La Storia di Gesú

(The Story of Jesus)

di G. de Purucker


Prima Edizione copyright © 1938 dalla Theosophical University Press; Seconda Edizione Riveduta © 1998 dalla Theosophical University Press. Traduzione italiana © 2013 Nicola Fiore. Questa versione può essere scaricata per una visualizzazione off-line gratuita ad uso personale. Tranne che per qualche breve estratto, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa per uso commerciale o per altro muso senza chiedere il permesso alla Theosophical University Press.


Contenuti


Nota dell'Editore

Durante il corso di circa quattordici anni, il Dr. De Purucker ebbe l'occasione, mentre faceva conferenze, di far riferimento in ordine sparso ma rilevante alla vita, l'opera e la storia mistica di Gesù chiamato il Cristo. Così accadeva che venissero menzionati molti dati storici, quasi storici, e distintamente esoterici, riguardanti la vita di Gesù. Questi vari riferimenti su Gesù l'Avatāra furono assemblati, e con poche frasi di congiunzione interpolate per formare una continuità narrativa che serviva a rispondere a centinaia di domande da lui ricevute, per dare agli studenti uno schema di cosa fossero veramente la vita e gli insegnamenti di Gesù nella realtà occulta e dal punto di vista della teosofia.


Capitolo I

GESÚ — UOMO O MITO?

. . . come uno dei più grandi riformatori, un inveterato nemico di ogni dogmatismo teologico, persecutore del bigottismo e maestro di uno dei più sublimi codici morali, Gesù è una delle più grandi e più chiaramente definite figure nel panorama della storia umana. Il suo tempo potrà affondare sempre più, di giorno in giorno, nelle oscure nebbie del passato; e la sua teologia, fondata sulla fantasia e sostenuta dai dogmi che non reggono, potrà, anzi, dovrà perdere sempre più il suo immeritato prestigio; solo la grande figura del filosofo e del riformatore morale, invece di impallidire, diverrà di secolo in secolo più netta e più chiaramente definita. Regnerà suprema e universale solo il giorno in cui l'intera umanità riconoscerà un solo padre — l'ignoto in alto, e un solo fratello, l'intero genere umano in basso.[2]

Gesù è vissuto. Qualunque nome egli possa aver avuto, l'individuo conosciuto come Gesù (il nome ebreo è Jeshua o Joshua) era un uomo reale, un grande saggio. Inoltre, era un iniziato nella dottrina segreta del suo periodo; e intorno a lui, dopo la sua morte, crebbero leggende e racconti che furono ricostruiti in tempi successivi — diciamo un secolo dopo la sua morte — nei cosiddetti Vangeli.

Ma chi era Gesù? Quando è vissuto? Quando è nato? Ė mai veramente vissuto? Era un mito? In verità, non lo sa nessuno. Non vi è una risposta singola, definitiva, conclusiva e comprovante a tale questione —  non una sola risposta che dia una certezza valida. Le risposte a queste domande attirano l'attenzione di non pochi studenti e studiosi; ma dietro tutte le nubi dell'incertezza e la polvere di opinioni contrastanti, attraverso tutte le epoche da quando Gesù, in seguito chiamato il Cristo, venne ed insegnò al suo prossimo, nondimeno distinguiamo la sublime figura di un grande Insegnante — non solo un grande Insegnante negli annali della storia, ma un grande e sublime insegnante degli uomini, con il cuore pieno d'amore e compassione per l'umanità errante, che passò la propria vita sulla terra inculcando insegnamenti elevanti nel cuore e nella mente degli uomini, e che alla fine morì, secondo la tesi dei Vangeli, soffrendo la pena di morte della crocifissione. Fu realmente crocifisso oppure no? Qui, ancora una volta, mentre la maggior parte degli studiosi credono che egli fu crocifisso, siamo obbligati a dire: "nessuno lo sa veramente."

La storia dei Vangeli è semplicemente una finzione idealizzata, scritta dai mistici cristiani sulla falsariga dei misteri esoterici dei pagani, mostrando le prove e le analisi dei candidati all'iniziazione; e non è nemmeno ben costruita, poiché nei Vangeli ci sono tanti errori e molti sbagli.

Poco dopo la supposta crocifissione del Maestro Gesù — ad ogni modo fin da quando le Scritture Cristiane cominciarono a circolare nell'area mediterranea — e attraverso tutto il Medioevo e quasi fino ai giorni nostri, gli uomini si sono azzuffati e hanno litigato sui documenti che compongono il Nuovo Testamento dei Cristiani, non solo riguardo a cosa questi documenti avevano da dire, ma sulle semplici parole e frasi, e anche riguardo alla loro datazione e chi li scrisse. Ancora oggi nessuno sa qualcosa di positivo, di reale e di certo su di essi, sebbene siano state formulate molte teorie ingegnose ed erudite e siano state accettate come vere a causa di un'assoluta mancanza di prove.

Ora, consideriamo cosa significa tutto questo. Gli uomini non sanno la data esatta in cui furono scritti Gli Atti degli Apostoli, né la data precisa in cui le varie Epistole furono scritte e divulgate, né quando sia stato composto l'ultimo libro intitolato l'Apocalisse, presumibilmente da San Giovanni nell'isola di Patmos. Anche oggi nessuno sa qualcosa sugli autori di questi vari scritti o "scritture," come vengono chiamate.

Nessuno sa chi li scrisse; nessuno sa quando furono scritti; ed inoltre, nessuno sa se le cose tramandate nei Libri del Nuovo Testamento siano vere, o basate sui sentimenti mistici e l'ispirazione di coloro che le scrissero. Consideriamo pure ciò che è stata la Cristianità per quasi ottocento anni: una religione di vigorosa propaganda dogmatica, una religione che insegna certe dottrine molto definite e rigorose di fede, alle quali la gente deve credere a pericolo della sua anima presumibilmente immortale.

I quattro Vangeli canonici dei Cristiani non sono in nessun modo gli unici Vangeli che siano mai stati scritti. Sappiamo, dalla storia ecclesiastica del Cristianesimo, che vi furono dozzine di antichi Vangeli che, ad eccezione dei quattro oggi accettati canonicamente, furono accantonati dopo il terzo o quarto secolo dell'era cristiana, e per molti secoli sono stati chiamati "apocrifi." Ora, considerata l'oscurità quasi completa dell'ignoranza che avvolge le origini e gli autori di queste scritture mistiche, cosa ne dobbiamo concludere? Sappiamo che vi erano almeno ventiquattro o venticinque Vangeli che ora sono chiamati apocrifi, come pure un gran numero di Epistole e degli Atti degli Apostoli — Vangeli, Epistole ed Atti degli Apostoli di tutti i tipi, emessi e diffusi dalle primitive varie sette cristiane. Sono chiamati 'apocrifi,' o incerti solo perché ora non appartengono all'attuale Canone delle scritture accettate; e tuttavia gli studiosi sanno bene che questi scritti cosiddetti apocrifi ai loro tempi erano considerati canonici da coloro che li accettavano e li usavano.

La storia di Gesù, come tipologia, non è nuova; nell'essenziale è in gran parte una ripetizione, nel caso di quel particolare Maestro chiamato Gesù, di quello che fecero ed insegnarono altri grandi veggenti e saggi o avatāra o buddha; e la maggior parte di questi grandi personaggi storici, dopo che erano morti o scomparsi, lasciarono dietro di loro un intricato sistema di simboli, di allegorie, che di solito, moltissimi anni dopo, si supponeva che fossero documentazioni storiche; ma non erano del tutto tali. Questo non significa che queste intricate documentazioni, sia nel caso di Gesù o nel caso di altri, fossero totalmente prive di qualche reale fatto storico o di esempi tramandati; ma questo non significa che le documentazioni storiche o i veri avvenimenti siano stati così rivestiti di simboli o così camuffati sotto forma di allegorie, che siano difficili da riconoscere sotto questi veli coprenti.

Non vi è documentazione alcuna, storicamente parlando, dell'apparizione del grande saggio siriano chiamato Gesù nell'Anno I accettato dell'Era Cristiana, o nell'Anno 4 a. C. Questo è uno dei motivi per cui gli studiosi occidentali mentalmente portati alla critica abbiano detto che nessuna personalità come Gesù è mai vissuta, perché non vi è alcuna documentazione inconfutabilmente storica della sua esistenza, al di fuori delle Scritture. Ma egli è vissuto; è vissuto all'incirca più o meno un centinaio di anni prima dell'Anno I, come è accettato attualmente, dell'Era Cristiana.

