Man in Evolution

L’Uomo in Evoluzione

di G. de Purucker


Prima Edizione 1940; Seconda Edizione Revisionata © 1977 Theosophical University Press; Terza Edizione Revisionata © 2016 Theosophical University Press. Traduzione italiana di Nicola Fiore © 2017. Quest'edizione può essere scaricata gratuitamente per uso personale. Nessuna parte può essere riprodotta senza chiedere il permesso alla Theosophical University Press.


Contenuti

Capitolo:

Appendice 1: L'Antichità dell'Uomo e le Ere Geologiche, di Charles J. Ryan:

Appendice 2: La Teosofia e la Nuova Scienza, di Blair A. Moffett:

Bibliografia 


Nota dell'Editore

Questa Terza Edizione Revisionata è, in qualche misura, un compendio, che conserva i capitoli che focalizzano l'evoluzione umana, pur omettendo del materiale che è datato, ripetitivo, o già trattato in altri scritti dell'autore. Qui egli sviluppa i temi dello schema ciclico evolutivo della natura, dell'origine cosmica di tutti i suoi regni, e dell' "Uomo" che è sempre esistito — quelle umanità provenienti da passati universi che hanno lasciato la loro impronta sulla fabbrica mentale della natura, fornendo le forze architettoniche che plasmano non solo l'uomo di oggi, ma tutta la vita che si sviluppa.

Forse è bene ricordare che L'Uomo in Evoluzione ha avuto origine come una serie di conferenze radiofoniche, appena due anni dopo "Monkey Trial" di John T. Scopes, nel 1925, a Dayton, nel Tennessee, che metteva in contrapposizione il Darwinismo contro il Creazionismo Biblico, escludendo gli approcci filosoficamente motivati all'evoluzione e alla spiritualità. Come è menzionato nella seguente Prefazione del 1976 a cura di Grace F. Knoche, l'Appendice 2 sintetizza i più recenti lavori in fisica, chimica, e le scienze della vita, confermando esaurientemente quello che è postulato dall'antica tradizione della saggezza. Da allora sono passati parecchi decenni, e la ricerca, è ovvio, ha considerevolmente approfondito e ampliato lo scopo del grande mistero dell'evoluzione che è l'Uomo. Per uno studio più approfondito, sono stati inseriti alcuni titoli aggiuntivi alla Bibliografia.

Novembre 2016


Prefazione alla Seconda Edizione

Fin dalla sua pubblicazione nel 1941, L'Uomo in Evoluzione ebbe un particolare richiamo sugli studiosi che cercavano di rapportare un approccio teosofico all'evoluzione — vista come un processo cosmico che si riflette nella sfera umana — con le teorie proposte principalmente da Charles Darwin e dai suoi seguaci. Oggi, archeologi e paleontologisi azzardano a dare nuove valutazioni ai ritrovamenti fossili, cosicché i punti di vista fermamente stabiliti riguardo alle nostre origini umane stanno subendo un cambiamento radicale. I pionieri del pensiero evolutivo non considerano più l'uomo come discendente dalla scimmia e dalla scimmia antropoide ma, al contrario, come il loro predecessore, se non quasi un genitore. Questo richiede un totale rovesciamento della prospettiva psicologica nella maggior parte di noi, che siamo stati così condizionati fin dall'infanzia a pensare che siamo evoluti solo attraverso i mutamenti fisici che, per qualche casuale salto della coscienza, ci hanno trasformati da creatura ottusa nell'entità pensante, artistica e creativa che conosciamo come Uomo. Non è così per lo scrittore di questo volume. Gottfried de Purucker, autore e educatore, fin da giovane uno studente impegnato sia nel pensiero teosofico moderno, sia nella tradizionale saggezza degli antichi popoli, in rapporto all'origine e al destino dei mondi e della specie umana — insegnamenti che confermano l'uomo come un essere divino d'immensa antichità, piuttosto che emerso di recente da ceppi inferiori.

"L'uomo è la sua storia," dice l'autore, intendendo con quest'affermazione che l'uomo porta in sé la totalità di lunghi eoni del passato. Egli, un'entità cosmica, entra sulla terra come un pellegrino che ritorna nel processo di divenire, di far emergere ciò che è potenziale, nascosto nella sua essenza più intima e che, al momento giusto e nell'ambiente appropriato, fiorirà completamente. L'evoluzione non è una possibilità del caso ma un'ordinaria manifestazione della guida spirituale e intelligente inerente all'universo, e quindi intrinseca a tutte le particelle di vita. Non un atomo, una cellula, un essere umano o un sole, potrebbero esistere se nel nucleo di ciascuno non vi fosse la divinità.

Con queste conoscenze preesistenti e acquisite del suo pensiero, G. de Purucker esamina criticamente una dopo l'altra le varie ipotesi evolutive, per capire dov'è che la teoria s'immerge nella fantasia, dov'è che i concetti ancora non provati sono stati "consolidati" in "fatti" senza un'adeguata base in natura. Un'analisi rigorosa, un'argomentazione persuasiva supportata da una netta testimonianza della struttura anatomica, convince che il tipo umano è di origine molto antica, il più primitivo di tutti i ceppi di mammiferi, e che ha quindi preceduto, non seguito, le scimmie antropoidi più specializzate e le scimmie in generale.

Con tutta la sua conoscenza delle realtà biologiche, l'autore considera l'uomo innanzitutto come un dio, una scintilla divina che cerca l'incorporamento in strumenti sempre più adatti attraverso ciascuno dei regni della natura. Così è potenziata la dignità dell'umanità, dando alle nostre vite qui sulla terra maestosità e proposito. Il materiale di questo volume nasce originariamente da una serie di conferenze intitolate "La Teosofia e la Scienza Moderna" che G. de Purucker tenne nella sede centrale della Società Teosofica a Point Loma, in California, da giugno a dicembre del 1927, e trasmesse in diretta dalla stazione radio KFSD di San Diego. Nel 1929 queste conferenze furono pubblicate senza modifiche, con il titolo citato. L'edizione si esaurì presto e il libro rimase fuori stampa per parecchi anni. Nel 1941 l'autore pubblicò una versione alquanto condensata intitolata L'Uomo in Evoluzione, il cui riordinamento era dovuto in gran parte al lavoro di Helen Savage Todd, la cui assistenza editoriale fu riconosciuta da G. de Purucker con "apprezzamento sincero e grato." Per quell'edizione, comunque, egli non vide alcun motivo di "inserire argomenti scientifici più recenti a favore delle dottrine teosofiche," perché riteneva che quelli ai quali aveva attinto per le sue conferenze una decina d'anni prima fossero soprattutto un sottofondo per il "quadro teosofico" che voleva ritrarre. Per lui, i principi su cui è fondata la teosofia sono radicati nella natura stessa, e quindi sono eterni. In un'Appendice, incorporò alcune affermazioni lungimiranti fatte da antropologi e anatomisti di quel periodo (1930-1940), ma in considerazione del periodo di tempo molto esteso ora attribuito all'uomo dalla paleontologia, che risale a milioni di anni invece che a sole centinaia di migliaia, questo materiale è stato sostituito con nuovi inserimenti:

Appendice 1: "L'Antichità dell'Uomo e le Ere Geologiche," di Charles J. Ryan, che fornisce una spiegazione succinta e facilmente comprensibile delle ere geologiche in rapporto alle "ronde" o cicli delle varie "razze radice attraversate dall'umanità. Incluse anche una tavola di H. P. Blavatsky dei periodi di tempo approssimativi, affiancata alla scala di tempo contemporanea di ere ed epoche su cui generalmente concordano i geologi.

Appendice 2: "La Teosofia e la Nuova Scienza," di Blair A. Moffett, che assembla le conclusioni di allora nella fisica e nelle scienze della vita, fornendo validi dati scientifici di paragone con l'analisi della presentazione delle origini spirituali e razziali dell'uomo fatta da G. de Purucker.

L'Uomo in Evoluzione offre un approccio unico: tratta l'evoluzione dall'interno e dall'alto, piuttosto che dall'esterno e dal basso. Invece di fare affidamento sugli anelli mancanti tra i resti fossili, fornisce l'unico anello mancante valido nell'intero spettro delle teorie evolutive: quello del fattore spirituale o dinamico, l'impulso dell'entità intelligente in azione, attraverso e dietro tutti i processi di nascita, crescita, maturità, declino e morte. Per l'autore, il posto dell'uomo nel cosmo è assiomatico, non è qualcosa che ha bisogno di prove.

L'editore della revisione di questo volume così importante riconosce con gratitudine l'assistenza fornita da tutti quelli che sono stati d'aiuto nella sua preparazione, con una speciale parola di apprezzamento dovuta a chi ha intrapreso la faticosa ricerca richiesta per selezionare tutte le citazioni dalle fonti originali.

Grace F. Knoche
novembre 1976
Pasadena, California


Capitolo 1

I Cicli di Manifestazione

Tra le domande più importanti che ogni uomo pensante si chiede: Da dove veniamo? Chi siamo? E dove andiamo dopo la morte? Veniamo qui, sul palcoscenico della vita che è su questo pianeta terra. Facciamo pochi gesti e movimenti, in qualche modo soffriamo e gioiamo, ci ammaliamo o siamo in buona salute, e poi svaniamo da quel palcoscenico che apparentemente non ci riconosce più, e di noi non rimane niente se non un ricordo, e forse nemmeno quello. Ma in un universo governato dalla legge, dall'ordine e dal progresso, le sofferenze sopportate, le gioie avute, gli ideali realizzati e incompiuti, devono aver avuto la loro origine da qualche parte.

Domande come queste si presentano alla mente pensante quando riflette sulla natura, l'origine e il destino dei mondi sparsi negli spazi dell'infinitudine. Da dove vengono? Che cosa sono? Qual è il loro destino? Sono domande che hanno bisogno di risposte. Il semplice fatto che queste cose esistano, dimostra che da qualche parte ci debbano essere delle risposte.

Qual è il processo per cui i mondi, noi uomini e altri esseri evolvono? Qual è il processo con cui veniamo dall'invisibile nel visibile, fuori dalle tenebre, come avviene per noi. Il processo con cui i mondi e gli uomini e tutto il resto cercano di manifestarsi, è una procedura ciclica, per così dire, una procedura attraverso il progresso ciclico. I grandi veggenti della razza umana, che erano e sono gli uomini più completi ed evoluti che il globo abbia mai prodotto, hanno registrato quel processo e ce l'hanno tramandato come la guida della nostra vita. Si svolge come segue:

Cominciando come una scintilla divina non auto-cosciente, ciascuna entità, ciascuna anima-spirito, ciascuna monade — perché c'è una monade al cuore di ogni entità individuale — cerca di esprimersi e di costruire veicoli appropriati attraverso il progresso, finché questo processo produce un veicolo che possa esprimere, più o meno completamente, le energie e le forze spirituali della monade interiore. Quando è stato raggiunto questo punto di progresso, allora l'uomo, da scintilla divina non auto-cosciente, è diventato un dio auto-cosciente, uno spirito auto-cosciente, perché manifesta auto-coscientemente i sublimi poteri e le facoltà della monade interiore, e allo stesso modo vive nei regni appropriati dell'esistenza, dove costruisce per se stesso veicoli capaci di esprimere qualcosa delle sublimi facoltà interiori.

Così avviene per tutti gli eserciti di vite, perché l'intero universo è composto da questi eserciti, ognuno dei quali ha il suo carattere, la sua individualità e la sua particolare origine nel mondo spirituale, e tuttavia ciascuno segue il proprio sentiero di progresso. Tutto proviene dal Fuoco centrale. Ma dal momento in cui si distacca, ognuna di queste scintille segue il suo tipo speciale. Perché? Perché è una tesoreria di facoltà dormenti appropriate ad essa; in breve, perché è animata dalla sua forza caratterizzante, la sua individualità, il suo svabhāva, per usare il termine sanscrito. Questo equivale a dire che ciascuna di queste scintille divine segue un sentiero di sviluppo autonomo che sfocia nell'evoluzione auto-diretta, quando è stato costruito un veicolo capace di esprimere l'auto-coscienza per custodire la scintilla divina che lavora attraverso di esso.

Così è anche per i mondi, gli universi. Sono emanati nella manifestazione fisica dal seno della grande Madre Natura come "nebulose" composte dalla materia più eterea, materia che è talmente spirituale, che non possiamo vederla com'è, sia con i nostri occhi fisici e nemmeno, in verità, con i nostri strumenti fisici d'ausilio alla nostra visione. Vi sono, in questo periodo attuale, innumerevoli eserciti di questi universi spirituali, non ancora visibili per noi, perché i nostri organi fisici non hanno ancora sviluppato la sottigliezza della visione che ci rende capaci di vedere cose tanto più sottili, più raffinate e spirituali della grezza materia fisica, che i nostri occhi possano percepire e il nostro organo del cervello possa comprendere.

Nel tempo, ognuno di tali mondi, quando nel suo percorso ciclico discende nei mondi della materia, cercando l'espressione e quindi la conoscenza su questi piani inferiori e in queste sfere inferiori, subisce la concrezione, cioè la materializzazione della sua sostanza, in parte raccogliendo in se stesso vite inferiori e più piccole che lo aiutano a costruirsi, proprio come l'uomo raccoglie nel suo corpo queste vite inferiori e più piccole che aiutano a costruire quel corpo; e, in parte, con l'emanazione di vite subordinate dal proprio nucleo. Ognuno di simili mondi assume quindi una forma, una qualità e una sostanza che è costituita da atomi che esprimono le sue forze interne. Così manifesta un lato spirituale energico, e un lato materiale o vegetativo, il corpo.

Questo percorso progressivo di un raggio monadico attraverso le sfere, dai piani più alti a quelli più bassi, non è altro che una successione di stati: spirituale, etereo, astrale, fisico, che si susseguono l'uno con l'altro, continuamente, essendo ciascuno la continuazione, su un piano inferiore nella discesa, di un precedente stato superiore. È come un flusso d'acqua. Così, dalla sua origine spirituale in qualsiasi ciclo di vita, passando ciclicamente attraverso vari piani, continua quel flusso di successioni di stati man mano che procede in avanti, fino a pervenire al punto più basso possibile della materia raggiungibile in quel ciclo di vita; allora comincia la sua ascesa di ritorno verso i regni più eterei, e alla fine verso quei regni che sono la sua sorgente originaria — la spiritualità.

Alla fine del suo periodo d'esistenza su qualsiasi piano — il nostro piano fisico, ad esempio, che è la sfera più materiale, e quindi il suo punto di svolta prima di riascendere — il nostro universo, ogni universo, passa nei regni invisibili quando il ciclo della sua vita è completato su questa terra. Quel particolare ciclo di vita allora è finito. Ha raggiunto ancora una volta il suo primordiale punto di partenza, ma ora è più grande, più maestoso, perché più evoluto. E con esso sono andati nell'invisibilità tutti i vari organi, o sfere, o case della vita che componevano l'universo, ciascuno con il suo molteplice assortimento di vite, che sono incalcolabili di numero, perché vi sono eserciti su eserciti, gerarchie su gerarchie.

Dopo un lunghissimo periodo di riposo universale, un periodo di tempo definito chiamato pralaya,[1] il nostro universo segue un nuovo ciclo verso il basso, nelle sostanze e materie sempre più nuove che agiscono in base a una causa precedente, che potremmo chiamare un seme evolutivo, il prodotto del suo sé anteriore. Il vasto aggregato di forze di vita che ora si risvegliano nuovamente nella vita informano e includono una nebulosa, la prima manifestazione dei fremiti della sua forza di vita interiore. Poi, passando attraverso vari stati nebulari dell'evoluzione, nel tempo si sistemano nuovamente nei corpi stellari e planetari, e ciascuno di questi corpi realizza ciò che è dentro se stesso, le sue forze di vita intrinseche e latenti, che si esprimono su questo piano che è, in qualche modo, superiore al piano su cui il nostro universo si era manifestato nel suo periodo precedente di manvantara.

Si, questi mondi devono avere i loro periodi di riposo, proprio come deve averli l'uomo, quando il ciclo si è esaurito. Quando arriva quel momento, restano nei regni invisibili con tutto il loro retaggio di vite, e dopo quel riposo ritornano e ripetono il ciclo di manifestazione evolutiva, ma ogni volta su piani più elevati dei precedenti.

La Natura si ripete dappertutto. Segue i modelli d'azione già combinati, procede senza ostacoli in tutti i casi e dappertutto. Su quest'azione ripetitiva della nostra Grande Madre — la natura universale — è fondata la legge dei cicli, che è l'emanazione delle cose che sono state prima, anche se ciascuna ripetizione, come abbiamo detto, avviene a ogni nuova manifestazione su un piano più elevato e si estende su un campo d'azione più vasto. Dietro a tutta la facciata della natura, dietro a tutte le apparenze fenomeniche cicliche che i nostri sensi ci trasmettono al meglio che possono, giace la vita universale nelle sue infinite modalità d'azione ed espressione.

Facciamo ora un altro passo nel delineare questa dottrina. Cos'è che provoca questa materializzazione, questa concrezione o condensazione della sostanza originale di un mondo o di un universo? La risposta dobbiamo trovarla nell'insegnamento che lo spirito e la sostanza essenziale sono fondamentalmente uno; che è ciò che i più grandi fisici di scienza credono quando dichiarano che materia e forza (o energia) sono fondamentalmente una. A prima vista, questo può sembrare un modo di dire oscuro e difficile, ma è l'attuale fisica scientifica, che così riecheggia la filosofia del passato.

A un certo stadio del suo muoversi progressivamente o evolutivamente in avanti e verso il basso, la forza oltrepassa le frontiere di qualsiasi sfera, di qualsiasi mondo, e diventa materia molto eterea, perché la forza è effettivamente materia eterea, per così dire; o, per dirlo più accuratamente, la materia è forza cristallizzata.

La forza è semplicemente materia che si muove, materia in movimento, materia sottile, materia che circola. La forza, o meglio le forze, sui piani eterei sono sostanze: su questi piani eterei sono effettivamente solidi, fluidi e, se preferite, materia "gassosa"; ma nel nostro mondo più grossolano e materiale noi le percepiamo solo come forze. L'elettricità è uno dei casi in questione. È materiale, lo sappiamo. Diversamente, in verità, come potrebbe agire sulla sostanza o sulla materia, se fosse completamente diversa dalla materia e non avesse in sé qualcosa della natura sostanziale? Queste forze che agiscono nei regni eterei della materia sono molto sottili.

Spirito e sostanza sono fondamentalmente uno. La materia passa nella forza o energia, cioè la sostanza passa nello spirito, quando il ciclo materiale o sostanziale di entrambi è completato — che è come dire: quando arriva il suo momento di dissolversi, di svanire nuovamente nel mondo invisibile. La materia si trasforma, quindi, nuovamente in forza.

Il fisico inglese Sir Oliver Lodge, in una conferenza di qualche anno fa, ha affermato che l'universo è composto da qualcosa che egli chiamava "sostanziale," che però noi non possiamo ancora comprendere; ma questo "qualcosa" è una vecchia storia nella filosofia dell'antichità. I teosofi chiamano "sostanziale" questo qualcosa, uno dei rivestimenti di mūlaprakṛiti ("materia radice"), e quel rivestimento è l'ākāśa, un termine sanscrito che significa "luminoso" o "brillante." La materia fisica primordiale o originaria della quale parla Sir Oliver è la forma più bassa, più materiale, di ākāśa — e forse potremmo chiamarla "etere," anche se ci sono molti eteri cosmici a vari gradi di tenuità, che spaziano da quello materiale più basso attraverso tutti gli stadi intermedi fino a quello più altamente spirituale.

Quest'insegnamento sull'identità finale di forza e materia, o spirito e sostanza, è importante perché, fra le altre cose, fornisce un'enciclopedia perfetta di suggerimenti dai quali trarre delle conclusioni su questi contrastanti problemi. Ma nel parlare di queste cose troviamo che il linguaggio è inadeguato. Noi occidentali non abbiamo termini con cui esprimere profondamente questi nuovi pensieri. Vediamo la materia mossa dalla forza o energia, e quando la esaminiamo più dettagliatamente comprendiamo che la materia è veramente composta di materiali, e che la forza è veramente composta di forze.

Ora, che cosa sono queste forze? Sono monadi che hanno raggiunto il pieno sviluppo nella nostra particolare gerarchia, cioè, nel nostro sistema cosmico, sia interno che esterno; e sono i loro impulsi di vita, la loro vitalità, a fornire le energie con cui il cosmo si manifesta. Detto più semplicemente, le forze del cosmo che conosciamo sono gli impulsi della vita, gli impulsi della volontà di queste monadi pienamente sviluppate della nostra gerarchia. Nei tempi antichi sarebbero state chiamate dèi; i moderni pensatori scientifici le chiamano forze; ma i termini non contano realmente nulla.

L'universo è composto di unità, e il nucleo, il cuore, di ciascuna di queste unità è quella che chiamiamo una monade. Ognuna di queste monadi è un centro di vita e di coscienza spirituale.

Come l'universo è infinito, e include infiniti stadi o livelli, così questi stadi o livelli sono formati da incalcolabili eserciti di monadi a vari gradi di espressione autonoma; o, per dirla con maggiore accuratezza, sono composti da veicoli o corpi in cui ciascuna di queste monadi si manifesta in un rivestimento preso dalla propria vita e sostanza. Tali sono la forza e la materia. Ma le forze che agiscono attraverso il cosmo, sebbene siano di per sé sostanziali, alle parti inferiori del cosmo in cui tutte loro lavorano sembrano incorporee e immateriali. Apparentemente illusorie per noi, non le comprendiamo come sono in se stesse.

La coscienza, dunque, è anche materia; la materia è coscienza, perché il cosmo non è composto che da un numero infinito di entità spirituali, "atomi spirituali," se preferiamo, particelle di coscienza auto-motivate, che si dirigono e si guidano da sole.

Quando un'automobile sfreccia lungo la strada, si porta appresso ogni cosa di cui è composta. E così è per i vari corpi o "veicoli" che custodiscono, manifestano ed esprimono i poteri, le energie, le forze che li abitano, non importa se questo veicolo sia un sole, un pianeta, una cometa, un corpo umano, un corpo animale, o qualsiasi altro corpo. L'intelligenza dirigente che sta al volante rappresenta l'intelligenza dirigente che sta al cuore, al nucleo di tutti i corpi che si manifestano nel cosmo. Quest'intelligenza dirigente è la gerarchia divina della gerarchia, o cosmo, grande o piccola, che essa guida e ispira. La stessa legge funziona attraverso tutte le innumerevoli gerarchie che costituiscono l'intero universo come un'entità composita. Il corpo dell'uomo, ad esempio, è composto da innumerevoli vite, gerarchie di vita di vari gradi; e dominandole, l'uomo stesso siede nel tempio della sua anima, l'intelligenza che tutto dirige. L'uomo è una gerarchia composita.

Questi insegnamenti sulla natura della forza e della materia spiegano il processo per cui tutte le gerarchie passano attraverso i loro cicli evolutivi di vita. Il corpo spirituale dell'universo al suo inizio diventa più materiale perché le sostanze e le energie dalle quali è costituito si trasformano in materia inferiore. Queste forze rese grossolane procedono a ritmo sostenuto quando l'universo fa il suo percorso in giù, in quelli che chiamiamo regni materiali.

Quando la materialità ha raggiunto il suo massimo, o per dirlo più chiaramente, quando questa materialità ha raggiunto quello che per qualsiasi particolare universo è il suo periodo d'esistenza fisica più densa, allora questa condensazione o materializzazione si ferma, e questo è il punto di svolta nel sentiero evolutivo di un simile universo. Insorge quindi un cambio di direzione, per così dire, che da quel momento in poi l'universo deve seguire. Allora la materia comincia a diventare più eterea, a ritrovare le proprie energie, a ridiventare energia, ma molto, molto lentamente, è ovvio. Ci vogliono eoni su eoni perché questo lavoro cosmico sfoci in perfezione evolutiva; ma questo lavoro prosegue per tutto il tempo, senza interruzioni e senza fermarsi un solo istante. Quindi, man mano che questo eterizzarsi va avanti, che quest'eterizzarsi della materia di cui consiste l'universo procede, quell'universo ridiventa le forze dalle quali era composto all'inizio, ma con l'aggiunta di tutte le qualità e le caratteristiche di un'entità cosmica evoluta; e ciò ha luogo su un piano più elevato del piano che era stato testimone dell'evoluzione dell'universo che l'aveva preceduto.

Il ritornare della materia in forza la porta gradualmente sempre più in alto attraverso il progressivo eterizzarsi e la spiritualizzazione finale, finché, in definitiva, ridiventa spirito in quei regni della natura da cui ebbe origine nel suo lungo viaggio ciclico d'evoluzione; ma quando ritorna a quella sorgente primordiale è di una qualità maggiore e di una struttura superiore in tutti i sensi. Sono questi due procedimenti che hanno luogo durante il passaggio di un mondo dall'invisibile al visibile, e quindi dal visibile di nuovo nell'invisibile.


Capitolo 2

Evoluzione e Trasformismo

L'uomo è un mistero, un mistero per la mente del ricercatore che indaga sulla natura; ma, in verità, l'uomo è un mistero per se stesso. Però c'è una soluzione a questo mistero — una soluzione che non è nuova, che è più vecchia delle colline che durano nel tempo. L'uomo, figlio dell'universo, infante del destino, sta tra due immensi universi, tra la vasta sfera del cosmo e l'atomo di materia fisica — una di magnitudo cosmica, l'altra di magnitudo infinitesimale. Poiché ha raggiunto l'attuale stadio nel suo lungo viaggio evolutivo, egli pensa così di mantenere questo punto intermedio che occupa, e da questi due universi traccia le sorgenti di vita della comprensione, che lo nobilitano come uomo. Ma la maestosa filosofia-scienza-religione delle ere c'insegna che ci sono esseri tanto più grandi e superiori all'uomo, ed esseri tanto più piccoli e inferiori a lui, e in realtà egli stesso sta, a sua volta, nel suo mondo e nel suo cosmo come l'uno o l'altro di questi estremi rispetto a simili entità più grandi o più piccole.

È una questione di relatività. Per capirlo chiaramente dobbiamo ripulire le nostre menti dalle vecchie idee instillate in noi da una falsa educazione, sia religiosa che scientifica, e anche filosofica; dobbiamo pure comprendere che la mente dell'uomo non è la sola che possa concepire le cose universali, e che il nostro stato nel cosmo non è il solo che abbia un'importanza suprema, come insensatamente ma forse naturalmente immaginiamo che sia.

La vita universale è infinita nella sua manifestazione in forme senza fine, e gli esseri manifestati sono di numero incalcolabile; e nessuno potrebbe dire che l'uomo, il nobile pensatore qual è veramente, sia l'unico nei campi sconfinati dello spazio a poter pensare chiaramente, immaginare giustamente, e intuire la verità. Questi concetti egoistici della nostra unicità nello schema della vita sono veramente una forma di pazzia; ma il semplice fatto che possiamo comprendere quest'egoismo e lottare contro di esso, mettendolo da parte, mostra che noi stessi non siamo pazzi.

Quindi, siccome esistono le coscienze e riempiono tutto lo spazio, sia nel piccolo che nel grande, noi siamo la loro prole, la loro progenie che evolve; e, inoltre, nella misura che concerne il piccolo universo, il microcosmo, entro certi limiti noi, come individui, siamo ugualmente genitori della progenie che occupa rispetto a noi la stessa posizione relativa che occupiamo noi rispetto a quelle coscienze più grandi.

Oggi i biologi calcolano che nel corpo dell'uomo ci siano all'incirca quasi cinquanta trilioni di cellule — cose viventi, macchine fisiologiche — che costruiscono il nostro corpo. Queste cellule, a loro volta, sono composte di molecole chimiche che, a loro volta, sono composte di entità ancora più piccole chiamate atomi; e questi atomi, a loro volta, sono composti di cose ancora più piccole, oggi chiamate protoni ed elettroni; e per quel che ne sappiamo, queste particelle subatomiche, che si suppone siano le particelle ultime della materia, sono esse stesse divisibili e composte di entità ancora più minute! È questa la fine, il traguardo, il punto di partenza? Vi sono particelle ancora più piccole di queste? A giudicare dal passato, siamo portati a supporre che non ci sia una fine.

Dove, qualcuno oserebbe dire, la coscienza finisce o inizia? È di una natura tale che dobbiamo supporre che abbia un inizio o che raggiunga una fine? Se è così, cosa c'è, sopra o sotto di essa? Se la coscienza di qualsiasi tipo, di un uomo o diversamente, avesse un vero limite di per sé, allora il potere della nostra comprensione non sarebbe quello che è, anche nel nostro attuale stadio evolutivo relativamente non sviluppato. Non potremmo avere alcuna possibilità intellettuale o spirituale in questi campi estesi del pensiero.

Percepiamo qualcosa dei limiti lungo queste linee nel nostro ordinario funzionamento del cervello, perché il nostro cervello è in se stesso una porzione limitata di materia fisica; ma ogni individuo pensante, se si esamina attentamente e studia le proprie esperienze, deve realizzare che c'è in lui un qualcosa di illimitato, un qualcosa che egli non ha mai scandagliato, che gli suggerisce sempre: "Vieni verso l'alto. Arriva sempre più lontano e oltre. Rigetta tutto quello che ha un limite, perché in questo caso non appartiene al tuo sé superiore." Questa coscienza è l'azione del sé spirituale nell'uomo, la funzione nella sua natura psicologica della propria monade spirituale, definitiva per lui solo in questa nostra gerarchia della natura, perché la monade spirituale è il centro del suo essere, e in se stessa non conosce limiti, confini, frontiere, perché è coscienza pura.

L'evoluzione — la spinta al miglioramento. Se la esaminiamo come facevano i vecchi materialisti, allora significa superiorità sui nostri simili a nostro vantaggio; ma se la prendiamo in considerazione secondo le realtà della natura, quando le impariamo e le accordiamo agli istinti del nostro essere, l'evoluzione allora significa superiorità autonoma nel senso di salire sempre più in alto sulla scala della vita, con una visione che si amplia, con facoltà e simpatie che si espandono — ingrandendosi sempre di più dal cuore spirituale del nostro essere. In altre parole, significa aprire a quell'essenza spirituale dentro di noi porte più larghe per far passare i suoi raggi fino alle nostre menti personali, illuminandoci e portandoci verso l'alto e in avanti, senza limitazioni, attraverso i vari periodi cosmici e i campi dell'evoluzione che la monade segue lungo i corsi del destino.

L'uomo, come uno dei corpuscoli spirituali, psichici e fisici del cosmo in generale — come microcosmo del macrocosmo — segue semplicemente le stesse operazioni della natura che il cosmo è obbligato e costretto a seguire: sviluppo, crescita dall'interno all'esterno, manifestandosi esternamente come attività organica, come espressione negli organi per quanto riguarda il suo corpo fisico, le funzioni, le pulsioni interne, la guida, lo stimolo di manifestare quello che è dentro. Questo, in poche parole, è l'antico insegnamento dell'evoluzione.

Occupiamoci ora più definitamente della questione degli esseri animati su questa terra dal punto di vista teosofico, più di quanto abbiamo fatto finora. Usiamo il termine rigorosamente nel suo senso etimologico, come uno scartamento, uno srotolamento di ciò che precedentemente era stato incartato e avvolto. Né per evoluzione intendiamo la semplice aggiunta di dettagli fisiologici o morfologici ad altri dettagli del genere, o di variazione a variazione o, sul piano mentale, di una mera esperienza ad altre esperienze simili; questo non aggiungerebbe, per così dire, qualcosa, se non come un mettere mattoni su un cumulo iniziale e senza forma di altri mattoni precedentemente accumulati.

No, l'evoluzione è la manifestazione dei poteri e delle forze inerenti di entità che evolvono, quali che siano queste entità: dèi o umani, o altre entità animate al di sotto di quelle umane. È un emergere di ciò che precedentemente era stato incartato o avvolto. È lo sforzo di ciò che è innato, dell'invisibile, di esprimersi nel mondo manifestato comunemente chiamato il mondo visibile. È la spinta dell'entità interiore a manifestarsi esternamente. È un infrangere le barriere per permettere quell'auto-espressione; l'apertura delle porte, per così dire, nei templi ancora più vasti della conoscenza e della saggezza rispetto a quelli in cui l'entità aveva precedentemente imparato certe lezioni. È questo, più di qualsiasi altra aggiunta di dettaglio a dettaglio, variazione a variazione, a permettere quell'auto-espressione. L'evoluzione è un movimento cosmico e universale per migliorare.

Tutte le entità che riempiono lo spazio seguono un sentiero che porta a cose superiori, tutte stanno liberando ciò che è racchiuso in se stesse. Tutte effondono le miriadi di forme di vite che contengono — i loro sé interiori e le loro forme-pensiero — i loro veicoli che servono pedissequamente i corsi che queste entità intraprendono. In contrasto con questo concetto, è la definizione enciclopedica di evoluzione come una "storia naturale del cosmo che include esseri organici, espressa in termini fisici come un processo meccanico."

Il teosofo respinge questa definizione; primo, perché esclude la caratteristica principale dell'evoluzione, che è il dispiegarsi dal minore al maggiore. Non è una definizione di evoluzione, è semplicemente un'affermazione delle cose che conoscevamo prima, e non dice niente dello sviluppo verso le cose superiori. Secondo, è una spiegazione semplicemente meccanica e assolutamente teorica delle cose che dovrebbero essere esaminate da scienze differenti nei loro vari dipartimenti, e non esprime un'unità di quelle scienze oppure lo fa solo in termini di materia morta formata da atomi — guidati da un'azione fortuita.

L'idea principale è che in fondo al cuore di ogni entità animata c'è un potere, un'energia, un principio di crescita personale, che ha bisogno solo dell'ambiente appropriato per esternare tutto ciò che ha dentro. Possiamo piantare un seme nel terreno e, se non ha la dovuta quantità di acqua e luce solare, morirà. Ma dategli ciò di cui ha bisogno, dategli l'ambiente appropriato, ed esso farà sbocciare il suo fiore e il suo frutto, che producono altri semi del suo tipo. Esternerà ciò che è dentro di sé. Ma l'ambiente da solo non può produrre il fiore. Dev'esserci un'entità intelligente che agisce sull'ambiente.

Così l'uomo, la monade evolvente, l'entità interiore spirituale, agisce sulla natura, agisce sull'ambiente, sul circondario e sulle circostanze, che reagiscono automaticamente, fortemente o debolmente, a seconda del caso. In un certo senso, l'ambiente è uno stimolo evolutivo che, nella misura in cui la sua influenza può agire, permette l'espressione dei poteri latenti dell'entità nel corpo fisico. Qui troviamo il vero segreto dell'evoluzione.

La vera evoluzione è un espandersi e una fioritura di ciò che è addormentato o latente come seme o come facoltà nell'entità stessa. Il suo lavoro si svolge su tre linee che sono coincidenti, contemporanee, e completamente connesse in tutti i modi: un'evoluzione della natura spirituale della creatura in via di sviluppo ha luogo sui piani spirituali; un'evoluzione della natura intermedia della creatura (nell'uomo è la parte psicomentale della sua costituzione); e un'evoluzione vitale-astrale-fisica che si risolve in un corpo, un veicolo sempre più adatto alla manifestazione dei poteri che appaiono, che si espandono nelle parti intermedie e spirituali dell'entità in via di sviluppo.

Quindi, il teosofo considera necessariamente il destino e l'evoluzione delle parti interiori dell'essere come di gran lunga i più importanti, perché l'evoluzione o il perfezionamento del corpo fisico ha unicamente lo scopo di fornire un veicolo progressivamente più adatto ad esprimere adeguatamente i poteri della natura interiore. L'evoluzione è allora la guida, lo sforzo dell'entità interiore di esprimersi in veicoli che crescono gradualmente, incessantemente e costantemente sempre più idonei a quest'entità.

William Bateson, un biologo britannico, ha espresso quest'idea, chiamandola "il liberarsi di un complesso originale." Prendiamo in considerazione un fiore o il seme di un albero. Il fiore sboccia dal suo germoglio e alla fine raggiunge la sua fioritura, incantevole per la bellezza e il profumo; qui vediamo l'esternarsi di ciò che era latente nel seme, prima nel germoglio, poi nella fioritura. Ancora, prendiamo il seme di un albero: una ghianda, ad esempio, contiene in sé tutte le potenzialità della quercia che alla fine produrrà il sistema radicale, il tronco, i rami e le foglie, e i numerosi frutti, altre ghiande, che in definitiva deve produrre perché è il suo destino, e che a loro volta produrranno altre querce.

L'evoluzione è una delle più antiche dottrine che l'uomo ha sempre sviluppato, perché l'evoluzione appropriatamente descritta è semplicemente un'espressione formulata delle operazioni del cosmo. Ma quest'antica dottrina dell'evoluzione non è l'evoluzione della scienza moderna nei suoi punti di vista sull'uomo e sul cosmo. Cos'è allora questo cosiddetto evoluzionismo così popolare oggi? È veramente un "trasformismo" — un termine francese adottato. Qual è allora la differenza con la dottrina teosofica dell'evoluzione?

Detto in un linguaggio semplice, il trasformismo è la dottrina secondo cui un cosmo non intelligente, morto, non vitalizzato, privo di impulsi, le cui particelle sono guidate qua e là da un puro caso, può raccogliersi nelle forme di innumerevoli sotto-corpi, non solo sulla nostra terra, ma dappertutto, e questi sotto-corpi sono chiamati entità animate, e tutti tendono a crescere verso cose più nobili che nessuno conosce, e quindi può solo nominarle. È una teoria e un'ipotesi. In breve, è la dottrina che le cose crescono in altre cose, senza la guida di uno scopo innato o di uno stimolo interiore.

Come può un universo casuale, alla rinfusa, produrre legge e ordine, e seguire una direzione, patirne le conseguenze, i risultati che seguono rigorosamente le cause? Noi lo respingiamo perché è antifilosofico, antiscientifico, e anche perché è irreligioso nel senso teosofico. I teosofi sono evoluzionisti ma non sono trasformisti. L'idea che una cosa possa trasformarsi in un'altra cosa è come dire a qualcuno: dammi un mucchio di cose — tanto filo metallico, tanta legna, tanto avorio, tanta vernice, e qualcos'altro — e aspetta solo che questo mucchio di cose evolva in un pianoforte!

Vi è un antico assioma Qabbalistico che dice: "La pietra diventa una pianta; la pianta un animale; l'animale un uomo; e l'uomo un dio." In verità, è proprio così! Ma la forma letteraria di queste parole non dovrebbe essere interpretata come l'espressione di un Darwinismo perfetto, nient'affatto.

Primo, l'allusione è alla monade che si esprime attraverso il suo veicolo inferiore, pur non vivendo in esso, ma oltrepassandolo, lavorando attraverso di esso, mandando un raggio giù fino in fondo, per così dire, del suo corpo più basso, in questo caso la "pietra." La monade fornisce la rinvigorente forza di vita, dando alla pietra, che è composta da altri eserciti di infinitesimali, il suo raggio vitale. Quando si dice che la pietra diventa una pianta, significa che le entità infinitesimali che formano e compongono la pietra sono state evolute per manifestare il raggio rinvigorente su un piano superiore come una pianta; ma la vita interiore e l'illuminamento della monade che dirige l'intera procedura come un'unità non abbandona mai il suo piano superiore.

Quando la pianta diventa un animale, significa che il veicolo che esprime il raggio rinvigorente della monade è diventato adatto a un lavoro ancora più grande. Le entità infinitesimali che formano la pianta si sono maggiormente evolute ed esprimono maggiormente il raggio vitale, e quando ciò accade, esse compongono e formano il corpo dell'animale, avendo superato la fase di manifestare la pianta o la pietra.

Quando l'animale diventa un uomo, questo non implica che l'uomo derivi dagli animali, ad esempio dalle scimmie antropoidi o dalle scimmie in generale, o che sia al di sotto di questi mammiferi inferiori. No, significa due cose: primo, che il sole interno, la monade ispiratrice e invigorente — abita sempre nella sua sfera e manda il suo raggio, la sua luminosità, giù fino alla materia — in questo modo fornisce la materia della vita cinetica e dello stimolo superiore, e così costruisce per sé veicoli sempre più adatti attraverso i quali si esprime. E, secondo, che ciascuno di questi veicoli più adatti fu costruito — come? Dalle vite infinitesimali che in un certo periodo della loro esistenza avevano precedentemente vissuto nel corpo animale che esse avevano costituito; e prim'ancora, nella pianta che avevano costituito; e prim'ancora, nella pietra che avevano costituito; e ancora più in basso della pietra, queste vite infinitesimali avevano manifestato la monade nei tre mondi degli elementali.

L'idea di questo sviluppo progressivo dall'interno all'esterno, è veramente facile da comprendere nei suoi primi principi. Noi non insegniamo che una pietra si trasformi letteralmente in una pianta, e poi in un animale, e poi, a un determinato momento, in una bestia. O ancora, dalla bestia all'uomo, o dall'uomo a un dio.

Il corpo fisico, una congerie di vite infinitesimali qual'è, non diventa mai un dio. È un aggregato transitorio e temporale di questi infinitesimali; in realtà, una forma, un nome e nient'altro — il nāma rūpa della filosofia hindu. Ma questi infinitesimali che compongono il corpo, essendo vite che crescono, avanzano e imparano, si sviluppano sempre più idonei ad esprimere le nobili facoltà del genio che li dirige e li illumina, e così passano per quella che i greci chiamavano metempsicosi[2] nella composizione dei corpi dei rispettivi stadi superiori. Quel genio, nel caso degli infinitesimali che compongono gli uomini, è la natura spirituale dell'uomo, perché il genio e la monade sono effettivamente equivalenti nel significato che sto usando qui.

Confrontate questa dottrina logica e comprensibile con l'ipotesi scientifica del trasformismo: cioè che, seguendo le varie supposte "leggi della natura" che agiscono negli individui, una cosa si trasformi in un'altra cosa. Le pietre diventeranno alberi trasformandosi in alberi; gli alberi diventeranno animali trasformandosi in animali tramite un cambiamento; gli animali diventeranno uomini trasformandosi in uomini tramite un cambiamento. Ora, gli scienziati biologi non la pensano in questo modo. Naturalmente no; è troppo palpabilmente grottesco. Ma illustra il preciso significato del trasformismo del termine.

Charles Darwin, ad esempio, riteneva che l'uomo fosse evoluto dal regno animale causa di  piccole, successive modificazioni, cioè, variazioni naturali favorite dalla selezione naturale, che sfociavano nella sopravvivenza dei più adatti nel loro particolare ambiente.

Le sue idee si basavano generalmente sulle speculazioni — alcune eccessivamente raffinate — del francese Lamarck, il quale insegnava quella che finora era stata chiamata la teoria delle caratteristiche acquisite o favorevoli; vale a dire che un'entità animata, agendo sulla natura e mediante la reazione delle entità naturali circostanti e dalle leggi che agivano su di essa, acquisì alcune caratteristiche favorevoli, che furono ereditate dalla loro progenie. E poiché queste caratteristiche erano sempre per il miglioramento dell'individuo che le aveva acquisite, di conseguenza vi fu un graduale avanzamento e progresso di quella particolare specie razziale. Vorrei illustrare quest'idea delle caratteristiche acquisite o favorevoli con alcune parole di una filastrocca che so a memoria:

Un cervo aveva un collo che era per metà più lungo
Del resto della sua famiglia (cercate di non ridere)
E dopo una serie di allungamenti divenne una giraffa
Che nessuno può negare!

Comunque, sia i teosofi che i Darwinisti lo negano. Se indaghiamo nella natura del cervo dal collo allungato, certamente troveremo che la sua progenie sia perfettamente normale. Le caratteristiche acquisite da un individuo mostrerebbero probabilmente che non sono trasmissibili dall'ereditarietà fisica. Naturalmente, gli individui sono terribilmente influenzati dall'ambiente e dalle circostanze, dalla loro azione sulla natura e dalla reazione della natura su di loro; e attraverso lunghi periodi di tempo geologico è probabilmente vero dire che il corpo dell'individuo che agisce, o la successione di individui, acquisirebbe lentamente specifiche modificazioni. Ma questo avverrebbe invariabilmente lungo le linee delle tendenze o capacità funzionali inerenti nei geni. Ma se tutti i rappresentanti di qualche tipo particolare vivessero e morissero attraverso lunghe generazioni in qualche ambiente particolare, acquisirebbero oppure no le caratteristiche o le modificazioni che diventano una parte preminente del loro essere fisico, visto che queste modificazioni sono trasmesse per ereditarietà? Questa è esattamente la questione così caldamente disputata.

