ognuno dei dodici globi della catena solare è il prodotto, e in un certo senso, la dimora di uno dei dodici raggi provenienti dal logos solare o gerarchia solare. L'analogia con la costituzione dell'uomo è perfetta: il nostro ātman è la nostra gerarchia suprema, e i diversi punti focali, in ciascuno dei quali dimora una monade, sono i centri dei raggi che emanano dall'ātman.

Prendendo ancora una volta il nostro sole come esempio, ciascuno dei dodici raggi che emanano da questo logos solare è di per sé un logos minore che, a sua volta, essendo duodenario, è il raggio solare che guida e sorveglia una delle catene planetarie sacre. Ogni globo di una tale catena planetaria è ugualmente la dimora speciale di uno dei dodici raggi minori in ciascuno di questi logos minori.

Il poeta latino Marziano Capella parlava del sole "la cui testa sacra è circondata da sei raggi doppi." Questi raggi rappresentano i doppi sei poteri o globi della catena solare. Vi sono, naturalmente, come nel caso di tutte le catene planetarie, effettivamente dieci globi e due 'collegamenti polari.' Ora, questi dodici poteri del sole sono le dodici forze del logos solare — la divinità solare manifestata — e naturalmente devono avere le loro sfere d'azione come pure le sostanze appropriate attraverso cui agire. Infatti, sono essi stessi le proprie dimore. Come una lumaca costruisce il proprio guscio, essi costruiscono i loro luoghi di dimora con una porzione di se stessi, rimanendo, ciò nonostante, separati; come lo spirito e l'anima di un uomo restano separati dal suo corpo, in esso e tuttavia al di sopra di esso e, in senso vero, non appartenenti ad esso. Queste dodici forze rappresentano e sono, di fatto, i dodici piani del sistema solare.

Uno dei nomi mistici del sole nell'antica letteratura hindu è dwādaśātman, letteralmente: dai dodici sé. Quindi è affermato che Surya, il sole, è sia decuplo che settuplo. Questi dodici (o sette) sé possono essere considerati sia come logoi individuali, radunati come un'unità, come il logos o la gerarchia solare — proprio come un raggio di luce solare è composto dei sette colori dello spettro — e sono a volte chiamati āditya, che significa nati da Aditi, o Spazio; poiché ciascuno di questi āditya o logos solari minori è il genio spirituale reggente della sua catena planetaria. E quindi il suo capo gerarchico.

Nella Dottrina Segreta, II, 29 ed. or. (p. 22 online, troviamo):

"Come in alto, così in basso" è l'assioma fondamentale della Filosofia Occulta. Come il Logos è settuplo, cioè per tutto il Kosmo si manifesta come sette Logoi sotto sette diverse forme, o, come insegnano i sapienti Brahmini, "ognuno di essi è il personaggio centrale di uno dei sette rami principali dell'antica Religione-Saggezza;" e, come i sette principi che corrispondono ai sette stati distinti di Prajñā, o Coscienza, sono in relazione con i sette stati della Materia e con le sette forme della Forza, così la divisione deve essere la stessa in tutto ciò che riguarda la Terra.

In conclusione, quindi, ricordate che il Primo Logos è la coscienza cosmica, il vertice o Brahman di qualsiasi gerarchia, e questi Brahman sono innumerevoli nello Spazio sconfinato. Ogni sistema solare è uno di questi Brahman sulla scala del sistema solare; ogni galassia ne rappresenta, oppure è, uno sulla scala galattica; ed è così anche per ciascuna catena planetaria. Ogni essere umano ha il suo Brahman individuale, il punto più alto del suo essere, il suo Primo Logos.

Tutti noi siamo figli del Primo Logos, vita della sua vita, coscienza della sua coscienza. Più ci eleviamo nelle parti supreme del nostro essere, più diventiamo autocoscienti della nostra identità con esso. I 'Primi Logos' sono la progenie dell'Illimitato, "scintille dell'Eternità," che vanno e vengono attraverso la Durata senza fine. Questo è il motivo per cui si dice che Parabrahman è sia cosciente che incosciente, che si manifesta e non si manifesta, spirito e materia, perché è entrambi e nessuno dei due. Ė entrambi, perché l'Illimitato genera questi punti del suo essere attraverso l'Infinitudine, e quindi li riaccoglie — proprio come lo spirito dentro di noi è quella radice che ci crea, e tuttavia noi non siamo lo spirito. Non siamo che il suo debole raggio, che un giorno si ritirerà nel Brahman dentro di noi, il nostro Primo Logos. E lì l'essere manifestato giacerà latente per un periodo, per poi riapparire.

Così nascono i mondi fuori dalle profondità dell'Illimitato, e rientrano in esso, proprio come gli uomini nascono dal loro Brahman interiore, dal loro Uovo aurico, e vi rientrano. Quando il sistema solare sarà giunto alla sua fine, tutti i suoi esseri dentro di esso saranno attratti nell'Illimitato per un tranquillo riposo superiore, per riuscirne come raggi logoici quando inizia un nuovo dramma cosmico della vita.


FOHAT, L'ENERGIA DINAMICA DELL'IDEAZIONE COSMICA

Nella Dottrina Segreta H.P.B. espone in maniera magistrale il carattere essenziale di fohat:

È il "ponte" per mezzo del quale le Idee esistenti nel "Pensiero Divino" sono impresse nella Sostanza Cosmica quali Leggi di Natura. Fohat è così l'energia dinamica dell'Ideazione Cosmica, oppure, se lo si considera da un altro punto di vista, è il mezzo intelligente, il potere che guida ogni manifestazione, il Pensiero Divino trasmesso e manifestato dai Dhyan Chohan, gli Architetti del mondo visibile. Così, dallo Spirito, o Ideazione Cosmica, deriva la nostra Coscienza; dalla Sostanza Cosmica provengono i diversi veicoli nei quali quella Coscienza è individualizzata e perviene all'autocoscienza — o coscienza riflettente; mentre Fohat, nelle sue diverse manifestazioni, è il misterioso legame tra la Mente e la Materia, il principio animatore che elettrifica ogni atomo dandogli vita. — I, 16 ed. or. (p. 36 online)

Fohat è un termine filosofico sia tibetano che mongolo, che ha il significato generale di vita o vitalità cosmica, sempre guidato dalla mente o intelligenza cosmica. La radice verbale foh è di origine mongola, e corrisponde alla parola buddha o anche buddhi, oppure la saggezza di bodhi. Fohat compie le sue molteplici meraviglie tessendo la rete dell'essere universale, perché è il mahā-buddhi ad agire attraverso di lui o a dirigerlo. La vitalità cosmica rappresenta in un universo ciò che sono i prāna nei nostri corpi.

Il motivo per cui i mongoli parlavano di vitalità cosmica in rapporto alle idee appropriatamente attribuibili ai termini buddhi, bodhi, ecc., è che rifiutavano di vedere nella simmetrica ed armoniosa struttura dell'universo quel gioco puramente immaginario di forze cieche e prive di anima sulla materia, che è stato la rovina del pensiero scientifico occidentale. Per questi antichi orientali l'universo era un'espressione della saggezza cosmica.

Infatti, fohat, essendo la vita cosmica nel senso di flusso vitale o fluidi etereo-vitali in un universo, è divisibile in sette o dieci principi o elementi, ciascuno dei quali è una vitalità con il proprio swabhāva, e la loro unità forma complessivamente fohat, di cui H.P.B. scrive:

Ciascun mondo ha il proprio Fohat, che è onnipresente nella sua sfera d'azione. Ma vi sono tanti Fohat quanti sono i mondi, e ciascuno di essi varia in potere e grado di manifestazione. I Fohat individuali costituiscono un Fohat universale collettivo — l'aspetto-entità della Non-Entità unica assoluta, che è l'Esseità assoluta, 'Sat.' È detto che "milioni e miliardi di mondi vengono riprodotti ad ogni Manvantara". Perciò devono esservi molti Fohat, che noi consideriamo come Forze coscienti ed intelligenti.[7]

Il fohat primordiale, che ha avuto origine nel Primo Logos, è settenario o decuplo perché il Primo Logos è di per sé settenario — o decuplo. Di conseguenza, fohat esiste come un settenario o un decuplo su ciascuno dei piani dell'universo. Quando il Secondo Logos si espande all'interno del Primo Logos, ugualmente fohat segue ogni passo di quest'emanazione, riproducendosi come vitalità cosmica in sette o dieci forme nel Secondo Logos. In modo esattamente uguale, fohat si riproduce nel Terzo Logos.

Ora, fohat è nel cosmo ciò che i sette o dieci prāna sono nell'uomo; e come la costituzione dell'uomo ha i suoi prāna su ogni strato dell'uovo aurico, così i prāna del cosmo sono i differenti aspetti di fohat su piani differenti. Proprio come nell'uomo i prāna sono i veicoli del pensiero, sentimento, emozione, istinto, così sui piani cosmici fohat agisce come il veicolo dell'ideazione cosmica. Fohat è il destriero, il pensiero cosmico è il cavaliere.

Fohat si manifesta sotto varie forme, e l'elettricità così come la conosciamo è una delle manifestazioni più basse. Quella che è vitalità nella struttura umana, è elettricità nell'intelaiatura dell'universo materiale. Sono manifestazioni della stessa forza fondamentale. Misticamente, l'elettricità cosmica è la vitalità corporea dell'entità in cui noi viviamo, ci muoviamo, e abbiamo il nostro essere. Non è una forza a se stante. Non vi è alcuna cosa simile nell'universo come una forza a se stante, che esiste separata dalle altre forze. Ė una fase, una manifestazione, dell'essenziale di tutte le cose, che è coscienza. La gravitazione è effettivamente una delle manifestazioni dell'elettricità cosmica e, parimenti, è una delle manifestazioni della gravità cosmica. Citando ancora H.P.B. dalla Dottrina Segreta (I, 145 ed. or.; p. 124 online):

. . . Fohat, la forza costruttiva dell'Elettricità cosmica . . . ha Sette Figli che sono i suoi Fratelli . . . [questi] rappresentano e personificano però le sette forme di magnetismo cosmico, chiamate, nell'Occultismo pratico: le "Sette Radicali," la cui progenie cooperante ed attiva comprende, fra le altre energie, l'Elettricità, il Magnetismo, il Suono, la Luce, il Calore, la Coesione, ecc.

Inoltre, proprio come la vitalità in un corpo umano appare come elettricità o manifestazione fohatica nella struttura di ognuno degli atomi che compongono il nostro corpo, così la vitalità della grande entità in cui abbiamo il nostro essere è l'elettricità cosmica. Il fulmine è elettricità o vitalità cosmica che si manifesta ad un certo punto e sotto determinate condizioni. Ristabilisce l'equilibrio elettrico locale. Ugualmente, quando nel corpo umano è mantenuto un equilibrio di vitalità, significa salute; e quando l'equilibrio è disturbato, significa malattia.