La data della nostra Era Cristiana fu arbitrariamente fissata da un monaco cristiano di nome Dyonisius Exiguus, cioè "Dionigi il Piccolo," che visse nel sesto secolo dell'Era Cristiana, sotto gli Imperatori Giustino e Giustiniano. Egli non sapeva quando era nato il Maestro Gesù, ma fece dei calcoli secondo il materiale letterario cristiano che possedeva, non molto in verità, ma solo quello che aveva. E fissò la nascita del Maestro Cristiano all'incirca seicento anni prima della sua epoca. Subito dopo, questa ipotetica data fu accettata come l'Anno I dell'Era Cristiana, l'anno della nascita del grande saggio chiamato Gesù. Ma, in effetti, essa avvenne un centinaio e più anni prima della data fissata da Dionysius Exiguus.


Capitolo II

LA NASCITA DI GESÚ, E LA FESTA DEL NATALE

L'esatta data della nascita dell'uomo Gesù, come abbiamo già affermato, è del tutto sconosciuta, non solo riguardo all'anno in cui ebbe luogo l'evento, ma ugualmente riguardo al mese in cui accadde. Fin dai primi periodi, i Cristiani hanno avuto dei dubbi sull'anno e il giorno della nascita del loro grande maestro, ma, nel tempo, alla fine il 25 dicembre fu accettato come il giorno della sua nascita fisica.

Ora, il 25 dicembre era, con molta evidenza, inteso come la data del Solstizio d'Inverno, che oggi come oggi si verifica verso il 21-22 dicembre, ed era visto, fin dai primi tempi della Roma Imperiale, come il giorno della nuova nascita del Sol Invictus, il Sole Vittorioso, che significava il corso più basso dell'orbita solare nel periodo invernale e l'inizio del suo viaggio di ritorno verso il nord.

Anche a Mitra, la divinità persiana, era dato l'appellativo di "Vittorioso"; e come dice uno dei più antichi scrittori cristiani — Giustino Martire (Dialogo con Trifo, p. 305) — Mitra veniva fatto nascere misticamente in una caverna o grotta, come avvenne anche per Gesù, secondo le primordiali e molto diffuse leggende ortodosse del Cristianesimo. Giustino aggiunge: "Egli nacque nel giorno in cui il Sole era rinato, nella stalla di Augeo," e, come tutti sanno, i vangeli cristiani che oggi sono considerati canonici, dicono che Gesù nacque in una "mangiatoia" o in una "stalla," perché, così racconta la leggenda nel Nuovo Testamento, poiché nella locanda non vi era alcuna stanza per Giuseppe e Maria.

Il Venerabile Beda, un cronista inglese dell'isola di Britannia, suo paese natale, scrivendo nel settimo secolo dell'Era Cristiana, nel suo libro De temporum ratione, ci dice che gli antichi Anglosassoni, che egli definisce in breve come gli Angli, "cominciavano l'anno il 25 dicembre quando noi ora celebriamo la nascita del Signore." Egli intende Gesù, che era il suo Signore.

"E la notte che ora è così sacra per noi (24-25 dicembre) essi la chiamavano, nel proprio linguaggio, modra necht. Beda ha travisato queste parole anglosassoni, o ha seguito un dialetto; dovrebbero essere scritte modra niht. Il loro significato è "La Notte delle Madri," per via delle cerimonie, crediamo, che erano compiute in quella lunga notte di vigilia."

Ė ovvio che il riferimento di Beda a questa festa di mezzo inverno fu preso da qualche antico rituale o cerimonia non cristiana, basati sul fatto di una maternità divina, che aveva la propria corrispondenza umana in una mistica nascita umana. Va da sé che se il sole era simbolizzato o raffigurato come nato in una determinata stagione dell'anno, la maternità era intimamente collegata all'idea del rituale — la maternità molto simile della Vergine Celeste nel dare la nascita al più grande amico ed illuminatore dell'uomo. Una simile idea deve avere indiscutibilmente influenzato le menti dei primi Cristiani nel fissare così definitivamente una festa pagana per commemorare la nascita del loro salvatore umano, Gesù, dalla donna che essi chiamano la Vergine Maria.

Si dice che anche il Cristo bambino, nella bella leggenda cristiana, sia nato il 25 dicembre, così come si dice che la divinità Mitraica sia nata in forma umana nello stesso giorno dell'anno, che era il solstizio d'inverno. Questo giorno, o qualche giorno dopo, è stato commemorato come il giorno di nascita anche di figure-tipo di altre religioni.

La Festa del Natale è, solo in un senso, una festa cristiana. Si basa su qualcosa che apparteneva al paganesimo greco e romano che i Cristiani imitarono. Ė quindi più antica del Cristianesimo. Ė pagana, per usare un termine popolare.

Vi erano almeno tre date quando le feste commemorative furono fissate nella primitiva era cristiana: il 25 dicembre, il 6 gennaio, l'Epifania, e il 25 marzo — praticamente, il periodo dell'equinozio di primavera. Ora, tutte queste date si basavano su dati e fatti astronomici; e i Cristiani del quinto o sesto secolo all'incirca dell'era cristiana scelsero definitivamente la data che era stata usata per la celebrazione del giorno di nascita del dio persiano Mitra — il 25 dicembre.

I Misteri dell'Antichità erano celebrati in vari periodi dell'anno — in primavera, in estate, in autunno, e al solstizio d'inverno. Ma la più grande di queste celebrazioni mistiche, la più grande dei Misteri, era quella che si svolgeva in inverno, quando il sole aveva raggiunto il suo punto più meridionale e, girando, cominciava il suo viaggio di ritorno verso nord.

Cominciando con il solstizio d'inverno, il 21 dicembre, avevano inizio questi antichi Misteri, che erano i più sacri. Allora venivano iniziati certi uomini che erano stati scelti perché avevano perfezionato un determinato periodo preliminare di allenamento: scelti per attraversare le prove iniziatiche allo scopo di portare in manifestazione nell'uomo le facoltà e i poteri divini del dio interiore.

Si passavano due settimane in questo ciclo di allenamento o iniziazione; e il 6 gennaio, più tardi chiamato Epifania (un termine greco che significa "l'apparizione di un dio") — celebrato anche oggi nella Chiesa Cristiana, arrivava il momento supremo nelle antiche cripte dell'iniziazione, quando il candidato, essendo passato con successo attraverso le prove preliminari, era portato faccia a faccia con il proprio dio interiore.

Se egli era riuscito a resistere alla prova suprema, era subito soffuso di splendore, con una luce che emanava da lui, per cui egli stava lì irradiando luce come il sole. Il suo volto splendeva con luminosità, e si diceva che egli fosse "rivestito di sole." Questo splendore è la luce cristica, chiamata in Oriente lo splendore buddhico, ed è semplicemente la vitalità spirituale concentrata dell'essere umano che si riversa in un'irradiazione. Il sole-Cristo era nato.

Potrei addurre delle prove tratte dalla letteratura greca e latina, prove di molti tipi che mostrano ciò che accadeva in questo momento davvero sacro del ciclo iniziatico pagano. In quel giorno era nato il Cristo, per usare la fraseologia mistica dei primi Cristiani; e — usando la fraseologia dei greci e dei romani, da cui i Cristiani derivarono e, ahimè, adattarono, le idee —  in quel giorno supremo era nato Apollo — per riportare il nome mistico dato all'uomo così risorto; e in Oriente si diceva che era nato un Buddha.

I teosofi commemorano la Festa del Natale tenendo conto dei fatti che ho brevemente delineato; e inoltre, ricordate che queste iniziazioni hanno luogo anche oggi. I teosofi guardano con riverenza e rispetto a questa stagione, perché sanno che in qualche parte qualche essere umano si sta sottoponendo alla prova estrema, e che se ci riesce, se egli è "risorto," se può elevare il suo essere personale nella comunione con il suo dio interiore e renderla stabile, per cui diventa soffuso dello splendore divino, allora è nato un nuovo Cristo, che insegna il perdono, la compassione, l'amore potente per tutto ciò che esiste.