Mentre l'evoluzione è una realtà, la questione principale è se l'azione fortuita, attraverso lunghi periodi di tempo, degli individui di una razza sulla natura, e le reazioni fortuite della natura su questi individui, sono abbastanza sufficienti da spiegare il processo. L'idea è costantemente sempre di più fuori moda, perché non spiega i problemi della supposta origine e crescita dell'auto-coscienza e dello sviluppo psichico e intellettuale. Il vero problema in questione è questo: dietro la razza umana che evolve c'è, com'è espresso nei suoi individui, un impulso vitale o una guida a migliorare, lavorando dall'interno all'esterno? Se è così, è la vera evoluzione. Se il trasformista materialista nega questo fatto, ha un tremendo onus probandi davanti a lui, la difficoltà quasi insormontabile di spiegare dove, come e perché nascono queste meravigliose facoltà che aumentano in potere ed espressione con il passare del tempo. Nessun trasformista è riuscito ancora ad affrontare questo problema.

I Darwinisti parlano di lotta per la vita, ma noi affermiamo che questa cosiddetta lotta è stata molto esagerata. Oggi è diventato del tutto popolare credere su fatti provati che vi sia altrettanto aiuto reciproco e disponibilità nella parte animata del cosmo, così come si sono il combattimento e la lotta, anzi, di più. Quindi, neghiamo che la selezione naturale, la lotta per la vita e la sopravvivenza del più idoneo siano fattori in evoluzione? La semplice risposta è no. Non c'è niente di nuovo, di alcun tipo, in quest'idea.

La filosofia-scienza-religione teosofica si basa sulla natura; non solo sulla natura materiale fisica che conosciamo con i nostri sensi fisici, ma sulla natura più grande, della quale la natura fisica è effettivamente solo il veicolo, l'espressione delle forze dimoranti. Per natura intendiamo l'intera struttura e percorso del cosmo, dall'ultraspirituale fino all'ultrafisico — senza limiti in ciascuna direzione. Da quanto detto, possiamo vedere che l'evoluzione secondo la Teosofia si estende su campi molto più ampi, e raggiunge vertici ancora più grandi, e osserviamo che agisce nella natura in una maniera assolutamente più complessa di quanto dica l'insegnamento relativamente semplice del moderno trasformismo scientifico.


Capitolo 3

La Scala Evolutiva della Vita

La psicologia dei periodi che seguirono la pubblicazione dei libri di Darwin era talmente forte, che la maggior parte degli uomini pensanti non erano propensi ad ammettere che ci fosse qualche spiegazione alternativa dei fenomeni dello sviluppo progressivo della vita — umana, animale, o vegetale — allo schema del trasformismo che egli esponeva. Questo fenomeno psicologico fu causato soprattutto dagli sforzi di due uomini, uomini di vasta cultura, ma chiassosamente entusiastici e più o meno dogmatici nel presentare i loro punti di vista; e finirono per convincere il mondo che l'evoluzionismo, in realtà il trasformismo, che insegnavano, fosse il vero procedimento della vita manifestata nel produrre lo sviluppo in tutte le creature.

Questi due uomini erano Thomas Henry Huxley ed Ernst Heinrich Haeckel, entrambi ferventi Darwinisti. La loro influenza, nel complesso, non è stata positiva sulla mentalità della razza umana. Non mettiamo in dubbio la buona fede di entrambi, ma dubitiamo della loro influenza positiva sulle menti pensanti e irriflessive. Insegnavano cose che fondamentalmente non erano vere, e le insegnavano in maniera tale che i loro seguaci erano portati a credere che fossero vere. Quest'influenza incise sulle menti della gente di quel tempo per il prestigio di cui godevano questi due uomini in particolare; questi due uomini erano estremamente abili, ma parlavano con voce autorevole di soggetti che per loro stessi erano solo congetture. Queste conclusioni non sono soltanto mie, sono anche le conclusioni di molti ricercatori scientifici e pensatori di oggi.

Prendiamo ad esempio Haeckel. Secondo noi, egli era il più pericoloso dei due, perché era pervaso da una vena di misticismo; e quando un tipo particolare di misticismo è mescolato a un materialismo crasso e cieco, produce inevitabilmente certe dottrine che in effetti degradano psicologicamente chi le ascolta e le segue. Un uomo il quale dice che nell'universo non esiste niente tranne la materia intrinsecamente senza vita, forzando al meglio simili possibilità; e che nella stessa frase parlerà di "anime plastidulari" — le "anime" delle cellule — spiegando apparentemente queste "anime" come il prodotto fortuito della materia senza vita; e che, per completare i suoi schemi degli alberi genealogici riguardo al passato sviluppo dell'uomo, nei suoi libri inventa, suggerisce, e scrive di stadi immaginari di sviluppo, senza nemmeno richiamare l'attenzione sul fatto che sono invenzioni sue, non è, ribadiamo, veramente scientifico.

Una di queste invenzioni possiamo trovarla nel libro di Haeckel, The Last Link, pubblicato nel 1898. In questo libro, egli divide la storia evolutiva dell'umanità in ventisei stadi. Il suo ventesimo stadio lo definisce quello dei "Lemuravida" (che erano mammiferi placentali), che potremmo tradurre dalla sua ibrida forma Latina: "gli antenati dei lemuri" — essendo i lemuri un tipo molto primitivo di mammiferi, che si supponeva avessero preceduto le scimmie nel loro periodo evolutivo, e spesso chiamati Prosimiae (Proscimmie). Prima, nessuno aveva mai sentito parlare di questi particolari "Lemuravida," dato che da allora non sono mai stati trovati; e come disse il Prof. Frederic Wood Jones, l'anatomista britannico, furono semplicemente "inventati da Haeckel per colmare una lacuna." (The Problem of Man's Ancestry, pp. 19-20).

Huxley era un uomo dalla mentalità scientifica molto simile, ma con una diversa disposizione psicologica del suo genio. Il suo carattere psicologico lo portava all'idea che ci fosse un'evoluzione seriale ininterrotta, continua, nella storia dello sviluppo degli esseri animati; cioè, che un tipo portava a un altro tipo — il più elevato dell'ordine inferiore, famiglia o gruppo, passava gradualmente nel più basso del successivo gruppo superiore. Il lavoro di tutta la sua vita si basava su questa teoria; e tutti i suoi insegnamenti — sostenuti da una ricerca di tenore biologico e di conoscenza anatomica, e altri fattori che danno peso alle parole di un uomo — ebbero un'immensa diffusione per questi motivi.

Con questo punto di vista in mente, egli cercava continuamente di trovare dei collegamenti che prendessero in considerazione la somiglianza tra l'uomo, ad esempio, e i vari ceppi inferiori a lui;[3] e bisogna ammettere che nel suo tentativo la maggior parte delle dissomiglianze, difformità e diversità, tutte di estrema importanza, furono completamente ignorate o — posso dirlo? — volontariamente ingarbugliate. È la vecchia, vecchia storia, sia nel caso di Huxley che in quello di Haeckel: ciò che combaciava con le loro teorie era accettato e al limite tenuto di conto; e quello che era contrario alle loro teorie era ignorato o soppresso. Ribadiamo che, per quanto grandi fossero questi uomini nel proprio campo, una procedura del genere non è scientifica. Possiamo scusare il loro entusiasmo; ma una scusa non è in alcun modo una dimostrazione di simpatia per l'errore.

L'idea che dominò e orientò tutto il lavoro di Huxley non nasceva dalla sua mente. Il dubbio, per quanto minimo, che egli sia stato influenzato dal francese de Buffon che disse, ad esempio, parlando del corpo dell'orango: "è meno diverso dall'uomo di quanto lo sia da altri animali che sono ancora chiamati scimmie antropoidi." (History naturelle, vol. xiv, p. 30, 1766; citato da F. Wood Jones, op. cit., p. 21): E Huxley nel 1863 scrisse quanto segue in Evidence as to Man's Place in Nature:

Le differenze strutturali che separano l'Uomo dal Gorilla e dallo Scimpanzè non sono così grandi come quelle che separano il Gorilla dalle scimmie antropoidi inferiori [cioè le scimmie] — p. 123

Per favore, notate che mi riferisco solo a un'evoluzione uniseriale ininterrotta, continua, nella misura in cui Huxley pensava che esistesse negli esseri subumani e i loro progenitori, che egli sapeva o pensava che dovesse esistere, per convalidare la sua teoria. Di fatto, l'evoluzione ininterrotta, uniseriale, di per sé è pienamente insegnata anche dalla teosofia, ma non nella particolare linea di percorso che Huxley dava per garantita, cioè, che gli esseri al di sotto dell'uomo formavano o fornivano la via evolutiva che sfociava nell'uomo moderno.

Questo è negato con forza dai teosofi, perché gli antenati della scimmia e di altre entità mammifere ora esistenti, erano essi stessi ceppi che seguivano il loro tipo di sviluppo, come fece anche il ceppo umano, e lo fa ancora. In altre parole, invece di esserci un solo tipo che rappresenta la scala ascendente dello sviluppo evolutivo che passa attraverso i progenitori geologici degli attuali mammiferi fino all'uomo, vi sono diversi, e in verità forse molti, di tali alberi genealogici.

In breve, l'insegnamento teosofico è questo: il ceppo umano rappresenta un solo albero genealogico, le Simiidae un altro ceppo, ciascuno che segue il proprio tipo d'evoluzione. Ma quest'ultimo, il ceppo scimmiesco, originariamente derivò dalla deformazione umana in lontani periodi geologici del passato e anche, in verità, gli altri alberi geologici di mammiferi ancora inferiori; mentre degli Aves o uccelli, dei Reptilia o rettili, degli Amphibia o anfibi, e dei Pisces o pesci, si può veramente dire che, in periodi geologici ancora più remoti, sono stati i discendenti primordiali dello stesso ceppo pre-umano (o l'uomo).

Huxley così presumeva, perché vi sono indiscusse e indiscutibili somiglianze tra l'uomo e l'antropoide o tra la scimmia antropoide e le scimmie ancora inferiori ad essa, che quindi l'uomo discese, in qualche periodo lontano nel passato geologico, da qualche remoto (ma totalmente sconosciuto) antenato della scimmia e della scimmia antropoide. Egli non aveva mai visto un simile progenitore mancante, ma riteneva che doveva essercene uno, perché era necessario alla sua teoria; e così lo insegnò, lo insegnò con enfasi ed entusiasmo, La sua voce risuonò in tutto il mondo di lingua inglese, e le sue idee furono accolte come fatti accertati nella conoscenza organizzata — la scienza.

Non dobbiamo immaginare nemmeno per un momento che la verità naturale dello sviluppo progressivo modernamente chiamato evoluzione sia qualcosa di nuovo nella nostra epoca e nell'epoca dei nostri padri più vicini a noi, né quella nata nella mente di Charles Darwin, la cui grande opera, L'Origine delle Specie, fu pubblicata nel 1859. L'assioma cabalistico citato nel capitolo precedente non è che un esempio.

L'idea che vi sia una scala della vita, una scala ascendente di entità, alcune molto più avanzate delle altre, qualcuna il cui sviluppo sia più ritardato di altre, è un'idea molto vecchia. Sono esistiti nel mondo tra razze diverse di uomini, in epoche che hanno preceduto la nostra, vari sistemi che prendevano in considerazione ciò che l'uomo chiaramente vedeva tra le entità animate della terra — una scala ascendente di esseri. Primo, l'uomo che si supponeva fosse il coronamento della scala evolutiva sulla terra; e sotto di lui le scimmie antropoidi, e sotto di esse, in ordine discendente: le scimmie, i lemuri e i mammiferi quadrupedi; e sotto di questi, varie classi, ordini, generi, e specie di animali vertebrati e invertebrati; e così via, in basso alla scala.

L'idea di uno sviluppo progressivo di tutte le entità animate sulla terra nei periodi geologici attuali e passati è, in verità, molto vecchia. Tralasciando per il momento allusioni a insegnamenti riguardanti lo sviluppo evolutivo negli scritti arcaici, come nei Pūraṇa dell'India, o nelle cosiddette speculazioni dei filosofi e dei pensatori greci e romani, veniamo al periodo a noi più vicino.

Ad esempio, Religio Medici di Sir Thomas Brown — un libro veramente rimarchevole nel suo genere, pubblicato nel 1643 — dice:

. . . c'è in quest'Universo una Scala, o una Gamma manifestata di creature, che non ascendono disordinatamente o confusamente, ma con un procedimento e una proporzione affascinanti.

Proprio così. C'è una scala della vita, che il filosofo e biologo svizzero Charles Bonnet, e i pensatori e biologi francesi Lamarck, de Buffon, e soprattutto Jean Baptist Réné Robinet, chiamavano l'échelle des êtres — "la scala degli esseri." Fu proprio il riconoscimento di questa scala di vita animata a sviare questi primi ricercatori, e che raggiunse il culmine nella nostra epoca con la teoria dell'evoluzione; fu Charles Darwin il responsabile di aver formato una struttura di discussione più o meno coerente, costruendo uno schema logico, per quanto lo potesse capire, delle realtà della natura — la sua teoria che spiega il metodo, il processo di cambiamento, ottenendo un'approvazione quasi immediata.

Vedendo questa scala dell'essere e dovendo prenderla pienamente e appropriatamente in considerazione nel tentativo di accertare il sentiero ascendente dello sviluppo evolutivo, è questa una ragione sufficiente per immaginare — e insegnare queste immaginazioni delle realtà della natura — che ci sia stato uno sviluppo progressivo che percorre queste linee o ceppi discontinui particolari e speciali, che sfociano nell'uomo?

Questo è un lato della nostra disputa con il trasformismo moderno. La serie è ovviamente discontinua; nessuno dei gradini di questa scala si fonde con il successivo superiore o, inversamente, con il successivo inferiore, con gradazioni impercettibili, come sarebbe il caso se la teoria trasformista fosse vera. Gli stessi biologi realizzarono ben presto che questa cosiddetta scala o scala della vita era discontinua. Quando aumentò la loro conoscenza della natura, videro che nessuno di questi grandi gruppi — invertebrati o vertebrati, o le classi al loro interno — si graduava l'uno nell'altro.

Tra questi vari gruppi c'erano vaste interruzioni senza alcun collegamento conosciuto; e i ricercatori cercarono a lungo, e inutilmente, "gli anelli mancanti," e non li trovarono. Non li trovarono né in qualche entità vivente, né in quegli strati geologici che fornivano la prima testimonianza di esseri animati; e questi anelli mancanti non sono ancora stati scoperti. Queste lacune, quindi, rendevano discontinua, invece che ininterrotta, la serie di entità biologiche, come richiede il metodo di Darwin.

Darwin e i suoi seguaci immaginavano di aver percepito, investigando vari stadi in questa scala della vita che attualmente esiste, il percorso fino all'uomo di oggi. Ma ogni tentativo di trovare gli anelli mancanti — gli anelli, cioè, che collegano un particolare tipo o ceppo più alto al più basso del successivo tipo o ceppo — è fallito. Vi sono vaste interruzioni dove, secondo la teoria trasformista, dovrebbero esserci dei collegamenti. Una delle massime di Darwin era Natura non facit saltum, "la Natura non fa salti" — che è esattamente ciò che i teosofi affermano a proposito. L'evoluzione è un costante procedimento in avanti, egli disse, dal minore al più perfetto, dal più semplice al più complesso. Qui non c'è alcun terreno di disputa tra i nostri due punti di vista veramente diversi riguardo alla natura e al corso dell'evoluzione.

Qual è allora la spiegazione di questa discontinuità — di questa mancanza di collegamenti che uniscono i tipi o ceppi? Troviamo questa discontinuità in ogni esempio in cui passiamo da un grande ceppo o tipo al successivo. Non è il caso di un solo esempio; non è una situazione unica, spiegabile forse da certe cause che ignoriamo; ma questa discontinuità si ripete tra ognuno di questi grandi ceppi.

Il fatto è che non c'è, per quanto riguarda gli esseri esistenti oggi, o meglio, per quanto riguarda i loro progenitori nelle ere geologiche del passato, un'evoluzione ininterrotta, un'evoluzione uniseriale verso l' alto e che include l'uomo, il supposto coronamento di quella serie biologica, nella maniera in cui ci è stato insegnato. Invece, c'è un numero di ceppi discontinui, e ciascuno passa attraverso vari stadi caratterizzati dai loro diversi ordini e famiglie, generi e specie. La ricerca ha mostrato che, invece del più elevato sottotipo che passa nel più basso sottotipo superiore, sono quasi invariabilmente i più bassi o i più vecchi rappresentanti di ogni tipo ad essere più simili alle caratteristiche primitive. Così è per tutti i gruppi, particolarmente nel caso dei vertebrati o animali con la spina dorsale, cioè i pesci, gli anfibi, i rettili, uccelli e mammiferi.

La semplice ragione è che più indietro andiamo nel tempo, più ci avviciniamo al punto di congiunzione o punto di partenza delle origini genealogiche dei vari mammiferi (o, del resto, pre-mammiferi). In altre parole, più andiamo vicino alla tipologia di qualsiasi gruppo di tali mammiferi, più ci avviciniamo, in generale, al punto comune di partenza — e quei primi progenitori di ciascuno dei grandi gruppi si rassomiglieranno reciprocamente nella semplicità basale dei mammiferi. D'altro canto, più lontano o più vicino recediamo da quel comune punto di partenza, in altre parole, più ci avviciniamo alla nostra attuale epoca, più largamente separati i rappresentanti di questi vari ceppi sono l'uno dall'altro, sul conto delle nature e delle diverse forze inerenti che evolvono attraverso di loro.

Qual è questo comune punto di partenza? È il ceppo umano. La razza umana considerata globalmente è la più primitiva di tutti i ceppi mammiferi che abbiamo oggi sulla terra, ed è sempre stato così anche in passato. Con questo voglio dire che è il ceppo principale; è l'originatore dell'intera linea dei mammiferi, in un modo che si accorda alle leggi della natura che riserveremo per uno studio futuro. Il ceppo umano fu la prima linea dei mammiferi; ovviamente oggi è il più avanzato, e la deduzione logica sarà che è ugualmente il più antico nel suo sviluppo. Essendo partito per primo, è andato più lontano lungo il sentiero. Ma per ora non insisteremo su questo punto.

L'uomo, infatti, è il più primitivo di tutti i ceppi sulla terra. Ricordate, comunque, che nel presente grande periodo evolutivo sulla terra, o quella che in teosofia è chiamata l'attuale "ronda del globo," sono solo i mammiferi che derivano la loro origine dalla primitiva linea umana.[4] Gli altri vertebrati, come pure i grandi gruppi d'invertebrati, ugualmente derivarono dai ceppi "umani," ma nella precedente ronda del globo — che comprende un enorme ciclo di sviluppo evolutivo, che terminò molti eoni fa, e la precedente ronda del globo o grande ondata di vita richiese decine di milioni di anni per completarsi. L'evoluzione, com'è insegnata dalla teosofia richiede una durata di tempo enormemente lunga; in verità, molte centinaia di milioni di anni.

I Darwinisti non sono mai stati adeguatamente capaci di provare la tesi di Charles Darwin, considerata come il meccanismo, il metodo dell'evoluzione, perché non potevano provare una crescita di sviluppo ininterrotta, continua, o seriale, da uno qualsiasi dei grandi gruppi inferiori nel successivo grande gruppo superiore; o, parlando più in generale, dalla vita inferiore fino all'uomo. Su quella scala, lasciatemelo ripetere, non c'è nessuna evoluzione ininterrotta, e nessuno lo sa meglio degli stessi biologi moderni.

Ma la teosofia insegna che l'evoluzione dev'essere un'evoluzione seriale ininterrotta, continua, incessante. Un'evoluzione della forma che consiste principalmente di salti da grandi gruppi a grandi gruppi non è affatto un'evoluzione, e presenta di nuovo il vero enigma che ci si aspettava che fosse risolto dalla teoria Darwiniana. Il problema è chiarito se ricordiamo che l'evoluzione è continua per ogni ceppo lungo il suo particolare sentiero. Invece di una sola scala di vita che eleva l'uomo come il coronamento di quella scala, per così dire, ce ne sono molte di queste scale di vita, e ognuna è composta da uno dei grandi gruppi di entità animate. Invece di esserci una sola processione di entità viventi che perseguono un corso ininterrotto dai protozoi o animali unicellulari fino all'uomo, ci sono varie scale di vita su ciascuna delle quali c'è una processione di scalate del proprio tipo. È essenziale capire quest'idea, perché esprime qualcuno dei nostri principali punti di divergenza dalle teorie Darwiniane.


Capitolo 4

L'Uomo, il Repertorio di Tutti i Tipi

"L'Uomo è la propria storia." Questo è un profondo epigramma che copre l'intero schema del progresso evolutivo dell'anima umana. Nell'uomo risiedono tutte le cose. Egli è l'epitome di quello che è — il microcosmo, la replica, il duplicato, la copia del macrocosmo. Quindi, ha in lui ogni cosa che ha il macrocosmo, anche se non è pienamente sviluppata. Al contrario, molte delle forze, qualità, potenzialità superiori, finora si mostrano, sia pure debolmente, attraverso i veli che avvolgono la sua natura superiore; nondimeno, egli possiede tutti gli elementi che ha la sua Grande Madre — l'universo — sia latenti o dormenti, o che si esprimono attraverso il suo lato autocosciente.

L'uomo conserva dentro di sé anche la storia di tutti i tipi inferiori. L'uomo è, ed è stato, e sarà, il più avanzato della gerarchia delle entità evolventi sulla nostra terra, il più avanzato nello sviluppo evolutivo; e come ceppo primario è dunque il repertorio, il deposito, il magazzino di tutti i tipi futuri, come lo è stato di tutti i tipi passati. Si sbarazza di questi tipi quando evolve attraverso le ere; ciascuno di essi diventa, a sua volta, un nuovo ceppo, e quindi segue la sua linea individuale di sviluppo evolutivo.

Fu così che furono originati tutti ceppi al di sotto dell'uomo. Ogni ceppo inferiore o subordinato ebbe origine come l'emissione vitale dell'uomo, essendo queste emissioni composte da cellule del corpo dell'uomo. E ciascuno di questi organismi, derivando, avendo la propria origine dal ceppo umano, cominciò immediatamente a produrre il suo ceppo dalle forze inerenti e latenti nelle cellule che lo componevano.

Furono questi germogli, queste emissioni cellulari dell'uomo dal suo corpo, che diedero origine a tutti i ceppi al di sotto dei mammiferi nella precedente ronda del globo, la grande ondata di vita, centinaia di milioni di anni fa. Queste particolari classi erano gli uccelli, i rettili, gli anfibi, i pesci, e la vasta gamma di vita biologica inclusa sotto il termine generico d'invertebrati.

I mammiferi, comunque, furono l'emanazione dell'uomo nell'attuale grande ronda del globo, la grande onda di vita, ed ebbero origine dall'uomo pre-umano nella primissima parte del Mesozoico, e molto probabilmente nell'ultima parte della precedente era Paleozoica, quando lo stesso uomo, da un essere semi-astrale, era diventato un essere fisico.[5] Da quanto ho detto prima, non voglio intendere che questi tipi erano, o sono, i corpi in cui l'uomo viveva una volta, o nei quali vivrà. L'intero argomento delle emanazioni vitali è affascinante e misterioso, misterioso semplicemente perché non è stato ancora compreso.

Il corpo umano è un soggetto estremamente assorbente, se consideriamo la maniera in cui l'evoluzione lavora. L'evoluzione fisica ha a che fare con esso ma in modo secondario o adeguato, non in modo primario o causale. Voglio dire che il corpo umano riflette semplicemente i vari cambiamenti nello sviluppo progressivo che procede realmente sui piani interiori o causali. Ho già puntualizzato che l'evoluzione, come noi usiamo il termine, significa il dispiegamento, lo scartamento di ciò che in precedenza era stato avvolto e incartato come potenze nella struttura delle cellule dalle quali è composto il corpo, perché nell'infinitesimale giacciono i semi del mondo che vediamo intorno a noi.

Ogni cellula, infatti, è un'entità vivente, un organo fisiologico con capacità e tendenze inerenti, e ciascuna possiede il proprio stimolo o guida verso l'espressione autonoma . Secondo la teosofia, questo stimolo inerente o guida, ha origine nell'entità invisibile dalla quale procede; perché, a meno che non vi sia un potere coesivo, qualche forza di coesione che agisce nella struttura dell'individuo, non può esistere nemmeno una cosa come una semplice cellula, né potrebbe venire o manifestarsi nell'essere fisico. È tenuta insieme e controllata dalla sottostante entità invisibile, che si esprime attraverso la parte più sottile ed eterea di queste minute cellule, perché quella parte più sottile, più eterea, è la più vicina, in eterealità, alla sua natura.

Una cellula, infatti, è un punto focale infinitesimale di forza cosmica, un canale attraverso il quale queste forze si manifestano sul nostro piano fisico, ciascuna in possesso di un'incalcolabile capacità di cambiare e crescere, essendo effettivamente una dinamo di forze. L'entità incarnante è un fascio di queste forze e si esprime attraverso la parte più sottile o più eterea delle cellule, perché quella parte più sottile è la più vicina, in eterealità, alla natura della forza, o delle forze che cercano di esprimersi.

Queste forze che agiscono nei regni eterei della materia sono molto sottili; i loro tassi di vibrazione sono molto individuali. Ma con tutta la loro sottigliezza, hanno un potere tremendo. Se una simile forza potesse essere direttamente focalizzata, diciamo, sulla cellula fisica esterna, questa cellula svanirebbe, perché sarebbe stata disintegrata; gli atomi dai quali è composta la cellula non potrebbero sostenere la pressione delle forze che si riversano addosso, e la struttura della cellula sarebbe distrutta, le parti componenti degli atomi andrebbero a pezzi. Ma è molto raro, in verità, che una forza sia così focalizzata in entità animate, anche se ciò avviene nel laboratorio cosmico. L'azione di queste sostanze eteree che conosciamo come forze è, di regola, più generalmente diffusa.

Ora, ogni cellula nel corpo dell'uomo è figlia dell'uomo. Ogni cellula, e si stima che ne siano cinquanta trilioni, deriva dal suo sé interiore. L'entità dominante, l'uomo interiore, ha dato vita a tutte loro. Come genitore comune di tutte, e agendo attraverso di loro, egli è la loro "superanima." Egli è, nel vero senso, il loro dio; anche noi chiamiamo dèi gli esseri divini che ci hanno dato la nascita spirituale; proprio come questi esseri divini a loro volta derivano, come corpuscoli atomici spirituali, da entità ancora più sublimi, e così via, ancora più elevate — una gerarchia senza fine di intelligenze e vite ascendenti e discendenti.

Possiamo vedere, da quanto abbiamo detto prima, che in una cellula, o negli atomi da cui è composta una cellula, vi sono innumerevoli ed effettivamente quasi incalcolabili possibilità di sviluppo, potenzialità bloccate o latenti che cercano di esprimersi. Molte devono aspettare per ere prima che ci sia un'opportunità, se mai le loro opportunità vengano; e se e quando queste potenzialità trovano nel loro ambiente una porta aperta per manifestarsi, affluiscono, un'impetuosa marea di vita.

Quindi, le cellule di cui l'uomo una volta si sbarazzò, sfociano in creature inferiori, che non sono per niente uomini degenerati, come si potrebbe supporre, ma sono in realtà tipi inferiori, che cominciano il loro percorso evolutivo verso cose superiori, scaturendo dall'uomo, il repertorio, il magazzino di tutti i tipi al di sotto di lui.

Ricordiamo che i rivestimenti fisici dei primi uomini erano molto più indefiniti di quanto lo siano oggi, e di una materia molto più sottile ed eterea di quella dell'attuale corpo fisico dell'uomo, perché il predominio psichico e fisico del tipo umano sulle cellule che componevano questi primitivi corpi umani era di gran lunga meno forte e meno sviluppato di quanto lo sia oggi. In conseguenza a questo controllo relativamente debole sulle cellule fisiche, ciascuna di queste cellule era più libera di adesso nel seguire la sua particolare guida o stimolo individuale.

Allora, quando una qualsiasi di queste cellule che facevano parte dei primitivi corpi umani si liberava dal controllo psichico e fisico che esisteva allora, era capace di seguire, e istintivamente lo faceva, il sentiero per esprimersi autonomamente. Ma oggi, poiché il predominio psichico e fisico dell'entità umana incarnata sulle cellule umane che compongono il corpo dell'uomo è così forte, e poiché le cellule hanno largamente perduto il loro potere d'espressione autonoma individuale attraverso l'abitudine biologica di assoggettarsi alla supremazia dell'entità umana, il progresso autonomo di una cellula è effettivamente impossibile. Comunque, in quei primi periodi dell'umanità primordiale, il caso era molto diverso. Una cellula, o un aggregato di cellule, poteva separarsi da quella che allora era la struttura umana — se "umana" è il termine appropriato da usare in questo contesto — e cominciare un proprio percorso evolutivo. Questo, a sommi gradi, spiega l'origine dei vari ceppi che ora sono inferiori a quello umano.

L'uomo è stato il deposito (e lo è ancora) da cui hanno avuto origine questi altri ceppi, e verso il quale, inoltre, tendono come meta finale — verso il quale stanno definitivamente evolvendo. Queste cellule che compongono il suo corpo, sono state afferrate per così lungo tempo nella morsa delle forze che scaturiscono dall'entità interiore dominante, l'uomo stesso, che le loro vite individuali, per così dire, sono state sopraffatte e piegate nella sua direzione, e ormai non potrebbero seguire un altro sentiero se non il suo; se non fossero state dominate avrebbero, per l'amputazione di un arto, ad esempio, immediatamente cominciato a proliferare lungo la propria linea di tendenza, a costruire corpi del loro tipo, ciascuna seguendo quella particolare linea di forza, o progressivo sviluppo, che ognuna di tali cellule conterrebbe nella sua struttura cellulare una posizione dominante, stabilendo così un nuovo albero ancestrale o genealogico.

Qual è il motivo per cui oggi una cellula umana libera o un arto umano amputato o un pezzo del corpo umano reciso dal tronco non cresce in un altro essere umano o, forse, in qualche entità inferiore, come avveniva nel passato zoologico? In tutti gli animali vertebrati, cioè gli esseri animati superiori nella scala evolutiva, la morsa psichica e materiale dell'entità dominante sulle cellule del suo corpo è talmente forte, che queste cellule obbediscono alla più potente guida trasmessa dall'entità dominante che agisce attraverso di esse, e quindi possono seguire solo quella guida dominante, cosa che fanno attraverso la forza dell'acquisita abitudine biologica.

Esse hanno perduto ampiamente il potere di esprimersi autonomamente e progredire autonomamente lungo quelli che, in circostanze diverse, sarebbero i propri sentieri individuali. Ma nei tempi passati avevano quella libertà d'azione e quel campo libero per esprimersi autonomamente, a un livello più o meno maggiore o minore.

In alcune delle creature inferiori esiste oggi una facoltà di ripararsi da sole, per cui una creatura, se perde un arto o una coda, si produrrà un nuovo arto o coda. Un certo tipo di verme ben conosciuto agli zoologi diventerà, se diviso in due, due vermi completi. Ecco un esempio dove la facoltà di dominio, la facoltà dominante, come la chiama Mendel, è ancora debole nel suo controllo sull'intera struttura cellulare del corpo attraverso il quale agisce, e ciascuna cellula che compone quel corpo, se lasciata a se stessa — ancora di più, se possiamo prendere una simile cellula fuori dal corpo e darle il nutrimento e l'ambiente appropriati — avrebbe una possibilità maggiore d'iniziare una linea d'evoluzione propria, seguendo la sua inerente tendenza, potenza o stimolo, e dando così il via a un nuovo ceppo. Poiché oggi questo è un caso raro e forse irrealizzabile per sempre, queste cellule sono spinte a seguire solo la tendenza riproduttiva dell'arto al quale appartengono.

Questo processo rigenerativo delle parti amputate, o di riproduzione, in passato era del tutto prevalente nella struttura umana, come nei casi delle creature inferiori alle quali alludo. E fu questo metodo generale di riproduzione che diede vita a vari ceppi animati, i discendenti altamente specializzati che oggi troviamo sulla terra (tranne quei ceppi che si sono estinti). Ma ciò non può succedere nel nostro periodo evolutivo. La struttura cellulare, le tendenze o le potenze innate delle cellule appartenenti ai corpi delle creature superiori hanno la possibilità di seguire solo quella particolare linea di espansione o di crescita che l'entità dominante permette loro di avere.

C'è un caso in cui lo svabhāva individuale, cioè le capacità individuali o le tendenze latenti della cellula, è sommerso dalla supremazia, dal dominio, per così dire, dell'entità invisibile che agisce attraverso quelle cellule. Le potenze innate di quelle cellule sono diventate recessive, per cui le potenze individuali della cellula possono esprimersi, se non del tutto, solo quando il potere dell'entità dominante si ritira, forse nemmeno allora se la sommersione della cellula o le potenze cellulari native sono state troppo grandi. In questo caso muoiono.

L'uomo rimane ancora il deposito di un incalcolabile numero di tendenze vitali o zoologiche latenti nelle cellule del suo corpo; e sebbene il vecchio metodo della loro manifestazione sia cessato, nuovi e diversi metodi rimpiazzeranno i vecchi. L'impulso di vita che agisce attraverso le vite minute del corpo fisico umano, tuttavia, troverà inevitabilmente nuovi metodi d'espressione, e queste tendenze latenti o dormenti in lontane ere future troveranno degli sbocchi appropriati, dando così origine, forse, a nuovi ceppi in quel futuro così lontano. Non dobbiamo dimenticare, comunque, che queste origini di nuovi ceppi diminuiranno sempre di più man mano che il tempo si avvicina alla fine della ronda del nostro globo, a causa del crescente predominio e del sempre più ampio e vasto esercizio dei poteri innati dell'essere umano evolvente, sopraffacendo e sommergendo tutte le tendenze di tipo minore e di energia biologica inferiore.

Il fatto che una cellula, o un aggregato di cellule, sia sottomessa al predominio di una superanima, l'entità incarnante e incarnata, è semplicemente la manifestazione di quella che l'insegnamento teosofico chiama l'azione della legge di accelerazione e di ritardo, una delle linee subordinate, per così dire, dell'azione complessiva del karma, la legge delle conseguenze. Questa legge di accelerazione e ritardo significa solo questo: quando una cosa occupa un posto autorevole nella scala evolutiva, o una posizione di potere dominante su altre entità subordinate inferiori attraverso l'operato delle sue forze inerenti o, in verità, attraverso l'inerzia del suo essere fisico, nessun'altra entità sotto il suo potere può trovare campo libero per esprimersi autonomamente mentre è in quella posizione. E ogni entità così costituita — o, il che significa la stessa cosa, qualsiasi altra entità di cui è composta quell'entità dominante — deve obbedire allo stimolo dominante, agli impulsi dominanti di quella supremazia. L'entità dominante segue un corso accelerato; mentre le entità inferiori sotto il suo potere, che compongono le sue varie parti, sono ritardate nei loro percorsi individuali di sviluppo, che altrimenti seguirebbero liberamente.

Vi darò una scarsa, ma forse illuminante illustrazione di ciò che voglio dire. Quando un treno ferroviario corre lungo i binari, che cos'è che conduce con sé? Tutte le entità viventi nelle varie vetture, ciascuna con il suo incarico, si trovano ancora, per tutto il tempo, senza aiuto nella morsa del potere al quale si sono assoggettate. In qualche maniera simile, le cellule del corpo umano sono assoggettate alla legge del ritardo nello sviluppo evolutivo, per quanto le riguarda individualmente, finché viene il momento in cui avranno raggiunto, mediante l'obbedienza al potere dominante, la loro auto-coscienza, e da quel momento in poi diventano apprendisti più nobili ed evolutori più individualizzati. L'evoluzione non è semplicemente una risposta automatica agli stimoli esterni, ma è la prima di tutte le azioni dall'interno, tentativi incessanti di esprimersi autonomamente; e ogni risposta agli stimoli esterni, che l'ambiente naturale offre, dà l'opportunità per una maggiore e più completa misura d' espressione autonoma.

Ma io sento di dover aggiungere che, mentre il termine evoluzione è solitamente usato, e correttamente usato, come l'avanzamento progressivo dal minore al più perfetto, tuttavia questo termine include ugualmente tutti gli ordini di manifestazione che esternano semplicemente ciò che è avvolto dentro; di conseguenza, in un certo senso è un ordine d'evoluzione inversa che il termine stesso implica. Questo potrebbe sembrare irrilevante ma è effettivamente importante, perché è una spiegazione del perché certi ceppi animati persistono nella vita, di generazione in generazione, senza mostrare qualche ovvio o davvero effettivo avanzamento del tipo. Questo è un altro aspetto della legge di accelerazione e ritardo. Un'entità che evolve celermente procede costantemente, passo per passo, dal minore al più perfetto; ma un ceppo sotto l'azione della legge del ritardo può rimanere per ere più o meno stazionario — un interessante e veramente importante aspetto secondario del nostro argomento.

La legge del ritardo agisce su un ceppo, o su qualche entità animata individuale, quando appare sulla scena l'altro ceppo più evoluto. La legge dell'accelerazione, d'altro canto, agisce nei casi in cui un ceppo animato trova campo libero e senza barriere o ostacoli per la piena espansione delle sue potenze, facoltà e poteri innati. Le entità animate al di sotto dell'uomo sono così discese fino al nostro periodo, o, in alcuni casi, sono così discesi alcuni rappresentanti[6] di piccola statura, sebbene evolvano molto meno velocemente di quanto abbia fatto il ceppo umano, perché sono ancora sotto l'azione di questa legge del ritardo.

I progenitori degli esseri animati inferiori derivarono dall'uomo nella precedente ronda del globo, come ho già spiegato. I mammiferi, comunque, vennero dal ceppo umano nell'attuale ronda del globo durante l'ultima parte della seconda grande razza radice e la prima parte della terza razza radice. L'uomo è naturalmente egli stesso un mammifero, e quindi questi altri ceppi presero necessariamente parte alla natura della loro specie originante.

Tutti questi vari ceppi sulla terra di entità mammifere animate, che seguono le proprie speciali linee di sviluppo, lungo i loro alberi genealogici, erano la discendenza del primitivo ceppo umano in quell'enormemente distante passato — un tempo in cui vivevano quelle che erano chiamate le "razze senza mente," prima che entità divine discendessero dalle sfere spirituali per illuminare gli organismi umani materiali con i loro raggi divini. Questi primi mammiferi originariamente erano i germogli, la progenie di quel ceppo umano imperfetto e senza mente; ma, poiché l'entità spirituale umana non era dominante nei corpi umani di quel periodo, e non poteva tenere completamente in sospeso le potenze vitali delle cellule che componevano quei germogli che spuntavano dai corpi dei primi uomini, allora ciascuno di questi corpi-germogli, o aggregati di germogli, immediatamente cominciava a crescere seguendo le sue tendenze evolutive o gli impulsi inerenti, ciascuno producendo solo quello che poteva produrre, ciò che era inerente in sé; evolvendo, srotolando, dispiegando il suo carattere innato, la sua natura.

Anche le scimmie antropoidi e le scimmie derivarono dall'uomo, ma in un altro modo. Le scimmie nacquero dalla razza umana senza mente che, non avendo la mente auto-cosciente, avendo solo l'istinto e una vaga coscienza fisica diffusa, in molti casi si accoppiò con esseri animali anch'essi originariamente derivanti dal ceppo umano, pur non manifestando le tendenze evolutive dominanti per svilupparsi in umanità. I risultati di queste unioni furono i ceppi scimmieschi inferiori, le scimmie, e questo avvenne durante il Mesozoico o era secondaria, probabilmente durante il periodo del Giurassico.

In un periodo posteriore, verso la fine del grande ceppo della quarta razza, durante il Miocene, quando la razza aveva già oltrepassato il suo apice d'evoluzione ed era rappresentata da molti resti degenerati, alcuni Atlantidei dissoluti, uomini della quarta razza, ripeterono "il peccato dei senza mente" con il ceppo scimmiesco inferiore allora esistente; e questa seconda e obbrobriosa unione diede origine alle scimmie antropoidi. Quindi, c'è poco da meravigliarsi che esse somiglino in così tanti particolari all'uomo, il loro mezzo-genitore, anche se a quel tempo il loro mezzo-genitore umano era degenerato.

Tuttavia, durante l'ultimo periodo del Miocene, e arrivando al Pleistocene, la grande quarta razza radice era rappresentata ancora da splendide civiltà locali in varie parti della terra. Ma erano bagliori sporadici, per così dire, perché l'apice dell'evoluzione della quarta razza si era verificato molto prima — all'inizio del Miocene.

Come abbiamo puntualizzato sopra, sebbene vi sia una somiglianza tra l'uomo, le scimmie antropoidi e le scimmie, queste ultime due sono più ampiamente e in maniera divergente "evolute" lungo la loro linea, di quanto lo sia l'uomo. Per ora, comunque, la loro progressiva evoluzione si è davvero fermata, perché la porta del regno umano verso cui tutti i grandi ceppi al di sotto dell'uomo hanno sempre teso, fu chiusa più o meno otto o nove milioni di anni fa, mentre l'uomo continuerà a progredire finché questo pianeta produrrà i suoi gruppi di entità viventi.

Quando dico che i gruppi inferiori hanno quasi cessato di seguire il sentiero di un'evoluzione continua che ha come meta l'uomo, non intendo la trasformazione di un corpo animale in uomo, né voglio dire che essi si trovino completamente fermi in senso evolutivo, ma solo che la loro ascesa lungo la scala è cessata per questa ronda del globo.

Il destino dell'uomo, d'altro lato, è di allontanarsi fermamente e progressivamente, e con il passare del tempo sempre più rapidamente, dai regni inferiori. Il destino di questi ultimi  è di estinguersi man mano che il tempo passa, per riapparire al momento opportuno nella prossima grande ronda del globo.


Capitolo 5

La Prova dell'Origine Primitiva dell'Uomo

I teosofi, pur collocando il corpo dell'uomo direttamente nel mondo animale, con questo non intendono che l'involucro fisico si sia evoluto dagli animali, ma vogliono dire, al contrario, che effettivamente il mondo animale, e anche i mondi al di sotto di esso, derivarono in origine dall'uomo stesso in remote ere passate nella storia della vita del nostro globo.

Questo significa che l'uomo è il più primitivo di tutti i ceppi, e che quindi è il più altamente evoluto. È stato capace di evolvere i veicoli e gli organi interni che gli conferiscono il potere di esprimere le sue facoltà e le sue parti spirituali. Nell'animale, in verità, giacciono le potenze di ogni cosa nell'universo, latenti o attive, in germe o in manifestazione, secondo il caso. Ha tutte le possibilità di crescita evolutiva che ha l'uomo, ma gli animali non hanno ancora evoluto gli organi interni adatti a esprimere questi poteri interiori.

È a causa dello stato superiore dell'uomo come entità interiore, che eleviamo il ceppo umano in un regno suo, un quarto regno — quello dell'uomo, perché l'uomo possiede facoltà intellettuali e psicologiche uniche, che nessun'altra creatura a noi conosciuta possiede a un livello così alto.