Quando le cose non sono in equilibrio, elettricamente parlando, abbiamo i giorni molto caldi o molto freddi, i giorni di tempesta o i giorni di calma anomala. Vi è un cambio costante di direzione nei movimenti e negli operati di quest'elettricità cosmica. Il lampo è un breve segmento di una circolazione del cosmo, ed è strettamente coinvolto in certe correnti vitali tra il sole e la terra, e tra l'uomo e la terra, che passano attraverso la terra e il velo meteorico che la circonda. Il magnetismo è l'alter ego dell'elettricità, ognuno un 'figlio e fratello di fohat.' Fondamentalmente, quelli che chiamiamo gravità, elettricità e magnetismo, sono tutti la medesima cosa: tre manifestazioni di fohat o vitalità cosmica come appare nella nostra parte fisica dell'universo. L'universo non è diviso in gradi separati l'uno dall'altro, ma è un insieme organico, che contiene gradi o stadi che passano l'uno nell'altro, dall'invisibile al visibile, e che passano in stadi ancora più bassi, di nuovo nell'invisibile. Non ci sono vere divisioni radicali se non in senso schematico.

Gli esseri umani hanno a che fare con il fulmine più di quanto l'uomo possa immaginare. Se non vi fossero entità animate sulla terra, l'elettricità, manifestandosi in quel determinato modo che chiamiamo fulmine, sarebbe un fenomeno troppo raro; ma ogni punto dello spazio contiene entità animate sia visibili che invisibili per noi.

Nel Glossario Teosofico, H.P.B. ha definito fohat come "l'essenza dell'elettricità cosmica. Un termine occulto tibetano per Daivīprakriti, la luce primordiale;" e nel descrivere daīviprakriti, H.P.B. la definisce "una luce primordiale ed omogenea . . . e, una volta differenziata, questa luce diventa Fohat."

Qui si accenna ad una sottile distinzione. Daīviprakriti, che letteralmente significa prakriti o sostanza splendente, o divina, è la luminosa forza-sostanza originale, che lo studioso brahamanico Subba Row, uno dei primi teosofi, chiamava la "luce del Logos." Fohat è la stessa luce in uno stato di manifestazione più sviluppato. Così, mentre in un senso i due sono realmente uno, se chiamiamo daivīprakriti la comune elettricità nel suo aspetto cosmico, allora fohat, in questo caso, sarebbe le manifestazioni più sviluppate dell'elettricità cosmica, come il fulmine, come la corrente che illumina le nostre case, e la forza di coesione che raggruppa gli atomi. Soprattutto, daīviprakriti-fohat è la coscienza cosmica attiva; daīviprakriti è l'aspetto spirituale o negativo superiore, e fohat è l'aspetto attivo o positivo inferiore.

Ognuno di questi tre Logos e il suo fohat corrispondente è vivente, è la Vita stessa. Poiché i tre Logoi sono esseri cosmici viventi, e poiché tutto l'universo scaturisce da essi mediante una serie di gerarchie che si espandono nelle loro diverse emanazioni, l'universo e tutto ciò che vi è contenuto, incluso il suo corpo fisico, è vivente; ne consegue che dalla nebulosa e dal sole, fino all'elettrone e all'uomo, ogni entità in un tale universo è un essere vivente, costruito dalla Vita che è sia sostanza che mente cosmica. O, come vividamente disse H.P.B.: "I raggi del Logos vibrano in ogni atomo."


GLI EONI GNOSTICI

Durante i due o tre secoli che seguirono la caduta del sistema esoterico in Europa e le sue relative Scuole Misteriche — una caduta che ebbe le sue prime fasi all'incirca verso l'inizio dell'era cristiana — nacque appunto un numero di scuole mistiche e quasi occulte, alcune delle quali non contenevano nemmeno una piccola parte della luce allora sbiadita della saggezza esoterica, altre solo flebili raggi.

Tra queste scuole che sorgevano per una moda effimera vi erano i diversi gruppi degli Gnostici, molti dei quali furono erroneamente chiamati dagli scrittori cristiani "sette cristiane eretiche," sebbene fossero, in realtà, molto meno cristiani di quanto lo fossero i raggi declinanti dei centri originali dell'insegnamento esoterico nel mondo mediterraneo. Tuttavia, è vero che alcuni di questi gruppi gnostici, per un motivo o per un altro, e principalmente mediante espedienti, avevano certi punti di riavvicinamento con le diverse sette cristiane, probabilmente per permettersi di vivere più o meno in pace e continuare in relativa soddisfazione i loro studi privati.

Ma la verità completa su queste sette gnostiche non è mai stata scritta. La Scuola Gnostica di Simon era una delle più fedeli nell'insegnare alcune delle dottrine fondamentali della filosofia esoterica. Altri gruppi gnostici che preservavano la saggezza erano quelli fondati da Menandro, Valentino, Basilide, ecc. Simon, poiché insegnava in un'epoca che, pur avida e bramosa di tutti i tipi di conoscenza occulta e quasi occulta, era tuttavia estremamente critica e ostile, dovette ovviamente esprimere il suo insegnamento sotto forme di linguaggio che non avrebbero offeso il dominante potere cristiano. Di conseguenza, egli abbandonò in gran parte le espressioni sacre e di vecchia data dell'insegnamento, ed usò modalità di linguaggio e raffigurazioni che spesso erano del tutto exoteriche, e in certi casi furono effettivamente inventate da lui per nascondere dai nemici della sua scuola proprio quello che egli intendeva nelle sue dottrine — il significato interiore che era nondimeno perfettamente comprensibile ai suoi eruditi seguaci.

I seguenti estratti alquanto lunghi dalle Istruzioni Esoteriche di H.P.B.[8] espongono il sistema gnostico degli Eoni come fu insegnato da Simon:

Simon, come tutti gli altri Gnostici, insegnava che il nostro mondo fu creato dagli angeli inferiori, che egli chiamava Eoni. Ne menziona soltanto tre gradi, perché era ed è inutile, com'è stato spiegato nella Dottrina Segreta, insegnare qualsiasi cosa circa i quattro superiori; e pertanto incomincia dal piano dei globi A e G. Il suo sistema si avvicina alla Verità occulta, come altri, in modo che possiamo esaminarlo tanto per quanto riguarda le sue dichiarazioni, quanto quelle di Menandro, circa la "Magia," per stabilire quello che essi realmente intendevano con questo termine. Ora, per Simon il culmine di tutta la creazione manifestata era il Fuoco, che per lui era, come lo è per noi, il Principio universale, la Potenza Infinita, nato dalla Potenzialità celata. Questo Fuoco era la causa primordiale del mondo manifesto dell'essere, ed era duplice, avendo un lato manifesto ed uno celato, segreto. "Il lato segreto del Fuoco è celato nel suo lato evidente [o oggettivo][9] e l'oggettivo è prodotto dal suo lato segreto," egli scrive, il che equivale a dire che il visibile è sempre presente nell'invisibile, e l'invisibile nel visibile. Questo non era che un nuovo modo di affermare l'idea di Platone dell'Intelligibile (Noêton) e del Sensibile (Aisthéton), e l'insegnamento aristotelico della Potenza (Dunamis) e dell'Atto (Energeia). Per Simon, tutto ciò che si può pensare e tutto ciò su cui si può agire, era intelligenza perfetta. Il Fuoco conteneva tutto. E, di conseguenza, tutte le parti di questo Fuoco, essendo dotate di intelligenza e ragione, erano suscettibili di sviluppo per ampliamento ed emanazione. Questo è il nostro insegnamento del Logos Manifestato, e queste parti, nella loro emanazione primordiale, sono i nostri Dhyān-Chohân, i "Figli della Fiamma e del Fuoco," o gli Eoni superiori. Questo "Fuoco" è il simbolo del lato attivo e vivente della Natura Divina. Dietro ad esso vi è "infinita Potenzialità in Potenzialità," che Simon chiamava "ciò che è stato, è, e sarà," o stabilità permanente e Immutabilità personificata.
Dalla Potenzialità del Pensiero, la divina Ideazione passava in tal modo all'Azione. Da cui, la serie delle emanazioni primordiali tramite il Pensiero che genera l'Atto, il lato oggettivo del Fuoco essendo la Madre, e il lato segreto il Padre. Simon chiamava queste emanazioni Sizigie (un paio, o una coppia unita), perché emanavano a due a due, una come Eone attivo e l'altra come passivo. Emanavano in tal modo tre coppie (o sei in tutto, il Fuoco essendo il settimo) cui Simon dava i seguenti nomi: "Mente e Pensiero; Voce e Nome; Ragione e Riflessione," il primo in ogni coppia essendo maschio, il secondo femmina. Da questi primordiali sei emanarono i sei Eoni del Mondo di Mezzo. . . .
Troviamo così nel sistema di Simon Mago che i primi sei Eoni, sintetizzati dal settimo, la Potenza Genitrice, passarono all'Atto, ed emanarono, a loro volta, i sei Eoni, che erano quindi quelli sintetizzati dal loro rispettivo Genitore. Nei Philosophumena leggiamo che Simon paragonava gli Eoni all' "Albero della Vita." "È scritto," disse Simon nella Rivelazione,[10] "che vi sono due ramificazioni degli Eoni universali, che non hanno né principio né fine, emessi entrambi dalla stessa radice, la Potenzialità invisibile ed incomprensibile, Sige (Silenzio): Una di questa [serie di Eoni] appare dall'alto. Questa è la Grande Potenza, la Mente Universale [o Ideazione Divina, il Mahat degli hindu]: essa ordina tutte le cose ed è maschile. L'altra è dal basso, poiché è il Grande Pensiero [manifestato] — l'Eone femminile, che genera tutte le cose. Questi [due tipi di Eoni] che si corrispondono l'un l'altro,[11] hanno combinato e manifestano la distanza mediana [la sfera intermedia, o piano], l'incomprensibile Aria che non ha né principio né fine."[12] Questa "Aria" femminile è il nostro Etere, la Luce Astrale dei cabalisti. Ė, dunque, il Secondo Mondo di Simon, nato dal Fuoco, il principio di tutte le cose. Noi lo chiamiamo la Vita Una, la Divina Fiamma Intelligente, onnipresente ed infinita . . .
Il Terzo Mondo di Simon con la sua terza serie di sei Eoni e il settimo, il Genitore, è emanato nello stesso modo. Ed è questa stessa nota che attraversa ogni sistema gnostico — il graduale sviluppo in basso nella materia per similitudine; ed è una legge che va rintracciata nell'Occultismo primordiale, o Magia. Per gli Gnostici, come per noi, questa settima Potenza, sintetizzando tutto, è lo Spirito che medita sulle acque tenebrose dello Spazio indifferenziato, Nârâyana, o Vishnû, in India; lo Spirito Santo nella Cristianità. Ma mentre nella Cristianità il concetto è condizionato e sminuito dai limiti che richiedono la fede e la grazia, la Filosofia Orientale mostra che esso pervade ogni atomo, conscio o inconscio . . .
Ne consegue quindi che ogni essere razionale — sulla Terra chiamato Uomo — è della stessa essenza e possiede potenzialmente tutti gli attributi degli Eoni più elevati, il sette primordiale. Egli deve sviluppare, "ad immagine del più elevato," con un'imitazione in actu, la Potenza di cui è dotato il più elevato dei suoi Genitori, o Padri. — II

Quando H.P.B. si riferisce al sistema degli Eoni di Simon partendo "sul piano dei globi A e G," il lettore deve ricordare che non sono proprio sette, ma in realtà dodici diversi stadi evolutivi di crescita nella storia della vita di un'incarnazione di una catena planetaria dal suo inizio alla sua fine. H.P.B. passò sotto un relativo silenzio i primi cinque stadi preliminari, e si occupò della catena realmente al suo sesto stadio, che chiamò il 'primo.' Il seguente diagramma può rendere in qualche modo più chiaro l'argomento:

Stadi Primordiali:[13] 2 line brace 1. Etereo
2. Eterico
     
Evoluzione Elementale: 3 line brace 1. Primo Regno Elementale
2. Secondo Regno Elementale
3. Terzo Regno Elementale
     
I Sette Globi Manifestati: 7 line brace 1. Globo A igneo
2. Globo B aereo
3. Globo C acquoso
4. Globo D solido o terrestre
5. Globo E etereo
6. Globo F etereo-spirituale
7. Globo G quasi spirituale

Da ciò si può dedurre che prima dell'evoluzione dei regni elementali, che sono i primi ad aiutare la costruzione di un globo su un piano, vi sono gli stadi eterei ed eterici, che sono realmente il primo stadio cometario nelle sue due principali divisioni di sviluppo. Una volta che questi due stadi primordiali di preparazione e quasi materializzazione sono conclusi, allora le tre principali classi di elementali, che si sono preparati e sono stati separati e attirati nelle loro tre rispettive classi, cominciano il loro lavoro di gettare le basi di un globo futuro.