Potete ora cominciare a vedere come tutta la sostanza della storia di Gesù sia stata ingarbugliata, in parte da coloro che hanno predisposto così la situazione, e in parte perché oggi manca la conoscenza delle tradizioni e delle istituzioni antiche. Vediamo, quindi, che la storia cristiana di Gesù è una serie di scritture redatte in forma e stile simbolici, non pretendendo di essere una'accurata storia personale, ma tentando di trasmettere una verità agli uomini, un appello spirituale; tentando di trasmettere agli uomini una mistica speranza sotto l'allegoria e la simbologia, affinché gli uomini, nell'accogliere quest'appello, possano riscoprire che le loro menti erano ammaliate e i loro cuori rivolti alla luce; e così, in tutta probabilità, verrebbero a cercare l'iniziazione, come la definiva l'antica espressione: sarebbero venuti alla porta di un tempio e avrebbero "bussato" e "chiesto." Questo era l'antico metodo di fare un pubblico appello o richiamo ad elevarsi e a sviluppare la parte spirituale della costituzione umana.


Capitolo III

GLI INSEGNAMENTI DI GESÚ

Gesù, l'avatāra siriano, non insegnò niente di nuovo. Quello che fece fu di indicare ancora una volta l'antico, l'antico sentiero verso la vita spirituale: il sentiero che porta alla saggezza e al potere spirituale. Ed egli disse ai suoi discepoli come e cosa avrebbero potuto ottenere seguendo quel sentiero, in modo che, alla fine, potessero diventare tali come lui —  in quanto lui era venuto come saggezza e potere; perché in fondo al cuore di ogni essere umano vi è una divinità, il proprio dio interiore, che i Cristiani con una mente orientata misticamente oggi chiamano il Cristo immanente.

Quindi, ciascuno di voi ha in sé il potere della sua volontà e della sua scelta di seguire questo sentiero che i grandi veggenti e saggi delle epoche passate hanno percorso, e diventare uguali interiormente. Quest'insegnamento ispiratore sta alla base del motivo per cui, scegliendo un simile grande individuo, intrecciarono, intorno alle leggende della sua personalità quando apparve sulla terra, un racconto mistico che descrive in forma simbolica ciò che avveniva nella camera dell'iniziazione.

Ognuno di questi grandi saggi e veggenti, sia che fosse il Gautama Buddha dell'India, o Lao-tse in Cina, o Śaṅkarāchārya, anch'egli indiano, o Gesù, o Empedocle, o Pitagora, o Apollonio di Tiana: ognuno di tutto il loro numeroso esercito insegnò le stesse dottrine fondamentali che erano, quindi, identiche. Quali erano alcuni di questi insegnamenti? "Uomo, Conosci Te Stesso!" L'autoconoscenza — la conoscenza del sé spirituale superiore — è il sentiero della saggezza, della comprensione, della luce, della pace, del potere; e arriva all'uomo attraverso l'oblio di sé, e l'oblio di sé è il mistico bussare alla porta della camera iniziatica del tempio. Voi non potete manifestare poteri universali, non potete rivelare la divinità in voi (perché quella divinità è completamente impersonale) se la vostra mente e il cuore sono limitati ed imprigionati dai vostri desideri personali. Dovete espandere la vostra natura e aprirla per lasciare che la luce solare dello spirito fluisca in voi. Quindi, oblio di sé ed impersonalità significano il raggiungimento della saggezza e di un potere grande e santo.

Un altro dei loro insegnamenti era che ogni essere umano, ogni entità dovunque, è un figlio dell'universo. L'universo è la loro patria. Un uomo è, de facto, a casa sua negli spazzi stellari come lo è su questo pianeta terra; e così i grandi veggenti e i saggi insegnarono anche che è possibile per un uomo passare da sfera a sfera, da piano a piano, da sistema solare a sistema solare, quando scorrono i cicli dell'evoluzione; e che il suo soggiorno sulla terra è come fermarsi in una taverna o in una locanda per un giorno e una notte.

Questo nobile insegnamento evoca una realizzazione della propria unicità essenziale di tutto quello che è; perché noi siamo della sostanza dell'universo — ciascuno di noi il suo bambino, una sua parte inseparabile; e quindi siamo a casa dappertutto e rimaniamo così attraverso la durata infinita.

Quest'insegnamento estirpa proprio la radice dell'egoismo e quindi delle cattive azioni, e dà una forte e indiscutibile prova della realtà naturale dell'etica; e l'etica è fondata sulla struttura e sulle operazioni dell'universo, perché quello che è il Tutto, quello noi siamo; e quello che è ogni uomo, quello è anche l'illimitato. Osso del suo osso è l'uomo, cuore del suo cuore, sangue del suo sangue, sostanza della sua sostanza. Egli è eternamente a casa nel Tutto illimitato, spiritualmente unito a tutte le cose, perché tutte le cose sgorgano dalla stessa sorgente dell'Essere e tutte le cose ritornano, dopo che ogni ciclo individuale è terminato, alla stessa sorgente, solo per sgorgare di nuovo in un pellegrinaggio o corso di evoluzione ancora più sublime del precedente.

Ė davvero concepibile che i poteri spirituali che sono, che governano ed animano l'universo e lo riempiono di luce e vita, sotto la guida e l'intelligenza, di cui noi esseri umani siamo riflessi inferiori, possano esistere, come certamente esistono, e che tuttavia abbiano lasciato l'intera razza umana, fin dalla sua apparizione sulla terra, senza una guida spirituale e senza insegnamenti spirituali, finché nacque un certo bambino ebreo all'incirca duemila anni fa? Che idea limitata, insana, e quindi repulsiva! L'antica dottrina di un dio vivente nel profondo del cuore di ogni essere umano ci racconta a vibranti note una storia molto diversa; perché i nostri cuori e le nostre menti, quando li consultiamo senza pregiudizi, malintesi e fraintendimenti, vibrano con simpatia simultanea alla dottrina della divinità che dimora nel centro di ogni essere umano. Com'è familiare questa dottrina del dio che dimora nei nostri cuori! Vi dico con tutta la sincerità della mia anima che nel profondo del cuore di ognuno di noi alberga un dio vivente ed animante, del quale noi, come esseri umani, siamo flebili espressioni, che flebilmente manifestano i poteri divini della divinità individuale dentro di noi. Come dicono le Scritture Cristiane a questo punto: "Non sapete di essere il tempio della divinità vivente e che lo spirito divino dimora in voi?"

Si dice anche che l'Avatāra Gesù abbia insegnato che ogni uomo potrebbe diventare come lui, e come fece lui, così anche loro potrebbero manifestare i poteri divini interiori. Ma, invece di accettare questo sublime insegnamento, tra gli altri, delle belle dottrine ed insegnamenti del Cristianesimo spirituale, gli uomini hanno combattuto per i dogmi, le opinioni, le parole, le frasi, e le teorie, per cui certi campi di battaglia medievali di paesi europei erano pieni di sangue umano, sparso perché gli uomini litigavano follemente sul significato delle parole. Come poteva essere altrimenti? Perduto lo spirito, avete perduto la visione, e nel perdere la visione perdete il possesso della verità, della compassione, pace, amore e fratellanza.

Dovete considerate Gesù detto il Cristo come uno degli insegnanti teosofici del suo tempo. Le nostre dottrine ci parlano di una lunga linea di simili insegnanti che si estende lontano fino alle oscure nebbie dell'antichità, e che arrivano, in posizione inversa, fino ad oggi — una lunga linea di grandi veggenti e saggi, ciascuno dei quali è diventato uno con la propria divinità interiore, con il dio dentro, il Christos immanente, il Buddha interiore; ed essendo divenuti uno con la divinità interiore, acquisirono la conoscenza necessaria perché la percepirono, e potevano quindi insegnare la stessa verità.

Gli insegnamenti attribuiti a Gesù nel Nuovo Testamento non sono nuovi. Non troverete, in tutti i supposti insegnamenti di Gesù, una singola cosa nuova; e in questo sta la splendida prova, in un certo senso, della missione di Gesù sulla terra. Egli insegnò le stesse antiche dottrine della saggezza che furono date ai primi protoplasti umani, in innumerevoli eoni nel remoto passato evolutivo, dagli esseri spirituali che discesero tra gli uomini e lavorarono insieme a loro, e li guidarono, e insegnarono loro. E l'uomo è degenerato, o volontariamente cieco, perché, dopo aver studiato i documenti della storia, religiosi e filosofici, non vede le tracce, le insegne, scritte attraverso la vita umana nella fiamma spirituale che stabilisce gli ideali e lo spirito di ciò che insegnarono questi grandi esseri.