Ora, quale prova abbiamo che il ceppo umano sia il più primitivo sulla terra? Per rispondere a questa domanda, dovremo addentrarci in una massa di dettagli tecnici e biologici. Da varie opere biologiche ho preso appunti di una quantità di interessanti caratteristiche scheletriche e muscolari che ha l'uomo, per dimostrare l'estrema primordialità del ceppo umano, più particolarmente in relazione con le sue peculiarità mammifere.[7]

1. Le ossa del cranio umano sono disposte alla base del cranio e sui lati della scatola cranica in un modo che è caratteristico delle prime forme mammifere, ma mostrano un contrasto molto marcato con la disposizione di quelle stesse ossa nelle scimmie antropoidi e nelle scimmie. Comunque, il cranio umano in quest'ultime rispetta esattamente e ricorda lo stesso comportamento della natura come si trova nel caso dei lemuri, un gruppo di mammiferi che precede le scimmie nello sviluppo e nel tempo evolutivo, secondo i Darwinisti. Di conseguenza, la conclusione che possiamo dedurre da questo fatto anatomico è che allora la disposizione nel cranio umano è primitiva, quindi gli antropoidi e altre scimmie mostrano uno sviluppo evolutivo al di fuori dalla base primitiva dei mammiferi, che l'uomo, in comune con i lemuri, rappresenta più strettamente.

2. Le ossa nasali nell'uomo sono eccessivamente primitive nella loro semplicità, mentre quelle delle scimmie e delle scimmie antropoidi non lo sono, in quanto hanno una partenza più larga dal tipo originale o primitivo.

3. La struttura primitiva del cranio umano si presenta ugualmente in un numero di caratteri sul viso. Il Prof. Wood, in The Problem of Man's Ancestry (p. 31) dice:

La struttura della parete di fondo dell'orbita, la sutura "metopica," la forma dell'osso giugale, la condizione della piastra pterigodea interna, i denti, ecc.. raccontano tutti la stessa storia — che il cranio umano è notevolmente costruito sulle linee primitive dei mammiferi, che si sono discostate in qualche modo da tutte le scimmie e le scimmie antropoidi.

4. Lo stesso anatomista puntualizza:

Lo scheletro umano, specialmente nelle sue variazioni, mostra esattamente la stessa condizione [della semplicità dei mammiferi primitivi].

5. Un'altra citazione dalla stessa fonte:

Per quanto riguarda i muscoli, l'uomo è meravigliosamente distinto dalla conservazione delle caratteristiche primitive che il resto dei Primati ha perduto.

Per quanto riguarda le primitive caratteristiche muscolari, voglio evidenziare che nel cranio, nello scheletro, e nella disposizione dei muscoli, l'uomo, sotto molti aspetti, è un'entità di tipo molto primitivo, e non ha le stesse grandi e numerose variazioni specifiche che le scimmie e le scimmie antropoidi hanno subìto nella loro rispettiva linea. Prendiamo come esempio il muscolo pectoralis minor. Questo è un muscolo che si estende dalle costole verso il braccio. È attaccato al processo coracoideo del cingolo scapolare. Negli antropoidi è attaccato in parte al coracoide, e in parte a un legamento che passa in basso verso l'omero, cioè all'osso del braccio superiore. Nelle scimmie lo stesso legamento è attaccato ancora più in basso ma anche all'omero, mentre in molti quadrupedi è attaccato insieme all'omero.

Ora, il modo usuale di tentare di provare lo sviluppo evolutivo dell'uomo dagli animali inferiori è di tracciare le identità scheletriche o muscolari, le variazioni, o le analogie, prima nelle scimmie antropoidi, poi nelle scimmie, poi nei lemuri, e poi nei quadrupedi; e se il ricercatore trova somiglianze o identità o analogie in questa disamina, arriva immediatamente alla conclusione che questi animali fanno parte del viaggio evolutivo percorso dal ceppo umano. In altre parole, che l'uomo è l'ultimo nella serie di forme viventi, e che queste e altre creature furono i suoi predecessori e formavano gli anelli della catena evolutiva, il più basso dei quali era la forma originale primitiva.

Nell'esempio del muscolo pectoralis minor, il processo coracoideo è la prima attaccatura di questo muscolo, e l'uomo e qualche altro animale primitivo conservano oggi questo tipo molto antico d'inserimento. I trasformisti direbbero che nel suo sviluppo evolutivo questo muscolo è salito dall'omero che, secondo loro, è la sua primitiva attaccatura, ed essendosi sollevato lungo il legamento alla fine ha raggiunto il processo coracoideo nella sua forma più alta di sviluppo nell'uomo. Ma questo è esattamente il contrario della verità, com'è dimostrabile da un esame anatomico.

6. Anche la lingua umana è di tipo molto primitivo. La lingua dello scimpanzè in qualche modo somiglia a quella dell'uomo; ma la lingua dell'uomo è molto più primitiva di quella di qualsiasi scimmia o scimmia antropoide, la più vicina all'uomo delle entità animali al di sotto di lui nell'ipotetica scala evolutiva ascendente ma tuttavia discontinua, attraverso la quale, secondo i Darwinisti, si è evoluto il ceppo umano.

7. L'appendice vermiforme umana è curiosamente simile a quella di qualche marsupiale o degli animali col marsupio in Australia. È molto diversa nelle scimmie e nelle scimmie antropoidi.

8. Le grandi arterie che nascono dall'arco dell'aorta nell'uomo hanno lo stesso numero, sono dello stesso tipo, e sono disposte nello stesso ordine, come nel caso di un animaletto curiosissimo e molto primitivo, lungo all'incirca diciotto o venti pollici, che si trova in Tasmania e in Australia, l'Ornithorhynchus anatinus — comunemente chiamato ornitorinco. Di tutti i mammiferi conosciuti, è quello inferiore, a causa delle sue ghiandole mammarie prive di capezzoli; tuttavia depone le uova. Come detto, il numero, il tipo, e l'ordine delle grandi arterie nominate sono le stesse sia nell'uomo sia in questi mammiferi primitivi. D'altro lato, la disposizione di queste arterie nelle scimmie antropoidi e nelle scimmie si è discostata.

9. Il premascellare umano, cioè l'osso che porta gli incisivi, i denti davanti, nell'uomo non esiste più come un elemento separato, se mai è esistito; ma in tutte le scimmie antropoidi e le scimmie e in tutti gli altri mammiferi, quest'elemento premascellare è mostrato sul viso da linee di sutura, che segnano la congiunzione con le ossa mascellari. Poiché nell'uomo non è un elemento separato, ma è un elemento separato in tutti gli altri mammiferi, è quindi una caratteristica specificamente umana. Riguardo a quest'osso, notate per favore che esso è già stabilizzato come caratteristica distinguibile in uno dei primi stadi dello sviluppo dell'embrione umano, quando quell'embrione non è più lungo di tre-quattro, o di sette-otto pollici.

Un carattere specifico che appare per primo in un embrione dev'essere cercato lontano nel tempo nella storia evolutiva del ceppo cui l'embrione appartiene. Inoltre, è detto che l'embrione ripete nella sua crescita le grandi caratteristiche della classe alla quale appartiene; poi, man mano che l'embrione si sviluppa, appaiono le caratteristiche dell'ordine cui appartiene; poi quelle della famiglia; poi quelle del genere; poi quelle della specie — e queste specifiche caratteristiche appaiono per ultime. Questa è in sintesi la supposta legge biogenetica dell'embrione. Di conseguenza, se vogliamo trovare qualsiasi carattere, qualsiasi specifica caratteristica che appare nella prima fase della crescita embrionale, questa legge dice che dobbiamo cercare molto indietro nella storia evolutiva del ceppo cui l'embrione appartiene per trovarvi la sua prima apparizione.

10.  Il piede umano è un altro carattere primitivo. Il piede di una scimmia antropoide è, sotto certi aspetti, più simile alla mano umana di quanto lo sia la sua mano. Invece di essere un piede nella sua appropriata funzione, è veramente una mano in funzione, perché agisce per conto dell'opponibilità del dito grosso del piede, che può essere fatto divergere o sporgere quasi ad angolo retto con le dita del piede della scimmia antropoide.

Ma torniamo alla mano della scimmia antropoide, quella del gorilla, ad esempio, e vedremo che il pollice è corto se confrontato con il pollice umano. Se guardiamo la nostra mano, vediamo che il terzo dito è il più lungo delle cinque dita; è ugualmente così nella mano della scimmia antropoide, e nella mano della scimmia. È ugualmente così nel piede della scimmia antropoide e nel piede della scimmia. É per questo motivo che preferisco il vecchio termine descrittivo dato alle scimmie antropoidi e alle scimmie da Blumenbach, nel 1791, che le chiamò quadrumani, cioè creature con quattro mani, perché i piedi di questi animali possono essere usati prontamente come mani o forse, sotto alcuni aspetti, più delle mani stesse.

T. H. Huxley, nel suo entusiastico campionario della dottrina Darwiniana ha fatto molto per sminuire il carattere unico e specifico del piede umano, e il suo lavoro dev'essere completamente respinto. In natura, il piede dell'uomo è, come abbiamo detto, unico; nessun'altra entità animata ha un piede che possa essere paragonato alle caratteristiche tipicamente specifiche del piede di un uomo.

Il tipico piede umano è disposto in modo che il dito grosso è il più lungo delle cinque dita; e altre dita solitamente variano in una sequenza progressivamente più corta fino all'ultimo, il più corto. È stato detto che questa tipica conformazione del piede umano è il risultato delle scarpe che calzano — e non posso esimermi dal dire che questa congettura piuttosto stravagante è uno sforzo disperato di tentare di appianare la grande differenza del piede umano da quello delle scimmie antropoidi e delle scimmie e dei supposti antenati scimmieschi dell'uomo.

Il piede di un neonato mostra esattamente lo stesso carattere di cui ho parlato; il piede di un selvaggio scalzo mostra esattamente lo stesso carattere; e mentre è vero che in alcune vecchie statue greche degli dèi o di esseri umani il secondo dito (ma non il terzo) è occasionalmente un po' più lungo del dito grosso, cosa che succede anche oggi in alcuni individui viventi. In ogni caso, non è il terzo dito del piede umano ad essere sempre il più lungo dei cinque, cosa che invece è invariabilmente così per le scimmie antropoidi e le scimmie.

Torniamo ora all'embrione umano per cercare una prova del nostro punto di vista. Un esame del bimbo che cresce nell'utero mostra che fin dal primo periodo, quando il piede è delineato nella crescita embrionale, si vede esattamente lo stesso carattere unico come nel piede dell'umano adulto. Quindi, dev'essere apparso al principio dell'evoluzione del ceppo umano. Inoltre, il piede dell'embrione non è mai, in nessun momento della sua crescita, un piede di scimmia antropoide o di scimmia; è tipicamente umano dal momento della sua apparizione, e dev'essere stato acquisito all'inizio dell'evoluzione del ceppo umano.

11.  Torniamo ora a un altro esempio, al muscolo peroneus tertius o muscolo peroneo terzo della gamba, che discende in basso verso il quinto osso metarsale del piede in cui è inserito il suo tendine. Questo è uno dei muscoli più importanti che aiutano l'uomo a stare eretto e a camminare; ma non si trova in nessun altro mammifero. È puramente umano. Inoltre, si trova nell'embrione umano all'inizio del suo sviluppo. Quindi, come il piede al quale appartiene, dev'essere un carattere specifico evoluto all'inizio della crescita del ceppo umano. Da ciò ricaviamo ancora la conclusione che la postura eretta dell'uomo dev'essere stata la sua postura fin dall'origine del ceppo umano, o suppergiù.

La vecchia teoria che solo in qualche periodo relativamente recente l'uomo abbia fatto progressi rispetto al suo antenato scimmiesco e che, nei suoi giorni felici di libertà da qualsiasi responsabilità morale, mangiava frutti e insetti negli intervalli in cui non si dondolava di ramo in ramo di qualche albero nelle foreste primordiali; e che, nelle rare occasioni in cui scendeva sul terreno, andava in giro premendo sulle sue giunture come fa oggi la scimmia antropoide.

Questa raffigurazione dell'uomo dell'Età di Saturno, nell'ultima parte del Miocene o nelle epoche del Pliocene, potrebbe essere un interessante esercizio dell'ingenuità umana, ma noi cerchiamo invano un reperto geologico e lo scheletro e il sistema muscolare dell'uomo per avere qualche prova interessante. Era una teoria, una speculazione, indubbiamente enunciata in buona fede dai principali fautori del Darwinismo nei loro sforzi di tracciare il lignaggio dell'uomo attraverso gli antropoidi. Un uomo può essere molto entusiasta e sincero, e tuttavia un esponente non veritiero delle realtà della natura se permette all' immaginazione di correre prima della sua circospezione scientifica. Entusiasmo e verità non combaciano.

12. Anche la mano umana e l'avambraccio, sotto molti aspetti, sono primitivi. Il Prof. Wood Jones inoltre dice, riguardo alla mano umana e all'avambraccio, che nei loro muscoli, nelle ossa e nelle giunture, essi sono sorprendentemente primitivi, e quindi non potevano essere stati sviluppati in un periodo recente nella storia evolutiva dell'uomo. Se avete mai esaminato le immagini dei fossili di rettili estinti vedrete che la mano o la zampa o la zampa anteriore hanno generalmente una sorprendente somiglianza con la mano e l'avambraccio umani.

I trasformisti ci hanno spesso detto che la linea dello sviluppo evolutivo del ceppo umano passò, attraverso le scimmie antropoidi e le scimmie, nei quadrupedi mammiferi. Se questa teoria fosse vera, ancora oggi l'uomo dovrebbe mostrare nel suo avambraccio e nella sua mano tracce distinte del suo passaggio attraverso quell'ipotetica linea atavica. In altre parole, il braccio e la mano dell'uomo dovrebbero portare ancora i segni, le tracce di quando doveva sostenere il suo corpo quand'era un mammifero pronogrado [quadrupede] come il cavallo, il cane, il bue, ecc. Comunque, il fatto è che quest'idea, per quanto ne sappia, ora è stata abbandonata dai trasformisti,, creando così un'altra grande lacuna nella supposta scala della vita fornita nelle teorie Darwiniane o neo-Darwiniane che espongono l'evoluzione ascendente dell'uomo.

Il Prof. Wood Jones, anatomista di professione, nondimeno crede che, mentre l'uomo non è mai stato un quadrupede nella sua passata storia evolutiva, la sua linea di sviluppo si differenziava da un piccolo animale arboreo, il tarsio, una creatura che è ancora primitiva e che mostra un esiguo sviluppo dai suoi remoti antenati, geologicamente parlando; ed è rappresentato, nella prima parte dell'Eocene del periodo Terziario, dall'Anaptomorphus, un genere di creature che in tutti gli elementi principali ricorda da vicino il tarsio dei nostri giorni. Egli evidenzia che il tarsio e l'uomo sono sorprendentemente simili in molti aspetti primitivi, come la struttura del cranio, le peculiarità delle arterie che derivano dall'arco aortico; e anche per quanto riguarda il rene del tarsio, che è formato sullo stesso tipo che il rene umano segue.

Abbiamo portato un numero di esempi anatomici come prova che oggi l'uomo è il mammifero più primitivo del globo, e sempre lo è stato. Inoltre, abbiamo evidenziato che ciascuno dei ceppi al di sotto dell'uomo — in particolare l'antropoide e i ceppi scimmieschi — si sono discostati molto più ampiamente da quella originale semplicità basale che ha l'uomo; che l'uomo conserva nel suo corpo gli aspetti basali dei mammiferi o caratteristiche, cioè nei muscoli e nello scheletro, più di qualsiasi altro animale che ora vive sulla terra; e che le scimmie antropoidi e le scimmie, sotto quest'aspetto, si sono allontanate molto più di quanto abbia fatto l'uomo, dal ceppo mammifero primitivo, che al principio era l'uomo stesso.

Con tutte queste testimonianze davanti a noi che provano l'origine primitiva dell'uomo, cosa resta della "scala ascendente di esseri" secondo Darwin, in cui ogni stadio è più complesso del precedente, e che si suppone sia sfociato nell'uomo com'è oggi? Le due teorie non possono esistere insieme. L'una o l'altra deve ritirarsi; e la ricerca e la deduzione moderna si sta allontanando, anche se lentamente, dalla teoria Darwiniana, verso il concetto più illuminato che l'uomo è in testa, nella storia evolutiva dei vari ceppi che questa terra ha prodotto.


Capitolo 6

L'Uomo e l'Antropoide — 1

Per quanto riguarda l'origine dell'uomo, asseriamo che egli non ha una sola goccia di sangue antropoide o scimmiesco nelle vene, e mai l'ha avuta. Voglio metterlo in evidenza, perché sotto molti aspetti importanti dobbiamo liberare le nostre menti da quell'insegnamento che una gran parte del pubblico ha inconsciamente accettato come un'affermazione vera delle realtà dell'albero ancestrale dell'uomo. Dobbiamo rendere le nostre menti ricettive e più concordi con le nuove scoperte, con le nuove verità che i grandi ricercatori dei misteri della natura hanno trovato per noi.

È vero che la teosofia non insegna che l'uomo primitivo era fisicamente modellato così com'è oggi. Al contrario, l'uomo stesso è evoluto da una forma più primitiva a una forma più perfetta, così come sono evolute altre creature inferiori. Ed è una realtà che, sebbene egli possedesse lo stesso tipo comune della struttura fisica che ha ora, aveva effettivamente un aspetto scimmiesco, ma non è mai stato una scimmia antropoide. Lo ripeto, in nessun periodo l'uomo fu mai una scimmia antropoide, per la semplice ragione che la scimmia antropoide apparì in un periodo geologico successivo all'uomo fisico, essendo in parte la progenie di un primo ceppo umano. In un certo modo, la scimmia antropoide anche oggi somiglia fisicamente al suo mezzo-genitore umano di quel tempo remoto.

Dovremmo inoltre ricordare che le scimmie antropoidi, essendo di origine mezza animale e mezza umana, nell'aspetto sono più bestiali di quanto sia mai stato l'uomo, ma egli non fu mai una scimmia antropoide, nemmeno in quelle prime ere. Perciò, quando diciamo che l'uomo, nei primi periodi geologici, era "di aspetto scimmiesco," vogliamo semplicemente dire che la monade umana evolvente passava attraverso i corpi umani che in una fase della loro evoluzione avevano quello che oggi sarebbe chiamato un certo aspetto modificato ancora scimmiesco; ma con il passare del tempo quest'aspetto divenne sempre più raffinato e umano, fino ad essere quello che è ora.

Il Prof. Wood Jones conferma quest'opinione:

Possiamo dire che non solo egli [l'uomo] è più primitivo delle scimmie e delle scimmie antropoidi, essendosi specificamente differenziato in un passato estremamente remoto, ma anche che è stato una creatura che camminava eretta sui due piedi per un periodo sorprendentemente lungo. — The Problem of Man's Ancestry, p. 38

Anche il Prof. Boule di Parigi conclude, da un rigoroso studio dello scheletro fossile dell'individuo scoperto nel 1908 a La Chapelle-aux Saints, che l'uomo

non discendeva né dal genere Antropoide, né da qualche altro gruppo, ma da un ceppo Primate molto antico, che si separò dalla linea principale prima della scomparsa dei Lemuridi. — "L'Homme fossile de la Chapelle-aux Saints," Ann. De Palæontologie, 1912; citato da Wood Jones, op. cit., p. 34

Si, ma dobbiamo aggiungere che "il ceppo molto antico dei Primati" era l'uomo stesso — non l'uomo come lo conosciamo ora, ma l'uomo di quel periodo geologico che la teosofia indica come i periodi del Secondario; più precisamente, nel primo Giurassico. Né il ceppo umano "si separò dalla linea principale," perché l'uomo stesso era la "linea principale."

È una sfortuna che un'attitudine tranquilla e conservatrice sia stata così spesso derogata da promotori entusiastici di teorie scientifiche accettate. Haeckel, ad esempio, l'antropologo, paleontologo e zoologo, era solito insegnare — ed era accettato perché l'insegnava il grande Haeckel — che tra i rispettivi embrioni dell'uomo e della scimmia antropoide non si poteva distinguere l'embrione dell'uomo da quello della scimmia antropoide fino al quarto o quinto mese di gravidanza — un insegnamento che non era vero. Come dice il Prof. Wood Jones, è un insegnamento i cui risultati ora richiedono tempo ed energia per disfarcene. Le differenze tra l'embrione della scimmia antropoide e l'embrione dell'uomo sono osservabili molto prima del quarto mese di vita intrauterina.

Il feto di un gorilla, qualche tempo prima della nascita, nell'aspetto è più umanoide dei suoi genitori, più simile a quello dell'uomo, più di quello che diventerà poi. La scatola cranica è relativamente più larga, la fronte più alta e nobile della fronte sfuggente del gorilla adulto. Anche il suo piede si avvicina più strettamente al piede umano, e mentre queste sono soltanto somiglianze superficiali, tuttavia possono essere messe in discussione; e i neo-Darwinisti sono gli ultimi a obiettare, perché le loro teorie si basano largamente sulle somiglianze tra l'uomo e la scimmia antropoide. Quando una piccola scimmia antropoide cresce, la fronte retrocede, la bocca diventa ancora più bestiale, il piede diventa più specificatamente il piede-mano del ceppo antropoide; e sotto molti altri aspetti, ad esempio le mascelle sporgenti, essa acquisisce il tipico aspetto della scimmia antropoide.

Qual è la spiegazione di questo maggiore discostarsi dall'umanoide verso l'antropoide? E anche verso il tipo, ora estinto, che fornì l'altro mezzo-genitore della specie della scimmia antropoide? I teosofi dicono che l'aspetto più umano del primo embrione della scimmia antropoide è un ritorno al suo primo tipo in un remoto periodo geologico, al genitore mezzo-umano degli antenati dell'attuale ceppo della scimmia antropoide. A causa dell'origine antropoide — che si trova nel plasma germinale che porta la scimmia antropoide a crescere nell'età adulta — quando quell'origine o potenza cellulare cerca di esprimersi, essa segue l'unico sentiero aperto davanti a lei, il proprio sentiero. Si arrampica sul suo albero ancestrale o genealogico.

La natura segue sempre dei percorsi, prende il sentiero di minor resistenza, il sentiero dei pionieri che hanno preceduto. Tutte le forze nella natura universale lo fanno: l'elettricità è un esempio pertinente. Da nessuna parte in natura trovate una forza naturale o un'entità evolvente che segua il sentiero della massima resistenza. Un'abitudine geologica, una volta stabilita, prevarrà finché è scavalcata dalla crescita e dal predominio di un'abitudine successiva; e l'azione essenziale dell'evoluzione è di produrre percorsi sempre più nobili, abitudini sempre più nobili di quelli che hanno preceduto i più recenti. Di conseguenza, il sentiero, una volta aperto, è intrapreso da tutte le entità evolventi che sono incluse in qualche particolare gruppo o ceppo o razza o generazione che viene alle spalle.

Nell'insegnamento teosofico, il ceppo antropoide o antropomorfo, in un passato molto remoto, nel Miocene del periodo Terziario, derivò dal ceppo umano, da un lato, e dall'altro, da una discendenza quasi animale — scimmiesca. Questo spiega perché la scimmia antropoide somiglia così strettamente all'uomo in alcune cose e mostra invece immense diversità in altre cose — nelle caratteristiche più nobili e nell'aspetto che ha l'uomo.[8]

Un caso simile si verificò con il ceppo scimmiesco inferiore, le scimmie; ma quell'evento si svolse in un periodo ancora più remoto nel tempo geologico, cioè nel Mesozoico, durante il periodo in cui vivevano le razze umane "senza mente." In quei tempi remoti, questi particolari incroci erano quasi invariabilmente fertili, per la semplice ragione che la materia allora era molto più plastica di quanto lo sia oggi; la materia ancora non si era stabilizzata nelle linee che segue oggi. Così le scimmie antropoidi e le scimmie hanno tracce di sangue umano nelle loro vene; le scimmie, una singola dose, per così dire, di origine più nobile, e le scimmie antropoidi una doppia dose dello stesso sangue. Ma nessun uomo ha nelle sue vene una sola goccia di sangue scimmiesco o antropoide.

Metto in evidenza questo fatto perché l'altra idea, quella della discendenza dell'uomo dalla scimmia antropoide è così difficile da sradicare. La gente è contraria a cambiare la propria mentalità in rapporto a quelli che pensa siano fatti provati. Le vecchie e logore idee che sono effettivamente sottostanti alla conoscenza scientifica e altrimenti, rimangono ancora nelle nostre menti e ci plagiano.

L'Origine dell'Uomo [The Descent of Man] di Darwin diede ancora più voce all'opinione che l'origine dell'uomo sia da rintracciare in una scimmia antropoide che viveva in un remoto periodo geologico. A dispetto del fatto che la ricerca moderna ha gettato molta più luce sul problema dell'evoluzione, questa logora teoria è ancora insegnata in molte scuole come se fosse un sommario delle realtà della natura per quanto concerne il passato evolutivo dell'uomo. Voglio citare qualche passaggio da L'Origine dell'Uomo in cui questa teoria è espressamente stabilita. Nel capitolo sei, Darwin dice:

Ora, l'uomo appartiene indiscutibilmente, nella dentatura, nella struttura delle narici, e sotto qualche altro aspetto, alle Catarrine o divisione [di scimmie] del Vecchio Mondo . . . Di conseguenza, difficilmente può sussistere il dubbio che l'uomo sia una propaggine del ramo scimmiesco del Vecchio Mondo. — p. 153
Se si ammette che le scimmie antropoidi formino un sottogruppo naturale, allora come uomo corrisponde ad esse, non solo in tutti quei caratteri che egli possiede in comune con l'intero gruppo delle Catarrine, ma in altri caratteri particolari, come l'assenza della coda e delle callosità e nell'aspetto complessivo, possiamo dedurre che qualche antico membro del sottogruppo antropomorfo abbia dato origine all'uomo. — p. 154
Ma non dobbiamo cadere nell'errore di supporre che il primo progenitore di tutto il ceppo scimmiesco, incluso l'uomo, fosse identico, o anche che somigliasse molto, a qualche scimmia antropoide o a qualche scimmia esistente. — p. 155
Siamo lontani dal sapere come, tanto tempo fa, avvenne che l'uomo si sia diversificato per primo dal ceppo delle Catarrine; ma questo potrebbe essere successo in un'epoca così remota come il periodo dell'Eocene. — p. 156

E infine:

Le Simiadæ [nella classificazione di Darwin: tutti i primati antropoidi] allora si diramavano in due grandi generi: le scimmie del Nuovo e del Vecchio Mondo; e dalle ultime, in un periodo remoto, derivò l'Uomo, la meraviglia e la gloria dell'Universo. — p. 165

La teoria rivale e più illuminata — cioè che l'antenato dell'uomo derivò dalla linea mammifera molto prima delle scimmie antropoidi e le scimmie — questa teoria, in forme diverse, è sostenuta, in grado maggiore o minore, da un numero di eminenti zoologi prima e dopo Darwin, ciascuno, naturalmente, a modo suo. Posso menzionare il francese Armand de Quatrefages, parecchi biologi tedeschi, e l'anatomista Wood Jones, e anche Hermann Klaatsch della Heidelberg University, e sembrerebbe anche Henry Fairfield Osborn della Columbia University. [vedi capitolo 7, nota 10, e Appendice 2, per simili e più recenti risultati]

Secondo il Prof. Klaatsch: "L'Uomo e i suoi antenati non furono mai quadrupedi come il cane, l'elefante o il cavallo." Inoltre, questo rispettato antropologo ha affermato che le scimmie e le scimmie antropoidi sono meglio considerate come "rami degenerati del ceppo preumano" (citato in Wood Jones, pp. 24, 39). Questo, per com'è esposto, è precisamente l'insegnamento della teosofia che, comunque, afferma che è soltanto una mezza verità, aggiungendo che il primitivo ceppo umano era solo il mezzo-genitore degli antenati originali dei moderni antropoidi. Non significa però che le scimmie e le scimmie antropoidi siano o fossero uomini degradati, ma che erano in parte umane e in parte animale — derivate, da un lato, da un primo ceppo umano e, dall'altro, da un primo ceppo animale.

Se l'uomo appartiene allo stesso sottotipo o ceppo delle scimmie antropoidi e delle scimmie, egli è sia il loro discendente che il loro capostipite. Come menzionato nel precedente capitolo, se l'uomo è disceso dalle scimmie antropoidi, com'è che ha perduto le caratteristiche specifiche o gli aspetti che segnano i ceppi antropoidi e le scimmie inferiori, e si è allontanato, sotto tanti aspetti, da una semplicità di struttura basale mammifera? Questo viola la "legge dell'irreversibilità" che sancisce che nessuna entità, perdendo un organo o una caratteristica o un aspetto, recupera quello stesso organo. Luis Dollo, un paleontologo belga, ha fatto notevoli ricerche per provare e dimostrare questa legge.

Il Darwinismo diventò la teoria evolutiva scientifica più favorita del tempo. Oggi è più o meno moribonda. Oggi questa teoria è vacillante anche se ci sono individui che rimarranno sempre aggrappati alle vecchie idee Darwiniane; ma appartengono piuttosto a quello che è chiamato il neo-Darwinismo, che è un Darwinismo più o meno modificato da altre realtà naturali che sono state scoperte e investigate fin dal 1859, quando Darwin pubblicò L'Origine delle Specie.

Nessuno può dire a ragione che tutto ciò che il Darwinismo ha insegnato sia sbagliato, o che tutto quello che i neo-Darwinisti insegnano sia erroneo. Sarebbe una posizione assurda. Al contrario, c'è qualche verità nella spiegazione dei fatti della natura che Charles Darwin e i suoi seguaci hanno investigato. Né qualcuno può dire che le teorie di Lamarck, il predecessore di Darwin, siano anch'esse sbagliate. C'è qualche verità in entrambe, particolarmente nell'idea intuitiva di Lamarck dello stimolo interno dell'organismo evolvente che lotta nel suo ambiente.

Ciò che comunque la teosofia insegna e che ci è stato impartito per molti decenni, è che l'evoluzione dell'uomo e degli esseri al di sotto di lui, e dell'universo stesso, non può essere spiegata logicamente e completamente solo come dipendente da rappresentanze fisiche e chimiche. Questi non sono i soli fattori che agiscono nell'evoluzione degli esseri. La principale divergenza tra il punto di vista teosofico dell'evoluzione e le correnti teorie è che queste ultime rifiutano di ammettere un motore dietro e dentro la macchina fisica in funzionamento — o meglio, gli ingegneri, chiamateli, se preferite, entità spirituali.

Noi affermiamo che vi sono dei progettisti nel mondo — progettisti di molti gradi, vaste gerarchie che riempiono e, di fatto, formano la parte invisibile del cosmo stesso. Sono l'origine delle forze della vita che agiscono attraverso gli atomi di vita di tutte le entità evolventi: ed è in questi progettisti che noi viviamo, ci muoviamo, e abbiamo il nostro essere, proprio come le cellule e gli atomi del corpo di un uomo — quelle piccole vite elementali — vivono, si muovono e hanno il loro essere in lui; inoltre, che il lavoro di questi progettisti non è, de facto, fortuito o casuale, ma è essenzialmente il risultato dello sforzo intenzionale e teleologico di questi progettisti verso un'espressione più ampia e perfetta dei loro poteri inerenti e nativi.

Questa è ancora una delle più grandi differenze dello sviluppo evolutivo tra il punto di vista teosofico e quello scientifico accettato. Asseriamo che le forze naturali, i poteri inerenti in questi progettisti, lavorano verso una meta definita, intenzionale; mentre, d'altro lato, le popolari teorie scientifiche schivano o discreditano questo problema vitalmente importante e, di solito, tacitamente postulano il caso, la probabilità, o l'origine fortuita delle specie e delle variazioni biologiche.

Lo stesso Charles Darwin, nelle parole d'apertura del quinto capitolo dell'Origine delle Specie dichiara esplicitamente che egli usa in modo sbagliato la parola "probabilità" in relazione all'origine delle specie, dicendo che è "un'espressione del tutto inesatta," ma che il termine "probabilità" tuttavia è sufficiente ad esporre la nostra ignoranza della causa effettiva delle specifiche variazioni. Abbastanza stranamente, egli allora procede immediatamente ad esporre la causa dell'evoluzione — la selezione naturale che agisce sulle variazioni fortuite di cui ha appena confessato d'essere completamente ignorante — che sfocia nella sopravvivenza del più adatto.


Capitolo 7

L'Uomo e l'Antropoide — 2

Nello Scientific American di qualche anno fa è apparso un interessante articolo dal titolo "Dawn-Man or Ape?" di William King Gregory, a quel tempo professore di paleontologia vertebrata alla Columbia University. Da neo-Darwiniano, egli dice:

In altre parole, anche se non ci fosse stato lo scimpanzè dovremmo dedurre la sua esistenza come una sorta di stazione a metà strada nel lungo percorso d'ascesa dai primati del primitivo Eocene. La teoria di Darwin che l'uomo discende dal ceppo della scimmia antropoide, anche se non da qualche tipo esistente di scimmia antropoide, tiene conto di centinaia di queste peculiari somiglianze tra l'uomo e la scimmia antropoide. E quale altra ipotesi scientifica può farlo?
— settembre 1927, p. 232

Abbiamo qui lo stesso spirito entusiastico che si manifestava in Huxley in Inghilterra e in Haeckel in Germania — inventori d'immaginari passaggi nella loro scala evolutiva della vita. "Anche se non ci fosse stato lo scimpanzè dovremmo dedurre la sua esistenza."

Riguardo alle "centinaia di queste peculiari somiglianze tra l'uomo e la scimmia antropoide," queste somiglianze davvero indiscutibili esistono, anche se 'centinaia' mi sembra un numero esagerato. Questo è solo un altro esempio del metodo Darwiniano, proprio come Huxley e Haeckel lo seguirono: essi evidenziarono i molteplici punti di somiglianza tra l'uomo e i suoi fratelli più giovani — o meglio, i suoi degenerati mezzi-figli, le scimmie antropoidi e le scimmie — ma omisero di evidenziare le diversità, le ampie divergenze che esistono in numero sempre maggiore tra il ceppo umano e i ceppi antropoidi e quelli scimmieschi inferiori. In alcuni casi, essi le riconobbero, ma sminuirono il loro valore, sottovalutando la loro importanza, o deridendole come cose talmente ovvie che non avevano bisogno di essere menzionate se non alludendo di passaggio alla loro esistenza. Suggerire che i differenti aspetti o caratteri tra i due ceppi non hanno importanza, ha una diretta influenza psicologica: la gente prende queste affermazioni nel loro valore superficiale, senza un'ulteriore disamina, come fatti stabiliti della natura, cosa che, molto evidentemente, essi non sono.

Rivolgendosi alla British Association for the Advancement of Science, Sir Arthur Keith, che i suoi colleghi definivano come "il più brillante antropologo del tempo," disse:

La prova dell'evoluzione dell'uomo da un essere scimmiesco, ottenuta da uno studio di resti fossili, è definitiva e irrefutabile, ma il processo è stato infinitamente più complesso di quanto si sospettasse ai tempi di Darwin. Il nostro più vecchio e già scartato concetto della trasformazione dell'uomo è stato raffigurato nel noto diagramma che mostrava una sola fila di scheletri, il gibbone a un'estremità, e l'uomo all'altra estremità. — "The Evidence for Darwin is Summed Up," The New York Times, 4 settembre 1927, sez. 8, pp. 1, 10.

Tutti noi conosciamo quell'immagine: è ancora in molti musei, ed è ancora insegnata in molti dei nostri libri di biologia. Questi scheletri mostrano anche le fasi intermedie di creature bestiali o subumane, che sono state definite come puri frutti dell'immaginazione scientifica, ricostruiti forse da una porzione di un cranio fossile o forse da una porzione di una mascella o da un dente, o uno, due o tre di questi messi insieme. Da questi scarsi resti fossili sono state ricostruite le varie immagini di creature più o meno simili all'uomo, che diventano sempre più bestiali e scimmiesche perché discendono la scala in direzione del gorilla, dello scimpanzè e del gibbone.

Potrei aggiungere che gli errori e i falsi di queste riproduzioni immaginarie sono, raramente o mai, ovvie per lo studioso che ci crede; e tuttavia un esempio suggestivo di queste false ricostruzioni lo possiamo vedere nell'Uomo di Neanderthal, che è sempre stato dipinto con un naso piatto, tozzo, qualcosa di simile a quello delle scimmie Catarrine del Nuovo Mondo. Tuttavia ora noi sappiamo che questo non è vero: lo scheletro fossile scoperto nel 1908 a La Chapelle-aux Saints, Francia, ha ossa nasali prominenti, lo scheletro che appartiene, per unanime consenso, a un uomo di Neanderthal.

Sir Arthur continua:

Nella nostra originale semplicità ci aspettavamo, quando abbiamo seguito le tracce dell'uomo andando indietro nel tempo, d'incontrare una serie graduata di forme fossili — una serie che l'avrebbe collocato in una linea diretta verso un antenato antropoide.
Non avremmo mai dovuto fare quest'errore iniziale se avessimo ricordato che la guida al mondo del passato è il mondo del presente. Oggi l'uomo è rappresentato non da una, ma da molte e diverse razze . . .
Le nostre ricerche hanno dimostrato che in tempi remoti il mondo era popolato, scarsamente, è vero, da razze che avevano una maggiore diversità da quelle odierne . . . Dobbiamo orientare la nostra direzione non lungo gli anelli di una catena ma attraverso le maglie di una rete complicata.

Pochi anni fa era un'eresia scientifica supporre che l'uomo si fosse evoluto in qualche altra maniera diversa da quella che è schematizzata nei libri scientifici, e presumibilmente lungo la linea espressa dal lavoro ricostruttivo sullo scheletro e i muscoli nei nostri musei. Quest'evoluzione che ci hanno insegnato come un assioma, come un dogma scientifico, è progredita lungo quel certo e particolare sentiero dal protozoo all'uomo, che il Prof. Keith ora chiama, molto appropriatamente, un "concetto scartato."

Abbiamo commesso un altro errore. Poiché nella nostra ricerca dell'origine umana ci aspettavamo di raggiungere un'epoca in cui gli esseri con i quali avremmo avuto a che fare sarebbero stati più scimmieschi che umani, avremmo dovuto tener conto delle condizioni che prevalgono tra le scimmie antropoidi viventi. Avremmo dovuto essere preparati a trovare, quando ci avvicinavamo a un punto lontano dell'orizzonte geologico, che le forme incontrate sarebbero state ampiamente diverse come lo sono il gorilla, lo scimpanzè e l'orango, confinati, come questi grandi antropoidi sono oggi, a parti limitate della superficie della terra.
Questo è quanto oggi realizziamo: andando indietro nel tempo scopriamo che l'umanità si è divisa, non in razze separate come nel mondo odierno, ma in numerose specie separate. Quando andiamo in un passato ancora più remoto, esse diventano così diverse, che dobbiamo considerarle non come appartenenti a specie separate ma a generi differenti. È in questa massa di forme fossili estinte disseminate nel mondo antico che dobbiamo rintracciare la linea a serpentina della discendenza dell'uomo. Vi meravigliate se a volte vacilliamo e seguiamo falsi indizi?[9]

Oggi, nel rintracciare la storia dei ceppi umani, è vero che essi appaiono più distinti e differenziati fino a un certo periodo, che in teosofia chiamiamo la quarta razza radice. All'incirca in quel periodo, il mondo pullulava di un vasto numero di tipologie evolutive, perché l'evoluzione materiale aveva raggiunto l'acme del suo potere. I vari tipi d'umanità erano più ampiamente separati l'uno dall'altro.

Ma in periodi precedenti a questa grande quarta razza, più lontano andiamo nel tempo geologico, più strettamente i ceppi cominciano ad avvicinarsi reciprocamente, per quanto riguarda il tipo. In altre parole, diventano sempre più generalizzati quando più ci avviciniamo alla loro origine, al comune punto di partenza in epoche molto precedenti a quella della quarta razza radice. È in questi tipi più generalizzati e ancora più lontani, che troviamo una grande affinità, biologicamente parlando, tra i vari ceppi.

Il Prof. Keith conclude il suo discorso:

Aveva ragione Darwin quando diceva che l'uomo, sotto l'azione delle forze biologiche che si possono osservare e misurare, era stato elevato dal suo posto tra le scimmie antropoidi a quello che oggi occupa? La risposta è si! E ritornando a questa sentenza io parlo come presidente della giuria — una giuria che è stata scelta da uomini che hanno dedicato una vita a vagliare l'evidenza.

Tale dichiarazione è davvero convincente. Ma facciamo notare che altre giurie, scelte da uomini che hanno ugualmente passato una vita nello studio dell'evidenza, ci fanno un discorso diverso; e i ranghi di questi ultimi crescono ogni giorno sempre di più.[10]

Il paleontologo Henry Fairfield Osborn, in un discorso fatto davanti all'American Philosophical Society il 29 aprile 1927 a Filadelfia, disse:

Considero la teoria della scimmia antropoide umana come totalmente falsa e fuorviante. Dovrebbe essere bandita dalle nostre speculazioni e dalla nostra letteratura non su un terreno sentimentale ma su terreni puramente scientifici, e ora dovremmo risolutamente metterci di fronte alla scoperta dei nostri effettivi antenati preumani . . .
Il prologo e gli atti d'apertura del dramma umano si svolsero remotamente 16.000.000 di anni fa[11] . . . In questo periodo, o prima, la famiglia umana venne fuori da un ceppo che non era né umano né scimmiesco . . .
Secondo la mia opinione, la parte più verosimile del mondo in cui scoprire questi "Primi Uomini," come possiamo ora chiamarli, è la regione dell'altopiano dell'Asia che si trova nelle grandi sporgenze del Turkistan cinese, del Tibet e della Mongolia.

La contraddizione tra questi due eminenti biologi potrebbe essere più assoluta? Mentre il Prof. Osborn dice che gli antenati dell'uomo non sono stati né umani né scimmie antropoidi, egli asserisce semplicemente che questi due ceppi derivarono da un antenato comune, un primate iniziale. Ma l'insegnamento teosofico ci dice, e i fatti dell'antropologia e della biologia sembrano provarlo, che l'antenato comune era l'uomo stesso — non l'uomo com'è oggi, naturalmente, ma l'uomo com'era allora, meno evoluto dell'attuale umanità, ma non animale come intendiamo questo termine, e nemmeno scimmia antropoide in alcun senso, ma l'uomo stesso originale, primitivo.

Potete chiamarlo preumano, se limitate il termine "umano" all'uomo com'è oggi. Ma la specie da cui gli umani vengono, da cui sono derivati gli uomini, era umana nella sua origine su questa terra, e derivava dalle creature divine che vennero su questa terra nei primi periodi della vita del pianeta e, per così dire, gettando i semi delle loro vite nei germi in via di sviluppo, originarono il ceppo umano. Questi germi sviluppanti o atomi di vita erano quelli con cui queste creature divine erano spiritualmente, psichicamente, e quindi magneticamente connesse in un precedente periodo d'evoluzione, in tempi così enormemente remoti che noi chiamiamo un altro manvantara, o ciclo di vita manifestata.

Per concludere con il Dr. Osborn:

Il termine "uomo-scimmia" è stato forzato nel nostro linguaggio sotto parecchi versi, e anche il termine "antropoide" è venuto a perdere il suo significato. "Uomo-scimmia" ha guadagnato prestigio tramite i primi esploratori e viaggiatori che raffigurarono le scimmie antropoidi che camminavano sui loro piedi posteriori; da allora non abbiamo scoperto che qualche scimmia antropoide cammini eretta; il gibbone si tiene goffamente in equilibrio quando scende dagli alberi, ma tutte le altre scimmie antropoidi sono praticamente quadrupedi in movimento, tranne forse per difesa, quando s'impennano come s'impenna un cavallo . . .
Di tutte le cose incomprensibili nell'universo l'uomo sta al primo posto, e di tutte le cose incomprensibili nell'uomo la difficoltà suprema si concentra nel cervello umano, intelligenza, memoria, aspirazioni, e poteri di scoperte, ricerche e conquiste di ostacoli.

Capitolo 8

Specializzazione, Variazione, e Speciazione

Nessuno è mai riuscito a colmare le lacune che separano i grandi gruppi o tipi di ceppi animali, e quindi nessuno è stato capace di trovare quella presunta scala continua su cui si suppone che l'uomo si sia arrampicato fino all'attuale stato evolutivo. Indubbiamente vi sono stati in passato esseri intermedi, o meglio, stadi intermedi di vita fra questi grandi gruppi; ma le testimonianze geologiche, così imperfette, non li hanno ancora scoperti. Se fossero trovati, senza dubbio sarebbero acclamati dai trasformisti come gli anelli mancanti a lungo cercati. È verosimile che questi particolari scienziati ignorerebbero la possibilità più probabile che essi siano semplicemente modelli di specializzazione di uno o più dei grandi ceppi al di sotto dell'uomo; già sappiamo che tutti questi grandi ceppi hanno esibito esempi di specializzazioni evolutive.