Ancora, quando le tre classi di elementali hanno costruito lo schema del globo futuro, e ciascuna classe segue quando la precedente ha terminato il suo lavoro, allora il vero globo comincia la sua esistenza in quella che qui è chiamata la prima ronda; perché, dal momento in cui i tre regni elementali hanno portato a termine il loro compito, le diverse famiglie di monadi si sono più o meno segregate nei loro rispettivi gruppi, e sono quindi pronte a iniziare le loro ronde come onde di vita.

Da questo momento in poi, iniziano le sette ronde e continuano attraverso progressioni seriali intorno a tutti i globi della catena; è da puntualizzare che mentre la descrizione fatta sopra ha a che fare principalmente con il globo D, tutti gli altri globi stavano ugualmente evolvendo o stavano per venire in parte della manifestazione, pari passu con esso. Una ronda inizia nel più elevato dei dodici globi e procede regolarmente da globo a globo intorno alla catena. Questo non è che un altro modo di affermare che ogni globo espande da se stesso il suo surplus di vita, o di vite.

Innanzitutto abbiamo il risveglio etereo nella vita di un centro laya che, cominciando a muoversi nelle sue peregrinazioni attraverso lo spazio, gradualmente aderisce alla sua materia eterea ed eterica, e così entra lentamente nel suo secondo stadio, l'eterico; e quando questo stadio è finito, il centro laya che ora si sta manifestando come una cometa eterea, è quasi diventato un membro del sistema solare al quale il suo destino karmico lo ha inevitabilmente attirato per incarnarsi come una futura catena planetaria. Una volta che la cometa si è stabilizzata nella sua orbita intorno al sole come un globo altamente etereo nel primo stadio, o nel primo e secondo, della materia del piano cosmico fisico, i tre regni degli elementali in ordine seriale cominciano le loro attività pertinenti,[14] e così costruiscono gradualmente un luminoso ed incandescente corpo di luce, o 'nebuloso,' di densità fisica molto tenue, e di un tipo che probabilmente i nostri astronomi descriverebbero come eternamente igneo. (Il termine igneo è usato per suggerire la natura incandescente o di luce del fuoco nei suoi stadi, piuttosto che il fuoco fisico che produce calore, come l'abbiamo sulla terra; la sostanza elettrica può forse convogliare alquanto meglio l'idea.) Quando questo stadio è stato completato, allora inizia la 'prima ronda' ed è con questa ronda che H.P.B. dà il via alla sua meravigliosa esposizione.

Il processo di solidificazione o di materializzazione dei globi procede costantemente fino alla metà della quarta ronda, dopo di che ha luogo una nuova eterealizzazione del globo, concomitante e seguita dalla spiritualizzarsi in alto sull'arco luminoso delle varie famiglie di monadi che hanno seguito o hanno creato le ronde fino al punto attuale.


LA DOTTRINA DI SWABHĀVA

L'impulso che sta dietro l'evoluzione non è esterno al germe o seme interno, ma giace dentro di esso, la stessa entità in evoluzione, poiché sia l'impulso che il seme nascono da una sola cosa, e questa è il suo swabhāva,[15] l'individualità o la caratteristica essenziale del Sé.

La dottrina di swabhāva ha due aspetti fondamentali: il primo è la venuta nell'essere o esistenza attraverso i poteri innati di crescita di un'entità; e il secondo, come un concetto che deriva da questo, la qualità o carattere inerente di un'entità, in modo che qualsiasi cosa essa sia o faccia durante i processi della sua incessante crescita espansionale avvenga lungo le linee delle forze e sostanze che scaturiscono dentro il suo cuore, e tutto è marcato dagli attributi caratteristici di questa sorgente originaria.

Nel caso dell'uomo, tutto il suo carattere costituzionale è il composto swabhāva formato dagli swabhāva individuali delle sue varie monadi. Ciascuna di queste monadi ha la propria caratteristica o tipo d'individualità, e per tutto il manvantara è incessantemente attiva, in senso sia attivo che passivo, riversando le sue essenze di vita dall'interno. Poiché queste diverse monadi sono in costante attività, il che significa un cambiamento costante, non solo lo swabhāva di ciascuna monade individuale è sottoposto a modificazioni attraverso l'evoluzione, ma queste modificazioni necessarie contribuiscono ad apportare cambiamenti equivalenti nello swabhāva complessivo della costituzione umana. Ne consegue che nessun swabhāva è eternamente lo stesso, e nemmeno del tutto statico per un solo istante; segue per sempre il corso delle modifiche o cambiamento evolutivo attraverso il tempo infinito.

Come ogni swabhāva ha la sua sorgente nel nucleo della sua monade in costante evoluzione, così ogni monade individuale ha il proprio magnetismo spirituale swabhāvico, la sua individualità. Ugualmente è così per ogni atomo di vita nell'intera gamma dell'universo. Inoltre, ciascun gruppo di individui è raccolto insieme in un proprio swabhāva spirituale-magnetico; così è per il corpo fisico dell'uomo, o, in verità, per la sua intera costituzione, una nazione o razza, o anche un gruppo di stelle tali come le costellazioni dello zodiaco. La varietà è la legge dell'universo, perché scaturisce dall'entità dimorante che sta nel cuore di ogni essere vivente, un raggio dell'eterna monade in ognuno.

Un pianeta, ad esempio, non solo è un'entità di per sé con uno swabhāva o carattere diverso da quello di altri pianeti, ma i suoi abitanti condividono, in una certa misura, la sua individualità, come hanno pure uno swabhāva proprio. La legge fondamentale della natura, essendo universale, deve ovviamente agire attraverso l'universo; mentre le leggi derivanti dalla natura, essendo in larga misura il prodotto delle dimoranti entità spirituali del cosmo, che sono le monadi, variando secondo il tempo e il luogo. Ciascuno di noi è costituito delle stesse sostanze cosmiche che esistono dappertutto. Le nostre individualità sono i nostri rispettivi swabhāva, tonalità, numeri — chiamateli come volete.

Ecco perché ciascuna monade è un centro di coscienza con un proprio swabhāva definito; e la sua attività, essendo spirituale-divina, si esprime sui piani inferiori mediante i raggi. Ogni monade irradia così da se stessa un flusso continuo di energie di stampo variamente swabhāvico, divino, spirituale, intellettuale, psichico, ecc. Questi raggi penetrano nella materia sotto e intorno a loro, e in questo modo producono i vari fenomeni negli esseri in cui agiscono. Se questi esseri o veicoli sono altamente evoluti e pronti, in modo che possano subito manifestare i poteri dell'energia monadica che agisce dentro di loro, essi fanno così, e il risultato è sublime. Se, comunque, i veicoli sono così bassi sulla scala evolutiva da poter esprimere solo minimamente alcune delle qualità monadiche, allora questa minima manifestazione è tutto ciò che appare.

Della moltitudine di raggi che la monade irradia incessantemente, vi è sempre un raggio che è il più elevato. Ogni essere umano è un esempio. Intorno al suo nucleo, che è questo raggio superiore proveniente dalla sua monade, sono costruiti i vari veicoli o principi: lo spirituale, il mentale, l'astrale, il fisico. Ciascuno di questi corpi è composto da atomi di vita, i loro innumerevoli eserciti, che tutta via hanno il proprio carattere individuale, il loro swabhāva. Ognuno di questi atomi di vita è esso stessa qualcosa che cresce, un raggio della monade genitrice dell'essere umano.

Poiché l'essenza monadica o la gerarchia suprema di qualsiasi unità spaziale, sia un catena planetaria, un sistema solare o una galassia, ogni essere umano 'nasce sotto' uno o un altro di questi raggi. Quest'affermazione, così com'è esposta, è esatta; ma sfortunatamente vi è stato un bel po' di congetture e anche di semplici assurdità e di insensate sciocchezze scritte su questi raggi, e come essi influenzino e guidino l'umanità, e come un individuo appartenga a questo o a quel raggio.

Naturalmente è vero che ogni essere umano è figlio del proprio raggio spirituale o stella genitrice, ma, come evidenzia H.P.B.,[16] questa stella non deve essere confusa con il sole semplicemente astronomico, o la stella, che segna il tema natale di un uomo. Il raggio spirituale a cui si fa riferimento qui è il suo raggio superiore, e quindi il suo originatore, che sia il sole del nostro sistema solare o delle decine di miliardi di stelle che formano la nostra scintillante galassia.

Ciò non significa che noi siamo il solo figlio della nostra stella genitrice, poiché ciascuna di queste stelle ha innumerevoli raggi o figli. Ė qualcosa su cui meditare, che il destino di quella stella e il nostro destino sono intimamente collegati dal magnetismo swabhāvico di fohat e, per quanto io ne sappia, anche al di là di esso.

La questione della similarità e somiglianza tra gli esseri umani non significa che essi vengano dalla medesima essenza monadica di qualsiasi individuo, ma che appartengono a raggi planetari identici — in altre parole, essi sono raggi-famiglia provenienti da un'essenza monadica superiore, una monade planetaria. Gli esseri umani si assomigliano. Non sono così diversi l'uno dall'altro, ma sono invece diversi dagli esseri che si trovano in uno stato equivalente all'umanità sul pianeta Venere, o su Marte o su qualche altro pianeta. Anche tra noi vi sono quelli che si rassomigliano ancora più strettamente, al di là della similitudine nei loro tratti somatici; e questi appartengono ai raggi di qualche monade planetaria. Un 'marziano' umano non ha la stessa stretta somiglianza con un 'gioviano' umano come ce l'ha invece con qualche altro essere umano del tipo 'marziano,' e così via.

Vorrei potermi dilungare di più su questo argomento dei raggi anche soltanto per evidenziare le conclusioni sbagliate di molti autori che si occupano dell'astrale e dello psichismo e che hanno scritto tante sciocchezze su questi argomenti; ma ci vorrebbe un volume intero per districare tutti gli errori.