Gesù insegnò in un modo e con parole appropriate alla sua epoca. Era l'insegnante spirituale del popolo al quale venne, ma era un individuo molto grande e nobile, perché gli insegnanti variano tra loro stessi, proprio come fanno gli uomini comuni. Vi sono insegnanti ordinari, poi quelli più grandi, e quelli ancor a più grandi, e infine quello più grande, se vi piace chiamarli così; ma la loro gerarchia non finisce lì.

"Non credete," disse in sostanza il saggio siriano dell'antichità ai suoi discepoli, "agli uomini che vengono da voi e dicono: 'Ecco! Io sono il Cristo, seguitemi!' O quando un altro viene e dice: 'Ecco! Io sono il Cristo, seguitemi!' Non credete loro." Ma quando uno viene davanti a voi, nel nome dello spirito Cristico, e vi dice di seguire la verità i cui toni squillanti sono uditi nel cuore di ogni uomo normale, e che parla in nome del dio interiore, in nome del Cristo interiore, in nome del Buddha interiore, allora, disse sostanzialmente il saggio siriano: "Egli è me stesso. Seguitelo."


Capitolo IV

LA STORIA DI GESÚ — UN RACCONTO DEL MISTERO

Tutta la storia di Gesù è un racconto del Mistero che rappresenta in forma drammatica alcuni eventi molto importanti che avevano luogo nelle camere iniziatiche o cripte; e le parabole incluse in questo racconto del Mistero si riferiscono decisamente, anche se brevemente, a certi insegnamenti fondamentali dati ai neofiti in quei momenti.

Uno studio delle vite dei grandi veggenti e saggi dei tempi passati rivelerà più o meno esattamente gli stessi ingarbugli di pensiero e circostanze che sono facilmente rintracciabili nella storia cristiana di Gesù. I veri nomi della maggior parte, se non di tutti, di questi grandi veggenti e saggi sono stati coperti dall'allegoria e dal simbolo; sono stati raccontati dei miti su di loro: in pochi casi si è presunto che essi siano nati da una vergine, o nati in qualche modo misterioso, e che siano vissuti ed abbiano insegnato, movendo a meraviglia i cuori degli uomini con le loro opere; e, dopo aver completato il loro insegnamento, alla fine scomparivano in qualche misteriosa maniera.

Inoltre, poiché il ciclo iniziatico, nel caso di uomini individuali, copiava semplicemente la grande durata dell'esistenza cosmica, così fa il Nuovo Testamento Cristiano nelle sue simboliche allegorie ed immagini, oltre ad essere un racconto velato e nascosto della cripta dell'iniziazione, e allo stesso modo è esposta l'incarnazione dello spirito cosmico nell'esistenza materiale.

Ogni paese aveva le sue scuole iniziatiche, le sue scuole dei grandi Misteri; e, in verità, questi misteri erano rigorosamente custoditi e tenuti molto segreti. A quei tempi era consuetudine di scegliere un grande essere che aveva insegnato agli uomini, e intorno a quell'individuo tessevano una trama d'insegnamento simbolico, rappresentando — affinché gli uomini comuni, nel leggere, potessero capire ma non penetrare le cose spirituali — ciò che aveva effettivamente luogo nella camera dell'iniziazione.

Questo è quello che avvenne nel caso di Gesù detto il Christos. Di conseguenza, i detti dei quattro libri chiamati i Vangeli non furono scritti per la verità storica, ma per la verità simbolica.

"Christos" è un termine greco, e significa uno che è stato unto. Ciò è un riferimento diretto, un'allusione diretta, a quanto accadeva durante la celebrazione degli antichi Misteri. L'Unzione o consacrazione era uno degli atti compiuti durante lo svolgersi dei riti di quegli antichi Misteri nei paesi che circondavano il Mar Mediterraneo. La parola ebrea per un individuo unto è Māshīaḥ, che significa esattamente la stessa cosa del Christos greco — l'Unto.

Naturalmente, è ben risaputo che gli ebrei anche allora aspettavano, e aspettano tuttora, la venuta del Messia, che è un modo comune di sbagliare l'ortografia della parola Māshīaḥ; e l'allusione mistica qui, in questa antica credenza ebraica, è identica al significato mistico ed esoterico che la parola Christos conteneva quand'era impiegata con un'allusione ai riti iniziatici.

Nelle parole della storia di Gesù è affermato che egli si diresse verso Gerusalemme e vi entrò su un asino e il puledro dell'asino; e da quel momento iniziò la sua vita di lavoro nella Gerusalemme terrena — l'esistenza materiale, che lo porterà, come dice la leggenda, al suo arresto, all'interrogatorio davanti al Procuratore romano Ponzio Pilato, e alla morte.

Nel ciclo mistico dell'Oriente Citeriore, o di quella che oggi è chiamata Asia Minore, il pianeta Saturno spesso era misticamente chiamato un asino, o meglio, l'asino rappresentava quel pianeta nella simbologia mistica. E, in una simbologia equivalente, il puledro dell'asino era questa Terra, perché gli antichi veggenti sostenevano che questo globo fisico, la Terra, fosse sotto la diretta influenza formativa del pianeta Saturno. Se vi ricordate anche che le peregrinazioni cicliche della monade avvengono rigorosamente secondo la legge e l'ordine nel sistema solare, e secondo percorsi prestabiliti, passando da un pianeta all'altro; se ricordate pure che la Gerusalemme terrena, secondo la simbologia ebraica, era questa Terra, poiché la Gerusalemme celeste, secondo la simbologia cristiana, era l'esistenza nelle sfere spirituali e la meta della conquista dell'evoluzione umana, potete cominciare ad avere un'idea più chiara di cosa sto brevemente e in parte cercando di dirvi.

L'anima spirituale cavalca in "Gerusalemme" — l'esistenza materiale — su un asino, che raffigura Saturno, e il puledro dell'asino, che rappresenta la Terra; e la monade, lo spirito Cristico, discendendo in questo modo nella materia, è crocifissa sulla croce della materia, vale a dire che è tradita e crocifissa, seguendo la raffigurazione Platonica degli antichi.

La sola cosa sulla quale dovreste sempre stare in guardia è leggere ogni linea di queste Scritture Cristiane come il resoconto di un effettivo evento storico avvenuto fisicamente. Tutto il significato, l'idea principale nelle Scritture Cristiane, è un'allegoria e si riferisce direttamente al ciclo iniziatico e a qualcuno degli insegnamenti ricevuti durante le cerimonie dell'iniziazione.

Prendiamo ora in considerazione un aspetto importante della storia mistica di Gesù. Ricordiamo una sequenza, così com'è rappresentata nelle Scritture Cristiane, raccontata in tutti i quattro Vangeli in vari modi, che narra come, secondo la storia del Vangelo cristiano, Gesù, dopo che fu tradito e quando fu portato davanti a Pilato, ebbe l'inconscio omaggio di quell'ufficiale romano — "Io non trovo alcuna colpa in quest'uomo." Ma, poiché era una consuetudine in quell'epoca, dice la narrazione cristiana, rilasciare agli ebrei un prigioniero politico nella Festa della Pasqua, si afferma che Pilato abbia detto agli accusatori di Gesù: "Chi volete che io liberi tra di voi, Barabba — o Gesù chiamato il Cristo?" Ed essi risposero: "Barabba."

Ora, questo è un momento interessante e significativo del racconto. In alcuni antichi manoscritti del Nuovo Testamento cristiano, il nome completo del cosiddetto ladrone Barabba è dato come Gesù Barabba. Poiché Gesù significa "Salvatore" e Barabba è un termine composto che significa "figlio del padre," se ricordiamo che il nome del Salvatore Cristiano è reso come Gesù e che spesso si allude a lui, in modo molto vago, come al figlio del padre divino, troviamo non poco interesse in questi significativi episodi mistici. "Chi devo liberare tra di voi: Gesù, il figlio del Padre, o Gesù che voi chiamate l'Unto?" Qui abbiamo due Gesù — due salvatori, perché ricordatevi che la parola Gesù significa salvatore. Quindi: Chi (secondo il significato esoterico) devo liberare tra di voi, anche se hanno violato le vostre leggi umane? Gesù, il figlio del padre — la parte inferiore di un essere umano — o Gesù, l'Unto dello Spirito divino? E la leggenda afferma che la risposta fu: Barabba. Liberaci l'uomo Barabba.