Così, questi ritrovamenti non sarebbero affatto, in nessun senso, anelli mancanti, ma derivazioni da uno o più di questi grandi ceppi, e hanno seguito certe linee minori di variazione progressiva. Di fatto, ognuno dei grandi tipi o gruppi o ceppi, come li vediamo oggi, non è che il punto della variazione evolutiva che hanno raggiunto attualmente, e in alcun modo precludono per il futuro specializzazioni ancora maggiori in variabilità. Per porre la questione in poche parole, ciascuno di questi grandi gruppi o tipi è semplicemente un vasto sviluppo evolutivo, una specializzazione, dalle radici zoologiche.

Evoluzione e specializzazione, in un certo senso, sono quasi sinonimi. Se l'evoluzione significa disfarsi di ciò che è inattivo o latente o dormente, così la specializzazione significa la stessa cosa. Un grande gruppo può assumere le forme o le variazioni specializzate che sono proprie, o forme tipiche di un altro grande gruppo, spesso inferiore. Un mammifero, ad esempio, può assumere variazioni di un tipo d'uccello o di un tipo di pesce, e rimanere tuttavia un mammifero in entrambi i casi. Prendete in considerazione la balena, che per qualche ragione sconosciuta scese nel mare. Lo squalo è un pesce, e l'ichthyosaurus del Mesozoico era un rettile. Pesce, rettile e mammifero: tre ceppi ampiamente diversi che si sono avvicinati l'uno all'altro nell'aspetto complessivo e nelle abitudini attraverso l'influenza dell'ambiente. Pur radicalmente diversi a livello anatomico e come derivazioni, tuttavia hanno una somiglianza superficiale.

Anche il pipistrello è un mammifero, e nondimeno ha tutta l'apparenza e molte delle abitudini di un uccello; ma il pipistrello è quasi indifeso tranne che in volo. I suoi movimenti sul terreno o sul pavimento sono molto impacciati. Che cosa ha indotto il pipistrello a lasciare la terraferma e abituarsi all'aria? Quale fu la causa di questa notevole divergenza di forma e abitudini dall'ancestrale tipo mammifero?

Per favore, ricordate in questo contesto che "evoluto" o "specializzato" non significano necessariamente superiore o più elevato, se usiamo il termine tecnico dei libri di scienza. Significa semplicemente esternare ciò che cerca di esprimersi, un livello più ampio di "specializzazione." Queste moltitudini di forme, diversificandosi sempre di più dal primitivo ceppo radice, sono sempre esempi di specializzazioni del tipo. La specializzazione, in tutti i casi, è il marchio di un distacco maggiore dall'origine di qualsiasi ceppo del genere.

La specializzazione è sempre una questione secondaria. Segue un sentiero che non porta nella principale direzione evolutiva. Indica almeno un temporaneo arresto dello sviluppo evolutivo interiore, una fuga in sentieri secondari non essenziali — non essenziali dal punto di vista spirituale. Così, in un certo senso, si può dire che tutti gli sviluppi dei ceppi animali, a partire dalla lontana tipologia umana, siano specializzazioni, anche se si sono diversificati sempre più ampiamente dal tronco principale, ciascuno seguendo la propria diramazione genealogica. La loro opportunità, in verità la loro capacità, di andare avanti lungo linee psicologiche era limitata, sebbene vi fossero infinite possibilità nel percorso delle variazioni psicologiche da perseguire.

Nel frattempo, la razza umana, la più primordiale di tutte, conservò la sua relativa semplicità di struttura e funzione biologica, perché non era interessata solo alla semplice sperimentazione e all'adattamento lungo linee fisiche. Una volta costruito per sé un veicolo adatto, abbandonò quella linea d'evoluzione come una linea distinta d'evoluzione di per sé, per manifestare esternamente i fattori interiori più importanti, psicologici, intellettuali, che erano davvero bloccati internamente.

Questo stesso principio agisce nella sfera della vita umana. Ovunque vediate una specializzazione troppo grande in qualche branca della scienza, ad esempio, potete comprendere che lì un progresso in avanti è presumibilmente sospeso, perché percorrere esclusivamente i sentieri secondari di uno studio specializzato taglia fuori il corso principale del pensiero umano, quella larga corrente che è stata alimentata attraverso le ere da tutti i profondi pensatori che hanno dato il loro contributo all'evoluzione in avanti del pensiero umano.

Ricordate che l'evoluzione procede in tutti i casi per mezzo di due azioni: la guida, lo stimolo interiore nell'entità evolvente, che agisce sulle condizioni circostanti o sull'ambiente, che reagisce contro la creatura che esprime questa guida interiore, questo stimolo. Il risultato di queste due forze o condizioni è l'animale, o l'essere umano, o qualsiasi altra entità, in qualsiasi momento del suo corso di sviluppo. Così, intendiamo per evoluzione l'espandersi, il dispiegarsi di potenzialità o potenze o capacità racchiuse nella stessa creatura. E quando le condizioni permettono un afflusso o un dispiegarsi di questi poteri latenti, essi si riversano immediatamente in manifestazione, cioè affermano loro stessi, dando come risultato, nel caso del regno animale, un cambiamento sotto vari aspetti nel veicolo fisico, il corpo; e nel caso del regno umano in questo stadio attuale, un'espressione più completa dell'entità psicologica interiore.

Ora, ho affermato altrove che non ci fu alcuna evoluzione uniseriale o ininterrotta del ceppo umano attraverso e oltre le grandi classi di entità animate al di sotto dell'umano; e che sono le varie divergenze o lacune tra i ceppi che hanno formato i principali ostacoli per i trasformisti nel tentativo di provare le loro ipotesi. Ogni tentativo di colmare queste lacune appellandosi alle testimonianze della natura è necessariamente fallito. Ma le idee preconcette sono dure a morire, ed è stato fatto un grosso lavoro nello sforzo di offrire qualche spiegazione aggiuntiva con cui le prime teorie trasformiste dell'evoluzione potessero essere provate.

Di conseguenza, è nata una scuola evolutiva più moderna, che possiamo chiamare la scuola "Saltatoria," basata sull'idea che l'evoluzione spesso segue un percorso "a balzi" e a salti. Avvengono improvvise e numerose variazioni, ma non possiamo dare alcuna spiegazione soddisfacente del perché abbiano luogo queste variazioni a balzi o a salti. Tra gli esponenti di questa scuola, in primo piano ci sono Hugo de Vries e William Bateson. Hanno scoperto che certe piante e certi animali mostrano nella loro storia biologica grandi passaggi da uno stadio o variazione all'altro, e l'entità che ne deriva è così specificamente diversa, che questi grandi passaggi li hanno chiamati mutazioni.

In teosofia, questi sono causati dal fatto che l'entità evolvente aveva accumulato — se possiamo usare un'espressione imperfetta — "un'abitudine" o una serie di abitudini che restano latenti per un periodo più o meno indefinito. Queste abitudini possiamo chiamarle regressive o addormentate o latenti; ma quando le condizioni ambientali sono appropriate alla loro manifestazione, queste abitudini escono fuori e, a quanto pare, una nuova specie comincia il suo corso evolutivo.

Allora, è ovvio, la legge dell'evoluzione, a fasi lente e graduali l'una nell'altra, non è stata in alcun senso violata, perché queste abitudini o gruppi di abitudini o variazioni furono accumulate e incrementate nella struttura biologica e nella storia della cellula o organismo cellulare che le produce. L'ambiente fornisce il sentiero perché si manifestino quando svaniscono le barriere che impediscono la loro comparsa, o sono abbattute oppure, per qualche altra ragione, non si oppongono più al flusso delle forze interne, le forze fino a quel momento addormentate o latenti o regressive.

La spiegazione di queste numerose e improvvise variazione giace nella natura della struttura cellulare nel corpo di ciascuna entità evolvente. Io non vedo come l'evoluzione possa essere sempre compresa se ne limitiamo lo studio solo al corpo, che è variabile e mutevole, perché dovrebbe risultare ovvio a qualsiasi mente riflessiva che il corpo può esprimere soltanto ciò che un potere spirituale interiore ha predisposto nei suoi sforzi di auto-esprimersi attraverso il corpo, quando le condizioni appropriate gli permettono di manifestarsi.

Il monaco austriaco Gregor Mendel, nel giardino del suo monastero, ha fatto degli esperimenti con dei comuni piselli, che ha continuato per un certo numero di anni. Ha raccolto i risultati dei suoi studi e ha realizzato che l'ereditarietà si esprime lungo linee matematiche in rapporti quantitativi. Ha pubblicato questi studi nel 1865, e furono subito dimenticati, semmai abbiano ricevuto una certa attenzione in quel periodo. Il mondo allora risuonava delle dispute sul Darwinismo, la selezione naturale e la sopravvivenza del più adatto.

Ma nel 1900, sedici anni dopo la morte di Mendel, i suoi studi di genetica furono riscoperti, più o meno indipendentemente, da tre grandi botanici: Hugo de Vries, E. Correns, e G. Tschermak, i quali realizzarono che il lavoro di Mendel li aveva aiutati molto a spiegare la loro ipotesi del mutamento, cioè l'ipotesi dell'evoluzione saltante o evoluzione a balzi e salti. Mendel teorizzò che nel plasma germinale riproduttivo delle piante e degli animali esistono certi poteri — "dominanti" e "regressivi" — che cercano di esprimersi, e che si manifestano in rapporti matematici o quantitativi.

Cos'è che produce questi rapporti matematici? L'ambiente, naturalmente, ha la sua influenza, perché l'ambiente fornisce lo stimolo, per così dire, che mette in grado l'impulso interno o potenza, di esprimersi; in altre parole, l'ambiente è il campo nel quale, e sul quale agiscono queste forze naturali inerenti al ceppo. Ma dobbiamo investigare nella natura interiore dello stesso individuo se vogliamo risalire all'origine di questi segreti della natura e spiegarli. La soluzione di questo problema sta, per così dire, nei poteri inerenti, dimoranti, innati, inclusi, della cellula stessa.[12]

Tutta la materia — sia quella vivente che quella cosiddetta inanimata — è fondamentalmente costruita dagli atomi, ciascuno dei quali possiede vaste e innumerevoli capacità di cambiamento, che è l'evoluzione verso la crescita o il regresso, a seconda del caso. Ma è sempre evoluzione, l'esternare, cioè, di quello che è in essa e che cerca di esprimersi. In molti casi questo evolvere, questo emergere della tendenza interna, questa potenza o capacità, è inibita da varie circostanze; e in quest'evenienza l'atomo o la cellula cade sotto quella che in teosofia è chiamata la legge del ritardo, e deve aspettare il suo momento fino a quando arriva il suo ciclo di crescita. Ma se il suo ciclo è sotto l'azione della legge d'accelerazione, comincia a crescere in uno sviluppo progressivo, sempre facendo emergere ciò che è dentro, che giace latente, come potenza o tendenza.

L'evoluzione, quindi, è effettivamente auto-espressione. Non procede in maniera fortuita, ma secondo lo stimolo o la guida dell'entità invisibile più o meno cosciente, che è il fattore che cerca di manifestarsi attraverso il suo veicolo, o i suoi veicoli. È in ciò che è molto piccolo che dovremmo cercare per sciogliere il mistero dell'evoluzione — per risolvere il problema di cos'è che causa la crescita espansiva e progressiva in avanti.

L'uomo, essendo un figlio dell'universo, essendo parte di quell'universo stesso, ha in lui ogni cosa — ogni forza, ogni potenza, ogni capacità — che ha il macrocosmo, il grande universo. A sua volta, egli è un macrocosmo per le cellule che compongono il suo corpo, perché sono una parte di lui, e quindi hanno in sé qualsiasi cosa egli abbia, sebbene latente o dormente, e non ancora cinetica.

I poteri sono lì, e quando le condizioni sono adatte e appropriate, quando le barriere si sono logorate attraverso l'evoluzione, o piuttosto, sgombrate dal lavoro della guida interiore, allora queste potenze e capacità manifestano questo stimolo per auto-esprimersi; ed ecco! Qualcosa di nuovo è prodotto — una nuova varietà, una nuova specie, che potrebbe essere destinata a sviluppare un nuovo ceppo. Tutto dipende da due fattori nell'equazione biologica: uno stimolo interiore che esprime la potenza inerente, la capacità di un sentiero libero e non ostacolato da barriere; e, secondo, un ambiente adatto e appropriato come campo per la loro espressione.

Questo è ciò che intendo quando dico che l'uomo è il repertorio di tutte le entità animate sulla terra. Inoltre, ha dentro di sé ogni cosa che egli stesso può diventare in futuro; e queste potenze aspettano il momento e il luogo per esternarsi in manifestazione. Il processo è evoluzione o espressione autonoma; e quando dico che l'uomo ha generato tutte le creature animate al di sotto di lui, intendo che in principio le radici o i semi di tutte le creature animate sotto di lui esistevano in lui come cose latenti, assopite, addormentate.

Per favore, ricordate che ora stiamo parlando del corpo dell'uomo fisico. Non vogliamo significare che queste creature animate al di sotto di lui esistevano originariamente nella sua anima o nella sua natura spirituale, ma che erano entità elementali dormenti nella sua natura e derivate da lui, il loro genitore. Prendono forme e aspetti molteplici che avevano e hanno, perché molto appropriatamente manifestano il tipo particolare di energia che si esprime in ciascun caso.


Capitolo 9

I Problemi Morali Coinvolti

La questione dell'evoluzione è diventata incandescente, perché uomini e donne realizzano che è coinvolto un problema morale. Vorrei ritornare al Dr. Osborn e a quanto ha scritto sulle cause dell'evoluzione:

Il risultato netto dell'osservazione non è favorevole al punto di vista essenzialmente Darwiniano che l'adattarsi nasce dalla selezione fortuita, ma è piuttosto favorevole all'ipotesi dell'esistenza di qualche intrinseca legge della vita completamente sconosciuta, che siamo totalmente incapaci di comprendere o anche di concepire. Abbiamo dimostrato che l'osservazione diretta dell'origine dei nuovi caratteri nella paleontologia li porta nel dominio della legge naturale e dell'ordine ai quali si conforma l'evoluzione dell'universo fisico. La natura di questa legge che appare finalistica o teleologica nei suoi operati sull'insieme, è completamente un mistero che potrebbe oppure no essere illuminato da una futura ricerca. In altre parole, l'origine, o la prima apparizione di nuovi caratteri, che è l'essenza dell'evoluzione, è un processo ordinato che riguarda vertebrati e invertebrati, nella misura in cui il paleontologo lo osserva. — "Palæntology," Encyclopaedia Britannica, 11.ma edizione, vol. XX, p. 591)

Che cambiamento dai punti di vista scientifici dell'ultimo secolo! Vorrei indicare in questo notevole paragrafo l'accento posto sul principio finalistico o teleologico implicato. Il Prof. G. W. Patrick dell'Università dello Iowa, scrivendo sui punti di vista più marcati delle idee del ventesimo secolo sull'evoluzione, aggiunge inoltre:

Un altro aspetto dell'evoluzione del ventesimo secolo è la minore attenzione rivolta al concetto della natura come un campo di battaglia — come una scena di lotta sanguinaria e spietata in cui sopravvive il più adatto. Questa era una delle idee infelici associate al nome di Darwin, anche fino alle scuse e alle discolpe recentemente fatte di ogni cosa cattiva nella società umana. È una sfortuna che una parte di questo prezioso ventesimo secolo sia stata sprecata nel "non riflettere sul nostro comodo Darwinismo." Il Prof. Patten, scrivendo come biologo, dice che l'altruismo e la cooperazione che stiamo cominciando a riconoscere come una condizione assolutamente indispensabile siano i fattori fondamentali e primari nella grande strategia dell'evoluzione della Natura di per sé.
Infatti, sembrano essere delle indicazioni che tutta la nomenclatura dell'evoluzione del diciannovesimo secolo sia stata abbastanza infelice. Forse abbiamo bisogno di una nuova serie di termini versatili per descrivere il grande movimento del mondo che per settantacinque anni è passato sotto il nome di evoluzione. Molti biologi cominciano a mettere in dubbio le supposizioni del diciannovesimo secolo sul fatto che i concetti delle scienze meccaniche abbiano qualche prerogativa speciale nell'interpretare la vita, la mente, e la società.
. . . J. Arthur Thomson ritiene che le formule di fisica e chimica non sono più adeguate a descrivere l'ambiente, lo sviluppo o l'evoluzione. Si pensa generalmente che Herbert Spencer "abbia dato qualcosa di più" al mondo scientifico quando esaltò un certo trio di concetti, cioè materia, movimento e forza, la cui ridistribuzione era di spiegare l'intero mondo.
I biologi di oggi sono largamente impegnati in una persistente e paziente investigazione nel campo della genetica, astenendosi saggiamente dallo speculare sulle cause e sul significato dell'evoluzione. Ma è difficile astenersi da tutte le speculazioni, e quando i biologi entrano nel campo delle filosofia e parlano di teorie evolutive, è interessante rilevare i nuovi termini che usano. Sentiamo parlare molto di evoluzione creativa, non sempre nel rigoroso significato di Bergson. Sentiamo parlare di "evoluzione emergente." Sentiamo descrivere l'evoluzione come "una lotta per la libertà," o un "processo che si esprime autonomamente." Sentiamo parlare della fabbrica materiale della natura che è "vitale" piuttosto che "inerte." Sentiamo parlare della grande strategia dell'evoluzione." Sentiamo dire persino che l'evoluzione è come un procedimento di realizzazione in cui la vita, la mente, la condotta morale e l'organizzazione sociale, la scienza e l'arte, sono valori che sono stati conquistati. — "The Convergence of Evolution and Fundamentalism," The Scientific Monthly, luglio 1926, pp. 12-13.

Il Prof. Louis Trenchard More dell'Università di Cincinnati, scrivendo sulla 'Natura dell'Uomo,' trova da ridire sull'inadeguatezza della teoria meccanica del trasformismo, impropriamente chiamata evoluzione, l'uso sbagliato di quella teoria dalla maggior parte dei divulgatori di ipotesi scientifiche:

Per molti decenni il mondo è stato governato dalla filosofia del progresso e dell'evoluzione, che è stata sancita dal lavoro dei biologi del diciannovesimo secolo. A loro dobbiamo non solo i solidi fondamenti della scienza della biologia, ma anche il presupposto dogmatico della teoria Darwiniana della selezione naturale e una filosofia del naturalismo monistico.
Nel frattempo, biologi posteriori hanno provato, con il loro lavoro sperimentale, che la teoria Darwiniana è del tutto inadeguata a spiegare l'apparizione di nuove specie, e non hanno trovato nessun'altra causa soddisfacente delle variazioni. Così si sono ritrovati a doverci chiedere di accettare per fede una teoria generale dell'evoluzione.
Mentre questi risultati sono noti a tutti i biologi bene informati, essi hanno permesso, senza protestare, che i divulgatori di scienza, i sociologi, e il clero, presentassero l'argomento come se fosse fondato su prove positive. E, ancora, agli studenti di scuole e collegi la biologia è insegnata in una maniera tale, che essi sono convinti che le speciali teorie dell'evoluzione siano stabilite come fatti indiscutibili, e che la filosofia del naturalismo è la logica conclusione di questi fatti.
C'è poco da meravigliarsi che buona parte del mondo confonda il Darwinismo con l'evoluzione, e l'ateismo con la biologia e la teoria scientifica in genere. Appaiono costantemente opinioni popolari sugli "anelli mancanti," e non sono contraddette autorevolmente dai biologi. E tuttavia essi sanno che cercare un "anello mancante" significa che abbiamo non solo i due estremi di una catena, ma anche molte delle parti intermedie. La verità è che abbiamo un'estremità di una possibile catena, noi stessi, e abbiamo certi frammenti di resti fossili che hanno qualcuna delle nostre caratteristiche. Ma i biologi non sanno che cosa siano, se qualche antenato animale formi l'altra estremità della catena, o quali altri anelli ci connettano al passato . . .
E poiché [il biologo] non conosce né la causa né il metodo delle variazioni, egli non è capace di predire nemmeno le caratteristiche della prossima generazione. — The Hibbert Journal, aprile 1927, pp. 509, 510, 522.

Questa non è una richiesta in gran parte notevole d'ignoranza, e tuttavia com'è onesta e franca. L'evoluzione è veramente un fatto dell'essere. Crescita, sapere, avanzamento, progresso: è la legge generale dell'universo, ed è una cosa che qualche uomo savio oggi ammette. Ma le teorie, le idee, i presupposti dogmatici, gli insegnamenti, le ipotesi, le manie di qualche particolare divulgatore di scienza, grande o piccolo che sia, sono un'altra cosa; e noi, come uomini e donne pensanti, abbiamo perfettamente ragione, e siamo sostenuti dagli stessi eminenti biologi nell'accettare tali idee o nel rifiutarci di accettarle.

Sono i cosiddetti divulgatori di scienza, molti di loro, tuttavia, uomini molto seri e sinceri, con cui i teosofi hanno qualcosa su cui discutere; ad ogni modo, siamo diversi da loro e, in alcuni casi, positivamente, perché invece di confinarsi ai nobili principi della ricerca naturale, essi sono troppo spesso dediti ad asserzioni che hanno a che fare con fatti che non sono stati ancora pienamente compresi o spiegati.

Vorrei ripetere che i teosofi non ammettono l'esistenza della cosiddetta materia inorganica o senza vita; ogni cosa è vivente perché ogni cosa è un centro focale di forza, e quindi di vita. La vita è una sorgente vivente, e le energie e le forze sono le correnti che scaturiscono da quella sorgente.

A una riunione congiunta di docenti di biologia e chimica, fisici e associazioni di botanica di New York, il Dr. M. Coulter parlò della natura e del fondamento dell'evoluzione. Così aprì il suo discorso:

Il significato dell'evoluzione è probabilmente il più frainteso di qualsiasi altra dottrina scientifica. La ragione è che è stato discusso molto liberamente da quelli che non sono informati, e in questo modo sono state propagandate molte informazioni travisate.
Il significato generale di evoluzione organica è che i regni vegetale e animale si sono sviluppati in modo continuo e ordinatamente, sotto la guida della legge naturale, proprio come il sistema solare si è evoluto in obbedienza alle leggi naturali.[13]

Siamo d'accordo; solo che queste "leggi naturali" sono semplicemente le attività in manifestazione delle intelligenze immanenti, "gli dèi," se possiamo usare un termine fuori moda. Queste leggi sono l'espressione delle attività del loro lato vegetativo o veicolare, per così dire, mentre il lato attivo o cinetico che possiedono è quello che si manifesta sui loro piani superiori, ed è l'espressione delle loro attività altamente spirituali e sublimamente intellettuali. Queste ultime attività sono la radice dell'armonia, della coesione, della natura correlante che l'universo manifesta; mentre, d'altro canto, è il lato corporeo o vegetativo della loro natura, per così dire, che manifesta le energie e le forze che giocano attraverso l'universo fisico che conosciamo.

Il Dr. Coulter evidenzia poi che il Darwinismo è una cosa completamente diversa dall'evoluzione di per sé; e inoltre, che il Darwinismo è solo uno dei tentativi di spiegare i fenomeni biologici evolutivi della vita. L'evoluzione, egli dice, è una realtà indubitabile; ma è una cosa del tutto diversa, aggiunge, se qualsiasi proposta trasformista o teoria evolutiva è sufficiente a spiegare i fenomeni naturali di crescita e progresso. Non una singola ipotesi finora avanzata, egli dichiara, è adatta a coprire tutti i fatti conosciuti.

Tutto questo è esattamente ciò che noi indichiamo. Ma quello che vorrei evidenziare qui è lo sfortunato effetto morale che questi insegnamenti trasformisti hanno avuto sul mondo. Quando gli uomini credono di avere un'origine spirituale comune e di provenire da una comune radice vitale e spirituale, e di viaggiare insieme attraverso periodi enormemente lunghi di sviluppo evolutivo, quando comprendono che il sangue che pulsa nelle vene di ciascun uomo è simile, o forse quasi identico, al sangue che pulsa nelle vene di tutti gli uomini, non importa quanto grande sia la differenza tra le varie razze, allora gli uomini possiedono un concetto spirituale della vita, che funziona come una salda ancora con cui possono sostenere la nave della vita in tempi di tensioni o pericoli.

Sapendo interiormente tutto questo, essi non sono spazzati via dai loro ormeggi morali, da falsi insegnamenti biologici che sfociano nel credo che la vita sia una lotta disperata per la superiorità, in cui ogni uomo deve avere successo attraverso l'egoismo — nell'idea che l'uomo, non essendo altro che un animale trasformista senza un'anima che lo guidi o senza uno spirito che l'adombri, è una creatura di possibilità fortuite, senza la speranza di un futuro spirituale, e non governato da qualche sanzione innatamente morale; che le sole forze restrittive siano quelle delle convenzioni sociali o di un tipo intangibile di codice morale derivante dall'opportunismo e dalla paura di essere catturato se il suo aberrante egoismo innato vaga troppo lontano dalla retta via. O ancora, nell'idea che, se l'uomo ha veramente un'anima, l'anima è solo qualche tipo d'effluvio derivante dall'azione chimico-fisiologica sul cervello. Questi incubi dell'immaginazione sono in buona parte responsabili della terribile lotta per la supremazia materiale e per il potere attraverso cui sta passando l'umanità. In contrasto, il Prof. Wood Jones conclude il suo studio, The Problem of Man's Ancestry, così:

L'uomo non è un nuovo figlio procreato dalla scimmia antropoide, nato da una variazione possibilistica, generato da una lotta sanguinaria per l'esistenza su linee puramente brutali. Una tale idea dev'essere abbandonata dall'umanità, deve cessare di esercitare qualche influenza sul comportamento. Non abbiamo raggiunto il nostro attuale livello con questi mezzi; certamente non acquisiremo mai un livello superiore intensificando queste cose. Se l'uomo guardasse a se stesso come un essere di tipo veramente antico, ora distinto, e differenziato nel passato, puramente con le qualità della sua mente, e se considerasse i Primati esistenti come fallimenti fuorviati e degenerati del suo antico ceppo, penso che sarebbe qualcosa di guadagnato per le prospettive etiche dell'umanità — e sarebbe una credenza coerente con l'attuale conoscenza. — p. 48

Il non riconoscere la nostra unicità essenziale nella nostra origine spirituale permette che nei cuori umani crescano l'egoismo e l'egocentrismo. Questa è la radice di tutto il male e delle cattive azioni, per quel che riguarda gli umani, poiché è anche la causa di tutta la miseria e l'infelicità individuale. Da questo figlio della nostra natura inferiore, se svincolato dalle influenze benigne e restrittive della natura superiore, si riversano tutte le cose che rendono la vita buia, infelice e triste.

L'etica e la morale si fondano sulle leggi dell'universo, perché non sono altro che regole d'armonia nella condotta umana, che copiano l'armonia che prevale negli spazi cosmici. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è di comprendere queste leggi, di realizzarle nei nostri cuori, di conservarle nella nostra coscienza, e allora saremo capaci coscientemente di seguire l'azione fondamentale della vita universale.

E non possiamo entrare in contatto con queste leggi universali finché non avremo completamente bandito dalle nostre menti l'idea che l'uomo sia semplicemente il suo corpo fisico, un corpo non animato, evoluto nel processo meccanico e privo d'ispirazione insegnato dai trasformisti. Piuttosto, dobbiamo riconoscere l'uomo come un'entità spirituale, un centro monadico la cui origine è il cuore della vita universale. È questa scintilla interiore di luce, nell'uomo e in tutti gli esseri, che fornisce lo stimolo evolutivo per produrre veicoli sempre più adatti a manifestarsi.


Capitolo 10

Reincarnazione ed Evoluzione

I principi filosofici, o le leggi della natura che sottostanno ai processi che portano alla formazione e alla nascita della specie umana, sono una copia in miniatura di quello che ha luogo nell'universo, il cosmo. La ragione è che quest'universo in cui viviamo è guidato dall'interno e agisce verso l'esterno, ed è una guida che agisce mediante la legge, cioè, la perfetta coesione in azione.

In determinate circostanze, alcune operazioni della natura seguono sempre lo stesso corso; e poiché queste sono leggi universali, devono, di conseguenza, influenzare anche ogni cosa nell'universo in cui agiscono, perché ogni cosa è una parte dell'universo, una parte della sua composizione, una parte della sua costituzione. Quindi, poiché noi stessi siamo una parte di quell'universo, abbiamo dentro di noi ogni cosa contenuta nell'universo, sia latente che attiva. Abbiamo tutte le capacità e le facoltà, sviluppate o non sviluppate, a seconda del caso, per comprenderlo; e seguiamo queste stesse leggi perché, facendo parte di quell'universo, non possiamo fare altrimenti. Da questo fatto così semplice, così facilmente comprensibile, dipende la dottrina dei cicli, che si attua nello sviluppo evolutivo del regno umano — come, in verità, di tutti i regni della natura universale.

Avete mai riflettuto sull'idea del nulla? Del significato dei termini ""una fine completa" o l'emergere da qualche parte di un inutile e futile corso di vita senza uno scopo o una meta, e che svanisce di nuovo in un nulla infinito? Ma tutto il nostro senso comune, come pure la nostra intuizione, ci dicono che siamo qui per degli scopi. Veniamo qui in risposta a un'attività della natura.

Il segreto dell'origine della creazione dell'uomo sta nella creazione dell'universo. Noi, figli dell'universo, parti intrinseche e inseparabili da esso, dobbiamo ineluttabilmente seguire il suo corso; ma seguiamo anche, ciascuno per se stesso, il suo particolare ciclo di vita. Nell'uomo, il corso del ciclo evolutivo si dipana mediante ripetute incarnazioni. Quando è stato raggiunto il periodo della morte o del riposo e poi si esaurisce, non c'è più bisogno di riposo, allora torniamo su questa terra per riprendere il lavoro interrotto, per svilupparlo ulteriormente, per evolvere ulteriormente. Quest'avanzare delle energie, questo dispiegarsi, questo flusso delle energie della vita generativa interiore è ciò che intendiamo per evoluzione.

È attraverso le lezioni che ogni entità incarnata impara su questa terra di materia che ha effettivamente luogo l'evoluzione. Potrei aggiungere che la morte stessa, che segue un processo nascosto, è veramente un'altra scuola di progresso evolutivo, con cui l'anima, passando lungo il suo sentiero d'esperienza, impara anche.

Attraverso tutto un singolo periodo di vita noi compiamo certe azioni, usando le forze innate in noi, e così mettiamo da parte i semi dell'azione nei nostri caratteri che si modificano con l'uso dei poteri dentro di noi. Questi sedi devono, al momento opportuno, fruttificare, proprio come noi oggi, su questa terra, siamo i frutti di azioni precedenti, di pensieri precedenti, di aspirazioni precedenti, che abbiamo seguito o non seguito. Ciascuno dei due casi è ugualmente importante, perché i nostri peccati d'omissione sono spesso così gravi nei loro effetti sul nostro carattere e sulle vite degli altri, poiché sono i nostri peccati di commissione, e in entrambi i casi i responsabili siamo noi.

L'uomo si esprime attraverso i suoi vari veicoli, visibili o invisibili, attraverso il suo veicolo fisico, ad esempio, le sue forze innate, seguendo così l'imperativo del suo carattere. Questa è l'evoluzione, che come procedura ha due aspetti: (1) il dispiegarsi o l'esternarsi dei poteri interiori in risposta alla (2) moltitudine di stimoli che nascono dal mondo intorno a noi. È così che l'uomo impara, andando passo per passo sempre più in alto finché da questo stadio attuale di sviluppo imperfetto egli raggiungerà infine uno stato di divinità, e ciascun ego diventa un dio pienamente auto-cosciente, un dio che si manifesta totalmente.

Ma è questa la fine, l'apice ultimo del suo destino, un arresto completo dell'azione di tutte le forze, i poteri e le facoltà che egli dispiega? No, non c'è una fine assoluta, né una conclusione assoluta.

L'uomo è nella sua essenza un essere spirituale, una monade, adottando il vecchio termine Pitagorico che significa un'unità, un'individualità. Quindi, egli è un centro cosciente, un centro cosciente di vita, eterno nella sua essenza, perché appartiene a quelle parti dell'universo — i mondi superiori del cosmo — che non muoiono né svaniscono. È quella che in filosofia è chiamata pura sostanza, e non è la materia composita da cui è costruito il nostro universo fisico, ma appartiene alle parti più eteree e più invisibili del nostro universo, che giacciono dentro e dietro il nostro universo fisico di apparenze fenomeniche. Tuttavia, mentre questi mondi interni e invisibili sono le sfere dell'attività monadica, nella sua essenza la monade è più elevata di quanto lo siano queste sfere, perché appartiene al divino nelle radici, nel cuore del suo essere.

Ora, questa monade, questo centro autocosciente di vita, quando arriva il momento per il suo reincorporamento, è soggetta alla grossolanità, alla materialità dei suoi rivestimenti esteriori. Lei stessa, pur rimanendo sempre come pura e semplice divinità sul proprio piano, nondimeno nelle sfere inferiori si ricopre di rivestimenti di luce, come apparirebbero ai nostri sensi mentali e fisici. Questa non è una metafora, ma una realtà, perché la luce è sostanza, anche se a noi si manifesta semplicemente come energia, perché è una sostanza superiore alla materia del nostro piano fisico.

Così, l'uomo reale passa attraverso le sfere intermedie tra i suoi rivestimenti fisici e il piano della monade per mezzo di un raggio emanato dalla monade. Questo raggio monadico è l'ego-sé, ed è quest'ego-sé che discende attraverso queste sfere intermedie, e nel farlo prende su di sé abiti o rivestimenti o veicoli appropriati a queste sfere, uno per ogni sfera. Questi sono i suoi corpi intermedi che, per usare un termine generalizzante, possiamo collettivamente chiamare "anima"; e poi, alla fine, arriva il momento in cui quell'anima, come attività aggregate di queste sfere intermedie, è capace d'influenzare le forze e le materie del nostro mondo fisico. Così il raggio, o anima, passa nell'incarnazione fisica e prende per sé un veicolo fisico, un corpo, proprio come aveva preso per sé veicoli appropriati sui piani intermedi attraverso i quali era passato, e quindi ciascuno di tali veicoli o corpi agisce come un vettore del raggio monadico o ego-anima.

Un essere puramente spirituale non potrebbe vivere o esprimersi su un piano di materia fisica, perché le sue energie non sono appropriate a una tale sfera. La monade deve avere un veicolo, un corpo, per manifestarsi e in cui possa vivere e agire. In altre parole, dev'essere un tempio appropriato per custodire il nostro dio interiore, che è la monade. Questo è ciò che significa nell'antico insegnamento: "Sapete o no che voi siete il tempio della Divinità, e che il Divino dimora in voi?" (1 Cor. 3:16)

Quando l'uomo, come ego-anima o raggio monadico, passa nell'incarnazione fisica, egli nasce nel mondo fisico e percorre i corsi della propria vita sulla terra. Cos'è che causa questi corsi che un uomo segue? Che cosa c'è dietro le cose che egli fa e le cose che lascia incompiute, creando in tal modo un carattere che culmina in un destino? Che cosa sono tutte queste forze nell'uomo? Cos'è che dirige dietro di lui? Collettivamente parlando, è ciò che egli ha costruito nelle vite precedenti, e che ora sta trovando il suo sbocco, sta trovando il suo terreno fruttifero, ed è in questa maniera che l'uomo elabora il suo karma.

Un contadino sparge il seme in un certo campo, e il seme fa radice e cresce, e produce il suo raccolto. Dove? In qualche altro campo? No, ma dove fu sparso. In modo simile, i nostri pensieri e azioni piantano in noi i semi di future attività nei nostri caratteri, attraverso l'azione del karma, la legge di causa ed effetto, che più esattamente è espressa come la legge delle conseguenze.

Anche l'uomo è in gran misura influenzato dal karma complessivo della razza alla quale appartiene, e dalla legge generale della conseguenza, che appartiene all'universo in cui vive. È l'elaborazione di tutte queste potenzialità latenti che egli ha costruito dentro di sé a creare la sua vita in una qualsiasi incarnazione. È la loro elaborazione che dirige quelle che un uomo chiama le sue battaglie per migliorare e le sue aspirazioni a cose superiori. Poi, quando il suo corso in una qualsiasi vita si è concluso, egli passa al suo riposo post mortem; e quando questo riposo è a sua volta finito, allora egli ritorna alla sua sfera in un nuovo ciclo d'attività, e in ogni nuova incarnazione fa ancora nuove esperienze. Sviluppa sempre e sempre di più le sue facoltà e il suo potere interno; quindi, egli è si è evoluto sul sentiero a un punto più avanti di dov'era prima, che può essere piccolo o grande.

Alcune persone fanno obiezione all'insegnamento del reincorporamento, che nel caso degli esseri umani è chiamata reincarnazione. Ma questo è un insegnamento antico, ed ha avuto il consenso comune dell'umanità universale. Qualcuno dice: " Non mi piace l'idea di reincarnarmi. La mia vita è stata molto triste. Ho sofferto profondamente: questa terra è stata la scena delle mie afflizioni; non voglio ritornarci ancora." Altri dicono: "La reincarnazione, come teoria, mi piace; la riconosco come la spiegazione più logica dei problemi della vita mai offerta all'uomo pensante; ma non mi piace l'idea di ritornare in questo mondo e dover passare tutto ciò che ho già passato; e il pensiero di rifare gli stessi errori mi ripugna." Nelle loro menti c'è l'idea che essi avranno lo stesso vecchio nome, si troveranno nella stessa vecchia stazione della vita, avranno le stesse vecchie afflizioni e faranno lo stesso vecchio lavoro. No.

In primo luogo, reincarnarsi prima che siano passati milleottocento o duemila anni, come i nostri istruttori ci hanno insegnato, è una cosa veramente rara, così rara che possiamo sorvolare sulle eccezioni. Guardate le differenze nelle condizioni di vita come esistono nel nostro mondo di oggi, e quali erano all'incirca duemila anni fa. Tuttavia, pochi si lamentano d'essere in questa vita, e la maggior parte della gente sembra aggrapparvisi piuttosto fervidamente. Gli obiettori dimenticano che le leggi della vita non sono quelle che in qualsiasi momento particolare del tempo possiamo pensare che dovrebbero essere o che, nella nostra cecità, vorremmo che fossero. Volenti o nolenti, non possiamo cambiare i corsi dell'esistenza.

Non ritorniamo nello stesso vecchio corpo. Abbiamo, è ovvio, un nuovo corpo. Non ritorniamo nella stessa vecchia casa, che al tempo del nostro ritorno sarà diventata polvere dimenticata. La nostra condizione nella vita potrebbe, nella prossima incarnazione, essere migliore o essere molto peggiore di quella attuale; perché, se non ci perfezioniamo ora che abbiamo la possibilità di migliorare le condizioni, certamente dovremo subirne le conseguenze.

Questo è il significato del karma, la dottrina della conseguenza. Raccogliamo quello che seminiamo, e dove abbiamo seminato; e se in questa vita abbiamo sparso semi di bene e di male su questa terra, è solo in questa o in un'altra vita su questa terra che possiamo raccogliere ciò che abbiamo seminato.

Il nostro universo è governato dalla legge e dall'ordine; e questo termine, karma, esprime la realtà dell'armonia universale e della coesione che si manifesta come ciò che chiamiamo legge e ordine. Ogni cosa che facciamo, ogni cosa che pensiamo, è una causa produttiva che influenza noi e quelli intorno a noi, lasciando tuttavia in noi i semi e i frutti di questi pensieri e di queste azioni. Nelle vite passate abbiamo accumulato tesori per la felicità; ma possiamo anche aver accumulato uno scrigno di altro tipo, e lo stiamo facendo anche nella nostra vita attuale. Nella nostra prossima incarnazione avremo un corpo e un carattere che saranno esattamente il frutto, la conseguenza della somma totale di ciò che abbiamo pensato e fatto in questa vita, modificati solo dalle conseguenze ancora inespresse e non elaborate delle vite precedenti.

Ho sentito un'obiezione di un altro tipo, che va in direzione contraria, ed è questa: "Non mi piace l'idea che debba ritornare ed essere un'altra persona. Voglio essere me stesso, non voglio un nuovo corpo, sono soddisfatto di questo mio corpo. Mi ha trattato bene ed io ho cercato di trattarlo bene." Quelli che fanno quest'obiezione ancora non comprendono. Infatti, andranno a prendere lo stesso corpo. Ora, questo può suonare come una contraddizione di ciò che ho appena detto, ma non è così; è un paradosso.

Il fatto che il nostro corpo sia composto da eserciti di vite, di entità più piccole e inferiori, che non sono però entità che imparano, come lo siamo noi. E potrei aggiungere en passant che anche noi siamo eserciti di vite più piccole, più piccole e inferiori rispetto alle entità cosmiche molto più grandi di quanto lo siamo noi. Ma questi eserciti di vite inferiori a noi e che compongono i nostri corpi — cosa sono? Sono per tutta l'eternità proprio come sono adesso? No, evolvono come noi stessi stiamo evolvendo. In origine, provengono da noi; sono i nostri figli, sono quelli che chiamiamo i nostri atomi di vita. Derivano da noi; siamo noi che li emaniamo, e dovremo incontrarli di nuovo quando ritorneranno a noi nella prossima reincarnazione mediante l'attrazione psico-magnetica. Ritorneranno a noi quando si raggrupperanno in una forma fisica per la nostra prossima incarnazione; e avremo un corpo che consisterà proprio di quello che abbiamo impresso loro oggi e nelle vite passate con i nostri pensieri, le nostre azioni, e le conseguenze dei nostri pensieri e delle nostre azioni.

In questo modo, il prossimo corpo che otterremo non sarà lo stesso vecchio corpo che avevamo prima; non lo stesso John Smith o Mary Brown. Il nostro nuovo corpo sarà composto dagli stessi atomi di vita nei quali abbiamo vissuto e lavorato e ci siamo espressi nella precedente incarnazione. E ricordate che questi atomi di vita esistono non solo su questo piano fisico dov'è il nostro corpo fisico, ma esistono anche sui piani intermedi; vale a dire sul piano astrale ed emotivo, come pure sul piano intellettuale e spirituale.

È per mezzo di questi atomi di vita su tutti i diversi piani, che l'ego-sé emanato dalla monade è capace di costruirsi nuovi corpi, interni ed esterni, nella prossima incarnazione. Egli passa attraverso tutti i piani intermedi, costruendosi con gli stessi vecchi atomi di vita che aveva prima — la sua progenie che lo aspetta lì — un veicolo o corpo appropriato per ciascuno di tali piani. È così anche sul piano fisico dov'è il corpo fisico. Qui abbiamo la spiegazione corretta e originale della fraintesa dottrina cristiana chiamata la Resurrezione dei Morti.

Ora, vi sono tre metodi, ci dicono, mediante i quali procede il reincorporamento, e questi tre lavorano insieme, in stretta armonia. Un metodo è quello che chiamiamo comunemente reincarnazione, che gli antichi mistici greci definivano metensomatosi, cioè il ritornare ripetutamente nei corpi, "reincorporarsi." Questo termine, Origene, uno dei primi Padre cristiani, lo prese dai Misteri Greci, anche se con certe modificazioni dovute ai suoi preconcetti cristiani.

Il secondo metodo è il procedimento chiamato metempsicosi, cioè il ritornare in un'anima, o psiche — "rianimarsi."

Il terzo metodo, che i greci tenevano segreto nei loro Misteri, al quale alcuni dei loro filosofi, come Pitagora, Platone, Empedocle, e successivamente i Neoplatonici, accennavano più o meno apertamente, e lo insegnavano, è l'attività della monade, il fuoco spirituale nel profondo del cuore di ciascuno di noi. La monade manifesta il nostro sé spirituale, perché è quel sé spirituale, un centro cosciente che è la sorgente del nostro essere, che emana in flussi inondanti tutte le energie e le facoltà più nobili del suo carattere, e che, considerate come un'unità, forniscono lo stimolo, la guida, l'impulso, che sottostanno a tutto il progresso evolutivo.