L'uomo, come pure l'universo, è composto da principi distinti o elementi, o tattwa, ciascuno dei quali è diviso a sua volta in sottoprincipi, ciascuno con il proprio swabhāva distinto. Ora, se ogni principio contiene tutte le energie swabhāviche degli altri, perché allora parliamo di un essere superiore o più spirituale rispetto ad un altro? Perché lo sthūla-śarīra, il corpo fisico, non è così elevato come l'ātman?

In essenza, ognuno dei principi, cosmici o umani, è spirituale quanto qualsiasi altro; quello che rende un principio superiore ad un altro non è la sostanza essenziale dei quali questi elementi o principi sono composti, ma lo swabhāva che ciascuno manifesta come la sua nota dominante. La caratteristica prevalente dell'ātman è l'individualità spirituale; del kāma l'ardente forza o energia cosciente; del manas, l'intelligenza individualizzata della mente, ecc.; tuttavia, ciascuno ha in sé tutti gli altri sei principi latenti.

Così, se un uomo, il cui carattere swabhāvico è kāma, vive nella parte ātmica di esso, egli vive su un piano molto più elevato rispetto a un uomo il cui swabhāva essenziale è ātmico, e tuttavia vive nelle porzioni inferiori dello stesso. Ugualmente, chi vive nel buddhi o nel manas superiore del principio ātmico è realmente un uomo più nobile di colui che vive nell'elemento manasaico della sua costituzione, ma che al tempo stesso è nella parte kāmica del suo manas.

Ė il principio in cui viviamo che ci colloca sulla bilancia della vita. Se viviamo nell'ātman, il sé essenziale, la parte divina di qualsiasi colore, qualsiasi forza, qualsiasi elemento, noi siamo nello stato più elevato della coscienza, vivendo molto più nobilmente dell'uomo che può dimorare nel buddhi-manas, ma su un piano molto basso di quest'ultimo. L'importante è di sforzarsi di vivere sul piano più elevato, dove tutto è gloria incolore. Appena discendiamo nel colore, nei principi distinti, cioè nei tattwa, noi discendiamo nella manifestazione e nella differenziazione che producono una corrispondente māyā e un'ignoranza consequenziale. Vi è un kāma divino e vi è un kāma degradato; vi è un buddhi divino e vi è un buddhi umano, che ne è il riflesso. Ogni piano è suddiviso ed è modellato sul suo grande piano. Quindi, non importa in quale stazione della vita un uomo possa nascere, non importa a quale raggio possa appartenere, questo non lo classifica. Ciò che lo classifica è dove la sua coscienza è focalizzata. Se è focalizzata verso l'alto, elevandosi nell'ātman, nella sfera incolore, allora egli racchiude la divinità. Nell'Assoluto nessun colore, nessun principio o tattwa, è più spirituale di qualsiasi altro, perché sono tutti nati dal cuore della divinità. Quando discendiamo nei mondi della differenziazione, allora siamo costretti a fare delle divisioni.

Potremmo chiederci: perché sulla terra io sono in questa giungla di swabhāva e individualità e sottoprincipi, ecc.? Concesso che io sono settuplo, che ho sette ātman o divinità interiori, che contribuiscono a fare di me quello che io sono, come gli elementi chimici collaborano a fare di me un'entità; ma quale parte di questo swabhāva composto è quello che io conosco, quella mia piccola parte insignificante che è così aggressiva?

Dobbiamo ricordare che l'uomo è tutto il suo essere settuplo, dalla divinità in giù, attraverso tutte le fasi intermedie, fino al corpo. Dove egli focalizza la sua coscienza in qualsiasi momento, in qualsivoglia particolare strato del suo uovo aurico, o in qualsiasi centro swabhāvico, quella è la parte che per il momento possiamo definire come l'Io. L'animale ce l'ha nella coscienza animale; noi ce l'abbiamo di solito nel nostro kāma-manas; i saggi ce l'hanno ancora più elevato, probabilmente nel buddhi-manas: i Buddha e i Cristi ancora più elevato, le divinità ad uno stadio ancora più alto.

Vediamo qui l'enorme importanza di questa dottrina. Un uomo può vivere in qualsiasi porzione dell'intera gamma del suo essere se egli vuole così. Può focalizzare la sua coscienza, in ogni caso temporaneamente, in qualsiasi energia swabhāvica egli desideri, e godere quindi dell'ispirazione e dell'aiuto delle energie dell'universo, oppure egli può focalizzare i suoi pensieri e sentimenti nelle energie inferiori; e, se persiste, attraverso molte vite, nell'amare il male e le distorsioni, forse affonderà nella Fossa.

Gli eserciti delle monadi sono tutti entità evolventi che stanno imparando, e passano, durante il corso delle ere che si alternano, su e giù attraverso gli immensi piani cosmici. Ogni monade, essendo originata nel suo primordiale sviluppo evolutivo in un tattwa cosmico, deve portare per lunghe età l'impronta fondamentale di questo tattwa come il suo swabhāva basilare; ma quando essa emerge, attraverso una modificazione o crescita evolutiva, da un piano cosmico o da un tattwa all'altro, lo fa perché il suo swabhāva si è assimilato allo swabhāva innato del nuovo piano cosmico o tattwa nel quale sta entrando. Inoltre, essendo ogni swabhāva composto, nella nostra ricerca del 'primo' swabhāva possiamo passare verso l'alto e verso l'esterno, per così dire, fino alla sua essenza, per trovare questo primordiale retroterra swabhāvico; e nel tentare di farlo realizziamo che vi è sempre un qualcosa di ancora più elevato, ancora più recondito ed immenso, e che questo qualcosa, apparentemente sempre irraggiungibile, è un'inesplicabile quantità x che scaturisce proprio dal cuore dell'essenza monadica stessa.

Possiamo dire quindi che ogni entità ha lo swabhāva della propria monade divina, che attinge direttamente dalla sua inseparabile unità con la galassia; che vi è ugualmente in ciascuno di noi il centro swabhāvico della monade spirituale, che è dell'essenza del nostro sistema solare; che abbiamo interiormente anche un altro centro swabhāvico, la monade umana o ego reincarnante, che ci caratterizza come esseri umani individuali, ed è della stessa essenza della nostra catena planetaria. Effettuando le applicazioni nell'ordine appropriato, vediamo che lo swabhāva più fondamentale all'interno del nostro swabhāva composto è il nostro centro swabhāvico galattico, che nella sua individualità caratterizzante dura il più a lungo possibile ed è il più lento a cambiare; e anche oltre quello che è lo sfondo incomprensibile dell'Infinità. In modo esattamente simile, l'essenza swabhāvica della nostra monade spirituale, la cui dimora è il sistema solare, dura come un'individualità caratterizzante più di quanto lo faccia l'elemento swabhāvico del nostro ego reincarnante che appartiene alla catena planetaria. Tuttavia, tutti questi swabhāva, da quello galattico fino allo swabhāva pressoché temporaneo della monade astrale di una singola vita umana sulla terra, stanno quindi evolvendo nel processo di cambiamento verso i regni interni e più grandi della vita cosmica.

L'uomo è dunque un'intricata rete di swabhāva, ciascuno di noi avendo il proprio swabhāva particolare. Qui potrei aggiungere che se ognuno tentasse di scoprire il suo swabhāva essenziale o quello di qualcun altro — se avesse il potere di farlo — questa sarebbe una cosa assai pericolosa. Perché, se egli avesse un senso morale instabile o infiacchito, e avesse tuttavia abbastanza conoscenza da conoscere esattamente lo swabhāva, cioè la nota chiave del carattere di un'altra persona, sarebbe troppo facile soggiogare quell'altro alla sua volontà e pensiero, e ridurlo così, volente o nolente, allo stato di un automa o un burattino.

Inoltre, gli swabhāva monadici nella nostra costituzione sono ugualmente modificati dai vari tattwa cosmici da cui, in ordine seriale, essi nascono durante il processo di un manvantara, sia solare che planetario, affinché, nello stesso tempo, qualsiasi individuo possa avere nel suo swabhāva ākāśico una delle proprie monadi, mentre un'altra delle sue monadi potrebbe essere sia di tipo taijasa (igneo) che vājava (aereo); ed altri potrebbero essere con caratteristiche swabhāviche ancora diverse. Il nostro destino futuro è di diventare autocoscienti su tutti i piani della nostra costituzione, in tutti i nostri tattwa che sono in noi, perché noi siamo microcosmi del macrocosmo che tutto abbraccia. Quando raggiungeremo una simile condizione di risveglio completo, saremo dèi pienamente autocoscienti e, di fatto, Guardiani Silenziosi o gerarchie cosmiche — su un piano superiore o inferiore dell'universo circostante — secondo il nostro destino.

Questo è veramente un insegnamento meraviglioso, poiché ci mostra come l'intera nostra costituzione è intessuta con la fabbrica dell'universo. Per cambiare la cifra del discorso, un essere umano è qualcosa di simile ad una tavola armonica, tesa con sette corde, come la lira di Apollo, attraverso la quale passano i venti dell'eternità, e le note combinate di queste corde producono in lui una sinfonia cosmica — essendo ciascuno di noi una mistica lira vivente in sintonia con la Musica delle Sfere.


SUONO, COLORE E NUMERO

Nel Kosmo le gradazioni e correlazioni di Colori e Suoni e quindi di Numeri sono infinite. Questo è presunto anche in Fisica poiché è accertato che esistono vibrazioni ancora più lente di quelle del Rosso, che sono le più lente che possiamo percepire, e vibrazioni di gran lunga più veloci di quelle del Viola, che sono le più veloci che i nostri sensi possano percepire. Ma sulla Terra, nel nostro mondo fisico, il campo delle vibrazioni percettibili è limitato. I nostri sensi fisici non possono avere cognizione delle vibrazioni sopra e sotto le gradazioni settenarie e limitate dei colori del prisma, poiché queste vibrazioni sono incapaci di suscitare in noi la sensazione del colore o del suono. Sarà sempre il settenario e non di più, a meno che non impariamo a paralizzare il Quaternario e discernere sia le vibrazioni superiori che quelle inferiori con i nostri sensi spirituali che dimorano nel Triangolo superiore. [17]

Uno degli insegnamenti fondamentali della filosofia esoterica è che ogni suono ha in sé il suo colore swabhāvico; e che, come corollario, poiché suono e colore sono manifestazioni di ritmi di vibrazione, non può esserci alcun suono né colore senza numero, poiché ogni periodo di frequenza vibratoria ha proprio tante unità di vibrazione, il che equivale a dire che è un numero.

Da questo punto di vista, quando parliamo di suono, implichiamo subito colore e numero; e quando parliamo del colore implichiamo il suono e il numero vibratorio che lo manifesta; ed ugualmente così, quando parliamo di numero, se avessimo gli occhi per vederlo e le orecchie per udirlo, vedremmo il colore e udiremmo il suono corrispondente a questo numero o frequenza vibratoria. Ed è ciò a cui alludevano i Pitagorici quando parlavano della maestosa armonia delle sfere.