Ora vorrei portarvi un po' più lontano nella nostra storia mistica, ricordandovi ancora che l'intera storia di Gesù com'è narrata nel Nuovo Testamento è un racconto esoterico o mistico che espone in forma mistica quanto accadeva nelle camere dell'iniziazione — l'iniziazione significava la morte dell'uomo inferiore, affinché la natura superiore del neofito potesse, da quel momento, essere liberata; ed inoltre, che il postulante, quando aveva finito la prova iniziatica di tre giorni, potesse andare avanti 'unto,' o come uno che ha ricevuto l'unzione o la consacrazione nei Misteri.

Essi scelsero Barabba, il Gesù Barabba, la parte inferiore dell'uomo considerato quale essere umano, e "crocifissero" la divinità interiore — non una crocifissione secondo il metodo romano di punire appendendo su una croce fisica fino a che sopraggiungeva misericordiosamente la morte; ma il neofito era preso e disteso su un giaciglio cruciforme, un letto che aveva la forma di una croce, e lì giaceva in trance per tre giorni e tre notti, e quindi risorgeva come un Messia, un Christos, l'unto. Ricordatevi del racconto cristiano di Gesù che risorgeva dalla tomba tre giorni dopo la sua crocifissione, commemorato dalla Pasqua cristiana. Questi sono tutti termini esoterici, ciascuno di essi.

Ė affermato che Gesù abbia detto, come riporta il Vangelo secondo Matteo: "Io vengo solo per le pecore smarrite d'Israele." Cosa significa la parola ebraica Israele? Ė più accuratamente specificata nell'Yisrael ebraico, un termine derivato da una radice verbale ebraica, sarah, che significa "dirigere," "governare," "comandare," e anche nel senso di "combattere per ottenere." Di conseguenza, la frase, Bnei Yisrael, che significa "i figli d'Israele," era una frase usata esattamente nello stesso senso in cui gli hindu parlavano degli Ārya con il significato di nobili, elevati, superiori, i governatori, in contrasto ai Mlechchha, gli inferiori, i fuori casta; ed esattamente ancora nello stesso senso in cui i greci parlavano degli Aristoi, gli aristocratici — che non significava aristocratici nel moderno senso sociale, ma s'intendevano gli uomini che erano aristocratici nel cuore e nella mente, trasformati dall'evoluzione naturale ad essere sempre migliori, gli evoluti, i superiori, i grandi uomini, non importa quale fosse la loro nascita fisica; e proprio come gli hindu parlavano dei Mlechchha, così i greci parlavano dei Barbaroi, i barbari. In modo simile, gli ebrei definivano tutti quelli che non erano Bnei Yisrael come stranieri, o Gentili, ecc. Notate anche che la supposta affermazione di Gesù che diceva di essere venuto ad insegnare alle "pecore smarrite" d'Israele, intendendo misticamente coloro che erano naturalmente pronti e capaci di affrontare un allenamento esoterico, ma che non l'avevano ancora ricevuto, e quindi vagavano nelle tenebre esterne della vita materiale.

Il fatto che la storia di Gesù sia la storia di un'iniziazione, è responsabile delle inconsistenze, le difficoltà, le contraddizioni ed interpretazioni di queste scritture, che ancora esistono. Questo racconto mistico ed esoterico è molto interessante ed affascinante, perché era effettivamente un racconto tessuto intorno alla figura ideale di un grande veggente e saggio. Perché Gesù, come uomo, era del tutto diverso dal personaggio misterioso, esoterico o mistico, distinto come il Gesù delle scritture, una figura idealizzata, rappresentata come uno che aveva ottenuta la quasi-divinità dopo essere passato attraverso i riti iniziatici che allora si usavano in Palestina, e che, a causa di ciò, era diventato un figlio del Sole spirituale, un figlio del Padre-Sole.

Oggi possiamo dire che gli uomini si dividono in due classi: la prima: quelli che sono spiritualmente "morti" pur vivendo nel corpo, il "morto vivente," come Pitagora lo definiva con precisione; e, la seconda: i "figli d'Israele" — in altre parole, quelli che sono i naturalmente nati governatori spirituali degli uomini, o che sono diventati tali attraverso l'iniziazione. Ricordiamo anche che proprio come gli hindu e i greci si definivano "uomini superiori," Arya ed Aristocratici, senza dubbio dovuto in parte ad orgoglio razziale, così gli ebrei, esattamente nello stesso modo e indubbiamente per lo stesso motivo, si definivano generalmente i tipici Bnei Yisrael, i figli d'Israele o i governatori naturali o i superiori di altri uomini. Quest'orgoglio o pregiudizio razziale è un fenomeno psicologico che possiamo osservare nella storia di ogni distinto popolo o ceppo razziale, ed esiste anche oggi nel cieco e folle orgoglio e nel pregiudizio razziale che tutti noi, purtroppo, conosciamo.


Capitolo V

L'INSEGNAMENTO DELL'AVATĀRA GESÚ

Nei precedenti capitoli sono stati tracciati i fondamenti o la chiave della storia esoterica o mistica di Gesù. Ora affrontiamo la domanda: Chi era Gesù in realtà; Era Gesù un uomo-dio, grande veggente, o un mito? La risposta è che Gesù era un avatāra.[3]

Avatāra è una parola sanscrita. Significa la discesa di un essere divino, non nella carne umana, ma come se lo fosse rispetto all'incarnazione nella carne umana. Significa un super-adombramento, o più correttamente, una super-illuminazione, di qualche grande e nobile uomo da parte di una divinità, di un dio. Cosicché, per usare un linguaggio comune, un avatāra è un dio incarnato, perché l'individuo nobile così prescelto, esprime, attraverso di sé, una parte più o meno grande del Super-illuminatore.

Gesù era un avatāra, una manifestazione, attraverso la forma di un essere umano, di un dio, di una divinità — uno degli esseri spirituali che controllano la nostra parte dell'universo stellare.

Un avatāra è uno che ha una combinazione di tre elementi nel suo essere: una divinità ispiratrice; una natura intermediaria o anima altamente evoluta, il canale di quella divinità ispiratrice; e un corpo fisico molto puro, immacolato. Un avatāra è la manifestazione parziale di una divinità in un essere umano, e non è la manifestazione del dio interiore di un uomo; perché, quando quest'ultima si avvera, allora abbiamo tra di noi un Buddha. Questo è un termine tecnico che significa "un individuo risvegliato," uno che manifesta la divinità che è veramente nel profondo del cuore del suo essere. Ma un avatāra non è la reincarnazione di un ego reincarnante, e quindi non è un essere unitario come lo sono i comuni mortali, ma è uno che appare tra gli uomini come una grande gloria, e che compie un lavoro speciale sulla terra. Un avatāra, come un'unità, non ha una nascita precedente, né una successiva reincarnazione.

L'Avatāra Gesù, ad esempio, non avrà mai una nuova nascita sulla terra; in altre parole, non si reincarnerà mai; per questo è un avatāra: una divinità che si manifesta attraverso l'apparato psicologico di uno dei Maestri di Saggezza, Compassione e Pace, che si dedica a quel proposito, affinché i poteri sublimi della divinità che si manifesta possano rivelarsi tra gli uomini ed insegnare loro.

Ovviamente, questa particolare entità composita, questa struttura spirituale-psicologica-fisica non è allora la reincarnazione di una precedente entità unitaria proveniente da altre vite come ego reincarnante e che avrà future reincarnazioni quando l'attuale vita terrena è terminata, come nel caso di tutti gli altri esseri umani. Gesù, come entità, non è mai esistito prima, e mai esisterà ancora. Questo non è un caso di reincarnazione, ma il caso di un avatāra: l'incarnazione, in certe circostanze molto mistiche, di un raggio di una Divinità, del fuoco di una Divinità, per divulgare l'insegnamento ciclico. La discesa del raggio lampeggia attraverso gli orizzonti della storia umana come una grande Luce, e poi svanisce.

Ma cosa accade? Le azioni sono state compiute, gli insegnamenti sono stati impartiti, in modo che il destino delle razze umane forse sarà cambiato. Chi ne è responsabile? Quella parte dell'avatāra che era la natura intermediaria dell'essere avatārico che visse. Un Avatāra, come abbiamo detto, consiste di tre cose: un corpo fisico, una parte intermediaria, e un raggio — che è veramente il fuoco spirituale di un dio, di un essere divino, che agisce attraverso questa parte intermediaria; ed entrambi si manifestano quindi attraverso il corpo fisico.