Primo, c'è dunque l'attività della monade superiore. Durante il processo d'incarnazione, le attività di questa monade sviluppano la natura intermedia che vivifica anima dopo anima, e questo è il vero significato dell' antico termine greco metempsicosi; e queste anime così rinvigorite, ispirate, e guidate dalla monade vivificante, animano un corpo dietro l'altro, e questa è la metempsicosi, o reincarnazione, come il termine è comunemente e appropriatamente usato.

Quindi, l'evoluzione procede su tre linee generali: quella spirituale, quella mentale-emotiva, e quella astrale-vitale: e il corpo fisico è il canale attraverso il quale tutte queste capacità, queste tendenze e poteri repressi si esprimono sul piano fisico, se l'ambiente è appropriato in ogni momento particolare o in ogni passaggio di tempo, e adatto all'espressione di questo o di quell'altro attributo, potere o facoltà. La combinazione dello stimolo interno, la guida e un ambiente o campo appropriato e idoneo, significa l'evolversi, l'esternarsi in manifestazione, l'espressione di quelle forze interne o poteri.

Com'è evidente, questo include un concetto più ampio e grande dell'evoluzione rispetto a quello che finora è stato sostenuto nei ranghi dei ricercatori scientifici.

La forza della dottrina della reincarnazione è in se stessa, nel suo appello alle nostre facoltà intellettuali e logiche, nelle sue persuasioni, nel modo in cui risponde ai problemi, nella speranza che dà, nel far luce sulle questioni collaterali della vita umana, e indirettamente sui problemi del mondo fisico che ci circonda. È attraverso la reincarnazione, come un fatto naturale, che impariamo la meraviglia della vita interiore e quindi cresciamo sviluppando una maggiore comprensione, non solo di noi stessi, ma della bellezza inerente all'armonia delle leggi universali. Perché dietro ad ogni cosa ci sono bellezza, felicità e verità.

Ciò che gli uomini chiamano male, sfortuna, incidenti, e i disastrosi fenomeni del mondo fisico che a volte accadono, nascono dei conflitti della volontà e dei poteri dei vari eserciti di entità imperfette ma in evoluzione, e uno di questi eserciti è quella che collettivamente chiamiamo umanità.

Il reincorporamento è una realtà universale perché è una legge, per così dire, un'azione continua e persistente della natura, che attraversa tutti gli esseri. L'universo si reincorpora quando il suo corso è finito, dopo l'immediato periodo di riposo che subentra da quel momento. Gli uomini fanno altrettanto, non perché la reincarnazione è solo per loro, ma perché è la fondamentale legge ciclica degli inizi e della fine, e nel caso dell'uomo significa solo che egli ritorna a raccogliere i fili che aveva fatto cadere ad una certa svolta di quel ciclo che chiamiamo morte.

Il suo procedimento segue rigorosamente la legge, nella sua azione non c'è alcun cambiamento disordinato o fortuito, nessun favoreggiamento; è semplicemente una successione di stati l'uno dopo l'altro in stretta obbedienza alla causa e al susseguente effetto. Nessuno e niente lo produce, semplicemente, è; e il suo lavoro è messo in moto, in ogni caso individuale, dall'azione della volontà dell'entità sulla natura che la circonda. Nessun dio ha creato la legge del nostro reincorporamento. È un'azione intrinseca della natura, e agisce in quel modo solo perché non può agire in modo diverso, essendo soltanto un'affermazione della dottrina delle conseguenze — delle conseguenze che seguono alle cause originanti.


Capitolo 11

Karma ed Ereditarietà

Il Karma è una dottrina associata alla reincarnazione. L'una senza l'altra non ha significato. È la legge delle conseguenze, a volte chiamata la legge di causa ed effetto; più strettamente parlando, è il funzionamento degli effetti o conseguenze, perché karma è un termine sanscrito che significa "azione" — come causa più effetto.

La causa originaria è la coscienza dell'individuo, che agisce sulla natura; la natura reagisce su di lui contro quell'azione, e quella reazione si mette in moto immediatamente o in un momento successivo, o persino in un'incarnazione futura dell'attore originante, o in un incorporamento ancora più lontano di quell'attore rivestito di carne. Quando appare l'opportunità appropriata, quando i collegamenti, per così dire, sono pronti, quando le porte si aprono all'entrata delle forze della natura che costituiscono quella reazione, allora essa viene. E l'individuo potrebbe dire: Che cosa ho fatto per soffrire così? Non ne conosco il motivo." O, d'altro lato, egli potrebbe esclamare: "Che cosa ho fatto perché il mio destino debba essere così grandioso? Non ricordo niente nella mia vita che abbia causato o meritato tutto questo!"

Riconosciamo subito il fatto che, sebbene il nostro karma possa essere fisicamente "buono," non rimarrà così se viviamo egoisticamente e non ci prendiamo cura della miseria dei nostri fratelli. Il miglior karma che possibilmente può essere creato da qualsiasi essere umano è quello che deriva dal riconoscimento e dalla conseguenziale azione appropriata della realtà della nostra intrinseca affinità con tutti gli altri, questo sentimento e questa sensazione che ci stimolano ad agire per alleviare la sofferenza e il dolore ovunque si trovino.

Il karma è, in verità, il carattere. È ciò che un uomo ha creato per diventare tale, non solo in una vita ma attraverso una successione di vite che l'entità invisibile, l'uomo stesso, ha intrapreso nella sua progressiva evoluzione. Questo processo coinvolge l'emergere degli effetti karmici e spiega il problema dell'ereditarietà come nessuna teoria biologica moderna è stata capace di fare.

Nel suo libro Evolution and Ethics (1894) Thomas Huxley, sebbene fosse un campione di biologia materialistica, parla quasi come un buddhista quando dice:

L'esperienza quotidiana ci rende familiari con fatti che sono raggruppati sotto il nome di ereditarietà. Ciascuno di noi porta su di sé ovviamente il marchio della sua origine, di parentele più remote. Più in particolare, la somma delle tendenze ad agire in un certo modo, che chiamiamo "carattere," è spesso da rintracciare attraverso una lunga serie di progenitori e collaterali. Così possiamo giustamente dire che questo "carattere" — quest'essenza morale e intellettuale di un uomo — passa veramente da un tabernacolo di carne a un altro, ed effettivamente trasmigra di generazione in generazione. (p. 61)

Huxley qui parla della dottrina biologica secondo cui un uomo trasmette alla sua progenie le proprie caratteristiche, non solo del corpo ma anche delle sue tendenze psichiche, perché si suppone che queste caratteristiche siano latenti nel plasma germinale, cioè nelle cellule riproduttive che padre e madre trasmettono ai loro figli. È perfettamente vero che tutto quest'aggregato di caratteristiche fisiche e psichiche e di tendenze trasmigrano effettivamente dal genitore alla sua prole; e "trasmigrano" è esattamente il termine adatto da usare qui. Diciamo che sono gli atomi di vita, o meglio, una porzione degli atomi di vita in uno stato inferiore dell'evoluzione, che trasmigrano dal genitore ai figli, perché questi particolari atomi di vita sono quelli che informano e vitalizzano il plasma germinale trasmesso.

Huxley continua:

Nel bambino appena nato, il carattere del ceppo giace latente, e l'Ego è poco più di un fascio di potenzialità. Ma molto presto queste potenzialità diventano effettive; dall'infanzia all'età adulta si manifestano in ottusità o luminosità, debolezza o forza, viziosità o rigore; e con ogni caratteristica modificata dalla confluenza con un altro carattere, se non altro, il carattere si tramette alla sua incarnazione in nuovi corpi. (pp. 61-2)

Ora, quanto detto è veramente un'affermazione di una parte dell'ereditarietà, ma solo una parte subordinata. Appartiene a quel suo aspetto che coinvolge la trasmissione dei veicoli che si preparano per le anime in arrivo, e tutto questo è completato dal passaggio degli atomi di vita, gli atomi di vita di un grado inferiore, attraverso la loro trasmigrazione dal genitore ai figli.

La trasmigrazione copre un campo del pensiero molto più ampio di questo. Ha a che fare con gli atomi di vita che compongono i vari veicoli in cui l'uomo si riveste — non solo il suo corpo fisico. Questi veicoli sono le guaine della sua coscienza, i veli del suo intelletto; ricordate che l'uomo possiede vari corpi che spaziano da quello spirituale a quello fisico, essendo questi corpi su piani differenti in cui e su cui egli vive, si muove, ha la sua esistenza e sviluppa il suo destino.[14]

L'azione del karma ha luogo su tutti i piani — per la maggior parte interiori e invisibili — ai quali è collegata la costituzione interna dell'uomo, spirituale, intellettuale, psichica, emotiva, astrale, pranica e fisica; che include, in breve, tutti i rivestimenti o involucri in cui l'uomo vive su questi vari piani, e che rivestono la gloria che l'uomo è nella sua natura spirituale. E di questa gloria noi, nelle funzioni del nostro cervello fisico, non riceviamo che un debole riflesso, qualcosa come il debole riflesso che la luna riceve della gloria del sole e che trasmette come chiaro di luna alla nostra terra.

Cos'è allora l'ereditarietà dal punto di vista dello studente teosofico? È fuori dubbio che i bambini assomiglino ai tipi genitoriali e ancestrali. Quella che chiamiamo ereditarietà è semplicemente la trasmissione di generazione in generazione di certi tratti, inclinazioni, peculiarità, deformità, simmetrie, da padre a figlio. Ma quali sono le cause sottostanti a questo procedimento?

Il teosofo evidenzia che questi assemblaggi d'individui dello stesso tipo è determinato da un'attrazione psico-magnetica. I fatti dell'ereditarietà non sono semplici avvenimenti fortuiti o possibili, né sono un semplice processo meccanico, ma sono le conseguenze del simile attratto dal simile; e la reincarnazione è il mezzo con cui sono causate queste affinità aggreganti di carattere in una famiglia. Così, ABC, GHI, XZY, sono tutti individui con caratteristiche che si rassomigliano reciprocamente, e quindi fra loro s'instaura una simpatia — quella che chiamiamo attrazione. Questi ego, quindi, attirati reciprocamente da quest'attrazione psico-magnetica, s'incarnano, s'incorporano nello stesso ambiente familiare; e così abbiamo un quadro di quella che gli scienziati chiamano ereditarietà trasmessa di generazione in generazione.

Quando un'entità è pronta ad incarnarsi, è attratta magneticamente, istintivamente, se preferite, verso la famiglia, verso quel grembo, che sono più simpatetici al suo ritmo vibrazionale. Il pensiero e la riflessione mostreranno l'immensa probabilità che sarete attratti verso l'ambiente familiare, verso l'ambito familiare che offre il ritmo più strettamene affine al vostro. Vi è meno difficoltà a sincronizzarsi con quella famiglia piuttosto che con un'altra. Qui abbiamo una ragione per le somiglianze di tipo caratteriale nelle famiglie. Non sono i genitori che forniscono le caratteristiche al bambino. È il bambino che porta queste caratteristiche dentro di sé, che è attratto dalla simpatia verso i genitori che gli daranno un corpo il più possibile adatto a esprimere quell'indole che egli già possiede in potentia; e così, in generale, il tipo familiare del carattere è continuato, sebbene con costanti variazioni modificanti.

Così è l'incorporamento di generazione in generazione di ogni singolo ceppo familiare, degli ego che già possiedono queste somiglianze nella vita terrena, e le trasmettono attraverso una tale famiglia, che causa il fenomeno chiamato "ereditarietà" E questo è vero per l'ereditarietà fisica come pure per l'ereditarietà psichica; gli atomi di vita, in ogni caso, sotto lo stimolo dominante dei diversi ego che s'incorporano e che possiedono queste somiglianze, più o meno seguono pedissequamente queste comuni simpatie egoiche o tratti caratteriali.

Per essere un po' più specifici, potremmo evidenziare che il fluido psico-astrale emanante dall'ego dell'entità reincarnante permea, bagna, scorre attraverso gli atomi di vita che costruiscono le cellule con la riserva di cromosomi, geni, ecc. Il potere psichico dominante dell'ego reincorporante o già reincorporato forza questi corpi cellulari emanati in conformità ai suoi stimoli dominanti.

Abbiamo visto che il carattere non è un qualcosa trasmesso dai genitori al bambino, ma è trasmesso da una vita all'altra di un'entità che si reincorpora e che lo porta con sé nella vita terrena. Come avviene questa trasmissione? La risposta va trovata in uno studio degli skandha.[15] Quando un uomo muore, porta con sé nei mondi invisibili l'essenza di quel carattere che aveva costruito per sé nella vita appena terminata e in altre vite precedenti. Questi attributi sono i suoi skandha, che rimangono come semi di impulsi incompiuti che giacciono latenti finché arriva il momento in cui avranno l'opportunità di fiorire nel campo di un'altra vita terrena. L'entità reincarnante li raduna nuovamente insieme quando ridiscende attraverso i portali della nascita, e man mano che il bambino cresce, si manifestano gradualmente come la sua personalità, le sue inclinazioni, le sue forze e le sue debolezze; in altre parole, la somma totale del carattere della propria "personalità," per usare un termine tecnico teosofico, che non va confuso, comunque, con l'individualità immortale, il sé essenziale o la sua radice feconda su tutti i piani.

Ora, dunque, se quanto detto sopra è vero, com'è che i bambini nati dagli stessi genitori a volte differiscono non solo in minima parte ma anche in misura molto notevole? In ogni caso, è sicuramente il carattere proveniente da altre vite che si manifesta. Ma perché un ego a volte nasce in una famiglia che è completamente sgradita? A volte accade — e questo è un paradosso — che le forti antipatie attraggano effettivamente l'uno all'altro, e un'antica massima di osservatori filosofici dice che l'odio, come l'amore, ha le sue attrazioni. Cosicché, in una singola famiglia possiamo vedere due o più bambini che sviluppano, da un lato, simpatie affettive reciproche o, dall'altro lato, anche violente antipatie che legano certi individui per ineluttabili vincoli karmici.

In ultima analisi, vediamo che l'uomo eredita da se stesso. L'ereditarietà è il carattere, e il carattere è l'ereditarietà. Anche nel caso di un'ereditarietà semplicemente fisica, si può dire che l'uomo crea il suo corpo, mentre i genitori forniscono solo il laboratorio e, in qualche misura, i materiali con cui è costruito. L'entità incarnante è il potere dirigente sottostante alle scene. E l'ambiente è semplicemente il campo magnetico che abbiamo scelto, in cui possiamo elaborare al meglio questi aspetti del carattere che sono "dominanti" in quella particolare incarnazione.

L'uomo è un'individualità. Ha il libero arbitrio. Cambia di giorno in giorno, di anno in anno, di vita in vita. Non è statico. Ora sta costruendo quello che sarà il suo carattere nella prossima incarnazione, e quando la prossima incarnazione arriva, egli porterà se stesso con lui nella nuova vita. Egli è dunque la propria ereditarietà, il suo carattere, il suo karma.


Capitolo 12

L'Evoluzione del Corpo dell'Uomo

Il teosofo, l'evoluzionista radicale o forse, più precisamente parlando, l'emanazionista, guarda all'evoluzione o alla perfezione del corpo fisico dell'uomo Ma con un ben più profondo interesse e ampio respiro di ricerca del suo cuore, egli studia l'evoluzione della monade interiore che evolve e si esprime attraverso il veicolo fisico, il corpo, e che per tale motivo fornisce la guida, lo stimolo, l'impulso, sempre verso l'alto e in avanti, facendo in modo che quel corpo cambi la sua forma lentamente nel passare delle ere, diventando, ad ogni nuova era, ad ogni nuovo eone, un veicolo sempre più adatto ad esprimere le dimoranti forze intellettuali e spirituali e le potenze di quella monade.

Queste forze o potenze spirituali che cercano uno sbocco per esprimersi, lavorano attraverso le particelle infinitesimali della costituzione interiore dell'uomo, gli atomi di vita, che esistono su molti piani, o perlomeno sui quattro inferiori alla parte intellettuale dell'uomo.

Nel corpo fisico questi atomi di vita sono racchiusi nelle cellule di quel corpo, lavorando attraverso gli atomi dai quali sono composte le cellule. Ed è così che la guida evolutiva trova il suo sbocco; viene dall'interno, si esprime attraverso la natura intermedia dell'uomo, poi trova un'espressione attraverso il veicolo fisico, in modo che l'entità pensante possa vedere questo mondo di materia proprio come lo vediamo noi, e trarne queste lezioni accomunandosi ad esso — come un maestro, se preferite, non come uno schiavo — tutte le lezioni che può ricavarne.

Per una mente riflessiva è una palpabile assurdità supporre che tutte le entità pensanti debbano avere necessariamente un rivestimento in tutti gli aspetti o, in verità, in ogni senso, identico al corpo fisico di oggi. Sarebbe come dire che nessuna entità possa avere la coscienza, l'intelligenza o il potere di pensare consecutivamente, o il senso morale, a meno che la sua struttura fisica sia in tutti gli aspetti identica alla nostra.

L'intelligenza, la coscienza, il senso morale, potrebbero vivere ed esprimersi completamente e facilmente nei corpi fisici di un tipo del tutto diverso da noi. In verità, l'insegnamento teosofico dice che gli esseri autocoscienti, intellettuali, e autocoscienti anche spiritualmente, vivono e seguono i corsi delle loro rispettive vite e destini su certi altri globi del nostro sistema solare.

Su questa terra, gli esseri autocoscienti, o quelli che chiamiamo umani, attualmente hanno i corpi che hanno come frutto di una lunga discendenza evolutiva, come risultato necessario, evolutivamente parlando, di passate funzioni dello stimolo, o guida interiore inerente alla costituzione fisica dell'uomo, e lavorando quindi attraverso la materia fisica esistente nella nostra epoca presente. La stessa cosa si applica, storicamente parlando, a tutti i precedenti periodi geologici e a tutti i periodi geologici destinati a seguire l'attuale.

Ad esempio, l'uomo sarebbe meno umano se avesse una coda? Una coda non fa e non disfa un animale, né potrebbe fare o disfare un uomo. Cos'è l'uomo? L'uomo è la coscienza interiore, un'entità pensante, la sorgente del senso morale, la sorgente del potere intellettuale, il centro delle aspirazioni spirituali che tutti noi abbiamo. Il corpo dell'uomo, d'altro canto, non è che il rivestimento nel quale e intorno al quale egli vive, esprimendosi attraverso di esso; e la maniera in cui si auto-esprime attraverso questo corpo fisico forma una parte del soggetto del nostro studio.

Infatti, centinaia di milioni di anni fa, durante la terza ronda del globo, cioè durante il precedente grande periodo planetario, la terra portava il suo appropriato e caratteristico frutto di vite, e molte e varie erano le classi e i gruppi di esseri evolventi a diversi gradi di sviluppo. A quel tempo remoto l'uomo, in verità, possedeva un corpo fisico o rivestimento del quale, allora, una coda era un'appendice più o meno utile. Ogni ricordo di quella realtà  zoologica è attualmente del tutto svanito dalla memoria umana; tuttavia, il nostro insegnamento è che gli uomini fisici di quel periodo di centinaia di milioni di anni fa, avevano una coda, anche se corta.

Le antiche leggende e i miti hindu raccontano come gli dèi e gli uomini di un'epoca passata si associavano ad esseri intelligenti che erano descritti come tribù di scimmie, che parlavano e costruivano case per dimorarvi, edificavano città, e altro. Questi miti, basati sulle memorie semidimenticate di un passato geologico e tramandati di generazione in generazione attraverso le epoche, in tempi molto successivi acquisirono la forma leggendaria sotto la quale noi oggi li abbiamo, come ad esempio nel racconto epico molto antico ed estremamente interessante, il Rāmāyaṇa, che espone dettagliatamente le avventure e gli amori di Rāma e della sua deliziosa compagna e moglie Sītā.

In verità, se la semplice mancanza di una coda come appendice al corpo fisico dell'uomo fosse la sola prova di progresso evolutivo, allora il gorilla senza coda — una delle scimmie antropoidi, e considerato da alcuni zoologi e anatomisti il più vicino antenato dell'uomo — ha una posizione superiore all'uomo lungo il sentiero dell'evoluzione, perché il gorilla ha solo tre ossa coccigee o vertebre caudali, cioè le ossa alla fine della sua colonna vertebrale; ma l'uomo ne ha quattro o, a volte, cinque. In aggiunta a quest'interessante fatto potremmo evidenziare, di passaggio, che è ben risaputo che i bambini a volte nascono con una coda rudimentale, cosa che potremmo definire una reversione automatica a una condizione primitiva.

Che cos'è l'uomo, mi chiedo ancora? L'uomo è l'entità interiore, l'energia pensante, la coscienza — tutto quel fascio aggregato di forze che è la coscienza, che pensa, che ha un senso morale, e che aspira. Anche gli animali hanno tutte queste potenzialità spirituali e psicologiche, ma le hanno latenti; non hanno sviluppato un veicolo appropriato per auto-esprimere questi nobili poteri e facoltà. Ma nell'uomo queste facoltà interiori raffinate hanno veramente la possibilità di espandersi autonomamente attraverso un veicolo che è si è evoluto e allenato per manifestarle. Quindi, l'uomo è quello che è ora fisicamente e psicologicamente.

La verità di questo soggetto è che il rivestimento fisico o corporeo dell'uomo esibisce in qualsiasi periodo evolutivo esattamente lo stato dell'auto-espressione su questo piano, che la monade dimorante ha raggiunto. Quindi, la sua evoluzione procede in fasi che il suo potere o la facilità ad auto-esprimersi crea, il veicolo, dal più piccolo al più grande, che manifesta di conseguenza, seguendo passo per passo e linea per linea lo stimolo o la guida dell'impellente potere interiore.

Così, una facoltà precede sempre un organo; l'organo è rappresentativo, costruito dalla facoltà interiore allo scopo di auto-manifestarsi. Altrimenti, come potrebbe esistere? Da dove potrebbe venire in esistenza? Quale utilità potrebbe avere se una precedente facoltà non l'avesse costruito allo scopo di auto-evolversi? Le cose proprio non nascono nell'universo in modo fortuito, né senza una causa ben definita che si esprime dietro di esse. Quindi, ogni cosa che appare o è manifesta è una prova ovvia di un forte stimolo sottostante che si esprime in questo modo. In altre parole, un fenomeno è la prova di un noumeno causale di sottofondo che si manifesta attraverso un fenomeno, che è così il suo organo di auto-espressione.

È una conseguenza naturale: il corpo fisico o rivestimento o veicolo, deve assumere, in differenti periodi evolutivi, varie forme o aspetti ampiamente differenti. I nostri corpi non sono sempre stati come lo sono ora. Cosa direste quando si afferma che la guaina corporea originale "umana," il corpo, nelle prime ere di questa ronda planetaria sul nostro globo, aveva un aspetto quasi sferico, una forma ovoidale o embrionale tipo uovo, nel cui centro abitava l'entità?

Inoltre, non era proprio luminoso ma luminescente e translucido, simile a una stella, potremmo dire molto fosforescente. È per questa ragione che definiamo "astrale" quel particolare grado di materia, perché questa materia assomiglia alle brillanti nebulose che osserviamo nella cupola blu della notte; astrale significa "di tipo stellare."

Fin da quella remota epoca del tempo geologico, l'aspetto corporeo del rivestimento fisico ha subito variazioni ed è cambiato passo per passo secondo i richiami delle necessità e il progresso dell'evoluzione, prima di raggiungere la forma che ha ora; e questo cambiamento continuerà progressivamente nel tempo futuro, seguendo fedelmente ogni crescita di potere per l'auto-espressione che l'entità interiore acquisisce.

In futuro, il corpo dell'uomo avrà una forma, nella struttura e nel potere di manifestare le facoltà interiori, molto diversa da quella che è oggi. Nei distanti eoni del futuro, il nostro corpo cambierà equivalentemente al passare del tempo, rispondendo con precisione ai nuovi bisogni, ai nuovi richiami per l'auto-sviluppo, e ai nuovi stimoli dall'ambiente esterno ai quali l'uomo interiore risponde automaticamente; e inoltre, quello stesso ambiente esterno cambierà lentamente in una condizione molto più eterea e raffinata.

Eoni su eoni da qui, durante l'ultima parte della settima ronda del globo, il rivestimento esterno dell'entità che l'uomo sarà diventato, ritornerà a una forma ovoidale o embrionale tipo uovo e sarà, per la materia molto più raffinata e spirituale di quei tempi futuri, il rivestimento fisico o corporeo — se possiamo usare queste parole — della divinità che si manifesta nel cuore di ognuno di questi corpi ovoidali. Naturalmente in quei periodi, invece di essere composta di sostanza fisica grossolana, grezza, come sono oggi i nostri corpi, questa forma esterna ovoidale sarà un rivestimento di luce abbagliante, solare, gloriosa, risplendente, e l'entità nel suo cuore sarà quell'uomo interiore divino; tale sarà diventato l'uomo attraverso l'auto-evoluzione dei poteri spirituali che egli è nel suo sé più intimo.

Quindi, non è troppo enfatico ribadire che il corpo fisico proviene dalle forze spirituali e invisibili intimamente inerenti, delle quali è il risultato. Sono queste forze che creano quel corpo, lo controllano e lo governano, gli danno una forma e lo tengono compatto. Questa forza di coesione, e tutti gli altri fenomeni fisici energetici che il corpo manifesta, sono scaturiti dalla sorgente interna, perché è nell'individuo che giacciono le fonti dell'energia e della forza, e quindi di tutte le azioni.

Ciascun uomo anima il proprio corpo. Egli è la superanima, per così dire, di ognuna delle molecole o cellule o atomi che compongono quel corpo. In maniera simile, noi proveniamo dalla nostra radice spirituale, perché il nostro sé più intimo risale al cuore dell'universo. Infatti, questo sé è nel cuore degli atomi stessi, forma effettivamente questi atomi, e poi li getta via, li espelle, per così dire, e da quel momento vive in essi. Così l'uomo costruisce il suo corpo dalle forze di vita interiori, e lavora attraverso questo corpo nel quale manifesta i suoi vari fuochi di vita.

I ricercatori medici dei misteri del corpo umano erano soliti cercarvi un'anima immortale, qualche prova tangibile dell'immortalità umana. In tutta coscienza, cosa speravano di trovare? Un corpo immortale? Un corpo cosiddetto morto non parla, né respira, o ride, pensa, o sospira. Cos'è allora la morte? Che cosa accade quando il corpo muore? Qualcosa agiva così e si manifestava quando il corpo era vivo; questo qualcosa una volta manifestava tutti quei poteri che l'uomo vivente esibisce, facoltà trascendenti con aspirazioni spirituali. Che cosa ne è di queste? La verità è che i ricercatori non potevano vedere l'azione dell'entità interiore in base ai molteplici fenomeni che essa manifesta nel corpo vivente. Di conseguenza, ci passavano sopra chiudendo gli occhi e le menti, incapaci di decifrare le vere prove davanti a loro.

Come nacquero tali idee tra i pensatori europei quando la scienza cominciò a raccogliere qualche conoscenza del mondo fisico, e la mente dell'uomo si ritrovò più libera di lanciarsi su un modo di pensare più nobilitante? Queste idee estremamente limitate nacquero forse dal fatto che le immagini e gli insegnamenti nei primi tempi del Cristianesimo erano simbolici, e in seguito presi alla lettera — come ad esempio le raffigurazioni che si possono vedere spesso, nel Mediterraneo europeo, di angeli con il corpo umano ma con le ali come di uccelli giganteschi; o esseri incorporei, dipinti mentre sorgono dal cadavere nella tomba sotto l'aspetto di una forma umana più o meno abbozzata; o, come qualche volta possiamo vedere, di un manichino che esce dalla bocca di chi sta esalando l'ultimo respiro?

Queste raffigurazioni molto materialistiche della cosiddetta anima umana in origine erano puramente simboliche, e non intendevano mai, quando furono usate all'inizio, di essere prese alla lettera. Furono copiate dalle riproduzioni simboliche cosiddette pagane del passaggio dell'entità interiore al principio del lungo sonno che essi chiamavano e che anche noi chiamiamo morte.

È abbastanza vero che l'entità interiore, confrontata con il suo veicolo fisico grossolano, è un'energia, una forza, invisibile ai nostri occhi, intangibile al nostro tatto, e si manifesta nel corpo vivente come una tale energia, forza o potere, le facoltà che mostra durante questa manifestazione che è il suo carattere intrinseco. Non è questo che ha luogo esattamente com'è dimostrato dai fenomeni dell'entità intuitiva vivente, cosciente, pensante, aspirante, emotiva, psichica, passionale, quando lavora attraverso il corpo? Una strana composizione di cielo e terra, un'energia composita, un fascio di forze, che la morte separa e lascia andar via, ciascuna lungo il suo speciale sentiero.

Tuttavia, quando diciamo che l'entità interiore è un'energia, un fascio di forze, vogliamo significare anche che è sostanzialmente materiale, nel senso più nobile. E in questo, le ultime scoperte della scienza fisica confermano inconsapevolmente gli insegnamenti arcaici, perché gli scienziati di oggi insegnano che forza e materia, o energia e materia, sono fondamentalmente una, essendo la materia, per così dire, energia o forza cristallizzata; e l'energia o la forza sono, per così dire, materia sottile e in movimento. Vi sono, com'è stato dimostrato, molti gradi o livelli di fasi della sostanza. C'è, per primo, quello fisico; poi, quello che chiamiamo astrale o etereo; poi quello più etereo; poi, quello ancora più etereo; poi, quello intellettuale, se preferite chiamarlo così; e poi, quello spirituale; e al punto culminante, formando il vertice della progressione gerarchica, c'è la sostanza divina. Comunque, l'uomo è costruito attraverso tutta la sua costituzione interna ed esterna.

Questo nostro corpo, anche se veramente meraviglioso se lo guardiamo da un punto di vista, da un altro punto di vista è un veicolo per lo più imperfetto per l'auto-espressione dell'entità reincarnante e reincarnata. Non può manifestare che una millesima parte, nemmeno una milionesima o una bilionesima parte di ciò che l'invisibile entità umana sta cercando di auto-esprimere nell'uomo interiore.

Per la maggior parte, è attraverso i sensi che cerchiamo di esprimerci; e ognuno sa come i sensi ricevono imperfettamente le impressioni dall'esterno, per non parlare della loro debole forza nel dispiegare i poteri, le facoltà e i sentimenti racchiusi che sono in noi.

Ci sono cinque sensi, come li abbiamo ora. Ciascuno è il frutto di un lungo lavoro evolutivo; imperfetti come sono, tuttavia ci servono. Ma non ci serviranno più con il passare del tempo, negli eoni futuri, quando si saranno molto più perfezionati, strumenti più idonei all'auto-espressione dell'entità interiore.

Quest'entità, quando cerca di reincarnarsi, è essenzialmente un aggregato di forze: spirituali, intellettuali, psichiche, emotive e astrale-vitali. Quando arriva il suo momento di assumere (o riassumere) un nuovo corpo fisico, è magneticamente, o forse elettricamente, attratta in quella famiglia, più particolarmente in quella cellula della madre, che presenta più strettamente nella propria sfera cellulare il tasso vibrazionale minore dell'essere reincarnante. Sotto quest'aspetto, l'attrazione è magnetica, e in tal modo l'entità incarnante è attirata dalla cellula che ha un tasso vibrazionale corrispondente. Da quel momento i tassi vibrazionali coincidono e diventano uno per tutto il periodo. In questo modo comincia lo sviluppo della vita nella cellula fertilizzata.

Gli stessi atomi non sono altro che forze equilibrate, e quindi le cellule che essi compongono sono essenzialmente forze equilibrate. Così, è facile vedere come la comunicazione tra il visibile e l'invisibile sia soltanto una questione di tassi vibrazionali simili o divergenti. È tutta una questione di sincronia vibrazionale. È possibile intonare una corda di pianoforte se si fa risuonare la nota chiave di un altro strumento. Possiamo infrangere un vetro, frantumarlo, facendo risuonare la nota chiave su un violino o un corno, come ben sappiamo, se possiamo afferrare e far risuonare il tasso vibrazionale su cui è costruito il vetro. Credo che in futuro i fisici scopriranno e utilizzeranno i meravigliosi poteri curativi che giacciono nel suono, e direi nella musica che, dopo tutto è fatta, in senso fisico, di suoni armoniosi.

Man mano che il corpo cresce, cioè, quando l'aggregato in crescita delle cellule figlie formano il corpo del futuro individuo, riceve in quantità sempre maggiore e in forme sempre più specializzate le differenti forze dell'entità che sta venendo nella vita fisica ancora una volta dal suo lungo riposo dopo la vita terrena; o, per dirlo con altre parole, quando il corpo in crescita risponde perfezionandosi incessantemente e crescentemente al tasso vibrazionale dei principi che compongono l'entità che allora si reincarna, le caratteristiche individuali di quella reincarnazione diventano sempre più manifeste.

Mentre questi tassi di vibrazione sono più o meno diffusi attraverso il corpo fisico quando raggiunge l'età adulta, nondimeno vi sono dei punti centrali attraverso i quali l'entità si esprime, i canali, per così dire, le porte aperte attraverso cui riversa i suoi aspetti inferiori, esprimendosi così in quella struttura aggregata di cellule, che ora sta costruendo e formando il suo rivestimento fisico, il corpo.

Quali sono questi punti centrali? Parlando in generale, sono i vari organi del corpo fisico. Evidenziando più specificamente la loro posizione, potremmo dire che ci sono sette principali punti centrali — o centri — nel corpo umano, ciascuno adatto e costruito allo scopo di esprimere uno dei sei principi generali — a parte il corpo fisico — dai quali è composto l'uomo, che spaziano da quello spirituale a quello vitale-astrale, il più basso.

Dove sono questi punti centrali? Primo, vi prego di comprendere che una forza eterea, una forza sottile e delicata, per quanto tremendo possa essere il suo potere, non ha necessariamente bisogno di un grande organo fisico per auto-esprimersi. Se c'è nella struttura umana, nel corpo fisico dell'uomo un punto abbastanza grande come la punta di uno spillo, potrebbe bastare. Quello che possiamo vedere con i nostri occhi fisici come una piccola parte di materia fisica, dal punto di vista atomico può contenere quanti atomi ci sono nel cielo.

Questi punti centrali, questi centri di trasmissione eterica nel corpo umano, negli scritti filosofici in Sanscrito e in altri, sono chiamati chakra, un termine che significa "ruote" o "cerchi," e quindi, in questo contesto, ciò che forse potremmo tradurre come gangli o ghiandole. Dei sette, qui citerò solo i due superiori che sono nel cranio: la ghiandola pineale e la ghiandola pituitaria. Queste due piccole ghiandole o corpi permettono a due forze dell'uomo, che è il vero uomo, due forze differenti e tuttavia cooperanti e connesse tra loro, di esprimersi attraverso il corpo. Furono costruite a quello scopo attraverso eoni ed eoni di lavoro evolutivo, e in futuro saranno ancora più perfezionate di quanto lo siano oggi, e quindi più capaci di esprimere quei poteri spirituali e intellettuali, mentali, emotivi, psichici ed eterei, che nel loro insieme sono l'uomo.

Attraverso i sette chakra, punti centrali, canali, aperture, porte — chiamateli come volete — l'entità incarnante e incarnata si esprime; ed è attraverso di essi che le forze di cui è composto l'uomo sono diffuse attraverso tutto il corpo, che è il suo essere fisico.[16]

Evoluzione significa abbattere le barriere, e costruire in coincidenza un veicolo sempre più adatto a esprimere le facoltà e i poteri dell'entità interiore. È in parte la demolizione di queste barriere, e in parte il perfezionamento e la costruzione del veicolo, che rende capace l'entità interiore di manifestare in modo proporzionale le sue facoltà. L'evoluzione non è aggiungere pietra su pietra, o esperienza su esperienza — non solo questo; è molto di più, è la costruzione del veicolo, che diventa costantemente più adatto e pronto ad esprimere o manifestare qualche parte delle facoltà trascendenti dello spirito umano. Un uomo molto evoluto ha un veicolo più adatto e più pronto rispetto a un uomo meno evoluto; e ciò è applicabile non solo al piano fisico, ma ancora più fortemente ai piani mentale e psichico. L'uomo inferiore nello sviluppo evolutivo non ha un veicolo così adatto, e quindi può esprimere scarsamente quei poteri.

Sgombriamo le nostre menti dalle idee cristallizzate che le cose, poiché sono come sono ora, sono state sempre così e sempre lo saranno, e sempre devono esserlo; questo sarebbe il ragionamento di un bambino: è ovvio che, se le cose crescono, cambiano; e il cambiamento è sempre per migliorare nel viaggio evolutivo — tralasciando tutti i margini collaterali di crescita o di degenerazione. Ora stiamo parlando solo del corso complessivo dell'evoluzione.

Noi siamo tutti figli della terra, in un senso molto reale, e al tempo stesso siamo la progenie del cielo. La nostra terra non ha prodotto quella cosa meravigliosa dentro di noi, che dirige e governa le nostre vite, che ci dà pensieri, sentimenti e aspirazioni, desideri di cose migliori. No, quella parte che la terra produce è il veicolo fisico; ma la cosa meravigliosa siamo noi stessi, e nasce nei regni dello spirito e dell'ineffabile luce.

Quindi, mentre collochiamo decisamente il corpo umano nel mondo animale, lo facciamo perché la primordiale forma fisica dell'uomo fu la primitiva sorgente originaria di tutto quel mondo animale — un prodotto della terra. Ma questo nostro corpo è l'uomo? Il corpo fisico dell'uomo non è che il mediocre guscio che racchiude e altera i poteri di un luminare spirituale.

Tuttavia, se lo guardiamo da un altro punto di vista, è uno strumento meraviglioso; ma al confronto della gloria del dio che l'uomo è intimamente, l'animale che è il suo corpo e attraverso il quale questo splendore interno cerca di illuminare, non è niente. Non è altro che un velo avvolgente, un rivestimento limitante. Ancora, dev'essere un veicolo adatto, appropriato a esprimere quei poteri dimoranti di natura spirituale, intellettuale, mentale, psichica e astrale-vitale, che nell'insieme sono l'uomo. Sono i pensieri come questi che c'insegnano a vedere il valore delle regole etiche nella vita — quegli istinti nobili dell'essere interiore, il cui mandato collettivo è quello al quale non oseremmo disobbedire.

Lentamente e molto gradualmente, i vari veicoli o rivestimenti o guaine in cui la natura interna dell'uomo, come di tutte le entità, vive e opera, diventano più raffinati, più capaci di esprimere i poteri e le facoltà intime. Sottostante a tutti c'è, in generale, lo stimolo cosmico che si mescola all'azione della guida individuale dell'entità, che si esprime sempre in avanti e verso l'esterno — perché l'impulso generale, come pure quello individuale è sempre in avanti.

E qual è questo motore da cui scaturiscono questo stimolo complessivo e la particolare guida? È, di fatto, la monade — la radice divina in noi, che prende complessivamente la forza di vita dalla vita universale di cui è una parte intrinseca e inseparabile, e che al tempo stesso è la sorgente della guida individuale. Dietro all'uomo, dietro alle entità animate sulla terra oggi, dietro ai vari ceppi di organismi animati, c'è, in ciascun caso, la guida vitale di una monade vivente. Queste monadi non sono contaminate dalla materia con cui lavorano, e nella quale, attraverso la quale, lavorano — non più di quanto i raggi del sole glorioso siano contaminati o danneggiati, o perdano la loro brillantezza innata, dall'acqua e dalla schiuma o dalla melma e dal fango nel fetido pantano attraverso cui possono penetrare di qualche grado, ripulendo e purificando tutto quello che toccano.

È questo raggio interno, questa scintilla di luce negli esseri, a fornire lo stimolo, la forza dirigente, l'impulso innato verso cose superiori. Questa luce proviene dall'oceano della vita universale; ed è da quella vita universale all'inizio del nostro corso evolutivo, che fummo emanati come scintille divine incoscienti, per così dire, passando attraverso stadi infinitamente vari lungo il sentiero del progresso evolutivo. A ogni fase, vi impariamo lezioni appropriate, generando così la comprensione di qualsiasi fase del nostro viaggio cosmico. Passando quindi in avanti o, ciò che è la stessa cosa nel presente istante, verso il punto basso più lontano nella materia, entriamo nella fase umana e lì otteniamo l'auto-coscienza — un'auto-coscienza che cresce e s'espande sempre di più nel passare del tempo, perché ad ogni passo in avanti, ad ogni nuova lezione che impariamo, le nostre capacità hanno un campo più esteso per esprimersi; e l'evoluzione non è altro che la progressiva auto-espressione.

Quando l'auto-coscienza è stata conquistata, da quel momento possiamo fare ogni nuovo passo con un'andatura sempre più sicura e decisa; e così, ad ogni passo in avanti ampliamo sempre di più la conoscenza che avevamo nell'ultima fase. Quindi, l'auto-coscienza s'espande di nuovo nella coscienza universale quando oltrepassiamo il punto di svolta della materia fisica più grossolana e rivolgiamo i nostri sguardi in avanti, per la lunga, lunga ascesa verso l'alto. Così, alla fine del nostro periodo planetario, la coscienza umana ridiventa coscienza universale, ritornando, dopo aver raggiunto l'apice del nostro corso evolutivo, alla Sorgente dalla quale siamo venuti in origine, non più scintille divine incoscienti ma dèi pienamente auto-coscienti.


Capitolo 13

I Centri Interni dell'Uomo

L'essere spirituale che è il vero uomo suona sul corpo fisico come il maestro di musica suona su un meraviglioso liuto o arpa. Le corde di questo strumento, questa struttura fisica mirabilmente costruita, passano dal più grossolano minugio, che può produrre suoni pesanti e sensuali, fino all'argento e all'oro, e infine alle intangibili corde dello spirito; e il musicista gioca su queste corde con un magistrale movimento della volontà quando glielo permettiamo. La maggior parte di noi esseri umani per lo più ci asteniamo dal suonare sulle corde più nobili e superiori, e suoniamo solo sul grossolano minugio.

Infatti, questo nostro corpo è una delle meraviglie dell'universo. Oggi non comprendiamo ciò che esso contiene, i suoi poteri da sviluppare in futuro quando il tempo che evolve li porterà avanti, ma che oggi possiamo accelerare nella loro crescita. Questi poteri dell'essere umano funzionano attraverso i sette centri principali di energie nel corpo: sette organi o ghiandole, a volte chiamati chakra. Strettamente parlando, i chakra sono gli organi o funzioni astrali, e le loro specifiche attribuzioni agli organi fisici sono circondati, nella letteratura exoterica, da mistero e incertezza. Comunque, in certe scuole sono stati conosciuti e studiati da tempo immemorabile. Li enumeriamo generalmente da quelli più bassi: i genitali, il fegato e la milza, quello cardiaco, il cervello nel suo insieme, la ghiandola pituitaria e la ghiandola pineale. Vi sono altri chakra subordinati, ma quelli più in alto sono i più importanti. E, cosa abbastanza strana, sono come se fossero abbinati: il cuore e il cervello; la pineale e la pituitaria; il fegato e la milza; e la coppia dell'abbinamento più basso, di fatto, è il plesso solare — ma questa è una storia a se stante.

Ognuno di questi organi o ghiandole ha la sua funzione appropriata, la sua attività, lo scopo e il suo lavoro nella struttura umana. Con la nostra volontà, con uno studio pertinente, vivendo la vita, li possiamo rendere incomparabilmente più potenti dentro di noi, molto più attivi di quanto lo siano attualmente, e diventare così dèi tra gli uomini. La maggior parte di noi non lo fa. Viviamo nel mondo sotto il diaframma umano, per così dire. E tuttavia, nonostante i nostri peggiori sforzi per annientare il dio in noi, per distruggere il suo sacro lavoro, la ghiandola pineale e la ghiandola pituitaria, e il cuore, continuano a funzionare sempre allo stesso modo. Noi siamo protetti contro la nostra stessa follia.