Ora, poiché ciascun atomo in ogni oggetto della natura, animata o inanimata, canta la propria nota chiave e produce il proprio suono ed ha il suo colore ed il suo numero, così per ogni uomo, fiore, albero, e per ogni corpo celeste, è un gioco ed un'interazione di suoni sia forti che deboli, che si mescolano in una meravigliosa sinfonia, e si fondono meravigliosamente in colori scintillanti e splendenti. Ad esempio, l'uovo aurico di un uomo, per le incessanti attività delle aure praniche, non è solo una massa di colori scintillanti, ma è ugualmente un organo vivente che produce armonie di suoni quando le emozioni, i pensieri e i sentimenti sono su di un piano elevato, e un'orrenda dissonanza quando sono caratterizzati dall'odio e da altre passioni.

Per molte decadi gli astronomi sono rimasti affascinati dalle sfumature di colore che il vasto esercito stellare presenta; alcune stelle sono azzurrastre, altre giallastre, ed altre rossastre. L'idea scientifica è che i colori delle stelle rappresentano età diverse del loro sviluppo evolutivo. Ad ogni modo, ed esaminando l'argomento da un'altra angolazione, sarebbe sbagliato dire che tutte le stelle azzurre sono più spirituali di tutte le stelle rosse, semplicemente perché il rosso è definito il colore di kāma, e l'indaco-azzurro il colore del manas superiore. Perché vi è un rosso spirituale come pure un rosso materiale, e un azzurro spirituale come pure un azzurro materiale. In verità, vi sono spiccate ragioni occulte per dire che per alcune stelle un colore rossastro significherebbe una condizione più spirituale del luminoso blu-elettrico di determinate stelle. In proporzione, maggiore è l'intensità di vibrazione della luce o radiazione, minore o più materiale è quella luce; e poiché il colore azzurro nella nostra ottava della radiazione visibile è prodotto da una frequenza molto più elevata, è ovvio che l'azzurro potrebbe significare una condizione più materiale della vibrazione meno intensa del rosso.

H.P.B. ha affermato che " il vero colore del Sole è azzurro"[18] perché la sua aura vitale è azzurra. Ė il sole reale, nello stesso senso che l'aura vitale di un essere umano è il vero uomo; nondimeno, il vero uomo, il nucleo essenziale, è semplicemente la sorgente spirituale della sua aura vitale. Sarebbe inesatto dire che l'aura vitale del sole è il sole interiore; è soltanto uno dei rivestimenti o strati del suo uovo aurico, e in nessun modo uno dei più interiori. La forza azzurra di cui si parla è l'aura vitale del sole mescolata, in qualche misura, all'energia intellettuale e spirituale che scaturisce continuamente e in tutte le direzioni dal sole. Il sole emana costantemente quest'energia azzurra in quantità davvero inestimabile.

Altri soli hanno altri colori, che sono la manifestazione dei loro complessi swabhāva. Ugualmente, se potessimo udire i suoni che emettono i vari corpi celesti come loro espressione naturale, realizzeremmo che ciascun sole, ogni stella, ogni planetoide, ha la propria caratteristica nota chiave. I nostri scienziati sono già in grado di 'udire' certe stelle, di trasformare cioè la luce che viene da un particolare corpo luminoso in suono.[19] Abbastanza curiosamente, i raggi della luna, quando erano proiettati sulla cellula fotoelettrica usata in questi esperimenti, inviavano dei suoni simili a lamenti, come rintocchi di grandi campane; ma quando la luce proveniente dalla luminosa stella Arturo lampeggiava, allora dava suoni brillanti, scintillanti. Se potessimo conoscere lo schema della corrispondenza tra colori, suoni e numeri, potremmo giudicare la qualità di un sole o di una stella; ad esempio, l'azzurro scuro significherebbe un sole intellettuale; giallo, un sole buddhico.

La difficoltà nel cercare di determinare, tramite il suo colore, a quale specifico raggio o classe possa appartenere qualche particolare sole, è che la nostra atmosfera influenza moltissimo i colori e anche altre cose che vengano a noi dai corpi celesti. L'atmosfera aerea che circonda la nostra terra è, in una certa misura, un notevole commutatore e solvente. La nostra atmosfera è una trasmittente come pure una ricevente. Deforma ed effettivamente cambia la luce — e quindi il suono — proveniente dai corpi planetari e solari. L'osservazione spettroscopica non è affatto attendibile com'è stato supposto fino ad ora.

Tutti i diversi colori dello spettro solare hanno origine nel sole e sono rappresentati sulla nostra terra sotto forma di luce, sotto forma di forze — le forze nel sole, ogni colore del quale è il flusso di un distinto swabhāva o energia individuale, o logos solare. Il sole è il veicolo di una divinità; qualsiasi cosa scaturisca da esso è radicato nel divino. Vi sono sette (o dodici) forze solari o principi-elementi, e quindi sette (o dodici) swabhāva che compongono il grande swabhāva del sole. Da queste individualità solari, poteri, forze, logoi minori, derivano flussi di sostanza-energia, combinati nella luce che riceviamo come luce diurna e bianca. Se si passa questo fascio solare attraverso un prisma, esso s'infrangerà nei suoi colori componenti. Questi sette raggi dello spettro sono sette effluvi aurici di vitalità provenienti dal cuore solare, e queste energie swabhāvatiche si combinano per produrre la luce così come la percepiamo. Nessun colore è superiore in essenza a qualsiasi altro colore. Ma sul piano dell'esistenza materiale, e tenendo a mente il lavoro che fa ciascuno effluvio proveniente dal sole su questa scala della materia, siamo costretti a fare delle distinzioni, e diciamo che ātman è incolore, buddhi è giallo, kāma è rosso, e così via. Nondimeno, sono tutti divini nella loro origine.

Ogni minima porzione dell'Infinità contiene ogni elemento essenziale, ogni forza e ogni swabhāva che l'Infinità contiene. Ugualmente, ogni suddivisione o sottopiano deriva il proprio rispettivo settenario dall'universo circostante. Il microcosmo ripete semplicemente il macrocosmo. In questo rapporto citiamo un lungo estratto da E.S. Instructions di H.P.B. riguardante la famosa invocazione tibetana: Om Mani Padme Hum:

Conoscete i numeri corrispondenti al principio fondamentale di ogni elemento e dei suoi sotto-elementi, imparate la loro interazione ed il loro comportamento nel lato occulto della Natura in manifestazione, e la legge delle corrispondenze vi guiderà alla scoperta dei massimi misteri della vita macrocosmica.
Ma, per arrivare al macrocosmico, dovete incominciare dal microcosmico, cioè dovete studiare l'Uomo, il microcosmo . . . ma se lo separassimo anche per un solo momento dal Tutto Universale, o se lo guardassimo isolatamente sotto un singolo aspetto, indipendentemente dall' "Uomo Celeste" — l'Universo simbolizzato da Adamo Kadmon o dai suoi equivalenti di ogni filosofia — arriveremmo alla Magia Nera o falliremmo molto ingloriosamente nel nostro tentativo.
Dunque, la mistica frase, "Om Mani Padme Hûm," quando è compresa correttamente, anziché consistere delle parole pressoché prive di senso, "Oh, il Gioiello nel Loto," contiene un riferimento a questa indissolubile unione tra l'Uomo e l'Universo, espressa in sette differenti modi, e avente la possibilità di sette differenti applicazioni su altrettanti piani del pensiero e dell'azione.
Da qualunque aspetto la esaminiamo, essa significa: "Io sono quello che Io sono;" "Io sono in te e tu sei in me." In questa congiunzione e stretta unione l'uomo buono e puro diventa un Dio.
. . . In Tibet questa frase è il più potente incantesimo di sei sillabe, e si dice che sia stato dato alle nazioni dell'Asia Centrale da Padmapâni, il Chrênrêsi tibetano.
Ma chi è Padmapâni, in realtà? Ognuno di noi deve riconoscerlo da sé quando è pronto. Ognuno di noi ha dentro di sé il "Gioiello nel Loto," chiamatelo Padmapâni, Krishna, Buddha, Cristo, o qualunque nome si possa dare al nostro Sé divino. Il racconto exoterico è il seguente:
Si narra che il Buddha supremo, o Amitâbha, nell'ora della creazione dell'uomo, fece uscire dal suo occhio destro un raggio di luce roseo. Il raggio emise un suono e divenne il Bodhisattva Padmapâni. Poi la Deità lasciò scorrere dal suo occhio sinistro un raggio di luce azzurra che, incarnandosi nelle due vergini Dôlma, acquisì il potere di illuminare le menti degli esseri viventi. Allora Amitâbha chiamò la combinazione che prese subito dimora nell'uomo: "Om Mani Padme Hum," "Io sono il Gioiello nel Loto e in esso io rimarrò." Quindi Padmapâni, "l'Uno nel Loto" fece voto di non smettere mai di lavorare finché non avesse indotto l'Umanità a sentire dentro di sé la sua presenza, salvandola in tal modo dalla miseria della rinascita. Egli fece voto di compiere l'opera prima della fine del Kalpa, aggiungendo che, in caso di insuccesso, desiderava che la sua testa fosse divisa in innumerevoli frammenti. Il Kalpa ebbe termine, ma l'Umanità non sentiva Padmapāni dentro il suo freddo, cattivo cuore. Allora la testa di Padmapâni si divise e fu dispersa in mille yod triangleframmenti. Mossa da compassione, la Deità ricompose i pezzi in dieci teste, tre bianche e sette di vari colori. E da quel giorno, l'uomo è diventato un numero perfetto, Dieci.
. . . Da Amitâbha — l'incolore o il candore glorioso — ; nascono i sette colori differenziati del prisma. Ognuno di questi emette un suono ad esso corrispondente, formando i sette della scala musicale. Poiché tra le scienze matematiche la Geometria è particolarmente connessa con l'Architettura, e anche (passando all'Universale) con la Cosmogonia, come i dieci Jod della Tetrade pitagorica o Tetraktys simbolizzano il Macrocosmo, così il Microcosmo, o l'uomo che ne è l'immagine, dovette essere anch'egli diviso in dieci punti. — I (La Dottrina Segreta, volume III, Scritto I, p. 278 e seg. online)
È stato detto abbastanza per mostrare che, mentre per gli orientalisti e per le masse profane la frase "Om Mani Padme Hum, significa semplicemente "Oh, il Gioiello nel Loto," esotericamente significa "Oh, mio Dio entro di me." Sì; vi è un Dio in ogni essere umano, poiché l'uomo era, e ridiverrà, Dio. E la frase indica l'indissolubile unione tra l'Uomo e l'Universo; giacché il Loto è il simbolo universale del Cosmo come totalità assoluta, e il Gioiello è l'Uomo Spirituale, o Dio. — II (La Dottrina Segreta, volume III, Scritto II; p. 313 online.)