La parte intermediaria di un avatāra è fornita da uno dei Maestri di Saggezza che ha prestato, per così dire, la propria anima per questo lavoro ciclico, che ha prestato la sua natura intermediaria, affinché il santo corpo del bambino possa ricevere il fuoco spirituale del dio, o divinità Quindi, il Maestro di Saggezza che ha prestato se stesso, prende su di sé il carico di responsabilità per ciò che è stato fatto, ossia dove il karma è inerente: le conseguenze, e quindi la responsabilità.

Così, come Gesù era la manifestazione, o meglio, il canale per la manifestazione di una porzione dei poteri di una divinità, egli era un uomo-dio o un dio-uomo: naturalmente, era anche un grande saggio e veggente al tempo stesso, poiché di certo egli era palesemente saggio e veggente, poiché aveva la saggezza e "vedeva."

Vi sono due classi di grandi luminari spirituali umani conosciuti come avatāra[4] e buddha di compassione. L'avatāra è un sublime mistero naturale, non un mistero nel senso di incapacità a comprenderlo, ma un mistero nel senso che la persona comune non ne ha mai sentito una spiegazione; mentre un buddha è uno che ha ottenuto la statura spirituale suprema della buddhità attraverso sforzi auto-indotti che continuano per molte vite; e così, in un senso, è realmente — se possiamo usare questa frase — superiore anche ad un avatāra.

Gesù apparteneva alla prima classe, l'avatāra, ed era quindi, come abbiamo detto, una manifestazione diretta di una porzione dei poteri di una divinità che agisce attraverso l'apparato psicologico di uno dei Maestri di Compassione e Saggezza e Pace, che dedicò se stesso a quel proposito, in quel periodo ciclico, che allora era arrivato sulla ruota turbinante del destino, affinché la particolare divinità che vi era coinvolta potesse mostrare almeno una parte dei suoi sublimi poteri fra gli uomini, ed insegnare loro, e indicare ancora una volta la via della verità e della luce e della compassione, perché i Saggi non vengono irregolarmente, fortuitamente o per caso. Essi vengono in periodi stabiliti, perché ogni cosa nell'universo si muove secondo l'ordine e la legge. Di conseguenza, quelli che sanno come calcolare non hanno bisogno nemmeno di consultare le stelle. Sanno che ad un certo momento, dopo che una grande anima è apparsa tra gli uomini, qualche altra grande anima verrà.

Nel caso dell'Avatāra Gesù non vi fu nessuna reincarnazione, perché egli non era affatto la reincarnazione di un ego reincarnante. Un avatāra è ciò che potremmo veramente definire un atto di suprema magia bianca. I Maestri di Saggezza e Compassione e Pace sapevano che era arrivato il momento per la manifestazione di una divinità tra gli uomini, una vera manifestazione di uno degli dèi dei quali l'universo, e in questo caso più particolarmente il sistema solare, è pieno. Una di questa nobile gerarchia, di questa Fratellanza di Maestri di Saggezza, si dedicò al proposito di rendere questa divinità capace di manifestarsi attraverso di lui, e adombrò l'umano che doveva nascere — in un modo umano perfettamente normale — in Palestina, come un piccolo bambino: animò ed ispirò quel fanciullo; e poi, quando arrivò il momento, quando fu raggiunta l'età adulta, in uno dei santuari dei Misteri che esistevano a quei tempi, Gesù, allora o in seguito, fu "battezzato," una parola tecnica, che significava che egli fu "elevato" dallo stato umano a quello divino con la "discesa" o "avatāra" della divinità su di lui, e che da quel momento in poi lavorò attraverso di lui.

L'Avatāra Gesù era uno che, durante la sua giovinezza, seguì tutti gli insegnamenti esoterici del suo tempo; e appena raggiunse l'età adulta, fu iniziato nelle Scuole Misteriche della Siria, dell'Oriente Citeriore. Era uno che era stato "crocifisso, morto, sepolto, che resuscitò dalla morte al terzo giorno, ed ascese al suo Padre nel Cielo." Ogni parola di questo resoconto è preso literatim, letteralmente, dal linguaggio della camera dell'Iniziazione — un esempio dell'uso del linguaggio mistico a cui alludevo prima. Allora, come deve essere interpretato?


Capitolo VI

IL MISTERO DELLA CROCIFISSIONE:
Il Colpo della Lancia, e il Grido sulla Croce

La stessa crocifissione era una delle fasi dell'antico rito cerimoniale. Il neofito in trance era deposto su un giaciglio cruciforme, un giaciglio a forma di croce, con le braccia distese; e per tre lunghi giorni e notti — e a volte per un periodo più lungo, sei o anche nove giorni e nove notti — lo spirito del neofito attraversava le sfere dell'essere cosmico, imparando così, direttamente, i misteri dell'universo. Perché io vi dico, in verità, che c'è un modo di liberare lo spirito dell'uomo dalle trappole e dalle catene della sua parte inferiore; per cui, libero, può passare come un pellegrino da un pianeta all'altro e da un pianeta al sole, prima di ritornare al corpo terreno che aveva temporaneamente lasciato.

In questo contesto, vi è un passaggio estremamente interessante, molto profondo, mistico e suggestivo, tratto dall'Edda Scandinava, preso da quello che è conosciuto come il Canto Runico di Odino. Ė come segue:

So di essere rimasto appeso ad un albero scosso dal vento per nove notti intere,
Ferito da una lancia, e a Odino consacrato — io stesso a me stesso — 
Su quell'albero che nessuno sa da quale radice s'innalzi.

In queste poche righe questo passaggio dell'Edda dà un'altra versione, molto interessante, del mistero della crocifissione. Anche il riferimento "appeso ad un albero" è estremamente suggestivo, perché questa frase era frequentemente usata nelle prime scritture cristiane, con il significato di "appeso sulla croce."

In questa mistica storia scandinava l'albero è chiaramente l'albero cosmico, che è un modo mistico per definire l'universo incarnato, poiché l'universo, per molte nazioni antiche, era descritto o immaginato sotto il simbolo di un albero le cui radici sgorgano dal cuore divino delle cose. Il tronco, i rami, i ramoscelli e le foglie, erano i vari piani, mondi e sfere del cosmo; il frutto di quest'albero cosmico conteneva i semi degli alberi futuri, essendo le entità che avevano raggiunto, attraverso l'evoluzione, la fine del loro viaggio evolutivo, sia come uomini che come dèi — essi stessi universi microscopici, e destinati in futuro a diventare entità cosmiche quando la ruota ciclica del tempo si sarà rivoltata, attraverso lunghi eoni, sul suo maestoso giro.

Questa versione scandinava della crocifissione cosmica, crocifissione che è anche menzionata da Platone in una sua forma greca, si riferisce al Logos cosmico "crocifisso" all'albero del mondo di cui lo stesso Logos è lo spirito animante ed intellettuale.

Tutta l'iniziazione, per quanto si svolgesse come un rituale illustrato o un simbolismo figurato, descriveva la struttura mistica, l'operato e i segreti dell'universo occulto, espresso nelle azioni e nelle parole del Maestro iniziatore e del neofito.

Il colpo della lancia era una delle parti del rituale o cerimonia iniziatica, avendo il suo particolare significato, ma non era un atto fisico che provocava una ferita fisica. In alcuni dei cerimoniali iniziatici, nel rito simbolico, invece di usare una lancia, era impiegato qualche altro strumento come un pugnale; ma, in entrambi i casi, il significato fondamentale era lo stesso, cioè che l'uomo rinunciava al suo essere personale inferiore come un sacrificio, affinché il potere e l'influenza del dio interiore potesse liberamente fluire attraverso tutta la costituzione dell'uomo quando egli lasciava la camera della luce dopo che l'iniziazione era stata completata. Il colpo della lancia significava la morte della personalità, affinché l'uomo interiore spirituale potesse essere liberato, privo di ostacoli e visibile.