Il più basso di questi chakra può diventare uno dei più nobili se cambiamo la sua direzione verso una spiritualità creativa. Il rifiuto comporta una perdita; quel particolare organo nella struttura umana può diventare l'organo per produrre le più potenti e nobili opere del genio. Ha un lato spirituale e un lato fisico, come ce l'hanno tutti questi organi e queste ghiandole. Ma quanti ricordano la santità della creatività spirituale, per così dire?

Il fegato è la sede dell'uomo personale, l'individuo kāma-mānasico; e la milza, il suo luogotenente, è la sede del corpo astrale, il liṅga-śarīra. Anche nelle sedute spiritiche — che non consiglierei a nessuno di parteciparvi — è stato mostrato come il corpo astrale del medium trasuda, prima come un filo sottile, e poi diventa, quando la manifestazione è genuina, quello che oggi è chiamato "ectoplasma," una vera sostanza astrale addensata; ed è dalla milza che esce fuori questo corpo astrale.

Poi il cuore, l'organo del dio in noi, del divino-spirituale: qui, nel cuore fisico considerato ora come un organo spirituale — e non semplicemente come una pompa umana, come in effetti è — c'è il dio interiore, non in persona, ma il suo raggio tocca il cuore, lo riempie, per così dire, con la sua presenza aurica — un santo dei santi. Dal cuore provengono tutte le grandi questioni della vita. Qui è dove abitano la coscienza, l'amore e la pace, la grande fiducia in se stessi, la speranza, e la saggezza divina. La loro sede è nel cuore mistico di cui l'organo fisico è lo strumento vitale fisico.

Il cervello, nel suo insieme, è l'organo della mente-cervello, il campo d'attività del nostro ragionare comune, della nostra attività mentale raziocinante, con cui pensiamo sia ordinariamente, sia in maniera elevata, e con cui attendiamo ai nostri compiti quotidiani. Ma, come abbiamo già detto, la ghiandola pineale e la ghiandola pituitaria sono connesse al cervello. La ghiandola pineale è come una finestra a battenti che si apre sui mari infiniti e sugli orizzonti di luce, perché è l'organo che dentro di noi riceve direttamente il raggio mahatico, il raggio che proviene direttamente dall'intelletto cosmico, mahat. È l'organo dell'ispirazione, dell'intuizione, della visione.

Il cuore è superiore, perché è l'organo della natura spirituale dell'uomo, che include il manas superiore o intelletto spirituale. Quando il cuore infiamma la ghiandola pineale e la fa vibrare rapidamente, allora l'afflusso di forza spirituale è così forte, che l'uomo che lo sperimenta ha il suo corpo avvolto in un'aureola di gloria. Un'aureola è dietro la sua testa, perché quando la ghiandola pineale vibra rapidamente l'occhio interno è aperto e vede l'infinito; e l'aureola o nembo è il flusso energizzante che scaturisce da quest'attività della ghiandola pineale.

La ghiandola pituitaria è il luogotenente della pineale. È l'organo della volontà e, quindi, anche della crescita automatica; l'organo della volontà, dello stimolo, della crescita e dell'impulso. Ma quando la pineale fa vibrare, in sincronia con la sua vibrazione, la pituitaria, abbiamo un uomo-dio, perché è l'intelletto che concepisce l'infinito. Allora la divinità nel cuore parla e vibra in sincronia con la ghiandola pineale, e così la pituitaria, spinta all'azione della volontà, agisce attraverso gli altri chakra o organi, e rende l'intero uomo un'armonia di energie superiori — relativamente divine!

Tutte le grandi guide e gli insegnanti spirituali del mondo, i grandi uomini-dii della razza umana, ci hanno detto come incrementare la vibrazione della ghiandola pineale nel cranio. La prima regola è di vivere come un vero umano, ed è così semplice. Fate tutto quello che dovete fare, e fatelo secondo quello che per voi è il meglio. Le vostre idee di che cosa sia meglio cresceranno e si affineranno. La regola successiva è di coltivare specificamente come unità le qualità superiori che vi renderanno un umano superiore all'umano inferiore. Siate giusti, gentili, perdonate, siate compassionevoli e misericordiosi. Imparate la meravigliosa bellezza dell'auto-sacrificio per gli altri, in cui c'è qualcosa di veramente eroico. Conservate queste cose nel vostro cuore; credete nelle vostre intuizioni; vivete nel vostro essere superiore.

Quando tutto questo può essere continuamente messo in pratica, cosicché voi diventiate la vostra vita, per voi abituale, allora si avvicina il tempo in cui diventerete un uomo reso perfetto, un buddha glorioso. Manifesterete il cristo immanente in voi, e lo incorporerete. Qui c'è la fisiologia spirituale di tutto questo soggetto.

La ghiandola pineale era, nell'umanità primordiale, un organo esterno della vista fisica e della visione spirituale e psichica. Ma, durante il corso evolutivo che la struttura umana seguì, con il passare del tempo e quando i nostri due occhi cominciarono a mostrarsi, la ghiandola pineale o il "terzo occhio," "l'Occhio di Śiva," "l'Occhio di Dangma," cominciò a recedere all'interno del cranio, che la ricoprì di ossa e capelli. Allora perdette la sua funzione come organo della vista fisica, ma non ha mai cessato di continuare le sue funzioni, anche ora, come un organo della visione spirituale e dell'intuito. Quando un uomo ha un'impressione, la ghiandola pineale comincia a vibrare delicatamente. Quando un uomo ha un'intuizione o un'aspirazione o un lampo improvviso di comprensione, la ghiandola pineale comincia a vibrare ancora più fortemente, sia pure dolcemente, lievemente. Funziona ancora, e può essere allenata a funzionare di più se crediamo in noi stessi e nel nostro innato potere spirituale.

Infatti, la ghiandola pineale è connessa con quello che nel futuro sarà il nostro settimo senso. Vi sono, secondo la saggezza antica, ancora due sensi da sviluppare, e in tutto sono sette. È una cosa proprio difficile da descrivere quali saranno questi sensi, e poiché non esistono ancora e quindi non agiscono attraverso e dentro di noi come attività manifestate, non abbiamo nomi per questi poteri effettivamente non esistenti. Il sesto senso potremmo descriverlo come una sensibilità psichica o psico-spirituale; proprio come il tatto è la sensibilità della pelle. Questa sensibilità psichica non significa leggere nel pensiero di qualcuno. Significa impressionabilità, perché è soggetta a impressioni psichiche di molti e vari tipi, un senso, quindi, che può essere piuttosto prezioso, ma anche molto infido e soggetto a pericoli, per cui dobbiamo stare eternamente in guardia.

Penso che sia dovuto all'infinita benevolenza degli dèi sopra di noi che il sesto senso non si sia ancora sviluppato. Anche adesso sta venendo lentamente in attività, finora molto debolmente, ma comincia a mostrarsi; e questo spiega il grande numero dei cosiddetti psichici nel mondo, che spesso sono persone instabili. Se quel senso dovesse manifestarsi ora, nella sua pienezza, sarebbe un dono tale come quello dato a Ercole. Potrebbe bruciare a morte come la tunica del centauro Nesso. Non siamo ancora sufficientemente sviluppati eticamente per avere un senso come quello, per la sicurezza della nostra stabilità mentale, della nostra salute e, più importante di ogni cosa, del nostro dovere versi i nostri simili umani.

Il settimo senso lo chiamerei come lo sviluppo della cognizione, dell'intuizione interiore, immediata, spirituale, nella misura in cui possa svilupparsi in noi umani durante questa ronda sul nostro globo. Il suo organo, l'Occhio di Śiva, o il "terzo occhio," dovremmo chiamarlo più correttamente il "primo occhio," perché ha preceduto gli altri due, quindi, non dovremmo dire che sia entrato dopo come un terzo [occhio] debole e claudicante. Come abbiamo ribadito, anche oggi funziona parzialmente, ma ha un percorso molto duro, dovuto soprattutto al lavoro dei due occhi che lo hanno sopraffatto. Con il passare del tempo i due occhi diventeranno lentamente più perfezionati nel loro funzionamento, ma la loro importanza diminuirà; e il "primo occhio" riprenderà di nuovo la sua funzione. Funzionava in altre ronde, durante la terza, e anche durante la seconda, e debolmente nella prima; perché durante la prima ronda le monadi che ora chiamiamo ego allora erano praticamente incoscienti; ma — strano paradosso — a causa del funzionamento di questa coscienza diretta dall'interno in quei primi esseri, avevano pensieri che abbracciavano l'infinito, una scarsa coscienza esteriore del mondo esterno. La stessa condizione della prima ronda si è ripetuta nella prima razza di questa quarta ronda.

É quest'Occhio di Śiva che un giorno funzionerà nuovamente come l'organo del nostro settimo senso, il più elevato. E quando arriverà quel momento, funzionerà unitamente al cuore; e quando questi due uniranno i loro fluidi ed energie, avremo un uomo perfetto.


Capitolo 14

Pagine Perdute della Storia Evolutiva

La teosofia insegna che l'evoluzione — o lo sviluppo, l'espansione, l'auto-espressione, la crescita progressiva di un'entità — procede sia nei cicli maggiori, sia in quelli minori. Ogni grande ciclo o marea di vita che si estende sulla nostra terra dura su questo pianeta Terra per decine di milioni di anni; e ciascuna di tali ronde del globo, come chiamiamo una marea di manifestazione, durante il corso della sua attività dà nuova nascita e numerosi grandi ceppi di esseri, spaziando dagli esseri elementali fino a quelle entità quasi divine al di sopra dell'umanità.

Alcuni di questi ceppi o regni della natura al di sotto dell'uomo sono ben conosciuti a tutti: il regno bestiale o animale, il regno vegetale, il regno minerale. Al di sotto di questi ci sono i tre regni degli elementali. Di questi ultimi regni, quelli delle tre classi di esseri elementali, la scienza moderna non sa nulla tranne che riconosce certe forze in natura in questo contesto. I tre regni elementali sono i canali attraverso cui quelle forze naturali si riversano sulla nostra terra e agiscono attraverso di essa, tenendo insieme le sue parti componenti che sono, per così dire, il cemento vitale o le energie di coesione che tengono insieme gli eserciti e le moltitudini di eserciti degli esseri coscienti e semicoscienti che compongono la nostra terra. Questi sono gli elementali.

Ci sono anche tre altri regni di entità molto più progredite dell'uomo, che sono al di sopra di lui nella scala dell'avanzamento evolutivo. Questi tre regni superiori sono i regni dei dhyāni-chohan. Consistono di esseri spirituali che una volta, in ere remote, erano uomini come lo siamo anche noi ora. Erano passati attraverso l'umanità per ottenere il loro stadio attuale, il loro stato di dhyāni-chohan. Ed è anche il destino degli umani seguire questo stesso sentiero di progresso verso l'alto, il destino di ogni individuo del ceppo umano — se prevale sulle forze della materia che spingono in basso lungo il suo sentiero evolutivo verso l'alto — per diventare anche lui, in futuro, un membro di queste tre più nobili stirpi al di sopra dell'umanità.

Gli antichi chiamavano dèi queste tre stirpi superiori all'uomo. Nei tempi moderni, suppongo che preferirebbero essere chiamati spiriti; non entità umane disincarnate alle quali il nobile termine "spirito" è spesso applicato grossolanamente. Ma essi sono davvero entità spirituali sviluppate che noi chiamiamo monadi.

Questi tre regni superiori all'uomo, che è destinato a parteciparvi in futuro, formano le tre fasi del progresso che precedono altre gerarchie di esseri ancora più avanzati, che evolvono tutti, tutti in marcia verso l'alto, tutti che ascendono sempre più in alto, illimitatamente nell'eterna durata — in passato come lo sarà in futuro — trovando il loro destino ineffabilmente bello nei campi senza frontiere dello spazio spirituale.

Ciascuna di queste grandi stirpi di esseri produce entità del proprio tipo, delle proprie capacità, avendo ciascuna la sua guida, lo stimolo e le tendenze inerenti. Ogni stirpe, in altre parole, ha la sua individualità, proprio come ce l'ha l'uomo, l'animale, o un albero o un fiore, o un altro ceppo.

Parleremo ora di quel grande ceppo che chiamiamo il regno umano. Per prima cosa, andrebbe capito che l'origine dell'uomo, secondo la teosofia, non fu quella che la maggior parte degli scienziati ha l'abitudine di chiamare monogenetica, cioè l'origine dell'uomo da un unico punto di partenza. La tradizione arcaica della saggezza non insegna un primitivo Giardino dell'Eden, o una singola coppia, un Adamo ed Eva che diedero origine alla razza umana. Questo vecchio mito biblico era simbolico, come gli ebrei Cabalisti ben sapevano, e non andrebbe preso nel suo significato superficiale o nel suo costrutto letterale. L'origine dell'uomo non fu monogenetica ma poligenetica o, per essere più precisi, una poligenesi modificata; cioè, i vari ceppi che formano la razza umana come entità non derivarono da una sola coppia, ma nacquero contemporaneamente da parecchi centri animali, o punti di partenza, da gruppi che vivevano in zone diverse della superficie terrestre, incalcolabili eoni or sono nel remoto passato geologico.

Quando facciamo delle datazioni il più vicino possibile (a causa dell'imperfezione e dell'incertezza a interpretare i reperti geologici) studiando la storia delle rocce, possiamo far risalire il genere umano al cosiddetto Paleozoico o Era Primaria della geologia. (Qui stiamo usando la scala temporale delle ere geologiche di H. P. Blavatsky, basata sulle stime del 1888. [Vedi capitolo 4, nota 5; e Appendice 1]. E questa prima razza, questa razza primordiale, composta da un numero di gruppi individuali subordinati, produsse i vari ceppi che sono discesi fino al giorno d'oggi, anche se più o meno mescolati.[17]

Durante tutti questi lunghi periodi di sviluppo, che risalgono a decine di milioni di anni del passato, nell'attuale ronda del globo il ceppo umano è necessariamente passato attraverso forme variabili, conservando comunque, fin dall'inizio dei veri umani, lo schema tipo della struttura umana, tuttavia variando notevolmente man mano che progrediva ed evolveva verso una perfezione più ampia con il passare del tempo, fino ai nostri giorni.

La storia dell'evoluzione dell'uomo è caratterizzata dallo sviluppo di quelle che in teosofia sono chiamate razze radice. Le razze radice che hanno preceduto la nostra erano quattro. Noi siamo la quinta; e ciascuna di queste razza radice ha avuto le sue caratteristiche fisiche o fattezze specifiche.

La prima di queste grandi razze che apparvero sulla nostra terra durante l'attuale ronda del globo, all'inizio era una razza di entità astrali, eteree, che per noi sarebbero invisibili, considerato il nostro presente stato di grossolana materialità.

Questa prima grande razza era asessuata, e si propagava per scissione, cioè si divideva in due, e ognuna di queste scissioni produceva un nuovo individuo. Di conseguenza, la figlia di una tale scissione era anche la sorella di sua madre. Quel primo grande ceppo razziale durò per milioni di anni.

Con il passare del tempo, e quando il ciclo della razza precipitò sempre più in basso nella materia, cercando di manifestarsi nel mondo materiale, questa prima razza radice diventò più solida, ma rimase eterea fino alla sua conclusione. Non aveva una forma umana come l'intendiamo noi oggi. Ciascuno degli individui che la componevano era un corpo ovoidale di luce, luminoso, opalescente, traslucido. Questi individui non avevano né organi né ossa.

Avete mai esaminato la struttura gelatinosa di una medusa, ad esempio? Forse potrebbe essere un indizio di qualcosa ancora più eterea, ancora più luminosa e traslucida della medusa stessa. La vita costruisce per sé case di molte forme e tipi, né le ossa e gli organi sono necessari per il tempio dell'entità vitale.

Quando erano passati milioni di anni, la seconda razza radice venne in esistenza. Questa seconda razza era meno eterea della precedente, poiché le razze che si susseguivano l'una con l'altra con il tempo diventavano sempre più materiali, più solide, più opache, fino alla quarta razza radice.

La seconda razza radice era asessuata e si riproduceva con un metodo che è ancora presente sulla terra tra qualcuna delle creature inferiori, cioè per "germogliamento" o gemmazione. Da un punto particolare dell'individuo una piccola porzione dell'entità genitore si staccava e lasciava il suo corpo genitore — la madre, se possiamo usare il termine "madre" per un individuo che non aveva affatto sesso. La prole, il germoglio, la lasciava in qualche modo come la spora lascia una pianta o come una ghianda lascia la quercia; questo germoglio, questa piccola porzione dell'entità genitore si sviluppava in un individuo, in tutti gli aspetti simile al genitore da cui si era separato.

Come gli individui della prima razza avevano separato da se stessi un'ampia parte del loro corpo — che, come abbiamo detto, era il metodo riproduttivo di quella razza — quest'ampia porzione cresceva fino alla dimensione del suo genitore e lo duplicava in ogni modo, così la seconda razza si riproduceva mediante quello che la zoologia e la botanica chiamano germogliamento. Appariva un gonfiore sulla superficie esterna del corpo di una di queste entità; questo gonfiore cresceva di volume, e man mano che cresceva si contraeva vicino al punto di giunzione con il corpo genitore, finché il legame diventava un semplice filamento che alla fine si rompeva, liberando così il germoglio, che allora si sviluppava in un'altra entità, sotto tutti gli aspetti simile al suo genitore.

La seconda razza era più materiale nella struttura fisica, e nell'aspetto era più umanoide della prima, ma era ancora più o meno traslucida, sebbene crescesse più opaca, perché più densa con il passaggio di ogni centomila anni del suo lungo ciclo di vita, che comprendeva molti milioni di anni.

Verso la fine di questo secondo grande ceppo razziale, che ormai era diventato ancora più viscidamente gelatinoso nella sua struttura (sebbene ancora avesse quasi la forma ovoidale), anche allora questa razza cominciò a mostrare nell'aspetto qualche vaga approssimazione all'attuale forma umana. La sua struttura filamentosa allo stesso modo coprì e custodì i nuclei interni profondamente collocati, che erano condensazioni della sostanza cellulare in genere, e destinati, nella razza successiva, a svilupparsi nei vari organi del corpo.

Quando questa razza ebbe terminato il suo corso, durando per molti milioni di anni, allora il terzo ceppo razziale venne in esistenza, ancora più fisico di quanto lo fossero la prima e la seconda razza, condensandosi continuamente, perché la sostanza gelatinosa della seconda razza era diventata carne, ma carne più delicata, più sottile e fine anche della nostra attuale quinta razza.

Vorrei aggiungere anche che, come la prima razza, la seconda non aveva né ossa né carne (quindi nessun scheletro), né organi (quindi nessuna funzione fisiologica di alcun tipo). Le sue circolazioni, così com'erano, esistevano, e proseguivano per quella che potremmo chiamare osmosi combinata con attrazioni e repulsioni magnetiche — in mancanza di parole migliori per esprimere questo processo — lavorando in questo modo nella sostanza corporea.

Con l'arrivo del terzo ceppo razziale, la struttura filamentosa divenne più spessa, si condensò e diventò le diverse parti di quello che è ora il corpo umano: il sistema muscolare, il reticolo o la rete del sistema nervoso, e anche il sistema dei vasi sanguigni. Le parti interne filamentose, diventando cartilaginose quando la terza razza percorse il suo periodo ciclico, alla fine divennero ossa; mentre i nuclei, che esistevano nella struttura corporea della seconda razza anche se organi appena adombrati o prefigurati, ora si trasformarono nei veri organi del corpo della terza razza, come il cuore, i polmoni, il cervello, il fegato, la milza, e così via.

Il metodo di riproduzione di questa terza razza radice all'inizio era androgino, o bisessuato, ma verso il periodo centrale del terzo grande ceppo razziale, l'ermafroditismo scomparve e s'instaurò il nostro attuale metodo riproduttivo.

Riguardo alla questione dell'ermafroditismo o androginismo, è ormai un fatto stabilito nella scienza fisica che la stessa condizione esiste in qualche classe inferiore di entità animate ora sulla terra. Praticamente, tutta l'antichità insegnò come un fatto reale che l'uomo primitivo doveva essere stato bisessuato, per nessuna ragione se non a causa dei rudimenti di organi che gli esseri umani posseggono ancora oggi — rudimenti di organi dell'altro sesso, che sono più o meno sviluppati nel sesso opposto, e viceversa.[18] Quegli antichissimi individui umani si riproducevano deponendo uova. La cellula germinale umana ancora oggi è un uovo, sia pure microscopico. Ma in quei periodi, queste uova, in cui erano incubati i piccoli e da cui alla fine uscivano, erano di dimensioni molto più grande di quanto lo siano oggi.

Ricapitoliamo: l'umanità al principio si riproduceva per scissione nella prima razza; poi per germogliamento nella seconda razza; poi, all'inizio della terza razza, la riproduzione era garantita da un'essudazione di cellule vitali emanate dalle parti superficiali del corpo e che, unendosi, formavano immensi aggregati ovoidali o uova. Questo metodo di riproduzione è accennato nell'insegnamento arcaico con il termine "nati dal sudore," il cui significato non è che la razza si riproducesse con il sudore, alla lettera, ma piuttosto con un'essudazione di sostanza vitale o cellule che uscivano dal corpo allo stesso modo che il sudore è prodotto dalle ghiandole sudorifere, o come la sostanza oleosa della pelle e dei capelli è prodotta dalle ghiandole sebacee.

Con il passare del tempo, la condensazione degli individui della terza razza radice divenne maggiore e più pronunciata, e quest'essudazione delle cellule vitali passò lentamente dalle parti superficiali esterne del corpo alle parti interne, localizzandosi in alcuni organi che il processo dell'evoluzione aveva lentamente formato per quello scopo.

Questo metodo riproduttivo è, nelle sue linee generali, è il modo della natura ancora oggi, nella nostra quinta razza, solo che ora ha luogo all'interno della parete protettiva di carne solida e di ossa dure, una parete che la natura ha costruito intorno alle funzioni riproduttive della nostra razza per una sua maggiore sicurezza. Ma il processo è essenzialmente ed esattamente lo stesso che era nella prima metà della terza razza radice.

Quando arrivò il momento, durante il ciclo di vita della terza razza, la riproduzione dall'uovo deposto dal genitore scomparve, si estinse come metodo di propagazione. Mentre precedentemente le gocce di sudore vitale erano essudate da quasi tutte le parti del corpo, come avveniva alla fine della seconda razza radice, più il tempo passava e più si localizzavano in una parte funzionale dell'organismo che era la radice degli organi riproduttivi più recenti. Queste gocce vitali si radunarono insieme e diventarono l'uovo del bambino incubato per qualche anno, che alla fine ne usciva e cominciava la vita con sicurezza, camminandosi e muovendosi fin dall'apertura del guscio, proprio come fa oggi tra noi un pulcino — un esempio ancora vivo del vecchio metodo.

Questo era il metodo riproduttivo nella terza razza all'incirca al punto mediano del suo corso evolutivo.

Un altro punto interessante da menzionare di passaggio, è che ognuna di queste razze radice aveva il proprio sistema continentale e le isole sulla superficie della terra, aveva il suo ciclo vitale di lunga durata, e pure il proprio aspetto fisico, anche se tutte loro, cominciando dalla terza, possedevano già il tipo generale della struttura umana come noi la conosciamo oggi, e del quale la razza che seguì divenne un'espressione più perfetta.

Poi, alla fine della terza razza radice, seguì il grande ceppo razziale che chiamiamo la quarta razza, che fu la più materiale di tutte nel suo sviluppo fisico — quella razza in cui la materia raggiunse il suo apice evolutivo, il suo punto di massimo sviluppo. Tutti i poteri della materia allora funzionavano in ogni direzione, ma lo spirito era corrispondentemente oscurato.

La quarta razza visse i suoi milioni di anni e produsse alcune delle più brillanti civiltà a carattere puramente materiale che il nostro globo abbia mai visto. Alla fine si estinse a sua volta, dando vita alla quinta razza radice: noi, che siamo ancora uomini di carne, ossa e organi, conserviamo anche oggi il vecchio metodo riproduttivo, che però è destinato a scomparire a sua volta, dando luogo a un metodo più nuovo e superiore, perché il sesso non è che una fase passeggera, e la prossima grande razza ne vedrà la fine.

Verso la metà della terza razza avvenne il più meraviglioso ed epocale evento nella storia dell'umanità: l'umanità semicosciente fu dotata di mente e dei suoi poteri divini. Fu allora che cominciarono gli atti del dramma umano che chiamiamo civiltà; e in quel periodo lontano, sia all'inizio che alla fine della terza razza, le civiltà veramente splendenti si succedevano l'una con l'altra nel tempo, e sono durate fino ai nostri giorni.

La prima razza, sebbene fisicamente cosciente, tuttavia, in un certo senso, era senza mente, cioè non auto-cosciente come noi intendiamo l'auto-coscienza. La sua auto-coscienza era in qualche modo della natura di un uomo in un profondo stordimento o immerso in un sogno ad occhi aperti. Gli individui di quella razza non avevano, allora, alcuna auto-coscienza intellettuale o spirituale. E così era per la seconda razza.

Gli animali oggi non hanno nessuna auto-coscienza mentale. Tutte le facoltà spirituali, intellettuali o psicologiche che gli esseri umani possiedono, negli animali sono latenti, ma non funzionano ancora. Solo nell'uomo, attualmente, è stata risvegliata la funzione divina del pensiero auto-cosciente. Anche per l'animale al di sotto dell'uomo verrà quel risveglio, ma poiché la porta del regno umano è stata chiusa per molte ere, questo loro risveglio nella coscienza umana non avverrà più in questo periodo dell'evoluzione planetaria. Gli animali la raggiungeranno solo nel prossimo manvantara planetario o grande ciclo evolutivo, tra milioni e milioni di anni.

Nondimeno, in qualcuno degli animali superiori, cioè nelle scimmie antropoidi, i poteri divini del pensiero auto-cosciente stanno cominciando a funzionare, sia pure in un grado molto minore. La ragione è che queste scimmie antropoidi sono un'eccezione nello sviluppo evolutivo dei ceppi al di sotto dell'uomo, perché esse hanno un'origine di sangue umano che, come qualsiasi altra cosa, è inevitabilmente destinata ad evolvere le proprie capacità inerenti. Le loro menti dormono ma si spera che le monadi che ora dimorano nei corpi di queste scimmie antropoidi avranno sviluppato un apparato veramente umano d'espressione, anche se imperfetto, cioè di auto-coscienza, prima che il presente manvantara planetario o grande ciclo evolutivo planetario si sia concluso.

Per favore, ricordate comunque che quando diciamo che l'uomo della prima e seconda grande razza era un essere senza mente, non intendiamo che era un animale. Vogliamo solo dire che la mente latente non si era ancora risvegliata a funzionare, attraverso la parziale incarnazione negli individui umani in attesa, di esseri divini che si erano perfezionati in un precedente periodo evolutivo, bilioni di anni prima dell'attuale. L'uomo di quel primo periodo, pur senza mente, possedeva un tipo di coscienza; in un certo senso era, come abbiamo detto, simile a uomo stordito, o in un profondo sogno ad occhi aperti. 

Vi ho già detto che verso la metà della terza razza avvenne il risveglio della mente, e accadde in maggior parte con l'incarnazione, in questi veicoli umani ora pronti, di esseri divini che avevano percorso la loro razza e avevano ottenuto una quasi divinità in remoti periodi planetari precedenti dell'evoluzione ciclica. Questi esseri sovrumani proiettarono concretamente le scintille, per così dire, della loro completa auto-coscienza nell'umanità infantile di quel tempo, risvegliando così anche i latenti poteri mentali originali che giacevano inattivi o dormenti nell'umanità che li doveva ricevere.

Da dov'è venuta la mente? Avete qualche idea del suo meraviglioso mistero, del suo potere, delle sue illimitate possibilità, del suo inerente rapporto con l'auto-coscienza? Qualsiasi uomo sensato crede veramente che la mente auto-cosciente venga da quella che le antiche scuole dei materialisti chiamavano solo materia morta, priva di vitalità e di impulsi, senza stimoli?

Sono rari gli uomini pensanti di oggi che non abbiano un'idea di qualche tipo della natura della mente auto-cosciente. L'idea può forse essere vaga e indefinita, ma rappresenta uno sforzo verso una spiegazione razionale e soddisfacente di questa parte più mirabile della costituzione dell'uomo. Il loro desiderio di ottenere qualche spiegazione di quello che è il loro problema — da dove sono venute la mente e la coscienza? — deve trovare una risposta nella vera natura delle cose, perché quel loro desiderio è un'intuizione della realtà.

Con la venuta della mente attraverso l'incarnazione di questi esseri divini nei veicoli umani intellettualmente senza sensi della terza razza radice mediana, venne anche la principale caratteristica dell'intelligenza auto-cosciente che è, in breve, il senso costantemente in crescita della responsabilità morale e intellettuale. Fu a questo punto dell'incarnazione dei "Figli della Mente" o mānasaputra, per usare il termine sanscrito, che l'uomo diventò per primo su questa terra un essere veramente auto-cosciente, moralmente responsabile qual è ora, anche se, in verità, è naturalmente vero che l'umanità si è evoluta fin da quella remota epoca del passato.

A causa di quest'incarnazione della mente, gli uomini diventarono coscienti della loro affinità non solo con le gerarchie che li circondavano in tutta la natura, ma riconobbero la loro unità spirituale con gli dèi; e da allora cominciarono a comprendere che la direzione del loro karma o destino futuro stava nelle proprie mani. All'inizio, quasi istintivamente, ma con il passare del tempo con una sempre crescente auto- realizzazione, capirono che da quel momento erano i collaboratori delle divinità e delle gerarchie di esseri al di sotto delle divinità nell'enorme lavoro cosmico.

Quali idee portò questa realizzazione! Quale immensa sensazione, da allora, della dignità umana dev'essere entrata nelle loro anime! Questa maggiore sensazione dell'auto-identificazione con il paramātman dell'universo,[19] con lo spirito cosmico, fornì le prospettive di una futura grandiosità evolutiva che, come i sogni dell'uomo di oggi, ancora non si è pienamente realizzata.

Fu a quell'umanità risvegliata dell'ultima parte della terza razza radice che furono dati alcuni insegnamenti che fin da allora sono stati sotto la tutela di grandi uomini, veri veggenti, che sono penetrati oltre il velo della materia fisica e che, in aggiunta, hanno ricevuto un corpo d'insegnamenti sull'uomo e sull'universo, che oggi chiamiamo l'antica saggezza. Questo corpo d'insegnamenti risale a quei periodi arcaici quando gli esseri spirituali provenienti da altri piani superiori al nostro si accompagnarono alla razza umana di quel tempo; e questi insegnamenti sono arrivati fino al giorni nostri in una linea ininterrotta da insegnante a insegnante.

Quando riflettiamo sul quadro evolutivo che abbiamo prospettato da lontano in questo e nei capitoli precedenti, comprendiamo che l'uomo è essenzialmente composto di cielo e terra, come dice l'antico detto; e poiché è un figlio dell'universo, in parte spirito, in parte animale, ne consegue che è come un figlio del destino — di quel destino che egli stesso costruisce ad ogni respiro che fa.

L'uomo è un figlio della natura. La natura non gli ha nemmeno "dato" le facoltà in cui e attraverso le quali egli agisce, poiché le possiede già, de facto, essendo un figlio della natura. Queste facoltà non sono un dono; non sono uno sviluppo di qualcosa di esterno a se stesso che è venuta a lui; né sono prodotte semplicemente dalla reazione dell'uomo su qualcos'altro in natura: Sono innate in lui. Sono egli stesso. Formano il suo destino evolvendo di fuori.

E qual è questo destino che l'uomo sta lentamente sviluppando attraverso le ere? È contenuto in queste due vecchie affermazioni delle scritture cristiane: Non sapete voi di essere dèi e che lo spirito del Divino dimora in voi? In verità, ciascuno di voi è un tempio della divinità. (Giovanni, 10:34; I Corinti 3:16)

Per molti, queste affermazioni sono diventate una semplice fraseologia, perché il significato spirituale sottostante a queste parole è stato dimenticato. Tuttavia, sono diventate predilette a causa dell'intrinseca bellezza del linguaggio. Quando sono pienamente comprese, queste affermazioni mostrano allo studente il sentiero, per cui egli può veramente diventare quello che queste affermazioni gli assicurano e che, di fatto, è nel cuore del suo essere. Contengono una promessa d'immenso valore etico, e insegnano anche la vera essenza di cosa sia l'evoluzione, perché il destino dell'uomo un giorno diventerà quello che gli si è promesso qui.

Nelle ere future, eoni dopo eoni da qui, quando la razza umana avrà completato il suo corso in questo grande ciclo di vita planetaria, egli si sarà sviluppato in divinità pienamente sbocciate, dèi, forze spirituali sulla terra. Allora diventeremo come coloro che ora sono al di sopra di noi, le guide e gli insegnanti della razza, gli ispiratori e potenziatori di quelli che allora saranno al di sotto di noi, come lo sono anche oggi; diventeremo per loro la trasmittente del fuoco universale, il fuoco dell'auto-coscienza pura, l'attività più nobile della vita universale.

Questo è ciò che gli dèi sono oggi. Questi esseri spirituali, questi alti messaggeri della vita universale che trasmettono a quelli al di sotto di loro una volta, in periodi cosmici remoti, erano uomini. Attraverso pressanti sforzi nel passato, lavoro e ricerca interiore, onestà e sincerità, amore e compassione universali, queste entità superiori si sono unite alle sfere interne lungo il sentiero che ciascuno di noi è, e che esse hanno oltrepassato, dove noi ancora non siamo andati.

È il superiore, lavorando attraverso l'inferiore, che le stimola e le aiuta sempre, dona loro la luce, le risveglia, le porta verso l'alto. Così abbiamo, anche tra l'umanità, quegli individui superiori che sono le nostre guide e che ci aiutano. Sono i fiori raffinati della razza umana, il frutto più nobile che la razza umana abbia prodotto; e per essi usiamo il termine sanscrito mahātman, che significa "grande anima," più precisamente, forse, il "grande sé."

Queste grandi anime sono note in tutto il mondo. Niente ci è così familiare come la conoscenza che ne abbiamo: Il Buddha; Gesù chiamato il Cristo; Śaṅkarāchārya dell'India; Pitagora; Empedocle della Sicilia. Erano e sono relativamente numerosi — sebbene non tutti dello stesso grado o livello, perché variano tra loro, come fanno anche gli uomini comuni. Ci sono i più grandi; i meno grandi; i grandi; poi, sulla scala discendente vengono gli uomini nobili e buoni — una gerarchia di intelletto, mente e cuore.

Gli uomini più grandi hanno sviluppato al massimo punto d'espressione autonoma l'anima umana, cosicché essa è una perfetta trasmittente, un veicolo per il dio interiore. Ma ogni uomo ha dentro di sé le potenzialità del suo dio inerente. Quando Gesù disse: "Io sono il sentiero e la Vita," non si riferiva solo a se stesso come quel sentiero. Intendeva che ogni essere umano, e anche chi si sforza e cerca di vivere quella vita cosmica, diventa dunque il trasmettitore di quella vita e dei suoi molti, molti poteri, a quelli al di sotto di lui.

Ciascuno di noi è un salvatore potenziale dei suoi simili; il nostro destino è di diventare un giorno un effettivo salvatore e insegnante, uno che ha percorso con successo il sentiero interiore. Ciascuno di noi è potenzialmente un dio, un essere divino.


Appendice 1

L'Antichità dell'Uomo e le Ere Geologiche

di Charles J. Ryan

Se confrontiamo le varie stime scientifiche di oggi riguardo alla durata delle ere geologiche, fin dalle prime indiscusse tracce nelle rocce, rimaniamo impressionati dalle enormi diversità di opinioni. Anche il nuovo metodo di misurazione mediante lo studio della trasformazione radioattiva in certe rocce ha i suoi limiti e non possiamo farci troppo affidamento. I processi geologici non sono compresi appieno, e ci sono enormi lacune nei reperti. Lo stesso Darwin lo paragonò a un libro in cui mancano interi capitoli; quelli che restano sono imperfetti, e qualche pagina è mutilata. Riguardi ai resti dello scheletro dell'uomo, il soggetto è molto controverso.

Quando H. P. Blavatsky scrisse sull'età della terra nella Dottrina Segreta (1888) trovò soltanto confusione e incertezza tra gli scienziati riguardo alle cifre geologiche. Tuttavia, lei aveva bisogno di una struttura idonea per presentare gli insegnamenti teosofici:

Chiariremo la nostra posizione dicendo subito che ci serviamo della nomenclatura di C. Lyell per le ere e i periodi, e che quando parliamo dell'Era Secondaria e Terziaria, dei periodi dell'Eocene, del Miocene e del Pliocene, è solo per rendere il discorso più comprensibile. Siccome a tali ere e periodi non è ancora stata assegnata una durata fissa e determinata, due milioni e mezzo e quindici milioni di anni sono stati assegnati in epoche diverse a una stessa era (la Terziaria) — e poiché nessun naturalista e geologo sembra sia d'accordo su questo punto, gli Insegnamenti Esoterici possono restare del tutto indifferenti sall'apparizione dell'uomo nell'Èra Secondaria o Terziaria. — 2: 693

C'era comunque uno scienziato, André Lefèvre, che in Philosophy: Historical and Critical (1879) adottò un metodo originale per interpretare i dati a disposizione. Invece di cercare d'ottenere le cifre esatte riguardo alla lunghezza dell'intero periodo di sedimentazione del rilevamento fossile dal Laurenziano (Precambriano) a oggi, o le sue suddivisioni, egli elaborò le durate relative dei depositi sedimentari. Con questa premessa, l'effettiva durata delle ere e dei periodi poteva essere calcolata più facilmente quando si trovava una prova attendibile.

Gli studi di Lefèvre si basavano sull'erosione delle rocce e la testimonianza dei sedimenti, e le sue conclusioni sono rimaste in piedi, sia pure con lievi modifiche, fino a essere superate dalle datazioni radioattive. H. P. Blavatsky osservò che le sue stime della durate relativa dei periodi geologici concordavano abbastanza bene con le informazioni "esoteriche" in suo possesso; e così, adattandole alla scala proporzionale di Lefévre, costruì una tavola del tempo che "concordasse con le affermazioni dell'Etnologia Esoterica in quasi ogni particolare," aggiungendo che la "sedimentazione ebbe inizio in questa Ronda all'incirca 320 milioni di anni fa" — una stima che è minore di quella dei moderni geologi, quasi la metà. (DS 2:710, 715n)

Un'occhiata alla sua 'tavola' moderna mostra come i geologi abbiano esageratamente dilatato i loro periodi di tempo. Sono date due ragioni per questa dilatazione: prima, il tasso presumibilmente conosciuto e costante della disintegrazione radioattiva in certi minerali trovati nelle rocce; seconda, credere all'evoluzione per selezione naturale, ecc., richiedeva molto più tempo di quanto sembrasse necessario o ammissibile.

Nella sua tavola, H. P. Blavatsky, seguendo la disposizione di Lefèvre, associa i tre periodi più antichi, il Laurenziano, il Cambriano e il Siluriano, nell'era primordiale. Gli ultimi due sono ora collocati nell'era Paleozoica, e il Laurenziano e le rocce più vecchie sono inclusi nella precedente era Precambriana — ora suddivisi in un enormemente lungo complesso di rocce sedimentarie, plutoniche e metamorfiche, che giacciono in un'ingarbugliata confusione sotto gli strati del Paleozoico, e in cui sono molto scarse, o anche assenti, delle forme di vita.

L'era Precambriana fu la più lunga di tutte le susseguenti ere messe insieme, e copre in gran parte l'evoluzione della vita nelle prime ronde su questo globo. Sotto quest'aspetto, H. P. Blavatsky scrisse che i suoi 320.000.000 di anni di sedimentazione, che si avvicinano al tempo trascorso dall'era Precambriana, si riferiscono a questa ronda, perché:

va notato che trascorse un tempo anche maggiore durante la preparazione di questo globo per la Quarta Ronda precedente alla stratificazione. — DS 2: 715

I tremendi cataclismi e le trasformazioni generali della crosta terrestre che ebbero luogo alla fine della terza ronda (la più grande di qualsiasi altra delle "rivoluzioni" che erano avvenute da allora) distrussero quasi ogni traccia delle forme di vita della terza ronda. Alcuni "resti animali" riuscirono a sopravvivere ai grandi perturbamenti, e i loro fossili si trovano nel Precambriano e nei primi periodi dell'era del Paleozoico, insieme alle forme più avanzate che li avevano sostituiti. (DS 2: 712)

Le Ronde e le Loro Suddivisioni

Prima di poter comprendere le "ronde," è essenziale farsi qualche idea dell'intero schema dell'evoluzione terrestre dal punto di vista della saggezza antica, com'è esposto nella Dottrina Segreta. In poche parole, la terra che vediamo è la quarta di una settuplice "catena" di globi, e potremmo dire che costituisce un singolo organismo. Gli altri sei globi non sono visibili ai nostri sensi fisici, ma l'intero gruppo è intimamente connesso. Il vasto flusso di monadi umane circola sette volte intorno alla catena planetaria della terra durante il grande ciclo, abbracciando complessivamente 4.32 bilioni di anni. L'evoluzione planetaria cominciò all'incirca 2 bilioni di anni fa, ed è calcolato un periodo suppergiù di 1.6 bilioni di anni per "la prima apparizione dell'Umanità sulla catena planetaria (DS 2: 68-70). Ora siamo nella quarta circolazione o ronda del grande pellegrinaggio sul nostro pianeta, e quindi questo periodo è chiamato la quarta ronda.

Mentre su questo quarto globo nella quarta ronda noi passiamo attraverso le sette fasi chiamate "razze radice," ciascuna dura per milioni di anni. Questo ciclo di sette razze radice è tecnicamente chiamato una "ronda del globo," che fa parte della "ronda" maggiore attraverso tutti i sette globi della catena planetaria (DS 1:160). Ogni razza radice è a sua volta suddivisa in sezioni settenarie minori. Ogni successiva razza radice è più breve della precedente, è vi una certa sovrapposizione. I grandi cambiamenti geologici separano ogni razza radice dalla successiva e solo relativamente pochi sopravvissuti restano per fornire il seme per la prossima razza radice.

I cicli individualizzati di vita nelle ronde sono associati alle diversità nell'ambiente. Ciascuna ronda è una parte componente di un grande ordine seriale d'evoluzione, che può essere sintetizzato come la discesa graduale dello spirito nella materia e la susseguente ascesa. Dopo quel periodo assiale, il processo s'inverte, ed è ripreso gradualmente lo stato originale d'eterealità. Un simile processo ha luogo in ogni ronda, ma su scala minore — cicli più piccoli in un ciclo dominante. La condizione fisica della sostanza della terra è modificata corrispondentemente. Le recenti scoperte della natura dell'atomo, delle sue trasmutazioni, e della trasformazione della materia in energia hanno rimosso qualsiasi obiezione prima facie a questo processo.

Nello studio di questo soggetto dobbiamo ricordare che il termine "uomo" è usato in due sensi distinti, che devono essere chiaramente diversificati per evitare confusione. Si può riferire alla monade spirituale nei primi stadi evolutivi prima dell'apparizione della mente, e che H.P. Blavatsky chiama "l'uomo pre-umano," o all'uomo pensante, razionale, con i sette principi della quarta e della quinta razza in questa quarta ronda. Nella filosofia hindu, quest'ultima è denominata "l'umanità di Vaivasvata." Vaivasvata è il Noè hindu che allegoricamente salvò i resti dell'umanità dopo il Diluvio e stabilì un "nuovo ordine di ere" sulla terra." (DS 2:68-70, 251,309-10)

Informazioni Addizionali sulle Razze Radice

(Vedi Capitolo 14: "Pagine Perdute della Storia dell'Evoluzione")

 La prima razza radice della quarta ronda fu la più lunga di tutte le sue sette razze radice, perché in essa erano incluse le monadi progredite della terza ronda o onda di vita su questo globo, chiamate śishṭa,[20] e altri precursori, che precedettero per milioni di anni il principale aggregato di monadi che formavano la cosiddetta prima razza radice.