H.P.B. ha meravigliosamente esposto la sublime realtà che il nostro dio interiore non solo è il nostro legame superiore con l'universo spirituale-divino, ma che è parimenti la sorgente da dove sgorga dentro di noi ogni cosa che nobilita e purifica l'esistenza umana. Più diventiamo un tutt'uno con questo 'gioiello,' la divinità nel cuore del nostro essere, più rapidamente sviluppiamo, in misura sempre più espansiva, la grandezza che è in noi.[20]


ARCHITETTI E COSTRUTTORI

In ogni Cosmogonia, dietro alla deità creatrice c'è una deità superiore più elevata, un progettista, un Architetto, del quale il Creatore non è che l'agente esecutivo. E ancora più elevato, sopra e intorno, interiormente ed esteriormente, c'è l'inconoscibile, lo sconosciuto, la Sorgente e la Causa di tutte queste Emanazioni. — La Dottrina Segreta, II, 43 ed. or. (pp. 47-48 online)
Ogni forma, ci vien detto, è costruita secondo il modello tracciato per essa nell'Eternità e riflessa nella Mente Divina. Vi sono gerarchie di "Costruttori della forma," e serie di forme e gradi, dal più elevato al più basso.[21]

La natura è una grande entità vivente, organica ed animata dallo spirito, un vero essere cosmico — anche quando limitiamo il termine natura a qualche particolare campo dell'Illimitato, tale come la nostra terra o il sistema solare. In qualsiasi entità organica ogni atomo dentro di essa è connesso ad ogni altro atomo, e non è solo un individuo di per sé, ma è ugualmente una parte integrante della natura nella cui sfera ha la sua esistenza. Tutti questi 'atomi,' un sole o uno degli innumerevoli eserciti di atomi di vita, derivano quindi dalla sostanza-madre della natura ambientale; e ciò avviene su tutti i piani, da quello superspirituale fino al fisico. Ogni cosa è collegata e lavora in interconnessione con ogni altra cosa o essere; proprio come il corpo umano ha i suoi vari aggregati di atomi e cellule radunati negli organi, e ciascuno di questi organi adempie al suo scopo e funzione nel complesso dell'organismo. In modo simile, le nebulose, i soli e i pianeti, e gli esseri che dimorano sui pianeti, sono i vari organi di qualche entità cosmica più grande. Ma la parte più estesa di qualsiasi organismo cosmico del genere sono i mondi superiori invisibili e, di conseguenza, i pianeti, essendo il nostro piano visibile semplicemente il corpo più grossolano animato dallo spirito e guidato dall'interno.

Ogni essere unitario in natura, come un sole o un pianeta, è quindi un'entità incarnata, divina nelle sue parti più elevate, spirituale nella parte subordinata al divino, avendo un'essenza spirituale o mente, e tutte queste parti si manifestano attraverso i rivestimenti inferiori, incluso il corpo fisico. Così, ogni stella è la manifestazione di una divinità, poiché l'universo è coscienza incarnata che esiste in tutte le varie ed infinitamente estese gerarchie, ciascuna con il proprio swabhāva.

Lo spirito ad un polo, quello superiore o negativo, e la materia all'altro polo, quello inferiore o positivo; e tuttavia sono entrambi fondamentalmente uno. La materia è nient'altro che la condensazione dello spirito, ed è quindi spirito vivente, operante e 'dormiente' nella forma dello spirito.

L'universo manifestato, appeso come un ciondolo dell'evoluzione del Senza Forma e Senza Nome, è soggetto alla divisione mediante il nostro intelletto umano in due 'parti' interpenetranti e interagenti — il lato luminoso, la sede spirituale e divina della natura; e il lato notturno, la materia, cioè il lato veicolare. Ora, sia pure molto inadeguatamente, potremmo chiamare il lato luminoso queste porzioni dell'universo manifestato abitato dalle gerarchie di compassione e saggezza, porzioni che effettivamente esse formano e sono. Il lato materiale è coinvolto con molte gerarchie di costruttori cosmici, e in verità composto da essi, i muratori del mondo, a cui i greci facevano riferimento come i kosmokratores, una parola che può essere tradotta sia come governatori del mondo che fabbricanti del mondo.

Proprio come nei nostri lavori edili abbiamo sia gli architetti che gli operai addetti alla costruzione, così la natura universale può essere divisa ugualmente in due classi di esseri cosmici. Naturalmente, se vogliamo essere rigorosamente logici, ci troveremo costretti a considerare gli architetti dell'universo anche come costruttori; e tuttavia tra di loro esiste la stessa importante e naturale distinzione come esiste nella costituzione umana tra l'intelligenza umana dirigente e gli eserciti delle monadi inferiori e degli atomi di vita attraverso i quali lavora la mente dirigente e architettonica dell'uomo.

I costruttori dell'universo sono essi stessi architetti, sia pure in modo minore, poiché ciascuno è un'entità evolvente, e nel tempo cosmico diventerà un architetto. Infatti, è impossibile tracciare una linea di demarcazione tra le due classi in generale, e possiamo farlo solo tralasciando dal nostro punto di vista il futuro destino evolutivo dei costruttori e guardare all'universo proprio come esso è in qualsiasi momento del tempo. Quelli che ora sono gli architetti cosmici, in ere primordiali furono i costruttori cosmici, e i posti vuoti che allora lasciarono nel lato veicolare dell'universo furono presi da altre entità che ora sono inferiori ai costruttori — gli innumerevoli eserciti di monadi che passano attraverso le fasi evolutive in quelle parti della struttura cosmica che per noi sono le più basse: i regni minerale ed elementale.

Abbiamo quindi una raffigurazione dell'universo che possiamo esprimere, con le parole del grande filosofo greco Eraclito, come un'entità cosmica in un incessante flusso, "ogni cosa che fluisce" in avanti, e oltre le fasi più elevate nell'evoluzione, e i posti di quelli che sono andati avanti sono immediatamente presi da entità inferiori che stanno in coda dietro di loro. Quindi, quando parliamo degli dèi nell'universo, non ci riferiamo a certi esseri che sono stati dèi dall'eternità più lontana e che in futuro saranno per sempre dèi, ma intendiamo quegli esseri pienamente autocoscienti e idealmente attivi che formano le gerarchie della luce. Gli dèi esistono in un'infinità di gradi diversi sulla scala evolutiva della vita, in modo che gli ordini inferiori degli dèi si possano mescolare inconsapevolmente con gli ordini superiori dei costruttori del lato materiale dell'universo. Vediamo ancora che gli ordini superiori dei costruttori cosmici sono essi stessi come dèi e sono, in verità, tali per gli ordini inferiori dei costruttori.

Qui il punto più importante è che gli architetti rappresentano la coscienza dell'universo, e i costruttori i regni eterei e la materia o sostanza dell'universo. Entrambe le classi, la coscienza cosmica e gli eserciti delle entità che formano il lato materiale della natura, sono monadi cosmiche. L'unica differenza di base tra loro è che quelle monadi che ora hanno raggiunto lo stato di architetti sono molto più evolute di quanto lo siano quelle altre monadi che fino a questo momento sono soltanto entità appartenenti al lato della sostanza dell'essere, che percorrono in tutti i modi i vari gradi della scala, dai costruttori più elevati agli atomi di vita, agli elementali, e anche agli atomi ordinari.

L'intero universo, quindi, è costruito e formato da eserciti di innumerevole monadi — e in verità è — Ed ogni monade è un punto di coscienza. Mettiamo in colonne parallele le due triadi di cui H.P.B. discute nella Dottrina Segreta, I:[22]

chaos — dėi
theos — monadi
kosmos — atomi

Vediamo che ciascun membro di entrambe le triadi corrisponde, e ne è coinvolto, al suo equivalente nell'altra triade. Per chiarire: gli dèi trovano le loro sfere d'attività in quello che i greci chiamavano chaos; gli dèi non si riferiscono tanto a degli esseri quanto ai divini jīvanmukta, coscienze così liberate e con estensioni così vaste da essere loro stessi spaziali in senso astratto; lo Spazio, il contenitore, genera questi esseri che sono incarnazioni viventi e coscienti di forze superiori. La parola chaos fu scelta perché suggeriva l'intelligenza cosciente sotto una guida superiore. Ugualmente, le monadi trovano le loro dimore in quelle altre estensioni dello spazio e della coscienza, che sono aggregati sotto la sola parola theos; mentre gli atomi trovano le loro sfere nel kosmo, la struttura dell'universo manifestato.

Prendiamo in esame ciascuna triade da sola: gli dèi agiscono attraverso le monadi, e le monadi, avendo dentro di sé gli dèi, agiscono attraverso gli atomi. In corrispondenza, il chaos agisce attraverso e dentro l'officina dell'universo manifestato chiamato theos, che a sua volta, avendo dentro di sé gli abissi del chaos, produce l'universo manifestato o kosmo. Così, sul lato materiale della natura, il chaos (che è mūlaprakriti o pradhāna) opera attraverso e dentro le gerarchie dei costruttori che sono aggregativamente il theos. Questi due si mescolano per produrre il grande istinto del kosmo con la vita evolvente così come essa è, ed effettivamente composta da innumerevoli monadi nel loro attuale stato di sviluppo evolutivo inferiore.

Se tentiamo di unificare nel pensiero queste due triadi ed applicare analogicamente quest'immagine amalgamata alla costituzione umana, vedremo che la parte più elevata, la monade divina, è il nostro dio interiore che si manifesta attraverso e dentro il suo velo della coscienza, il chaos mistico o pradhāna della costituzione umana. Ugualmente, il nostro dio interiore si manifesta attraverso e dentro le scintille monadiche che irradiano da lui, essendo queste scintille o raggi le nostre differenti monadi che lavorano ciascuna attraverso il proprio rivestimento spirituale, creando il theos aggregato della nostra costituzione. Ancora, i nostri atomi di vita su tutti i diversi piani agiscono dentro e attraverso i loro rispettivi veli, gli atomi inferiori e meno evoluti, che producono il kosmo della costituzione umana.

Abbiamo quindi il dio interiore che lavora attraverso le monadi, che a loro volta lavorano attraverso gli atomi di vita formando, per così dire, un flusso verticale di coscienza nell'uomo, mentre al tempo stesso ciascuno di questi tre aspetti lavora attraverso il suo rivestimento per formare la linea orizzontale dell'evoluzione della costituzione umana. Di conseguenza, il flusso verticale della coscienza attraversa il flusso orizzontale ed inferiore della coscienza, producendo così la croce mistica di cui Platone parla cautamente. Ė questo il significato simbolico della croce nella teologia cristiana: il Christos o ego spirituale dell'uomo 'crocifisso' nei regni della materia della costituzione umana.

Per analogia, ogni universo ha il suo dio interiore o gerarchia suprema, che agisce attraverso le sue innumerevoli scintille monadiche che irradiano da lui; queste, a loro volta, lavorano attraverso i propri raggi o scintille, gli atomi di vita. Qui abbiamo il flusso verticale della coscienza sula scala cosmica. Parimenti, la linea orizzontale dell'evoluzione si trova nel dio interiore del nostro universo che agisce attraverso il suo pradhāna o essenza prakritica; mentre i suoi raggi o monadi lavorano attraverso i costruttori dell'universo su tutti i suoi diversi piani; e queste monadi cosmiche, ancora, lavorano attraverso gli elementali o atomi di vita cosmica, che trovano la loro secondaria linea orizzontale dell'evoluzione nelle entità atomiche inferiori, che nel loro vasto aggregato producono il kosmo.