Le ultime parole dette dalla croce si trovano nei primi due Vangeli, in Matteo 27: 46 e in Marco 15: 34: Eli, Eli, lama sabachthani. Queste parole, dette "il grido sulla croce," sono state tradotte in greco nel Nuovo Testamento, come segue, e questa è la traslazione in Inglese della traduzione greca: "Mio Dio! Mio Dio! Perché mi hai abbandonato?" Nel Greco, questa è una traduzione falsata, anche se tradotta dal Greco in Inglese è corretta, perché queste parole nell'originale Ebraico significano: "Mio Dio! Mio Dio! Come mi hai glorificato!" Poiché queste parole sono in un buon Ebraico e il verbo shābaḥ[5] significa "glorificare," e non "abbandonare." Ma nel ventiduesimo Salmo del Vecchio Testamento, nel primo verso vi sono le seguenti parole che nell'originale sono: 'Elī, 'Elī, lāmāh 'azabthānī, che significano "Mio Dio! Mio Dio! Perché mi hai abbandonato?"

Questa è la prova che le Scritture Cristiane sono compilate in forma simbolica e con allusioni mistiche. Ma perché, nel nome della santa verità, gli scrittori di questi due Vangeli dovrebbero usare parole che sono in un buon Ebraico e tuttavia darne una traduzione completamente sbagliata? Perché l'intento era di nascondere la verità e dire tuttavia una verità — tipicamente in linea con l'ambiente e la metodologia mistica degli antichi quando trattavano i Misteri. Sia l'originale significato ebraico che l'errata traduzione greca sono giuste se intese appropriatamente. L'uomo personale, quando muore, grida sempre: "Mio Dio! Perché mi hai abbandonato per diventare polvere?" Ma la parte superiore, più nobile, dell'uomo, l'uomo spirituale interiore, esclama con un grido di gioia: "Mio Dio! Mio Dio! Come mi hai glorificato!" Questa era un'esatta interpretazione dell'effettiva reazione del neofito quando raggiungeva la glorificazione durante l'iniziazione. Era il grido simbolico di ogni neofito iniziato dal grande Maestro nella vita più grande.

Ė anche una prova, per chi sa che sa come leggerla, del carattere simbolico degli scritti dei Vangeli Cristiani: sebbene i significati fossero ingarbugliati, lo erano deliberatamente, in modo che il reale insegnamento interno non potesse essere captato da qualsiasi occhio curioso che leggesse e tentasse di decifrarlo; e contenevano davvero una sufficiente quantità di mistici suggerimenti del pensiero in modo da essere un'esca per gli uomini il cui carattere interiore, il cui essere più intimo, avevano cominciato a ridestarsi; così, leggendo queste cose, vedendo queste strane discrepanze e contraddizioni, il loro interesse si sarebbe risvegliato — ed essi sarebbero venuti a bussare al Tempio, e vi sarebbero entrati.

Dovremmo comprendere che queste iniziazioni hanno luogo ogni giorno, e si svolgono in un certo periodo dell'anno; e quando queste iniziazioni avvengono, il neofito che ha superato con successo il rito, e che ha ottenuto per un breve tempo il flusso di questa divinità interiore attraverso il suo essere come lo splendore ardente di un sole, per cui, in piena verità, come lo definivano gli antichi, egli è rivestito di sole. Quando questo sublime evento accade durante l'iniziazione, l'intero essere spirituale dell'uomo risponde come se fosse un grido di gioia: "Oh! Mio Dio interiore! Mia Divinità che sei nel cuore del mio essere, come mi hai glorificato!" — le vere parole che si suppone siano state dette da Gesù sulla croce.

Gesù il Cristo era uno che era stato disteso sul giaciglio cruciforme del quale vi ho parlato, e che aveva superato con successo la prova della paura; e dopo tre giorni egli resuscitò da coloro "che erano morti," che è il vero significato della frase "dai morti" — non dalla morte — come un Cristo.

Il Cristo dentro di lui allora si era manifestato. Quest'ultima e suprema fase di quell'iniziazione faceva emergere il dio interiore, cosicché egli insegnò al suo prossimo come uno che aveva autorità, perché parlava dalla fonte della verità che sgorgava dentro di lui. La fontana della verità è il sentiero dell'individualità spirituale, che è il nostro legame con l'universo: il sentiero che conduce sempre di più verso l'interiorità, sempre di più all'interno, fino a realizzare che il vero cuore dell'universo è uno con noi stessi. Ogni essere umano, nella sua natura spirituale, è una parte inseparabile dell'universo, il suo piccolo figlio: per così dire, osso del suo osso, carne della sua carne, sangue del suo sangue, vita della sua vita. Come potrebbe essere diversamente? Noi non possiamo vivere fuori dall'universo. Noi ne facciamo parte. Ed è questo che insegnavano gli antichi saggi dell'Hindustan quando parlavano dell'ātman o il sé divino e spirituale. Essi dicevano: Ātmānam ātmanā paśya. "Vedi il Sé tramite il sé," vale a dire: comprendete la divinità tramite la vostra divinità interiore, poiché non c'è altro modo per comprendere la divinità, se non attraverso la vostra parte divina. Può il maiale capire che l'uomo è il suo guardiano? No, perché il maiale non ha raggiunto lo stadio umano. Ma l'uomo comprende l'uomo; e molti, per mezzo del dio interiore, possono comprendere la verità con la stessa regola. La grandezza riconosce la grandezza. Il genio risponde al richiamo del genio. La divinità riconosce la divinità.

Una volta che avete conseguito questo sentiero interno, questa individualità spirituale, per la vostra essenza divina, e siete quindi cresciuti per realizzare che la vostra natura è la vera fabbrica dell'universo, allora percepirete che tutte le cose vi appartengono, perché esse sono voi. L'infinità e l'eternità non sono che parole; ma dentro di voi avrete l'effettiva realizzazione della vostra unità con il Tutto senza frontiere e senza limiti, la durata illimitata.

No, questo saggio, questo veggente siriano, non fu crocifisso, letteralmente e fisicamente. Un dio crocifisso è un'anomalia nel pensiero umano. Ma un neofito o un candidato crocifisso: si, nel senso in cui ho cercato di esporvi l'argomento. E vi è un altro uso mistico del termine crocifissione: un uomo può essere crocifisso dalle proprie passioni, lacerato e gravato, invece di essere come un uomo, libero, un uomo libero. Quella è una crocifissione molto reale e tuttavia mistica; e quando imparate qualcosa del Cristo interiore, otterrete la libertà; e tutto l'universo illimitato sarà il vostro campo di gioco, non solo nel pensiero, non solo nell'immaginazione, non solo sedendovi sulla vostra poltrona o sdraiandovi sul vostro divano e pensando del più e del meno, ma con un'esperienza effettiva: perché un uomo può disciogliere il suo spirito e andare avanti con esso anche oltrepassando i portali del sole.

Gli antichi Misteri erano custoditi con estrema cura, e quando era fatto un qualsiasi riferimento ad essi — le sanzioni in caso di tradimento dei segreti dell'iniziazione erano estremamente severe — questo riferimento ad essi era fatto con figure retoriche, metafore, un linguaggio figurato, un racconto fiabesco, con i miti, con una storia. Ma niente era così mascherato, che un altro iniziato non potesse leggerlo. La verità stava lì, ma solo coloro che avevano la chiave di questo linguaggio mistico potevano comprenderla. Per quelli che non avevano questa chiave, il riferimento o il resoconto sembrava essere un semplice mito o una strana leggenda.

L'uomo Gesù era veramente un Christos, semplicemente perché quell'avatāra palestinese manifestava la divinità di cui era il messaggero. Ogni essere umano ha una meta simile ma non identica davanti a sé, come il suo destino — cioè, la manifestazione del proprio dio interiore, il suo "Padre nel Cielo." (Notate la distinzione tra l'avatāra da un lato e, dall'altro lato, uno che diventa un buddha, la manifestazione o il vettore del suo dio interiore.) Questo è quindi il messaggio del Natale. Dimenticate nel suo senso letterale la vecchia storia di un neonato nella mangiatoia e tutti gli altri abbellimenti leggendari aggiunti (che inventarono degli uomini pii ma non saggi) alla vicenda più grande nella storia umana, per immettere facilmente nelle menti di chi non è istruito la storia di un'iniziazione spirituale non solo applicabile a Gesù, ma ad una lunga linea di saggi che lo precedettero o che vennero dopo di lui; dimenticate il linguaggio letterale di tutto questo, e ricordate che il significato essenziale della storia del Cristo è il Cristo vivente dentro di voi, rinato ad ogni momento quando un uomo si arrende al suo sé spirituale, al dio in lui. Allora il Cristo è "rinato."