La seconda razza radice non durò così a lungo come la prima, la terza fu considerevolmente più breve, e così la quarta. Ora siamo circa a metà strada della quinta razza radice, e due razze radice e mezza sono ancora da venire prima della fine della quarta ronda su questo globo. La quarta ronda contiene il periodo della massima materialità per i veicoli della monade durante tutte le sette ronde, e durante la ronda mediana comincia l'ascesa sulla scala dell'espansione spirituale.

Sebbene le condizioni "fisiche," se possiamo usare questo termine, dell'intera quarta ronda fossero più dense di quelle delle precedenti, la prima parte della quarta, che include la prima e la seconda razza radice, e buona parte della terza, era ancora del tutto eterea e non sono state lasciate tracce materiali dell'uomo che la scienza possa scoprire (DS 2: 68n). Nondimeno, ne restano le testimonianze nella luce astrale, la "Memoria della Terra," come le chiamava G. W. Russell (Æ), il poeta e mistico irlandese. Nella quinta sottorazza della terza razza radice, la "discesa della Mente," e dopo molte lunghe ere, le caratteristiche fisiche e altre caratteristiche dell' "uomo," come intendiamo questo termine, apparvero e furono gradualmente perfezionate. Nella quarta razza radice, "l'Atlantidea," l'uomo era pienamente fisicizzato, come la terra stessa era diventata dura e densa.

Riguardo alle date delle prime razze radice della quarta ronda abbiamo solo poche informazioni. Possiamo comunque dire che le prime razze radice erano approssimativamente contemporanee dei periodi e delle date fornite da H. P. Blavatsky nella sua tabella geologica, e farci un'idea abbastanza vicina della sua antichità. Dalle affermazioni nella Dottrina Segreta, la prima razza radice su questo globo ebbe inizio durante l'Era Primaria (2:712, 715). Secondo la tavola, potrebbe essere accaduto 150.000.000 di anni fa o anche prima. La prima razza radice eterea, che non conosceva la morte fisica, si mescolò gradualmente con la seconda razza radice.

È notevole che ci siano alcuni parallelismi tra le razze radice e i periodi, a cominciare con i grandi mutamenti geologici, climatici e biologici che segnarono le transizioni tra le ere. Questo è applicabile anche alle prime razze eteree. Almeno quattro, e forse più di cinque di tali mutamenti, hanno avuto luogo, il più importante dei quali è stato quello che inaugurò la quarta ronda (all'incirca alla fine dell'Era Precambriana). Poiché siamo solo nella quinta razza radice, non c'è dubbio che sperimenteremo altri cambiamenti catastrofici durante il periodo di chiusura di questa ronda sul nostro globo. Nella Dottrina Segreta leggiamo:

Poiché la terra la bisogno di riposo, di rinnovamento e di nuove forze, e di un cambiamento del suo suolo, così fa l'acqua. Quindi, nasce una ridistribuzione di terre e acque, un cambiamento climatico, ecc., il tutto provocato da una rivoluzione geologica, e si conclude con un cambiamento finale nell'asse. — 2:726

L'esatta durata delle ronde o delle razze radice non è mai stata data; ma non vi è dubbio della realtà degli avvenimenti seriali o ripetizioni cicliche e dell'ordine in cui accadono, indipendentemente dal numero di anni che possiamo assegnare loro.

Niente di definito è rivelato sulla cronologia delle prime quattro sottorazze della terza razza radice, ma le cifre date riguardano il tempo trascorso da quando abbiamo raggiunto la sua quinta sottorazza: all'incirca 18.618.000 anni (DS 1: 150n, 2:69). Questo periodo è chiamato da H. P. Blavatsky quello della "nostra umanità" perché le caratteristiche dell'umanità come la intendiamo oggi — fisicamente, emotivamente e mentalmente — mostrarono i loro primi segni nella quinta sottorazza. Questo periodo è l'era dell'umanità di Vaivasvata, come abbiamo già accennato.[21] Comunque, siamo così grandemente cambiati da quando la monade è emersa dai suoi rivestimenti o veicoli indistintamente eterei di "uomo pre-umano,"

che a quello che la scienza ha diritto di ritenere come il periodo pre-umano, può essere concessa una durata che va dalla Prima Razza fino alla prima metà della razza Atlantidea [la Quarta], perché è solo allora che l'uomo divenne "l'essere organico completo com'è ora." E questo renderebbe l'uomo Adamico non più antico di pochi milioni di anni. — Ibid. 2:315

Poiché si sviluppavano sempre di più fisicamente, gli incorporamenti umani della monade, lo spirito immortale nell'uomo, nell'ultimo periodo della terza razza radice divennero gradualmente illuminati dalla luce della mente, il principio mānasico, che realmente segna il "nuovo ordine" dell'umanità di Vaivasvata. La separazione della nascente umanità in due sessi distinti ebbe luogo proprio prima di quello. H. P. Blavatsky descrive la trasformazione che cambiò l'uomo etereo in quello fisico collegandolo alla materializzazione degli "spiriti" dalla sostanza astrale invisibile a quella fisica durante le sedute spiritiche. Nel nostro attuale periodo d'evoluzione il processo è anomalo e molto raro; ma in un remoto futuro la forma astrale ora ben nascosta nell'uomo sarà il corpo esterno, come lo era nelle prime sottorazze (DS 2:174, 737). A p. 149, lei puntualizza significativamente quanto segue:

Tutto il problema della disputa tra la scienza profana e quella esoterica dipende dalla convinzione e dalla dimostrazione dell'esistenza di un corpo astrale in quello fisico, e che il primo è indipendente dall'altro.

Anche se l'umanità di Vaivasvata Manu — la nostra umanità — è esistita per quasi 18-19 milioni di anni, e per meno della metà di quel tempo siamo stati esseri completamente organici, quando raggiungeremo, in un futuro lontano, la settima razza radice di questa quarta ronda, la nostra carne sarà diventata molto più fine e quasi traslucida. Avvicinandosi alla chiusura di un manvantara, un grande periodo di vita dell'evoluzione planetaria, nella settima ronda ci saremo talmente elevati al di sopra di questo piano cosmico inferiore in cui ora si trova la terra, che i nostri corpi altamente eterici "diventeranno forme semi-luminose di luce."


Appendice 2

La Teosofia e la Nuova Scienza

di Blair A. Moffett

I fatti dell'uomo e del cosmo enunciati dalla saggezza antica sussistono, perché derivano da una visione matura non solo del regno della materia fisica e le sue trasformazioni, ma della totalità dell'essere in tutti i suoi molteplici aspetti e piani. Oggi gli scienziati si limitano soprattutto a un metodo di ricerca induttiva applicato quasi interamente ai fenomeni dell'universo fisico. Nelle scienze della vita, la ricerca riguarda principalmente la nostra terra fisica, considerata come un singolo piano o sfera di vita. I teosofi ne sono avvantaggiati perché impiegano un pensiero deduttivo procedendo dagli universali provati dal tempo, giù fino ai particolari e poi, ragionando dal conosciuto allo sconosciuto, applicano un'analisi induttiva per provare gli assiomi della teosofia andando dal particolare agli universali.

L'aspettativa è comunque che i risultati della scienza ufficiale, maturando nel corso del tempo, confermeranno e verificheranno gli elementi delle affermazioni più universali della teosofia, particolarmente quelli che trattano i fenomeni del piano terrestre. E tale è stato il caso, in abbondanza, fin dagli ultimi anni '20, quando il Dr. G. de Purucker presentò per primo delle conferenze che in seguito furono pubblicate in questo libro. Ora abbiamo una Nuova Scienza, una Nuova Fisica, una Nuova Biologia, una Nuova Astronomia, ecc. — e vi sono meno dispute di base tra la teosofia e questa nuova scienza. Sfortunatamente, la maggior parte degli scienziati e di molti teosofi non sono consapevoli che è così. Il materiale di quest'Appendice intende aiutare entrambi a diventare maggiormente coscienti delle più significative divergenze tra i due punti di vista. Entrambi questi tipi di pensatori, se di mentalità aperta, sono individui che ricercano la verità; e la verità, in definitiva, dev'essere una, non due.

La Natura della Materia

C'è poco da aggiungere all'analisi del Dr. de Purucker che mostra la dematerializzazione dell'universo fisico da parte della scienza moderna, come un risultato delle sue ricerche personali. Parecchi sviluppi nella fisica nucleare fin dagli Anni '20 e '30 hanno più che confermato le affermazioni essenziali della teosofia riguardanti la "materia." La materia della scienza è diventata così illusoria, che i fisici ora dicono che un elettrone non è né una particella né un'onda, "ma un'entità che sfida ogni descrizione figurativa." [22] L'elettrone, o qualsiasi altra particella cosiddetta materiale, può essere studiata soltanto rinunciando alla ricerca di una descrizione unificata di tutte le sue proprietà e dirigendo l'attenzione a un ristretto campo d'esperienza. Solo allora possiamo comprendere il suo funzionamento, sia come corpuscolo che come onda, dipende da come sono definiti i confini del campo d'interesse.

Non è più legittimo ascrivere a queste particelle elementari la sostanzialità dei granuli della materia: sono strutture non materiali, e in un senso molto vero, i nuovi fisici sono diventati metafisici, perché hanno a che fare con fattori oltre la visibilità e apparentemente oltre la legge naturale, fattori che possono essere fronteggiati sperimentalmente solo da una legge statistica. Questo è il famoso "Principio dell'Indeterminatezza," così chiamato nel 1927 dal suo formulatore, il grande fisico teorico tedesco Werner Heisenberg. Troviamo che le particelle individuali, nei loro movimenti e attività, esibiscono un elemento d'imprevedibilità — una sorta di libero arbitrio o di scelta volontaria — per cui, anche se possono essere dello stesso tipo o classe, non tutte hanno lo stesso comportamento. Ne risulta, nei fenomeni atomici e subatomici, che una stretta causalità, com'è stata compresa nella fisica classica, non può essere realmente applicata. La prevedibilità e il determinismo crollano.[23]

Così duttile e incerto è diventato l'aspetto materiale dell'universo nella visione dei fisici moderni, che recentemente, nel 1971, è stato pubblicato un libro dal titolo The Search for a Theory of Matter, [24] che onestamente riconosce l'incapacità della nuova fisica di progettare una teoria in grado di spiegare i fenomeni che studia. In verità, stiamo assistendo a una rivoluzione nella visione scientifica dell'universo fisico, che non ha ancora raggiunto il suo percorso completo, né in qualche parte ce n'è una vicina alla sua meta. Ma il percorso è cominciato, e i risultati contemporanei continuano a demolire le nozioni classiche sull'universo. Gli astrofisici, ad esempio, ora realizzano che un'evoluzione degli elementi avviene all'interno dei soli, cominciando con la trasformazione, con la trasmutazione dell'idrogeno in elio, il prossimo elemento più pesante della materia; ma essi non comprendono appieno come questo accade. In tutte le stelle sono in corso i processi che costruiscono gli atomi, uno per uno, in elementi sempre più complessi o strutture materiali. Così, come dice Jacob Bronowsky: "La materia stessa evolve. Il termine viene da Darwin e dalla biologia, ma è il termine che ha cambiato la fisica nella mia vita." [25] Questa è un'affermazione notevole, che riflette una nuova ricognizione da parte degli scienziati di fisica di un corso decisivo d'evoluzione nella sostanza materiale. Sul piano fisico, questo ricorda da vicino il processo più recondito d'emanazione delle sostanze e delle forze, dai piani interni più eterei e spirituali verso il basso e verso l'esterno, ad altri piani più materiali, com'è spiegato qui dal Dr. de Purucker. Le parole di Bronowski riassumono perfettamente come la nuova scienza vede differentemente l'universo, che nel XIX secolo era visto semplicemente come una grande macchina materiale in cui ogni prodotto era prestabilito.

Un buon esempio è il nostro sole, fino a poco tempo fa considerato dalla scienza come una macchina fissa sulla quale rimaneva poco da imparare, se non la natura delle reazioni nucleari che si supponeva avvenissero nel suo nucleo. Ora, gli astrofisici sono stati costretti a ripensare le teorie a lungo sostenute su come il sole lavora. Nel 1974, il Dr. Henry Hill dell'Università dell'Arizona, cercando di determinare con precisione il diametro del sole, scoprì che esso vibra. Il suo fianco o bordo oscilla avanti e indietro all'incirca ogni sessanta minuti su una distanza di quasi venti chilometri. Infatti, respira avanti e indietro una vibrazione naturale a varie frequenze, un fenomeno che è stato paragonato al rintocco di una campana.

Gli studi sull'oscillazione del sole condotti alla Birmingham University, Inghilterra, suggeriscono che il sole, nel suo nucleo, può essere molto meno denso di come si pensasse, e ha solo metà della temperatura ipotizzata da questi modelli: 7 milioni di gradi invece di 15 milioni. Molti scienziati non credono che sia possibile una temperatura così bassa nel sole. Anche la certezza delle macchie solari ogni undici anni è stata messa in discussione. Portando avanti le ricerche degli astronomi del diciannovesimo secolo Gustav Sporer ed E. W. Maunder, il Dr. John Eddy dell'High Altitude Observatory a Boulder, Colorado, trovò che tra il 1650 e il 1715 il ciclo delle macchie solari era scomparso.[26] Poiché il nostro sole è una stella, queste conclusioni hanno maggiori implicazioni per lo studio di tutte le stelle nell'universo fisico. Potrebbero essere dati molti altri esempi, e avremo molto da dire sul pensiero scientifico moderno come filosofia.

Evoluzione e Darwinismo

Tornando ora all'idea dell'evoluzione stessa, troviamo che è considerata dalla maggior parte della gente come un processo che si limita ad animare forme di vita, ed è generalmente equiparato al Darwinismo e al Neo-Darwinismo. Ma "Darwinismo," strettamente parlando, dovrebbe essere usato in modo appropriato per significare la teoria di Darwin dei fattori dell'evoluzione. C'erano molti evoluzionisti prima di Darwin, alcuni dei quali hanno anche proposto delle teorie sui componenti che agiscono nel processo evolutivo. Quali fattori siano realmente applicati nell'evoluzione animata è, comunque, una questione ancora controversa per la scienza di oggi. Successe che Darwin e il suo collaboratore Alfred Russell Wallace, elaborarono una teoria coerente su certi fattori che a quel tempo sembravano adattarsi molto bene alle realtà conosciute, per cui le loro ipotesi conquistarono le convinzioni di un largo gruppo di naturalisti. L'essenza della teoria di Darwin è nei due termini variazione e selezione, e tutti gli agenti che producevano quei risultati, come Darwin credeva, oggi sono accettati come una spiegazione esauriente. Come puntualizza il Dr. de Purucker, nessun individuo pensante nega che sulla terra abbia luogo un processo d'evoluzione; la discussione ha a che fare con le cause e i meccanismi. Subito dopo la presentazione congiunta della loro teoria, Wallace disse che non era d'accordo con alcune conclusioni di Darwin. Pubblicò parecchi suoi studi che mettevano in evidenza che le idee di Darwin non erano particolarmente applicabili nel caso dell'uomo — e che subentravano altri fattori, in particolare il cervello unico dell'uomo. In breve, Wallace contestava che la selezione naturale potesse aver agito sul corpo dell'uomo a qualche livello considerevole solo prima che l'uomo acquisisse le capacità intellettuali — la consapevolezza autocosciente — che faceva di lui un vero uomo. Dopo di che, quest'auto-consapevolezza divenne la causa determinante nella sua evoluzione, rendendolo unico tra tutte le forme animate della terra. In seguito discuteremo più dettagliatamente alcuni degli argomenti di Wallace.

Riguardo alla variazione, l'insegnamento di Darwin che i caratteri acquisiti possano essere ereditati, era stato confutato dagli studi e dalle prove dei biologi molto prima degli Anni '50. Le conclusioni della nuova biologia, attestate da tutte le prove disponibili, è che, mentre un gene può produrre una proteina, e un gene mutante una proteina modificata, il carattere di una proteina non può essere trasmesso ai geni. La genetica a livello molecolare è una strada a senso unico. Gli effetti dell'ambiente che alterano il carattere esterno delle forme di vita animata non possono alterare i geni dell'organismo in qualche modo coerente, come proposto da Darwin. Nondimeno, i biologi riconoscono che avviene una reciproca influenza tra le forme di vita e i loro ambienti, ma ammettono la loro ignoranza delle cause, o come agisca esattamente quest'interazione.

In mancanza di qualche teoria migliore, molti biologi fanno in gran parte ancora affidamento sul fattore della selezione naturale di Darwin come un'esauriente descrizione del processo del cambiamento evolutivo, altri continuano ancora ad affermare che essa spiega i cambiamenti che sorgono nelle forme di vita animata. Ma nei recenti anni '60, una scuola della teoria evolutiva (Teoria Neutra), condotta dal biologo giapponese Motoo Kimura, contestò l'idea che la selezione naturale offra qualche spiegazione di tutti i cambiamenti evolutivi a livello molecolare, perché i risultati sperimentali sono falliti nel dimostrare che un processo di questa selezione possa avere delle preferenze per questa o quell'altra versione di una molecola. Fin da allora, molti biologi molecolari hanno effettivamente cominciato a prendere per garantito che la selezione naturale non sempre si può applicare.[27]

Le mutazioni, che producono cambiamenti visibili nelle forme di vita, nascono nei geni. I fattori ambientali sembrano essere i responsabili di molte mutazioni, ma non vi è inclusa alcuna spiegazione per ciò che causa l'insorgere del cambiamento nel DNA materiale. Avendo perseguito a livello atomico e molecolare la questione della sorgente e del meccanismo dell'animazione o "vita," i biologi si trovano ridotti a descrizioni chimiche. Sono ritornati a un "fattore casuale" — l'evoluzione governata dal "cambiamento," mutazioni che sorgono "spontaneamente" — e molti riconosceranno che queste parole, se applicate ai fenomeni che essi studiano, significano soltanto che le loro cause effettive restano sconosciute.

Questo significa, in termini semplici, che molte, se non tutte, le nozioni stabilite sui fattori chiave che influenzano l'evoluzione animata, derivate dal Darwinismo, sono di nuovo in questione come risultato delle osservazioni e delle sperimentazioni della nuova biologia. Così, una serie di concezioni teoriche imposte, che hanno dominato a lungo tutte le valutazioni di quelle cose che fanno l'uomo com'è, sono state sgombrate. Questo potrebbe derivare in qualche modo da una coscienziosa attenzione data a quei fattori interiori e spirituali sottostanti ai fenomeni evolutivi — specialmente degli esseri umani — evidenziati in questo libro.

Le Scimmie Derivano dall'Uomo, una Linea molto più Antica

Questo porta all'insegnamento teosofico che l'uomo ha dato origine ai ceppi scimmieschi, piuttosto che l'incontrario; che l'origine dell'uomo non fu monogenetica ma ebbe luogo attraverso una poligenesi modificata; e che l'uomo, come essere pensante, è molto più antico di quanto supponga la moderna antropologia. Da quando fu pubblicato il libro del Dr. de Purucker, l'archeologia e l'antropologia hanno portato alla luce abbondanti nuove informazioni sull'uomo preistorico e sull'antropoide. Molte di queste informazioni confermano il materiale teosofico che egli ha esposto, e aiutano a riconsiderare l'uomo — non un animale, ma un essere superiore che si trova tra gli animali e gli dèi, dissimile da qualsiasi altro che esista sulla faccia della terra.

L'antropologia moderna, comunque, non tiene conto della discendenza spirituale dell'uomo né dei suoi inizi eterei su questo globo in questa ronda quale originatore di tutti i ceppi mammiferi, com'è stato trattato dal Dr. de Purucker. Né tutti gli antropologi sono d'accordo su quali forme fossili dei primati appartengano definitamente alla famiglia degli Ominidi. Quest'Appendice usa il termine Hominidae, ominidi, per tutte le forme che hanno assunto gli antenati biologici dell'uomo qui sulla terra — cioè, per la famiglia delle forme, sia viventi che fossili, che sono strettamente umane — in opposizione ai Pongidi, la famiglia dei primati composta dalle scimmie antropoidi senza la coda, che anatomicamente somigliano all'uomo: il gibbone, il gorilla, l'orangotango e lo scimpanzè, e i loro antenati. Quest'applicazione ha il vantaggio che s'accorda con la prospettiva teosofica del primato della linea umana, sia biologicamente che spiritualmente rispetto ai mammiferi.[28]

Parecchi anni fa, lo stimato antropologo finlandese Björn Kurtén, nostro contemporaneo, affermò che la prova dei fossili stessi dei primati (in contrasto con qualsiasi teoria) evidenza inequivocabilmente che l'uomo non è mai disceso dalle scimmie antropoidi, ma che sarebbe più corretto dire che le scimmie antropoidi e le scimmie sono derivate dai primi antenati dell'uomo. (Consultare il suo libro Not from the Apes, Pantheon Books, Random House, NY 1972.)

Come G. de Purucker, Frederick Wood Jones, e altri, questi scienziati affermano che in tutte le caratteristiche prese comparativamente in esame, l'uomo è il primitivo, mentre le scimmie antropoidi e le scimmie sono la forma specializzata. Lo spazio non permette un'esauriente ricapitolazione dei confronti anatomici, estesi e dettagliati, del Dr. Kurtén a supporto di questa tesi. Anni di studio gli hanno dimostrato che in tutti i casi in cui è disponibile un sufficiente materiale fossile per poterne ispezionare le principali caratteristiche, è impossibile non distinguere un ominide o una prima forma umana da una forma scimmiesca, Il Dr. Kurtén osserva che riguardo ai primi remoti Australopitechi, che sono stati datati all'incirca dai 4 ai 6 milioni di anni prima della nostra era,[29] l'evidenza anatomica conferma una prima postura eretta dell'uomo. Questo non è il caso delle scimmie, sia fossili che viventi, perché nessuna scimmia antropoide è un bipede come l'uomo. Egli ritiene molto improbabile che qualche antenato umano abbia mai camminato carponi come fanno le scimmie antropoidi, o che abbia camminato sulle giunture come fanno gli scimpanzè e i gorilla africani. La testimonianza fossile delle molte specializzazioni che esibiscono tutte le scimmie antropoidi viventi (al confronto con la struttura non specializzata dell'uomo) dimostra che queste sono nate indipendentemente.

Il Dr. Kurtén riassume la sua convincente analisi del significato dei reperti fossili concludendo che "la risposta più logica suggerita dalle prove fossili è questa: gli ominidi non sono discesi dalle scimmie antropoidi, ma sono quest'ultime ad essere discese dagli ominidi." (op. cit., p. 42) La sua conclusione, un esame basato su prove "difficili," è strettamente parallela, comunque, al punto di vista teosofico. La teosofia, la saggezza antica, afferma quell'idea, che l'uomo fisico è un tipo distinto che è venuto in esistenza sulla terra quasi 19 milioni di anni fa. È importante, però, che queste affermazioni siano comprese appropriatamente quando sono applicate alle testimonianze antropologiche che ora stiamo prendendo in esame. La teosofia non dice che tutti gli ominidi ottennero l'auto-coscienza precisamente nello stesso periodo di un lontano tempo passato. Il processo di accendere i fuochi della mente nell'uomo, che cominciò 18-19 milioni di anni fa tra i ceppi karmicamente pronti, per quelli che erano pronti, si svolse in milioni di anni, e in realtà non si può dire che sia cessato in seguito, fino a quando la "porta" nel regno umano fu "chiusa" dalla natura al punto mediano della quarta razza radice, che si dice sia avvenuto circa 8 o 9 milioni di anni orsono. Così, è consentito un enorme lasso di tempo alle variazioni individuali nello sviluppo della mente umana e del suo punto centrale fisico — il cervello — all'interno di tuti gli Ominidi, o famiglia dell'uomo: cioè, tra i suoi generi diversi.

Che significato ha tutto questo per la nostra discussione? Primo, più lontano risaliamo nel tempo, più i resti fossili non mostrano alcuna prova di qualche tendenza delle forme ominidi a manifestare caratteristiche simili alle scimmie antropoidi, mentre, d'altro lato, si trovano alcune forme fossili molto antiche di scimmie antropoidi che mostrano determinate caratteristiche anatomiche simili all'ominide. Come ce lo possiamo spiegare? È certamente suscettibile di una spiegazione dal punto di vista teosofico dell'origine e dell'evoluzione delle forme scimmiesche: (a) che le scimmie nacquero dalle unioni feconde tra un ceppo "senza mente" incosciente di ominidi e un ceppo animale elevato — che possiamo indicativamente datare a 20-26 milioni di anni fa; e (b) che gli antropoidi derivarono 8 o 9 milioni di anni orsono dalle unioni feconde di un ceppo umano degenerato con i discendenti di primitivi incroci di razze, ceppi quasi animali di tipi che poi sono scomparsi. (La Dottrina Segreta 2: 184, 191; vedi anche cap. 4 di questo volume). Nei remoti periodi geologici, entrambi questi ceppi scimmieschi, dice il Dr. de Purucker, ricordavano i loro rispettivi mezzi-genitori in misura maggiore di quanto lo siano i loro discendenti, le scimmie e le scimmie antropoidi che vivono oggi. I primi ceppi, con il passare del tempo, si avvicinarono sempre più alla dominante influenza umana trasmettendo il suo progresso nella loro ereditarietà. Le forme scimmiesche che vivono oggi, nel trascorrere di milioni di anni, mostrano gli effetti della specializzazione, a parte quell'influenza. Lo possiamo vedere negli embrioni come pure nei membri degli attuali ceppi scimmieschi — specialmente nei ceppi di scimmie antropoidi. Entrambi gli embrioni e i piccoli sono molto più "umani" di quanto lo siano gli adulti.

Inoltre, l'antropologia contemporanea non considera la possibilità che alcune delle primitive forme fossili somiglianti agli ominidi — tali forse come l'Oreopiteco e anche qualcuno degli Austrolopitechi o altre cosiddette vicine all'uomo — potrebbero testimoniare i primi incroci di razze che portarono in esistenza questi ceppi di esseri intermedi tra gli animali superiori e l'uomo. Questi ibridi sarebbero fuori dalla vera linea umana e, come abbiamo detto, si sono estinti. Solo i loro discendenti più degenerati o animaleschi, le scimmie antropoidi e le scimmie, continuano a sopravvivere in parecchie parti del mondo e ad intrigare gli scienziati a causa della loro debole e vaga somiglianza biologica ai veri ominidi.

Gli Ominidi Sono Poligenetici

Vediamo allora che ci sono dati scientifici che tendono a convalidare la grande età dell'uomo. Quello che è quasi più interessante per la nostra discussione, è che alcuni antropologi interpretano i recenti ritrovamenti in modo da suggerire una discendenza umana poligenetica o polifiletica piuttosto che la monogenesi delle passate teorie. Questa nuova prospettiva, basata su uno studio degli attuali fossili materiali, finora ha a che fare solo con un periodo di pochi milioni di anni. Tuttavia, è indicativa della più esauriente affermazione teosofica che la prima razza radice dell'uomo — molti, molti milioni di anni B.P — esibiva una poligenetica modificata.

Secondo gli insegnamenti teosofici, sette gruppi umani — più precisamente, "preumani" perché erano privi della mente cosciente — ebbero contemporaneamente origine in diverse località della terra. Nelle loro prime manifestazioni, questi gruppi si rassomigliavano strettamente l'uno con l'altro, pur differenziandosi "esternamente e internamente," riflettendo le sette classi o gradi della perfezione dei loro progenitori divini, dei quali erano la progenie ipostatica (DS 2: 77, 249). Durante l'ultima parte della terza razza radice, a causa dei differenti ritmi e modi in cui l'auto-coscienza in espansione lasciava la sua impressione sulle unità individuali, la differenziazione o forma, intelligenza e spiritualità tra questi sette ceppi umani divenne relativamente accelerata. La massima espressione di questa diversità tra di loro si verificò verso la chiusura della prima metà della quarta razza radice, circa 8 o 9 milioni di anni fa, quando la forma materiale raggiunse il suo apice e sulla terra coesistevano tipi distinti.[30]

Fin da allora, poiché il corso della natura era cominciato a rovesciarsi verso il basso dell'arco ascendente, i ceppi umani tendevano lentamente ad assumere lo stesso tipo, la stessa forma. Rimanevano solo quattro tra i sette ceppi primitivi, ci dicono e, come risultato della mescolanza, anche questi ora sono un pò diversi, tranne che in qualche particolare superficiale. Le prove scientifiche concordano, confermano il quadro offerto dalla teosofia? Per rispondere a questa domanda, almeno in parte, dobbiamo riesaminare i cambiamenti straordinari che hanno avuto luogo nell'antropologia fin dagli anni '30 e '40.

Negli anni '40, gli scienziati pensavano generalmente che la linea evolutiva dei diretti antenati dell'uomo — cioè, del genere Homo — non risalisse a più di 500.000 anni al massimo. Si riteneva che iniziasse con il cosiddetto uomo di Giava e l'uomo di Pechino, ora definito Homo erectus. Nel 1959, in gran parte anche se non tutte, come risultato delle scoperte fatte nell'Africa Orientale da Louis e Mary Leakey, le stime della sua discendenza andarono enormemente indietro a circa 1.6 milioni di anni B.P. Poi, nel 1972, Richard Leakey, il loro figlio, trovò i fossili del cranio e delle ossa della coscia di un ominide notevolmente simili a quelle dell'uomo moderno, in alcuni giacimenti databili a 2.6 milioni di anni B.P. Le idee antropologiche sull'epoca dei nostri diretti antenati furono così estese a quasi un altro milione di anni. Nell'ottobre del 1975, Mary Leakey annunciò la scoperta, a Laetolil, Tanzania, in un luogo non lontano da quello dei primi ritrovamenti, di mascelle e denti del tipo del genere Homo, in giacimenti ai quali era stata assegnata una decisa datazione di circa 3.75 milioni di anni P. B. Un anno prima, nel 1974, nell'area del desolato Triangolo Afar in Etiopia a nord della regione in cui lavoravano i Leakey, il Dr. Donald C. Johanson del Case Western Reserve University, aveva portato alla luce lo scheletro quasi completo di un ominide femmina provvisoriamente datato a circa 3.5 milioni di anni. Anche altri antropologi che lavoravano in Africa Orientale trovarono resti fossili di tipi primitivi di ominidi ai quali sono state assegnate epoche analoghe.

Nelle loro recenti ricerche epocali in Africa, Richard Leakey e il Dr. Johanson hanno condiviso i loro ritrovamenti e le proprie idee su tutte le linee. Un risultato del loro lavoro ha una considerevole importanza per le prospettive etiche che il libro del Dr. de Purucker esprime come parte integrante delle sue informazioni scientifiche: l'assoluta necessità di una fratellanza universale tra tutti gli uomini se dobbiamo completare il nostro viaggio evolutivo. Parlando al Pasadena City College nella primavera del 1975, Richard Leakey presentò delle clip filmate della vita e del lavoro tra gli attuali nativi lungo le rive del Lago Turkana (già Lago Rudolph) nell'Africa Orientale. I filmati mostravano come questi popoli avessero imparato a condividere tra l'intera comunità, senza rivalità individuali, ciò che l'ambiente offriva per la loro sopravvivenza.

Leakey allora evidenziò che il suo studio degli uomini preistorici ha dimostrato anche che essi devono aver vissuto insieme cooperativamente, in un modo del tutto contrario a quello del "selvaggio aggressivo," come al giorno d'oggi sono così spesso stereotipati i nostri antenati in alcuni libri antropologici resi popolari. Le "pietre e le ossa" di uomini datati a più di un milione di anni fa, egli disse, lo hanno convinto che i primi uomini, nel loro ecosistema, devono aver mostrato sia molta intelligenza, sia un completo senso di solidarietà e compassione umana, come fanno alcuni uomini moderni nei loro ecosistemi che, sia pure più altamente strutturati e complessi nei loro congegni, non sono tanto diversi in termini di bisogni e interessi essenziali. In altre parole, il bisogno della fratellanza come una forza centrale era giusto e vitale per la riuscita dell'evoluzione umana milioni di anni fa come lo è oggi; e inoltre, che noi — Homo Sapiens moderni — dobbiamo la nostra esistenza non all'aggressività "scimmiesca" dei nostri antenati, ma piuttosto alla loro abilità nel cooperare.

Proprio un anno dopo, nella primavera del 1976, il Dr. Johanson e il suo team annunciarono la scoperta, nella Valle di Afar, di circa 150 ossa provenienti da un gruppo di due bambini e tre o cinque adulti, che furono ritrovati tutti insieme, e si pensa che siano stati uccisi da un'inondazione o da una catastrofe simile. Questa è la prima volta che si è ritrovato un gruppo di individui fossilizzati, geneticamente correlati, e il Dr. Johanson crede che essi possano dirci molto sulla crescita e lo sviluppo delle loro specie. Johanson ha classificato quel gruppo come Homo, uomo, anche se non progredito come l'Homo erectus, e gli ha assegnato una datazione di almeno 3 milioni e forse 3 milioni e mezzo di anni B. P. In una conferenza stampa congiunta, Johanson e Richard Leakey parlarono dei loro recenti ritrovamenti ed entrambi sottolinearono che la prova delle testimonianze fossili è quella che "l'uomo è innatamente cooperativo," perché gli uomini preistorici cacciavano in gruppo e facevano altre cose insieme e "ritornavano a una casa di base." Leakey disse:

Cominciamo a vedere un quadro di un'unità differente da quella che si vede in qualsiasi altro animale. Non sono proprio le vecchie ossa che c'interessano. È importante sapere se i nostri primi antenati fossero creature dignitose, cooperanti, invece di scimmie antropoidi assassine. Sono sicuro che l'uomo era un predatore. Ma uccidere, come facciamo noi, uccidere senza un motivo plausibile — non c'è prova di tutto questo nei resti fossili. — The Washington Post, 9 marzo, e The National Observer, 20 marzo 1976.

Il punto di vista generale tra gli antropologi è stato che i gruppi umani sociali erano uno sviluppo comparativamente recente, che risale a poco più di 600.000 anni al tempo dell'uomo di Neanderthal! [31]

Le scoperte della paleoantropologia moderna hanno reso più evidente che parecchi tipi di ominidi, come pure quelli "più vicini all'uomo" — come l'Australopiteco — perseguendo linee evolutive parallele ma diverse, devono aver condiviso contemporaneamente la terra. La prospettiva di uno sviluppo parallelo accompagnato dall'estinzione di vari ceppi primitivi spiega esaurientemente perché gli antropologi non possono collegare tutti i fossili di creature simili all'uomo in una sola linea retta di successione che porta fino all'uomo di oggi.

Riguardo agli Hominidae — la classe più ampia della famiglia dell'uomo globale, e non solo l'Homo Sapiens, o i nostri diretti e più vicini antenati — ci rivelano la stessa impressionante estensione nel tempo passato di cui abbiamo discusso sopra. Recentemente, negli ultimi anni '40, gli antropologi — che cercavano ancora un anello comune tra i pongidi e gli ominidi — arrivarono, in generale, alla conclusione che questi cominciarono corsi separati d'evoluzione da qualche antenato comune, che la maggior parte ritiene sia il Dryopiteco, all'incirca 6 o 7 milioni di anni fa. Inoltre, la riclassificazione fatta negli ultimi anni '60 del Ramapiteco e della sua correlazione con le prove dei fossili in altre parti del mondo, mostrava che le varietà dei veri ominidi — o tipi di natura meno evoluta di quella del nostro genere Homo — esisteva già circa 15 o forse 20 milioni di anni fa. B.P.

I 3 o 4 milioni di anni attribuiti al nostro genere Homo mostra che l'uomo è stato uomo e nient'altro che l'uomo, bello abbastanza come lo conosciamo anatomicamente per un'antichità finora insospettata. Il periodo di tempo, incidentalmente, abbraccia all'incirca la stessa durata che la teosofia moderna assegna al tipo d'uomo dell'attuale quinta razza radice fin dalla sua prima apparizione o semina come una variante o un movimento all'interno e verso il centro della sua genitrice, la quarta razza radice. Ma come razza o ceppo che esibisce il suo carattere specifico completamente distinto da quello della sua razza genitrice, all'umanità della nostra quinta razza è attribuita solo un'età di circa un milione di anni. La testimonianza dei fossili che emergono, tuttavia, sembra mostrare che una serie di ominidi, come pure di tipi vicini all'ominide, si sovrappose a questo primo Homo, che esibiva egli stesso un numero di differenze all'interno del suo genere.

Per evitare qualsiasi frainteso, bisogna far notare che la teosofia non dice che tutti questi tipi di ominidi facessero parte del flusso dell'evoluzione umana che portò direttamente all'Homo Sapiens, cioè il tipo dell'uomo contemporaneo. Chi di loro l'abbia fatto è, naturalmente, molto controverso. Come un critico ha recentemente puntualizzato: "chiunque faccia delle asserzioni sulle origini umane entra in un campo minato" a causa del comparativamente rapido accumulo di nuovi fossili e di prove correlate, come pure delle idee mutevoli degli scienziati su come l'evoluzione umana biologica sia proceduta dalla preistoria fino ad oggi.

L'eclatante trasformazione nell'antropologia sta ancora andando avanti, e ha di gran lunga convinto tutti gli antropologi che gli ominidi non sono derivati da qualche vero progenitore pongide o ominide; comunque, ha mostrato che qualsiasi di tali ipotetiche divergenze non può essere avvenuta solo in un passato estremamente remoto — una stima di 20 milioni o più anni fa, per usare una cifra tonda. Faremmo un errore dedurre dall'argomentazione in quest'Appendice che tutti gli antropologi pensino allo stesso modo sull'abbondanza di prove fossili che si sono ammassate, o anche sulle date attribuite ad esse. Gli scienziati non sostengono teorie identiche nei riguardi del significato delle caratteristiche fossili, e neppure sono d'accordo su chi possa essere un ominide e chi una scimmia. Tuttavia, sta emergendo un quadro che è molto più chiaro a confronto di quello degli antropologi di cinquanta o sessant'anni fa. Incompleto che possa essere — ed è imperfetto — complessivamente sostiene, sotto molti aspetti, l'antropogenesi delineata nel volume 2 della Dottrina Segreta di H. P. Blavatsky.[32]

In breve, la distinzione tra l'antropologia e la saggezza antica è principalmente un avvicinamento. La prima cerca di sviluppare un'attuabile teoria evolutiva sulle basi dei cambiamenti fisici che, come sappiamo, hanno avuto luogo nelle forme del corpo; la seconda considera l'uomo principalmente come una monade di energia cosciente che evolve una successione di veicoli materiali allo scopo di esprimere sempre più pienamente il suo inerente potenziale.

Il Mistero del Cervello Umano

Negli ultimi anni, la crescente attenzione scientifica si è rivolta a un fenomeno nell'uomo, che è veramente notevole: se debba essere considerato proprio un animale superiore e niente di più. In termini di tempo geologico e dell'estrema lentezza del cambiamento e dello sviluppo evolutivo richiesti dalla teoria Darwiniana, la testimonianza degli Hominidae fossili rivela un aumento incredibile della scatola cranica relativo a qualsiasi forma di vita mammifera. Lo sviluppo del cranio è centrato soprattutto sul cerebro, la parte anteriore del cervello che in tutti i mammiferi superiori si sovrappone al resto del cervello. Il cerebro umano consiste negli emisferi destro e sinistro e le strutture connesse, e si ritiene che sia la sede dei processi della coscienza mentale, in contrasto con il cervelletto, i lobi del cervello situati dietro e sotto il cerebro. Il cervelletto è la sede del controllo motorio dei movimenti del corpo fisico, che traduce le direttive generali del cerebro in comandi precisi. Più largo è il cerebro, generalmente parlando, più grande è l'area della corteccia o lo strato superficiale della materia rosa-grigia attorcigliata. La scienza sostiene che nell'uomo il numero di queste circonvoluzioni corticali sia indice del "potere del cervello" o capacità di pensare. Gli animali non mostrano uno sviluppo cerebrale o corticale paragonabile all'uomo in termini della cosiddetta corteccia "associativa" o "interpretativa" dei lobi frontali e parietali. Questa è l'area del cervello che si presume sia responsabile del pensiero e dell'auto-coscienza.

Riguardo all'enigma del volume del cervello umano, l'antropologo Dr. Loren Eiseley una volta ha citato i biologi M. R. A Chance, e A. P. Mead, i quali dicevano che "nessuna spiegazione adeguata è stata data per spiegare un cerebro così largo come quello che si trova nell'uomo."[33] Ne deduciamo che questa non sia una spiegazione biologica e nemmeno Darwiniana. Il Dr. Eiseley afferma poi che, mentre tutte le altre forme mammifere esibiscono particolari specializzazioni fisiche, l'uomo ha una sua curiosa specializzazione di tipo più astratto e generalizzato: il suo cervello. Il cervello umano è largo due volte in più di quello della creatura più grossa imparentata (il gorilla), e di volume triplo durante il primo anno di vita fuori dal grembo, a differenza di qualsiasi altra creatura che conosciamo nel mondo delle forme di vita animata, poiché il cervello è riconosciuto come la sede e il fulcro della coscienza umana, ed è la coscienza dell'uomo che lo rende quello che egli è al confronto con gli animali. Il Dr. Eiseley qui ha registrato il complemento dell'assioma radicato nel tempo, che l'uomo non è il suo corpo ma il pensatore interno.

Scienziato geniale, il Dr. Eiseley riflette sulla rapidità con cui l'uomo "ha eluso l'eterno presente del mondo animale per una conoscenza del passato e del futuro," e conclude che "la storia dell'Eden è la più grande allegoria che l'uomo abbia mai congetturato."

Qui c'è la vera ragione per credere che, quale che sia la natura delle forze coinvolte nella produzione del cervello umano, una lunga, lenta competizione del gruppo umano con il gruppo umano, o razza con razza, non avrebbe prodotto simili potenzialità mentali tra i popoli, in nessun luogo. Qualcosa — qualche altro fattore — è sfuggita alla nostra attenzione scientifica. — The Immense Journey, Random House, NY, 1946, p. 91.

I teosofi riconoscono che proprio questo processo, denominato "la discesa dei mānasputra," è il vero" fattore" che mette l'uomo a parte e al di sopra delle sue specie compagne sulla terra. Attraverso atti spirituali creativi, esseri più antichi evolutivamente superiori alla nostra umanità, ci dotarono di una porzione della loro auto-coscienza. In altre parole, l'allegoria della cacciata di Adamo ed Eva da un "Giardino di Eden" raffigura la trasformazione dell'uomo dall'incoscienza all'auto-consapevolezza. Da questo nacque la nostra comprensione dello spazio e del tempo, del passato e del futuro, così come l'esigenza della natura che noi dobbiamo impegnarci in una cognizione auto-riflessiva, e assumerci volontariamente la piena responsabilità dei nostri pensieri e azioni.

Come un'analisi scientifica, le dichiarazioni del Dr. Eiseley implicano il riconoscimento che, in qualche tempo remoto ancora indefinito, ebbe luogo un collegamento tra l'intelligenza brillante e le ossa, i muscoli e il tessuto nervoso, in un modo che non era ancora avvenuto prima, e che poi rivoluzionò drasticamente e per sempre lo sviluppo del nostro tipo. Egli non dogmatizza, ma lascia che siano i lettori a trarne le proprie deduzioni dalla sua esposizione. Tuttavia, è giusto concludere che Eiseley crede che un tale evento o un tale processo sia "l'altro fattore" sfuggito all'attenzione.[34]

A questo punto, vale la pena di fare diverse osservazioni sulle scoperte della neuroscienza moderna riguardanti il cervello umano. Molti studiosi del cervello continuano a credere che quando la materia è organizzata con una complessità sufficiente — com'è nel cervello — comincia a manifestare le qualità che noi associamo alla mente. Questa, naturalmente, è la posizione degli scienziati riduzionisti: quelli che cercano di chiarire tutti i processi biologici con le stesse spiegazioni (come per le leggi fisiche) che i chimici e i fisici usano per interpretare la cosiddetta materia inanimata.