Il nostro dio interiore è l'architetto che costruisce i veicoli umani attraverso cui si manifesta. Proprio come la nostra mente evolve un'idea, stende un progetto, crea un'immagine, ed usa quindi la volontà per renderla concreta in determinate creazioni materiali, come un edificio, così le forze di vita, i poteri della volontà e le energie spirituali ed intellettuali delle classi superiori permeano e stimolano le quattro classi inferiori, e quindi le spingono ad agire. Automaticamente, istintivamente, queste ultime cominciano le loro attività secondo il piano cosmico nel suo complesso. Perché, ad esempio, la formica o l'ape segue ciascuna il proprio piano, costruendo così simmetricamente? Che cosa sono questi mirabili istinti nelle creature inferiori? Indubbiamente nascono dall'interno delle creature; ma cos'è quella meravigliosa intelligenza che sembra guidare l'istinto stesso? Ė il pensiero dominante del progettista spirituale in contrapposizione con l'attività del costruttore vitale.

Relazioniamo queste due gerarchie fondamentali di architetti e costruttori alle sette classi di monadi (tralasciando per ora le cinque classi più elevate) che creano l'uomo, lo costruiscono e lo completano. Queste sette classi consistono di due tipi di monadi: le quattro inferiori sono i costruttori, i muratori, gli operai; le tre classi superiori sono gli architetti e i progettisti che sviluppano l'idea che i costruttori concretizzano. Questi due tipi di monadi, poiché lavorano dentro l'essere umano, formano le due principali divisioni della sua costituzione: le tre più elevate gli forniscono i suoi principi spirituali ed intellettuali, mentre le componenti psichiche, vitali, astrali e fisiche gli vengono date dalle quattro classi corporee dei pitri, i veri progenitori di questi principi inferiori.

Le tre classi superiori sono quelle spirituali ed intellettuali, i divini architetti, coloro che evolvono le idee; mentre le quattro classi inferiori che vanno sotto il nome complessivo di pitri o padri lunari, sono quelli che lavorano nei regni più materiali dell'esistenza e seguono automaticamente i piani della vita che le classi spirituali hanno proiettato su di loro in onde vitali.

Alla nascita di una catena planetaria i differenti globi sono edificati da questi costruttori del mondo che hanno ottenuto il loro sviluppo spirituale ed intellettuale nel precedente manvantara della catena. Sotto un altro aspetto, questi costruttori del mondo sono di due classi complessive: innanzitutto, gli dèi interiori, considerati collettivamente come un esercito di dieci classi di monadi che lavorano per costruire qualsiasi catena planetaria; e secondariamente, le influenze spirituali degli altri pianeti e del sole, che raggiungono questa catena in costruzione.

Ripetendo: più in alto dei costruttori del mondo vi sono quelli che gli antichi chiamavano gli architetti, coloro che progettano le cose future; e nel progettare usano i pensieri, che sono energie spirituali elementali, gli operai. E questi pensieri sono le gerarchie delle deità minori, come i semidèi, gli esseri umani, gli animali, il regno vegetale, il regno minerale, e così via.

Nella costruzione di una catena planetaria, ad esempio, i dhyan chohan ricavano da loro stessi le officine, il prodotto del proprio essere; più o meno come un essere umano vive nel suo corpo fisico, in gran parte il prodotto o lo scaturire delle energie e delle sostanze che sono dentro. Ė l'entità astrale interiore della costituzione umana che riempie il corpo fisico, e questa entità astrale è l'ultimo flusso proveniente dal corpo spirituale dei dhyan chohan, che è composto da correnti di atomi di vita. Sono i materiali e le energie che scaturiscono dall'interno a costruire i mondi.

Vi sono molte classi di questi costruttori del mondo e vi sono molte classi di architetti del mondo. E al di sopra degli architetti vi sono altre entità ancora più evolute, che esprimono ancora più appieno le inesauribili energie, i poteri e le facoltà del dio interiore.

Lo spazio è illimitato. La durata non ha principio né fine. Il tempo altro non è che una fantasia dell'immaginazione umana proiettata sullo sfondo dell'eterna Durata. E nel Tempo senza fine e attraverso lo Spazio infinito — interno ed esterno — passa la grande processione dei mondi e degli dèi, semidèi, uomini, animali, ecc. Ė sempre movimento, con pause occasionali quando le sezioni della processione si ritirano per riposare, e quando quel periodo di riposo è finito riprendono il loro posto nella processione, ma in coda.

Per concludere, il lato spirituale della natura è composto da gerarchie di luce e compassione, e queste gerarchie sono monadi che si sono sviluppate attraverso l'evoluzione manifestando più e più volte il potere, la facoltà e gli attributi latenti, per cui sono diventate gli effettivi architetti autocoscienti, i veri dèi dell'universo, mentre tutti gli innumerevoli eserciti che formano il lato materiale, il lato veicolare, o la classe dei costruttori, sono monadi meno evolute di quanto lo siano in generale le classi di dèi ed architetti. In confronto, delle monadi che formano il lato materiale dell'universo si dice che sono 'addormentate' — sebbene, è ovvio, questo termine ricopre campi di coscienza, da quello più elevato dei costruttori, che sono quasi architetti, giù, attraverso tutti i gradi fino agli atomi di vita dormienti e degli atomi dell'universo relativamente del tutto spirituali.

Questa è un'esemplificazione della Catena d'Oro di Hermes, che si distende dal più sublime architetto dell'universo, la gerarchia cosmica, discendendo come una fiamma vitale attraverso le entità inferiori fino al campo più basso di un sistema gerarchico. Un piano cosmico, una vita cosmica, una guida cosmica, una legge cosmica.


I LIPIKA

Chi sono quei misteriosi agenti superiori del karma o rappresentanze occulte in natura, ai quali H.P.B. ha dato il nome di Lipika,[23] derivato dal Sanscrito?

Vorrei cominciare citando alcuni estratti dai suoi scritti. Il primo è preso dalla Dottrina Segreta:

Vi sono tre gruppi principali di Costruttori ed altrettanti di Spiriti Planetari e di Lipika; ogni gruppo è suddiviso a sua volta in sette sottogruppi. Non è possibile, neppure in un'opera vasta come questa, prendere minutamente in esame anche soltanto i tre gruppi principali, poiché ciò richiederebbe un Volume a parte. I Costruttori sono i rappresentanti delle prime Entità "Nate dalla Mente," quindi dei primordiali Rishi-Prajâpati, come pure dei Sette grandi Dèi dell'Egitto, dei quali Osiride è il Capo, dei Sette Amshaspend degli zoroastriani, con Ormazd loro Capo, o dei "Sette Spiriti della Faccia," dei Sette Sephiroth separati dalla prima Triade, ecc.
I Lipika . . . sono gli Spiriti dell'Universo, mentre i Costruttori sono solo le nostre divinità planetarie. I primi appartengono alla parte più occulta della Cosmogenesi, che non può essere esposta qui. Se gli Adepti, anche i più elevati, conoscono questo ordine angelico nella completezza dei suoi tre gradi, oppure soltanto quello inferiore connesso con gli annali del nostro mondo, l'autrice non è in grado di dirlo; però essa è piuttosto proclive ad accettare quest'ultima supposizione. Dei Lipika appartenenti al grado più elevato, viene detta una sola cosa, e cioè che essi sono in stretto rapporto con il Karma — essendone i diretti Archivisti.
Il significato esoterico della prima frase di questa sloka è che coloro che sono stati chiamati i Lipika, gli Archivisti del libro-mastro del Karma, formano una barriera insuperabile fra l'Ego personale ed il impersonale, il Noumeno e la Sorgente-Madre del primo. Da ciò l'allegoria. Essi circoscrivono il mondo manifestato della materia entro i limiti dell'Anello "Invalicabile." Questo mondo è il simbolo oggettivo dell'Uno diviso nei Molti, sui piani dell'Illusione, di Adi (il "Primo") o di Eka ("l'Uno"); e quest'Uno è l'aggregato collettivo o la totalità dei principali Creatori o Architetti di questo Universo visibile. — La Dottrina Segreta, I, 127-9 ed. or. (pp. 112-13 online)

Il secondo estratto è preso da: Dissertazioni sulla Dottrina Segreta alla Blavatsky Lodge, p. 76 online (Transactions of the Blavatsky Lodge, pp. 112-13 ed. or.):

I Lipika procedono da Mahat; e nella Cabala sono chiamati i Quattro Angeli Archivisti; in India sono chiamati i quattro Maharajah, quelli che registrano ogni pensiero ed ogni azione dell'uomo; da San Giovanni, nell'Apocalisse, sono chiamati il Libro della Vita. Sono strettamente collegati con il Karma e con ciò che i cristiani chiamano il Giorno del Giudizio; in Oriente erano chiamati il Giorno dopo il Mahā-manvantara o il "Giorno sii non Noi." Allora ogni cosa diventa una, tutte le individualità sono immerse nell'Uno, eppure ognuna è consapevole di se stessa — un insegnamento misterioso, in verità. Solo allora, ciò che per noi è ora non-coscienza o l'inconscio, potrà essere coscienza assoluta.
D. Che rapporto hanno i Lipika con Mahat?
R. Sono una suddivisione, i quattro detratti da uno di questi Sette-nati emanati da Fohat. Mahat corrisponde al Fuoco di Simon Mago, l'Ideazione Divina segreta e quella manifestata, diventate testimoni a se stesse in questo Universo oggettivo attraverso le forme intelligenti che vediamo attorno a noi, in ciò che è chiamata "creazione." Come tutte le altre emanazioni, sono "Ruote dentro altre Ruote." I Lipika sono sul piano che corrisponde a quello più elevato nella nostra catena di Globi.

Quando H.P.B. puntualizza che i Lipika sono i "sette Spiriti dell'Universo," c'informa subito che essi sono una gerarchia settenaria, o anche duodenaria, nelle loro divisioni, appartenendo al piano cosmico più elevato di un universo. Non sono semplicemente quattro, come si potrebbe supporre da qualche riflessione di H.P.B. riguardo il significato dei Lipika che stanno ai quattro angoli del mondo. Effettivamente, vi sono schiere di Lipika, poiché i quattro angoli si riferiscono al magnetismo polare in qualsiasi globo o catena o sistema solare, che s'incrociano producendo i mistici Nord, Sud, Est, Ovest. Questo avviene a causa della concentrazione di punti d'energia focalizzati in questi angoli.

Ogni universo ha la propria gerarchia di Lipika, che devono essere radicalmente distinti nella loro natura e funzione dalle gerarchia degli esseri demiurgici, cioè quelli che formano il mondo, i costruttori. In realtà, possiamo parlare dei Lipika come del gruppo superiore degli architetti; e uno dei motivi per cui sono chiamati gli agenti del karma è che, agendo sotto l'impulso di quella misteriosa legge universale, essi elaborano il piano architettonico o karmico della struttura di un universo quando emerge dal suo mahāpralaya. Appena i Lipika hanno tracciato il piano e lo hanno impresso, mediante l'ideazione cosmica, sulle gerarchie inferiori di costruttori, questi, a loro volta, procedono immediatamente nel loro lavoro di costruire il mondo.