Lo studio del cervello, comunque, fino a parecchi decenni fa, è andato a rilento, e di una mezza dozzina suppergiù di ricercatori considerati i più importanti in questo campo, parecchi pensano diversamente dai loro colleghi riduzionisti; in un modo o nell'altro, sono pervenuti tutti a un sentimento religioso o mistico sulla natura della coscienza umana, come risultato del loro lavoro scientifico. Sir Charles Sherrington, dopo una lunga e brillante carriera studiando il cervello umano, poteva solo dire che "dobbiamo considerare che la relazione della mente con il cervello è irrisolta ed è anche priva di una base riguardante il suo vero inizio."[35] Sherrington concluse che l'esistenza dell'uomo consiste di due "elementi fondamentali." — cervello e mente — e che l'azione del cervello non spiega la mente. Nel 1975, un suo eccezionale allievo, il Dr. Wilder Penfield, dopo una carriera ugualmente lunga e di successo dedicata allo studio del cervello, affermò con forza lo stesso punto di vista dicendo:

Poiché mi sembra certo che sarà sempre impossibile spiegare la mente sulla base dell'azione dei neuroni all'interno del cervello, e poiché mi sembra che la mente si sviluppa e matura indipendentemente attraverso la vita di un individuo come se fosse un elemento continuo e, come un computer (quello che è il cervello), dev'essere programmato e messo in funzione da chi è capace di comprendere indipendentemente. Sono obbligato a scegliere la proposizione che il nostro essere dev'essere spiegato sulle basi di due elementi fondamentali. Questo, per la mia mente, offre la più grande probabilità di portarci alla comprensione finale verso la quale tanti scienziati cercando di arrivare. — The mistery of the Mind, Princeton University Press, Princeton 1975, p. 80.

Così vediamo ancora una situazione che risulta da una recente ricerca intensiva in un ramo della nuova scienza che ha portato onesti ricercatori rigorosamente scientifici — alcuni dei pionieri in questo campo — a riconoscere che le forze in azione nella mente dell'uomo sono diverse dal funzionamento biologico del suo cervello. Un approccio ancora più stretto alla prospettiva teosofica in questo contesto si trova nelle parole del Dr. Oliver Sacks, un neuro-psicologo all'Albert Einstein College of Medicine, nel Bronx, NY, e autore di parecchi libri sulla coscienza umana:

L'intero organismo è un'unità funzionale: così non siamo coscienti solo della nostra corteccia, siamo coscienti della nostra stessa globalità . . . Non possiamo supporre che l'origine della coscienza si trovi solo in noi. La nostra coscienza è come una fiamma o una fontana, nasce da profondità infinite. Noi trasmettiamo e trasfiguriamo, ma non sono le cause prime. Per ciò che giace oltre di noi, siamo dei contenitori e degli imbuti. In definitiva, rispecchiamo la natura che ci ha creati. La natura ottiene l'auto-coscienza attraverso di noi. — "Wraparound" dicembre 1975, p. 5

Il Contributo di Alfred Russel Wallace

Da parte sua, il Dr. Eiseley ha fatto, della causa della verità, un vero servizio, ridando vita ad alcune delle scoperte e delle conclusioni di Alfred Russel Wallace, il grande contemporaneo di Darwin. Fu proprio Wallace che nel 1913 contestò che il cranio di Piltdown [36]era una truffa, non provava molto, se non niente, sull'evoluzione umana.

Darwin aveva visto nell'origine dell'uomo con il suo cervello unico solo l'azione indiretta di queste forze naturali, perché credeva che avessero prodotto il resto del mondo vivente di piante e animali. Wallace, comunque, abbandonò presto questo punto di vista e asserì invece che "un'intelligenza superiore" aveva diretto il processo dell'evoluzione umana. I Darwinisti, nella loro ricerca del presunto anello mancante tra l'uomo e la scimmia antropoide, sostenevano che i popoli aborigeni ben si adattavano a quel ruolo. Wallace, sulla base dell'esperienza di molti anni tra simili tribù negli arcipelaghi tropicali, rifiutava l'opinione dei Darwinisti che queste tribù fossero mentalmente inferiori. Asseriva che, al contrario, i poteri mentali degli aborigeni erano molto superiori a ciò che è necessario per le semplici attività della raccolta del cibo con cui sopravvivevano. Impiegando le argomentazioni che i Darwinisti applicavano all'uomo, si chiedeva: "Com'è, allora, che un organo si sia sviluppato ben oltre i bisogni del suo possessore? La selezione naturale, da sola, non poteva aver fornito al selvaggio un cervello di poco superiore a quello di una scimmia antropoide, considerato che egli ne possiede effettivamente uno inferiore di poco a quello di un comune appartenente delle nostre dotte società."[37]

Oggi è un luogo comune della conoscenza scientifica che nessuna razza o popolo fruisca di un potenziale mentale superiore al di sopra degli altri. In sostanza, Wallace arguiva che la prova di un rapido sviluppo del cervello implicherebbe una forza spiritualmente diretta che agisce nell'uomo. Una volta risvegliati i poteri mentali dell'uomo, il suo successo o il suo fallimento nel processo evolutivo dipenderebbero dalle qualità mentali e morali piuttosto che dai fattori fisici, ed egli proseguirebbe con minime modifiche fisiche, ma nella misura in cui che lo sviluppo delle capacità mentali si riflette nella forma e nel volume del cranio. Quei ceppi che non si sono tenuti al passo richiesto da quel progresso morale e mentale, disse Wallace, si estinsero e diedero luogo ai ceppi che avevano creati. Tutto questo è chiaramente teosofico. I Darwiniani vinsero la tappa, comunque, e i punti di vista di Wallace, nonostante la loro logica e chiarezza, furono effettivamente ignorati dai successivi evoluzionisti. Wallace fu anche contestato, e dalla stessa base logica, che più questa ricerca s'avvicinava al punto di partenza della famiglia umana, più variata sarebbe la struttura corporea degli ominidi, in conformità con i diversi effetti che la mente o l'auto-coscienza produrrebbero nelle differenti unità — una teoria che le recenti scoperte antropologiche hanno confermato di gran lunga.

Certi progressi nella scienza relativi alle scoperte sul cervello umano qui hanno bisogno di un'ulteriore citazione. La maggior parte degli odierni antropologi riconoscono che le spiegazioni puramente biologiche dell'adattamento comportamentale umano sono inadeguate. Mentre l'uomo, come tutte le forme di vita animata deve adattarsi all'ambiente, i tentativi di collegare i sistemi umani caratteriali a semplici fattori geografici o anche genetici sono sempre falliti. Oggi gli scienziati raggruppano spesso quei fattori più rilevanti che osservano nell'adattamento umano sotto il termine cultura — cioè, un modello integrato che include pensiero, linguaggio, azione e manufatti, e che dipende dalla capacità dell'uomo di imparare e trasmettere conoscenza alle generazioni successive. L'uomo non è nato con la cultura, ma con una capacità di acquisire cultura. Egli non reagisce semplicemente all'ambiente, essi dicono: egli lo cambia coscientemente, lo trasforma e lo modifica. Mentre il comportamento degli animali è preminentemente istintivo, nell'uomo è ampiamente un prodotto della cultura, impartita dall'insegnamento e dall'apprendimento, e non riflette una serie fissa di impulsi, com'è nel caso degli animali.

Scrivendo nel 1962, un eminente genetista, Theodosius Debozhansky, approvò apertamente questo punto di vista dicendo che da tempi primordiali "l'uomo ha adattato gli ambienti ai suoi geni, più spesso di quanto i suoi geni si siano adattati agli ambienti." (Mankind Evolving, Yale University Press, New Haven, 1962, p. 139) Nell'uomo, l'evoluzione biologica è chiaramente subordinata all'evoluzione culturale; i principali fattori determinanti del comportamento umano non sono né anatomici né genetici come lo sono negli animali. Quindi, il comportamento umano è la funzione e il risultato della coscienza interiore che agisce in massima parte attraverso il cervello.

Ora, tornando alla teosofia moderna, vediamo che l'origine di questa distintiva cultura umana si trova nello straordinario "evento manasaputrico" di cui abbiamo già parlato, che portò rapidamente in attività la coscienza umana latente. I primi ceppi umani risvegliati nell'ultima parte della terza razza radice sono descritti come quelli che costruirono le prime città di lava e pietra, coltivarono le prime piante, costruirono i primi strumenti e manufatti, ecc. Sotto questo punto di vista, quindi, la cultura è un riflesso su questo piano terrestre dell'azione della coscienza distintamente umana, la monade, nella misura in cui quella coscienza ha imparato a manifestare i suoi poteri creativi. Le manifestazioni delle facoltà umane creative mostrano imperfezioni ed errori, come tutti noi sappiamo — perché l'uomo danneggia il suo ambiente tanto quanto, e anche di più, lo modifica utilmente, e allora la natura reagisce su di lui. Anche se la scienza fisica e la teosofia affrontano quest'argomento da angolazioni o punti di vista diversi, vi è tuttavia una palese convergenza di pensiero su quest'argomento, indipendentemente dai metodi analitici. Questa convergenza è stata riassunta nel titolo di un libro contemporaneo, Man Makes Himself. [38] Questo studio è solo un esempio di quella che è una crescente letteratura dedicata all'unicità della cultura umana, e si può giustamente dire che sia cominciata con gli scritti di Wallace.

Alcune Scoperte della Nuova Biologia

Notevoli progressi nello studio della genetica e della cellula fatti dalla nuova biologia hanno contribuito molto a dimostrare le affermazioni del Dr. de Purucker che (a) quella che la scienza chiama cellula è un epicentro infinitesimale di forze cosmiche intelligenti che si riversano nella manifestazione fisica; e (b) che in una cellula vi sono possibilità infinite di sviluppo, effettivamente quasi incalcolabili, potenzialità racchiuse o latenti. Queste sono tutte in cerca d'espressione, egli disse, e molte devono aspettare per ere il loro momento prima che arrivi l'opportunità, cioè, finché l'ambiente karmico appropriato o "campo" apra loro la porta per manifestarsi. Naturalmente, essendo una scienza fisica, la nuova biologia non ha alcun concetto formale dell'invisibile monade divino-spirituale che guida e stimola le azioni di quelle forze interiori e metafisiche, e la sua evidenza va provata con la chimica della genetica, solo a livello molecolare. Ma la sua testimonianza è tuttavia valida per il nostro argomento, perché queste scoperte a livello fisico concordano e invero riflettono le implicazioni delle più esaurienti affermazioni teosofiche, che includono scoperte o dati a parecchi livelli dell'essere in aggiunta a quello fisico.[39]

Per comprendere le conclusioni della nuova biologia dobbiamo considerare quello che dice sulle cellule vegetali, animali e umane — cioè, le cellule delle forme di vita animata, distinte dalle strutture di vita dei regni minerali ed elementali, quest'ultime sono un termine teosofico per indicare le classi delle forze naturali sulla terra che collegano le strutture di tutte le forme di vita del pianeta. (vedi Capitolo 14, "Pagine Perdute della Storia Evolutiva")

Ogni cellula ha il potere di auto-replicarsi, per la durata di vita dell'individuo che la contiene. Ma le cellule sessuali sono, secondo Dobzhansky:

potenzialmente immortali; in verità, ogni cellula sessuale è capace, in condizioni favorevoli, di dare la nascita a un nuovo individuo con un'altra produzione di cellule sessuali. Il soma è mortale; è il corpo che ospita le cellule sessuali, che in ogni generazione è gettato via dalla morte. — Evolution, Genetics, and Man, John Wiley &Sons, NY 1955, p. 74.

Dopo che l'analisi biologica aveva isolato con successo gli ingredienti chimici necessari del DNA, Isaac Asimov scrisse:

In teoria, anche se è possibile che . . . vi siano degli elementi polinucleotidi che sono durati attraverso innumerevoli generazioni, forse anche dalla prima apparizione della vita . . . la possibilità di un super-patriarca tra gli elementi ora esistenti, che stanno a cavallo degli eoni fin da quando la terra era giovane, evoca piuttosto una raffigurazione mozzafiato dell'unità e della continuità della vita. — The Genetic Code, Orion Press, NY 1962, pp. 141-2

È dentro il DNA cromosomico che si trova il "codice genetico": l'informazione trasmessa a ogni cellula appena appare nella crescente forma di vita che l'istruisce su come replicarsi. Oggi abbiamo un ampio concetto di questo meccanismo genetico che guida la formazione e la riproduzione della cellula, da cui emergono vari fattori che per noi sono di primaria importanza.

Primo, il numero dei tipi di proteine — cioè, i blocchi di vita fisica animata, essenziali per costruire — che possono essere incrementate da 20 aminoacidi dispari che agiscono in base alle istruzioni del DNA è, per tutti gli scopi pratici, illimitato. La questione, allora, non è dove il corpo trova la varietà di proteine richieste, ma che cosa controlla la possibile varietà e la mantiene entro certi limiti. Secondo, solo una piccola frazione trascurabile di tutte le combinazione del genere potenzialmente possibili è mai realizzato in qualche specie. Ogni essere umano è un vettore di un unico gene complesso e inedito, probabilmente irripetibile![40] Anche il numero degli individui manifestati dalle combinazioni del gene è, a tutti gli effetti, illimitato.

Nigel Calder, in The Life Game (p. 135), ha sintetizzato le lezioni della biologia molecolare contemporanea in questo modo: (1) l'unicità di ogni individuo; (2) le immense possibilità latenti in ogni gruppo di individui; (3) la fallacia di qualsiasi nozione di perfezione genetica. Così, anche a livello chimico delle forme di vita animata vediamo che le conclusioni della scienza confermano i principi dell'antico insegnamento, portati avanti da questo libro del Dr. de Purucker: che ciascuna entità è essenzialmente una monade, un'unità completamente individuale, un centro di vita e di coscienza, eterno come essenza. Ogni particella infinitesimale, ogni punto nell'universo — un'incalcolabile moltitudine — custodisce una di queste monadi spirituali; e ciascuna di queste monadi percorre, segue il proprio sentiero, il suo corso evolutivo all'interno di categorie più ampie o case di vita, che si muovono lungo i loro rispettivi corsi.

La biologia molecolare ha anche presentato alcuni dati veramente interessanti sulla chimica e sul siero sanguigno dell'umano, della scimmia antropoide e della scimmia. Le prove dei loro rispettivi DNA e di tre importanti costituenti del sangue — emoglobina, transferrina e albume — hanno dimostrato che le loro differenze strutturali tra uomo e scimmie antropoidi sono poche, ma tra l'uomo e le scimmie sono notevolmente maggiori. Nelle scimmie antropoidi (inclusi oranghi e gibboni) le differenze tra uomo, gorilla, e scimpanzè, erano piuttosto piccole, ma maggiori tra l'uomo e gli oranghi e i gibboni. Un tipo correlato di prova, chiamato immunologico, ha prodotto risultati analoghi.[41] Queste misurazioni hanno valore perché mostrano un ordine tassonomico tra i primati, e considerano l'uomo collegato, in grado decrescente, allo scimpanzè, al gorilla, all'orango, al gibbone, scimmie del Vecchio Mondo e poi del Nuovo Mondo, e infine le varie proscimmie, in termini di chimica del sangue.

I risultati del test sono stati impiegati da qualche biologo molecolare per spiegare come, tanto tempo fa, la linea evolutiva dell'uomo si era separata da quella delle scimmie, da un lato, e da quella delle scimmie antropoidi, dall'altro, basandosi sulla teoria che nel tempo queste divergenze diedero vita a tutte le tre forme di vita che avevano quasi lo stesso tipo di emoglobina. Sarich e altri hanno progettato un albero filogenetico di primati viventi abbastanza comprensibile, dando delle valutazioni di tempo per tali divergenze. Questa compilazione ha i gorilla e gli scimpanzè divisi dall'uomo circa 7 milioni di anni fa, anche se certi ricercatori suggeriscono che ciò accadde "non più di" 10 e "non meno" di 5 milioni di anni B. P. Ad alcuni antenati del babbuino è attribuita una cifra d'origine sui 7 milioni di anni; agli oranghi e ai gibboni 12 milioni, e alle scimmie all'incirca 25-30 milioni di anni. B. P. (Si stima che le proscimmie si siano diversificate 75 milioni di anni fa.) Gli scienziati che hanno creato quest'albero filogenetico evidenziarono che la loro preoccupazione non è tanto per i periodi precisi di anni quanto per le relazioni evolutive in generale, e sottopongono a queste prove e proiezioni altri ceppi mammiferi.

C'è probabilmente un numero di significative inesattezze nella tecnica delle datazioni, e questo è riconosciuto anche dagli stessi scienziati. Ciò che si rileva dai dati — anche quando sono fatte delle concessioni — è il suggestivo "adatto" che appare. Le recenti proiezioni biologiche avvalorano le più antiche affermazioni teosofiche come sono state date dal Dr. De Purucker nel capitolo 5 di questo libro: le scimmie hanno una "sola dose" di sangue umano nelle loro vene, e le scimmie antropoidi ne hanno una "doppia dose," ma nessun essere umano ha nelle sue vene del sangue scimmiesco, di scimmia antropoide o di scimmia. La teosofia colloca il punto in cui la linea delle scimmie derivò dalla linea umana a qualcosa come 19 milioni di anni fa, mentre gli inizi della linea della scimmia antropoide (gorilla e scimpanzè), d'altro canto, datano a 8, forse a 9 milioni di anni orsono.

La Scienza Moderna Sta Diventando Filosofia

Un aspetto saliente della nuova scienza è che è diventata più filosofica. È vero che un numero di prominenti scienziati dell'ultima parte del diciannovesimo secolo era del tutto filosofica; ma il loro lavoro e le loro conclusioni erano troppo spesso soffocate dalla valanga del pensiero materialistico che spazzò via e dominò le scienze, perseverando in questo secolo, perché l'oggetto delle sue varie discipline erra diventato popolare. La crescente realizzazione da parte degli scienziati dei limiti della loro capacità di spiegare o anche descrivere adeguatamente il pieno dinamismo della vita o dei fatti dell'essere, in un certo senso divenne evidente solo negli Anni '30 e '40. In misura molto maggiore, è l'umiltà che caratterizza la scienza in quest'ultimo quarto del XX secolo, perché, come ha recentemente riflettuto Bronowski:

Uno degli obiettivi delle scienze è stato di dare una panoramica precisa del mondo materiale. Una conquista della fisica nel ventesimo secolo è stata di provare che quell'obiettivo è irraggiungibile . . . Il mondo non è una gamma fissa e solida di oggetti esterni, perché non può essere del tutto separato dalla percezione che ne abbiamo. Cambia sotto il nostro sguardo, interagisce con noi, e dobbiamo interpretare la conoscenza che ne ricaviamo. Non c'è modo di scambiare informazioni che non richiedano un atto di giudizio . . . E che non richieda calcolo, ma intuizione, immaginazione — o se preferite, metafisica. (The Ascent of Man, pp. 353, 364)

Così, questo brillante pensatore scientifico ha tacitamente aderito alla proposizione teosofica sostenuta da tutto il mondo antico, che l'uomo è parte dell'universo che lo circonda. Altri scienziati hanno registrato pensieri simili. In una serie di saggi che si domandavano dove stesse andando la scienza di oggi, il grande fisico teorico Max Planck intitolò uno dei suoi saggi: "Is the External World Real?" — nei primi Anni '30. Un altro fisico tedesco, Max Born (1882-1970) nella sua autobiografia ha detto: "Ora sono convinto che la fisica teorica è un'effettiva filosofia."

Tornando all'astronomia, un campo che il Dr. de Purucker chiama "la più spirituale delle scienze fisiche," si rivela un panorama del genere . Nel 1940, ad esempio, un noto astronomo del Mount Wilson Observatory nella California del sud, Gustav Stromberg, scrisse un libro riflessivo intitolato The Soul of the Universe. Molto più recentemente, Sir Bernard Lovell, professore di radioastronomia all'University of Manchester, e direttore del Jodrell Bank Centre for Astrophysic scrisse, in un articolo sul The New York Times Magazine, 16 novembre 1975, intitolato "Whence: We Are What We Know about Where We Came From," basato sul suo discorso alla British Association:

Attraverso tutte le testimonianze della storia un filo consistente è stato il proposito intellettuale dell'uomo di scoprire la natura dell'universo. Oggi lo indichiamo come un problema cosmologico: cioè, com'è venuto in esistenza l'universo, come sono evolute le sue attuali configurazioni — stelle, sistemi solari, galassie — e qual è il suo futuro? . . . La risposta è trascendentale o materiale?

La cosmologia, infatti, è riconosciuta come una delle tre principali attività dell'astronomia; può essere giustamente chiamata il contenuto filosofico di questo particolare campo della scienza. La maggior parte degli scienziati preferirebbe usare il termine 'teorico' piuttosto che filosofico, per descrivere la tendenza di cui stiamo parlando. Ma il termine non è così importante; il significato dell'attività è chiaro — cioè, una ricerca razionale delle verità e dei principi dell'essere, che possono essere scoperti attraverso le conclusioni della scienza, piuttosto che concentrarsi sul potenziale per un'applicazione materiale in queste conclusioni.

Non è del tutto strano che questo sviluppo sia molto più palese nei campi scientifici che sono particolarmente mirati ad entrambi gli estremi della gamma d'osservazione dei fenomeni materiali aperti all'uomo: a un'estremità il subatomico, e all'altra il galattico (o supergalattico). In entrambe le direzioni gli enigmi — delle particelle subatomiche e della luce proveniente dagli oggetti celesti così distanti, che impiega bilioni di anni per raggiungerci — sono enigmi mentali, enigmi intellettuali, enigmi spirituali. Il progresso qui può essere fatto solo quando gli scienziati hanno la volontà di procedere con mente aperta e un'intuizione attiva, in modo da essere pronti ad accettare nuove verità ovunque siano scoperte, anche se questo contraddice le loro teorie correnti.

È stato detto che la storia della ricerca nelle questioni fondamentali può essere analizzata come una successione di ere, ciascuna delle quali esibisce un certo modo dominante o preferito d'investigazione nelle realtà dell'essere, come quello religioso, che cede il passo a quello scientifico, e a sua volta è seguito da quello filosofico. Il Dr. de Purucker si riferisce a questo nei suoi scritti, notando che quelle che chiamiamo religione, scienza, e filosofia — tre aspetti o modalità di guardare alla verità — non sono che l'azione naturale delle triplici operazioni della coscienza umana. Non possiamo separare queste operazioni fondamentali della coscienza, egli dice; e solo la loro visione unificata proclama le realtà recondite di tutto l'essere. Vediamo che le asserzioni religiose dogmatiche di un'era sono spazzate via quando gli uomini guardano a se stessi e alla natura che li circonda in maniera libera e nuova. Quest'osservazione prolungata, attenta, fatta costantemente e confrontata, dà vita a percezioni più chiare nel significato della natura, che alla fine portano a una comprensione nuova e più completa del cuore divino-spirituale che batte nella natura fisica, e dietro di essa, il suo veicolo. In quel modo il ciclo ci riporta alla religione; ma con una devozione più perfetta e rifinita, un riconoscimento più profondo e vero della nostra unicità nella vita, e una comprensione più saggia del nostro ruolo nella maestosa processione dell'universo.


Bibliografia

Per uno studio più approfondito:

Teosofia:

Darwinism and Intelligent Design:


[1] I periodi d'attività evolutiva sono chiamati manvantara, un termine sanscrito che significa periodi di manifestazione quando l'universo non è "addormentato." Nei periodi di inattività o di "sonno" esso riposa. Questi periodi sono chiamati pralaya, un altro termine sanscrito che significa "dissoluzione." Ma se analizziamo questi periodi di riposo comprenderemmo che non sono uno stato di semplice "nullità" ma sono costituiti da varie condizioni attraverso un ciclo completo, che si chiude solo quando comincia il nuovo ciclo d'attività.

[2] Vedi Capitolo 10: "Reincarnazione ed Evoluzione," per una più esauriente spiegazione del termine metempsicosi; consultare anche La Tradizione Esoterica, di G. de Purucker, dove il soggetto del reincorporamento è trattato profondamente nelle sue diverse forme. [E anche il Glossario Occulto di G. de Purucker, alla voce: Reincorporamento. — n. d. t.]

[3] In tutto il libro, l'uso generico dell'autore del termine "ceppo" potrebbe riferirsi a qualche gruppo biologico che legasse le specie.

[4] Vedi "Le Ronde e le Loro suddivisioni" nell'Appendice 1.

[5] Parlando di differenti ere geologiche, seguo La Dottrina Segreta (2: 688, 693, 709-16) in cui H.P. Blavatsky adottò la nomenclatura del sistema usato da Lyell e Lefèvre. I geologi moderni hanno aumentato la lunghezza dei periodi geologici da quando H.P. Blavatsky scriveva, e dovrebbe essere chiaramente compreso che attraverso tutto questo mio libro sono usati periodi di tempo più brevi. [Vedi Appendice 1]

[6] Vi sono, naturalmente, certi gruppi di animali che ora non vivono più ma che una volta vivevano su questa terra: ad esempio, i rettili giganteschi del Mesozoico o era secondaria. Possiamo comunque dire che oggi sono rappresentati dai loro discendenti di piccola statura e pigmei ancora tra di noi, come le lucertole, probabilmente i serpenti, le rane, ecc.

[7] Estratto principalmente da The Problem of Man's Ancestry (1918) di Frederic Wood Jones. Questo soggetto è trattato più dettagliatamente dallo stesso autore in altre due opere: Arboreal Man (1916) e Man's Place among the Mammals (1929). [Vedi il sottotitolo di Appendice 2,"Le Scimmie derivano dall'Uomo"; anche Wikipedia per informazioni biografiche su Frederic Wood Jones]

[8] Questo è il caso delle scimmie antropoidi. Il rapporto dell'umanità con il loro primo mezzo-genitore umano agisce ancora dentro di esse, ma è offuscato in potere e influenza, e quindi nei risultati biologici, dalla più forte discendenza animale. Nondimeno, poiché la terra e tutto il suo gruppo di abitanti di tutti i regni cominciano anche oggi quello che in teosofia è chiamato l'arco ascendente dello sviluppo evolutivo, l'influenza umana nel ceppo della  scimmia antropoide ora sopravvivente avrà un potere ancora più forte, perché le ere future ritorneranno nell'oceano del passato. Questo significa che nel remoto futuro le scimmie antropoidi diventeranno lentamente più simili all'uomo di quanto lo siano oggi.

[9] Per favore, cercate di capire che "differenti razze di uomini" significa uomini molto più simili l'uno all'altro, di quanto differiscano le  "specie di uomini,"  e che le differenti "specie di uomini" sono più simili l'una all'altra di quanto differiscano i "generi di uomini."

[10] Vedi "The Riddle of Man's Ancestry" di William L. Straus Jr," The Quartely Review of Biology, University of Chicago Press, 24:3, settembre 1949, pp. 200-23, per un'eccellente storia e analisi delle teorie della discendenza evolutiva. Include le  sezioni  'On Anthropoid e Non-Anthropoid Theories of Human Origin,'  citando il lavoro di Wood Jones, Gregory, Keith, Osborn, e altri.  Straus (1900-81) insegnava alla Johns Hopkins University, specializzandosi in studi anatomici di scimmie antropoidi e scimmie, e dell'evoluzione della postura del bipede eretto. Era anche uno dei ricercatori che dimostrò che l'uomo di Neanderthal era relativamente moderno. (Vedi Appendice 2, nota 31)

[11] È notevole che il Prof. Osborn stabilisca quasi esattamente la durata di tempo — sedici     milioni di anni fa — richiesta per arrivare all'uomo primitivo, che la teosofia insegna come il periodo della prima apparizione dell'uomo veramente fisico che era stato preceduto da quello semi-astrale, e prima ancora, da quello astrale. I primi uomini veramente fisici esistevano diciotto milioni di anni fa.

Il Prof. Osborn, inoltre, colloca l'età dell'uomo, nel suo attuale stadio, a un milione di anni. É anche l'insegnamento teosofico che l'uomo, com'è ora nel suo presente ciclo evolutivo, sia stato così per un milione di anni più o meno. Dovremmo notare, comunque, che questo "un milione di anni" si applica alla nostra attuale umanità, la quinta razza radice, nel suo presente stadio evolutivo solo dal periodo in cui diventò una razza sui generis, cioè una razza con le sue tipiche caratteristiche razziali, e più o meno separata dalla precedente quarta razza. Effettivamente,  le origini della nostra umanità, la quinta razza radice, si sono estese per parecchi milioni di anni più indietro di questo "un milione di anni" menzionato.

Il Prof. Keith dice che è solo all'incirca un milione di anni fa che l'uomo si è differenziato dal ceppo della scimmia antropoide, o forse, meglio ancora, da quel comune antenato dell'uomo e della scimmia antropoide, sul quale tanto si è detto e del quale si sa assai poco; e che questa separazione dei due ceppi avvenne, come si suppone, all'inizio del Miocene del Terziario della geologia. Il Prof. Keith è veramente molto modesto nei suoi calcoli biologici del tempo geologico. Solo un milione di anni, secondo Keith, fin dall'inizio del Miocene. Altre autorità, ugualmente grandi, differiscono ampiamente dal periodo di tempo di Keith. Ad esempio, in Organic Evolution di Richard Swan Lull (1921), sono fornite varie date di stima per questi vari periodi geologici; e il Terziario, al quale appartiene l'epoca del Miocene, è datato da W. D. Matthew a una durata di nove milioni di anni — mentre Joseph Barrell non si accontenta di meno di sessanta milioni di anni!

[12] Questi rapporti matematici sono più o meno automatici per quanto riguarda i regni della natura  al di sotto dell'uomo. Ma, cominciando con l'uomo e appartenendo ai regni al di sopra di lui, questi rapporti sono dunque in espansione nei campi della coscienza che evolve, o meglio, le coscienze; e questo comporta, nei lunghi corsi della storia evolutiva, costanti crescite dell'individualità che appartiene a unità o individui. Così, l'individualità tende a modificare i dettagli di una legge generale; ma ciò non significa che la legge generale non sia operativa.

[13] "The History of Organic Evolution," presentato il 27 marzo 1926, su richiesta della commissione scientifica della Direzione Didattica, New York. Per il testo completo vedi Science, vol. LXIII, 14 maggio 1926; vedi anche Annual Report Smithsonian Institution, 1926.

[14]  Ho trattato estesamente questo soggetto ne La Tradizione Esoterica, capitolo 15, terza edizione riveduta.

[15]  Skandha (Sanscrito): "fasci," gruppi di attributi che compongono il materiale mentale ed emotivo, e le qualità morali che formano la costituzione di un essere umano.

[16] Vedi Capitolo 13: "I Centri Interni dell'Uomo."

[17] Riguardo alle varie teorie delle origini dell'umanità, se siano monogenetiche o poligenetiche, citiamo ancora l'eminente anatomista, il Prof. Wood Jones, che scrive, in The Problem of Man's Ancestry quanto segue:

Che tutte le razze umane non derivarono da un solo punto di partenza [cioè, un solo antenato] è una prospettiva già avvalorata (soprattutto in tempi più recenti da Klaatsch).  Una teoria che offre grandi possibilità, e che merita di essere tratta con una ricerca più esauriente.

[18] Nel suo L'Origine dell'Uomo, Charles Darwin disse quanto segue:

Vi è un altro punto che merita una maggiore attenzione. Si sa, da lungo tempo, che nel regno dei vertebrati un sesso porta i residui di varie parti accessorie che appartengono al sistema riproduttivo, che appartengono proprio al sesso opposto; e adesso è stato accertato che proprio nel primo periodo della gestazione embrionale entrambi i sessi possedevano vere ghiandole maschili e femminili. Quindi, alcuni remoti progenitori dell'intero regno dei vertebrati sembra che siano stati ermafroditi o androgini. — Parte I, cap. vi, p. 161.

[19] Paramātman (Sanscrito) "oltre ātman" o il "Sé Supremo":

[20] Un   termine sanscrito che significa "coloro che rimangono," quelli lasciati indietro per servire come "semi di vita" al ritorno dell'onda di vita nella ronda successiva.

[21] Vedi La Dottrina Segreta che dice:

La Storia delle Razze comincia alla separazione dei Sessi … e le seguenti sottorazze della Terza Razza Radice apparivano come una razza fisiologicamente del tutto nuova. È questa distruzione che è allegoricamente chiamata il grande "Diluvio di Vaivasvata Manu," quando il racconto mostra Vaivasvata Manu (o "l'umanità")  che rimane da solo sulla Terra nell'Arca della Salvezza trainata da Vishnu sotto forma di un pesce mostruoso, e i Sette Rishi "con lui." L'allegoria è molto chiara:

". . . I Sette Rishi nell'Arca simbolizzavano i sette principi, che divennero completi solo dopo che egli li aveva separati, ed era diventato un umano, non più una creatura divina."

[22] Arthur March e Ira M. Freeman, The New World of Physics, Vintage Books, Random House, NY 1936. Questo libro si basa su un saggio scritto dal Prof. March, il defunto professore di fisica teorica all'Università di Innsbruck, Austria, e pubblicato nel 1957 ad Amburgo, Germania.

[23] Vedi J. W. N. Sullivan, The Limitations of Science, Viking Press, NY 1933; p. 148 e in altre pagine. Questo è uno dei più lucidi e comprensibili compendi della rivoluzione che ha avuto luogo nella scienza e nel pensiero degli scienziati precursori fin dal tardo XIX secolo, quando H. P. Blavatsky  scriveva. Quest'inglese,  matematico e  interprete della fisica (che morì verso il 1940)  è ancora oggi considerato come uno degli intelletti più brillanti del suo tempo.

[24] Mendel Sachs, McGraw-Hill Book Co, NY. L'autore a quel tempo era professore di fisica e astronomia alla State University of New York in Buffalo.

[25] The Ascent of Man, Little, Brown & Co., Boston 1973; p. 344.

[26] Vedi Graham Massey: "What's Wrong with the Sun?," The Listener, 17 giugno 1976; pp. 762-4. L'articolo di Massey si basa su "Horizon," un programma televisivo della BBC2, che egli produsse e diresse, che esaminava con una certa profondità queste e le altre scoperte collegate. Vedi anche l'articolo "When the Sun Went Strangely Quiet," di Kenneth Frazier, Science News, vol. 109, 6 marzo 1976; pp. 154-56; e "Solar Variability: Is the Sun An Inconstant Star?" di Allen Hammond, Science, vol. 191, 19 marzo 1976, pp. 1159-60.

[27] Nigel Calder, The Life Game, Viking Press, NY 1973; p. 65 e in altre pagine. L'autore è un primo editore di The New Scientist e corrispondente scientifico per The New Statesman.

[28] Lo schema di classificazione degli ominidi è cambiato da quando quest'Appendice fu scritta, nel 1976. A quel tempo, i gorilla, gli scimpanzè e gli oranghi erano tutti classificati come pongidi (le Grandi Scimmie). La classificazione che segue è presa da Wikipedia, 2016:

Hominoid Tree

Superfamily: Superfamiglia;
Family: Famiglia 
Subfamily: Sottofamiglia 
Tribe: Tribù
Genus: Genere

Qui, il Genere Homo si riferisce ora agli hominini (già chiamati ominidi, cioè specie antropoidi). Pan si riferisce agli scimpanzè; Pongo agli oranghi, e gli Hylobates ai gibboni. Poiché questa riclassificazione non influenza l'argomentazione sostenuta dall'autore sulla priorità dell'uomo, la vecchia classificazione di ominidi (Genere Homo) e dei pongidi (gorilla, scimpanzè e oranghi) è stata conservata. L'autore continua:

Il termine Genere Homo si riferisce al Genere dei primati all'interno degli Ominidi, che include l'uomo  di oggi (Homo Sapiens) e un numero di specie estinte come l'uomo di Neanderthal. Il termine scimmia si riferisce sia alle scimmie che alle scimmie antropoidi in generale. Non tutti gli scienziati, comunque, nemmeno gli stessi antropologi, usano questi termini con un'eguale precisione. Dovrebbero essere considerati non più che delle linee guida che la scienza ha così tanto progettato per una relativamente chiara classificazione del soggetto.

[29] I riferimenti in quest'Appendice alla datazione di materiali fossili per mezzo dei loro depositi connessi sono, tranne che non siano specificati diversamente, al metodo potassio-argo, una tecnica radiometrica che si basa sul lento disfacimento di un isotopo di potassio (potassio-40) in argo-40, un gas. È usato per datare materiali che hanno un'età maggiore a circa 600.000 anni fa, ed è ristretto alle formazioni delle rocce vulcaniche e plutoniche. Come tutti gli altri metodi radiometrici, il potassio-argo non può essere considerato una misurazione definita dei periodi di tempo, perché dipende dalla convinzione che gli isotopi dell'elemento vadano in disfacimento costantemente. Non c'è alcuna prova, ad esempio, che 5 milioni di anni fa quegli isotopi si disfacevano con lo stesso ritmo di oggi, specialmente se si crede che la terra e la stessa materia abbiano un corso evolutivo di cambiamento. Anche se i metodi radiometrici sono quelli impiegati primariamente da molti scienziati contemporanei, al massimo potremmo accettare le loro conclusioni come provvisorie.

Le lettere B. P. dopo una data significano Before Present [Prima del Presente], e per i nostri scopi "presente" è considerato il presente secolo. Questo sistema di datazione ha una grandissima utilità per il tempo geologico più di quanto l'abbia il sistema  B. C. — A. D. [Before Christ — Anno Domini, che in Italiano sono: a. C. e d. C.  — n.d.t.] applicato al nostro tempo "locale" della storia tramandata. L'intento è di trasmettere l'età globale dei luoghi e dei resti fossili per un'immediata comprensione contemporanea. Le loro variazioni nelle misurazioni radiometriche possono essere più o meno di parecchie migliaia di anni, facendo uso del sistema locale che è piuttosto insignificante.        

[30] È interessante notare che le testimonianze tradizionali di tutto il mondo concordano sul fatto che il primissimo uomo era generalmente di statura gigantesca, mentre i ceppi successivi diminuirono costantemente di volume fino a quelli che vediamo oggi.

[31] La raffigurazione dell'uomo di Neanderthal a La Chapelle-aux-Saints come un tipo di mostro — sgraziato, brutto, brutale e con la testa protesa in avanti tra le spalle come fanno gli antropoidi — che persistette fino a quando nel 1957 è stata dimostrata falsa. In quell'anno, lo scheletro fu esaminato da William L. Straus jr., della Johns Hopkins University e da Alec Cave del St. Bartholomew's Hospital Medical College di Londra. Essi rilevarono che era quello di un vecchio uomo atipico che aveva sofferto di artrite alle mascelle, alla colonna vertebrale e forse alle gambe; e che la ricostruzione del cranio, specialmente alla base, era insoddisfacente. M. Boule, dell'Institute of Human Paleontology di Parigi, che aveva esaminato e ricostruito lo scheletro, tra il 1908 e il 1912, preparò il rapporto altamente rispettato e altamente erroneo sulla postura e l'andatura scimmiesca dell'uomo di Neanderthal. Oggi sappiamo che l'uomo di Neanderthal — da quando i suoi relativamente estesi resti sono stati scoperti in Africa e Asia come pure in Europa — camminava eretto come facciamo noi e, se lo si potesse vedere mentre cammina nelle strade di una delle nostre città, non attirerebbe l'attenzione più dei molti suoi cittadini. L'uomo di Neanderthal visse "fianco a fianco per lunghe epoche" con altri tipi di Homo Sapiens, e alcuni dei suoi resti sono stati datati tra 120-200 mila anni B. P., secondo le stime dell'antropologia contemporanea.

[32] Per un resoconto completo e interessante dello sviluppo dell'idea di evoluzione dal tempo dei filosofi greci fino ai primi del XIX secolo com'è vista dagli studiosi moderni, vedi The Great Chain of Being, di Arthur O. Lovejoy, Harward University Press, 1936 e 1964. Questo testo si basa sulla documentazione di Lovejoy all'Harward University, 1933, delle conferenze di William James sulla Filosofia e Psicologia.

[Per un articolo sulle ricerche più recenti, vedi Ina Belderis: "The Quest for Human Origins," Sunrise, aprile/maggio 2003.]

[33] Symposia of the Society for Experimental Biology, VII, "Evolution," Academic Press, NY 1953, p. 395.

[34] Da parte sua, anche il Dr. Kurtén è stato colpito dall'inesplicabilmente rapida espansione del volume del cervello in certe forme di ominidi relativamente ad altre  contemporanee ad esse. Trova una forte probabilità che questo ebbe luogo due o tre milioni di anni fa, ma è incapace di conoscere le cause di quest'evento:

"Possiamo fare congetture, ed è legittimo farle, ma non le diamo per sicure. Possiamo solo dire che, basandoci sulla prova diretta, sembra che l'evoluzione del volume del cervello fu improvvisamente accelerata almeno due volte durante i periodi del Pleistocene. (Notes from the Apes, p. 136) Kurtén ritiene che l'epoca del Pleistocene sia cominciata all'incirca un tre milioni di anni prima dell'attuale.

[35] "Wraparound," Harper's, vol. 251, dicembre 1975, p. 6.

[36] L'Uomo di Piltdown è l'oggetto di una famosa truffa paleontologica perpetrata in Inghilterra e riguardante il falso ritrovamento di resti fossili spacciati, nel 1912, come appartenenti a una sconosciuta specie di ominide. — n.d.t. [da Wikipedia]

[37] Com'è citato da Eiseley in The Immense Journey, pp. 83-4. Per un'esposizione più ampia dei punti di vista di Wallace, vedi Il suo Contributions to the Theory of Natural Selection, specialmente I capitoli  9 e 10: prima edizione 1870; ristampato da AMS Press, NY, 1973. Vedi anche il suo Darwinism, in particolare il capitolo 15, "Darwinism Applied to Man," Macmilian & Co., New York & London, 1889.

[38] Di V. Gordon Childe, Watts, Londra 1942. Esempi di altre opere che trattano la tendenza scientifica verso l'evoluzione culturale umana sono The Human Imperative, di Alexander Alland jr., Columbia University, NY 1972; e Naked Ape or Homo Sapiens?, di John Lewis e Bernard Towers, Garnstone Press., Londra 1969. Il Dr. Alland è un antropologo, il Dr. Towers un anatomista, e il Dr. Lewis uno scrittore di scienza con una formazione universitaria in scienza e antropologia.

[39] Ma questa distinzione tra i rispettivi concetti della scienza e della teosofia è cruciale, filosoficamente parlando, tanto che H. P. Blavatsky dice che il solo contrasto tra teosofia e scienza è che quest'ultima non ammette l'esistenza di un piano astrale nel piano fisico, attraverso il quale le forze spirituali interiori lo influenzano e modellano. (La Dottrina Segreta, 2: 149) [Per un ragguaglio sull'informazione digitale (e quindi prodotta intelligentemente) incorporata nel DNA cellulare, vedi Signature in the Cell, di Stephen C. Meyer, Harper One/Harper Collins, NY, 2009]

[40] Mentre è vero che, dal punto di vista della scienza, due gemelli identici portano gli stessi geni, ciascuno è una realtà effettiva, ed è unico, un individuo separato, e questo è ben noto anche ai profani da una semplice osservazione. Qui abbiamo un esempio dei limiti dei tentativi della scienza d'oggi di spiegare l'individualità umana solo sulla base dei geni; la causa e l'origine dell'individualità è più recondita, sebbene i corpi o i fattori che chiamiamo geni possano formare una parte importante del meccanismo chimico che l'individualità usa per la sua espressione fisica.

[41] Vedi l'articolo "A Molecular Scale for Human Evolution," di A. C. Wilson e V. M. Sarich (biochimici all'Università della California, Berkeley), in Proceedings of the National Academy of Science, vol. 63, settembre 1969, pp. 1088-93. Per una considerazione informativa su quest'argomento, vedi l'articolo "The New Science of Human Evolution," di S. L. Washburn e E. R. McCown (membri dell'Anthropological Faculty dell'Università della California, Berkeley) in Yearbook of Science and the Future, 1974, Encyclopaedia Britannica, Chicago, 1973, pp. 33-48. Kurtén, in Not from the Apes, pp. 42-44, discute queste scoperte sul siero sanguigno e dice che l'anatomia comparativa tende a sostenerle; ma egli ha i suoi punti di vista sul loro significato e valore.



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