Qui la questione è che proprio perché i Lipika, essendo gli agenti del karma e il gruppo più elevato degli architetti cosmici, sono le intelligenze supreme che quasi automaticamente imprimono l'ideazione cosmica su tutto ciò che è 'al di sotto' di loro, poiché risulta ovvio che sia l'ideazione cosmica che le sue caratteristiche sono tipicamente significative della storia karmica e dello sfondo di un tale universo. Quindi i Lipika, gli " Archivisti del libro-mastro karmico," sono gli agenti cosmici responsabili nel circoscrivere i mondi manifestati con i vari Anelli-non-passare, che sono semplicemente i confini karmici che definiscono e limitano le varie sfere delle gerarchie minori, inclusi i loro individui.

I Lipika, considerati come i più potenti nel loro universo, lo riempiono con la propria intelligenza combinata e i poteri vitali, in modo che tutte le entità di lì siano continuamente permeate dalla loro essenza. Di conseguenza, qualsiasi cosa accada all'interno di tali universi è istantaneamente e per sempre 'registrata' o impressa sull'essenza vitale, i fluidi dei Lipika. Ė questo fatto che dà loro il nome di Archivisti, poiché reagiscono ad ogni pensiero, sentimento ed azione di tutti i molteplici eserciti di esseri che sono inclusi dentro di loro; e così i Lipika portano indelebilmente impresso nelle loro essenze tutto quello che avviene nelle gerarchie subordinate al loro dominio e che essi abbracciano con la loro essenza o sostanza vitale-intelligente che tutto racchiude. Questo è esemplificato dalla luce astrale della nostra terra, a volte chiamata la galleria dei quadri astrali. Poiché la luce astrale è il linga-śarira della terra, è completamente dentro l'essenza vitale e il fluido intelligente dei Lipika, proprio come lo è qualsiasi principio o elemento della nostra terra.

Quando il mahāmanvantara di un universo si sta avvicinando alla sua conclusione e il mondo si sta ritirando nei piani cosmici superiori, arriva il momento dell'inizio del mahāpralaya, quando tutte le cose e gli esseri subordinati sono diventati uno con le gerarchie superiori dell'universo nel piano cosmico più elevato e sopra di esso. In altre parole, tutte le entità sono diventate un tutt'uno con gli stessi Lipika, cioè sono trascinate nella loro essenza o sostanza. Questo coronamento del destino karmico è qualcosa chiamata il Giorno-sii-con noi, quando "ogni cosa diventa uno, tutte le individualità sono immerse nell'uno, tuttavia ciascuna conoscendo se stesso."

In relazione ad un universo più piccolo, come la nostra catena planetaria, H.P.B. dice: "I Lipika sono sul piano corrispondente al piano più alto della nostra catena di globi." Poiché i Lipika aprono e chiudono un Manvantara, e sono i primi ad apparire e gli ultimi a svanire a causa del progressivo espandersi e ritirarsi all'inizio e alla conclusione di ogni periodo di attività, essi sono gli agenti del Karma perché portano in loro stessi tutti i semi karmici fino a quando ha inizio il successivo manvantara o mahāmanvantara. E allora, avendo già registrato tutto il karma di un universo in se stessi, cominciano ad emanarlo pari passu con i piani evolventi e le gerarchie di quell'universo quando comincia il suo nuovo mahāmanvantara.

Possiamo considerare la grande gerarchia dei Lipika come composta da sette (o dieci o dodici) gradi o gerarchie minori. Le tre più elevate di queste funzioni agiscono particolarmente sui tre piani cosmici superiori — o sui tre piani più elevati di qualsiasi universo più piccolo, come una catena planetaria o anche un globo — mentre i rimanenti quattro gradi subordinati dei Lipika hanno funzioni particolari sui quattro piani cosmici inferiori. Ė per questo motivo che exotericamente i Lipika sono ritenuti solo quattro — affermando così la verità occulta sotto un velo o travestimento. Effettivamente, questi 'quattro' Lipika sono individualmente i quattro sottogradi inferiori o gerarchie minori.

Ogni piano cosmico è una ripetizione analogica di tutti gli altri piani, e specialmente di quelli sopra di esso sulla scala gerarchica. Anche il nostro piano cosmico fisico ha il suo esercito di Lipika o la gerarchia di Lipika, che ha quindi la sua origine sul sottopiano più elevato e più etereo; ed è la funzione diretta e il dovere di questi Lipika agire come architetti supremi nel costruire e sorvegliare questo piano fisico, e come archivisti karmici di tutto quello che avviene dentro e attraverso le sue varie suddivisioni.

Sono proprio questi Lipika, con la loro intelligente essenza vitale, che riempiono ed animano qualsiasi piano cosmico, che producono quelle che chiamiamo le leggi della natura, e così vediamo una volta di più come il karma, una delle più fondamentali di queste leggi naturali, e i Lipika, siano mescolati e in verità si fondano insieme.


[1] Transactions of the Blavatsky Lodge, pp. 90-1 ed. or.; (Dissertazioni sulla Dottrina Segreta alla Blavatsky Lodge, p. 62 online).

La teologia e la letteratura ebraico-cristiane si riferiscono all'espansione cosmica emanativa come gli Elohim che si muovono sulla "superficie delle Acque" nel primo verso del Genesi. 'Elohim è effettivamente un sostantivo plurale che significa dèi, anche se gli studiosi europei l'hanno tradotto, quasi invariabilmente, con la parola Dio — una traduzione molto fuorviante perché riesce a mascherare, comunque involontariamente, la verità che gli Elohim sono una gerarchia di spiriti cosmici formativi o demiurgici, che si estendono dal piano cosmico più alto fino agli Elohim inferiori del piano fisico. Questo termine ebraico corrisponde a quelle che nel Buddhismo esoterico sono chiamate le gerarchie dei dhyan chohan.

[2] "Notes on the Gospel according to St. John," di H.P.B., Lucifer, 1893; tradotto in italiano da Collected Writings: "Le Origini del Rituale nella Chiesa e nella Massoneria" — vedi: online, I. Cintamani.

[3] Nell'Induismo arcaico un altro nome dato ancora al Terzo Logos era hiranyagarbha — hiranya significa d'oro, nel senso inerente di celeste, o primordiale, o molto bello; e garbha è un termine che può essere tradotto, secondo il contesto, in grembo o embrione, o seme cosmico vitale, poiché questo embrione esiste nella matrice del Secondo Logos, e in verità è egli stesso chiamato a volte un grembo, essendo la sorgente feconda di tutti i semi delle gerarchie che emanativamente scaturiscono da lui.

[4]Transactions of the Blavatsky Lodge, p. 113; (Dissertazioni sulla Dottrina Segreta alla Blavatsky Lodge,' p. 76 online).

[5] Vedi "Hyppolitus," vi, 48; e 'Gnostics' di C. W. King.

[6] La Dottrina Segreta, II, 563 ed. or.; p. 372 online.

[7] La Dottrina Segreta, I, 143, vedi anche pp. 111, 112 ed. or.; p. 122 online, vedi anche pp. 120, 121.

[8] La Dottrina Segreta, volume III online: Sezione XIV: Simon Mago e il suo biografo Ippolito.

[9] Philosophumena, vi, 9.

[10] "La Grande Rivelazione" (Hê Megalè Apophasis) di cui si suppone che l'autore sia lo stesso Simon. — H.P.B.

[11] Letteralmente: che stanno opposti reciprocamente in file o coppie. — H.P.B.

[12] Philosophumena, vi, 18.

[13] Alcuni dhyan chohan inferiori fondono il loro fluido o essenza vitale con gli elementali dei quattro regni superiori degli elementali, e ugualmente con gli atomi di vita dei piani corrispondenti, fornendo così l'ideazione architettonica e guidando le forze e le energie su quello che i tre regni elementali inferiori costruiscono a loro volta. (Consultare La Dottrina Segreta, II, 233 nota a piè di pagina, ed. or.; p. 152 online.)

[14] La Dottrina Segreta, I, 205-6, ed. or.; p. 164 online:

Le sette trasformazioni fondamentali dei Globi o Sfere celesti, o piuttosto delle loro particelle costituenti di materia, sono descritte come segue: 1) lo stato omogeneo; 2) l'aeriforme e radiante- gassoso; 3) lo stato simile a grumi cagliati (nebulose); 4) lo stato atomico, etereo — principio del movimento e, quindi, della differenziazione; 5) quello germinale, igneo — differenziato, ma composto solo dai germi degli elementi nei loro stati primitivi, avendo essi sette stati quando sono completamente sviluppati sulla nostra terra; 6) il quadruplice, vaporoso — la Terra futura; 7) lo stato freddo — e dipendente dal Sole per la propria vita e luce.

[15] Un termine Sanscrito composto, swa, che significa sé, e bhāva, diventare, venire in esistenza, che significa una crescita continua o cambiamento da uno stato all'altro.

[16] La Dottrina Segreta, I, 572-3 ed. or.; online: Sezione X: 'Degli Elementi e degli Atomi.'

[17] H.P.B., E.S. Instructions, II (La Dottrina Segreta, volume III: 'Colori, Suoni e Forme,' p. 316 online).

[18]E.S. Instructions, II — (La Dottrina Segreta, volume III, Scritto II, p. 317 online.)

[19] The Mahatma Letters, p. 170 ed. or.; Le Lettere dei Maestri, p. 255, ed. Sirio. ts, 1968.

["La scienza udrà i suoni di certi pianeti prima di poterli vedere. Questa è una profezia. — Maestro K.H. — n. d. t.]

[20] In Iside Svelata H.P.B. dice:

I filosofi ermetici insegnavano, come abbiamo visto, che la scomparsa di una fiamma dalla vista non implica la sua effettiva estinzione. Essa è solo passata dal mondo visibile in quello invisibile e può essere percepita dalla visione interiore, che si applica alle cose di quest'altro e più reale universo. La stessa regola può essere applicata al suono. Come l'orecchio fisico può cogliere le vibrazioni dell'atmosfera fino ad un certo punto non ancora definitivamente fissato, ma variante da individuo a individuo, così l'adepto, il cui udito interiore è stato sviluppato, può cogliere il suono in questo punto evanescente e udire indefinitamente le sue vibrazioni nella luce astrale. Non c'è bisogno di fili, di avvolgimenti, di risuonatori: il potere della sua volontà è più che sufficiente. Il tempo e la distanza non sono d'impedimento all'udito spirituale, e così egli può conversare con un altro adepto che sia agli antipodi con la stessa facilità che se fossero nella stessa stanza. (Iside Svelata, II, 605-6 ed. or.; p. 548 ed. it., Armenia, mi, 1984.)

[21]Transactions of the Blavatsky Lodge, p. 98. ('Dissertazioni sulla Dottrina Segreta alla Blavatsky Lodge,' p. 66 online.)

[22] Vedi note a piè di pagina, p. 342 e p. 619 ed. or.; ed. online: Sezione IV e Sezione XIV.

[23] Lipika è formato dalla radice verbale lip, che significa dipingere, delineare a colori, derivato anche da tratteggiare o scrivere — essendo un termine adattato dall'antico uso di scrivere con un pennello, come fanno i cinesi ancora oggi, significando quindi scrivere, trascrivere, e quindi registrare.



Theosophical University Press Online Edition