APPENDICE (da Encyclopedic Theosophical Glossary di G. de Purucker)

AVATAR, AVATĀRA (Sanscrito). Avatāra [da ava, in basso + la radice verbale tṛ, attraversare, passare] Quello che passa in basso o discende; il passaggio verso il basso di un'energia celestiale o un complesso individualizzato di energie celestiali — un essere celestiale — per adombrare ed illuminare un essere umano che, al momento di questo contatto della divinità con la materia, non possiede alcuna anima umana karmicamente destinata ad essere padrona del corpo così nato. "Ecco perché un Avatāra è uno che ha una combinazione di tre elementi nel proprio essere: una divinità ispiratrice; una natura intermediaria, o anima, altamente evoluta, che gli è data in prestito, che è il canale di quella divinità ispiratrice; e un corpo fisico puro, immacolato." (Occult Glossary 16)

Śaṅkarāchārya, Kṛishṇa, Lao-tzu, e Gesù, erano avatāra di gradi diversi, di una struttura alquanto differente. Vi era un raggio divino che discese nel periodo ciclico di ciascuna di queste incarnazioni, e il legame di connessione o la fiamma della mente fu fornita in ciascun caso da un membro della Gerarchia della Compassione. Dice Kṛishṇa: "Io mi incarno di epoca in epoca per distruggere la malvagità e ristabilire la giustizia. (Bhagavad-Gītā, cap. 4, sloka 18) Kṛishṇa qui rappresenta il Logos o il raggio logoico che "sul nostro piano sarebbe completamente impotente, inattivo, e non avrebbe alcun modo possibile di comunicare con noi e la nostra sfera, perché quel raggio logoico manca di veicolo intermediario o di un vettore pienamente cosciente, manca, cioè, il meccanismo intermediario o altamente etereo, quello spirituale-umano in noi, che nell'uomo ordinario è, sia pure leggermente, attivo. Un avatāra ha luogo quando un raggio diretto del Logos entra nell'essere umano, lo ispira appieno e lo illumina attraverso l'intermediazione di un bodhisattva che si è incarnato in quell'essere umano, fornendo quindi il veicolo o vettore intermediario, idoneo, pronto, e pienamente cosciente." (Fundamentals of the Esoteric Philosophy.)

H. P. Blavatsky dice che "le rinascite possono dividersi in tre classi: le incarnazioni divine chiamate Avatāra; quelle degli Adepti che rinunciano al Nirvāṇa per amore dell'umanità — i Nirmāṇakāya; e la naturale successione di rinascite per tutti — la legge comune. L'Avatāra . . . è una discesa della Divinità manifesta — sia sotto il nome specifico di Śiva, Vishṇu, o Ādi-Buddha — in una forma illusoria di individualità, un'apparenza che per gli uomini su questo piano d'illusione è oggettiva, ma che in realtà non è così. Quella forma illusoria, non avendo né passato né futuro, perché non ha avuto né precedenti incarnazioni né avrà successive rinascite, non ha nulla a che fare con il Karma, che non ha quindi alcuna presa su di essa." (Blavatsky Collected Writings 14:373-4)

Vishṇu, come sostenitore della vita, è la sorgente di una linea di avatāra di cui si parla spesso nelle leggende hindu. Questi dieci avatāra di Vishṇu sono: 1) Matsya, il pesce; 2) Kūrma, la tartaruga; 3) Varāha, il cinghiale,; 4) Narasiṃha, il leone-uomo ( l'ultimo dello stadio animale); 5 Vamana, il nano; 6) Parasu-Rama, Rama con l'ascia (un eroe); 7) Rāma-chandra, l'eroe del Rāmāyaṇa; 8) Krishṇa, figlio di Devakī; 9) Gautama il Buddha; 10) Kalki, l'avatāra che apparirà alla fine del kali yuga, cavalcando un cavallo bianco, ed instaurerà un nuovo regno di giustizia sulla terra. Il cavallo è stato da tempi immemorabili un simbolo delle energie spirituali e vitali dell'orbita solare interna. Quindi, quando si dice che il prossimo avatāra verrà su un cavallo bianco, il significato è che egli verrà pieno della luce o splendore solare — un avatāra o manifestazione di un'energia solare spirituale ed intellettuale che trascinerà davanti a lui tutto quello che è sulla terra.

L'esoterismo brahmanico non ha mai insegnato che la divinità discese negli animali, com'è riportato nelle leggende. Questi nomi di diversi animali e uomini, come tutta la mitologia zoologica, fu scelta a motivo di certi attributi caratteristici. Rappresentano effettivamente dieci gradi di conoscenza che si sviluppa e cresce nella comprensione. Questi nomi rappresentano anche i nomi tecnici dati ai neofiti nelle scuole esoteriche. Il chela inferiore era chiamato un pesce, il chela che aveva preso con successo il secondo grado era chiamato una tartaruga, e così via, fino al più elevato di tutti, che era chiamato un'incarnazione del sole — nella leggenda hindu: un cavallo bianco.

Queste discese avatāriche non appartengono soltanto a una razza, a una razza-radice, a un globo, una catena, o a un sistema solare, perché la natura si ripete per analogia, e la stessa linea di una comprensione espansiva dello sviluppo evolutivo ha luogo, mutatis mutandis, in tutte le sfere. Così, queste discese avatāriche possono ascriversi al sistema solare, alla catena planetaria nel suo insieme, un globo, una razza-radice, e anche ad una sottorazza.

GESÚ, JESUS [Latinizzazione del greco Iesous, dall'ebraico Yēshūa‛, una contrazione di Yĕhōshua' —  un nome proprio che significa salvatore o colui che aiuta, o ciò che è spazioso o molto diffuso.] Indubbiamente un personaggio storico, la cui vita, com'è narrata nei Vangeli, è pura allegoria, una storia della camera dell'iniziazione. Vi è tra gli ebrei una storia che sussiste dai periodi medievali, menzionata nel Sēpher Tōledoth Yeshua‛ (Il Libro delle Generazioni di Gesù), nel senso che il Gesù dei Vangeli era un Jehoshua ben Pantera, un adepto ebreo vissuto all'incirca verso il 100 a. C. Gesù raffigura la tipica sequenza nella storia occulta: 1) la venuta di un capo o insegnante per le persone che hanno bisogno di essere guidate ed istruite; 2) il suo passaggio, accolto dai suoi seguaci con adorazione, persino con il culto; 3) la graduale trasformazione dei fatti storici in leggende o racconti mitologici più o meno abbelliti, che nel tempo si raccolgono così fittamente sulla sua memoria, che la sua identità come persona, ed anche il suo nome, sono perduti. 4) il mito, l'allegoria, o la leggenda; 5) gli sforzi degli altri, gli insegnanti successivi, per spiegare, interpretare, e ristabilire questo precedente maestro, ora una figura puramente mitica o addirittura materializzata e travisata.

Sembra che i Vangeli Cristiani abbiano avuto origine nelle rappresentazioni misteriche, belle e spesso sublimi nei loro significati, in cui erano raffigurate le esperienze del neofito e adepto nella sua unione con il Logos, e quindi un tale individuo unificato era definito un Logos incarnato come uomo, essendo lo stesso Logos variamente chiamato Christos o Dioniso, ed era stato adattato, a tappe, ad assumere una consistenza semistorica, com'è accaduto in altri esempi oltre il mito cristiano. Cristo, quindi, o il Christos, non è un particolare uomo o un'incarnazione speciale della divinità, ma un termine generico per il divino quando s'incarna in tutti gli esseri umani, sebbene Gesù, come individuo, fosse indubbiamente il nome di questo grande iniziato-avatāra ebreo. Quindi, quest'allegoria universale nella sua versione cristiana, ha un autentico pretesto a cui attaccarsi; perché apparve, qualche tempo prima dell'era cristiana, uno speciale messaggero ciclico, che dovette venire al cambio del punto di un'eclittica da un segno dello zodiaco celeste ad un altro, dal segno dell'Ariete ai Pesci. Nella letteratura teosofica, Gesù è considerato un avatāra, il messaggero per il ciclo messianico europeo, o dei Pesci. Come tale, Gesù rappresentava un raggio inviato dall'Essere Meraviglioso o gerarchia spirituale della terra, nell'anima di un essere umano puro, mentre il buddha razziale, Gautama Buddha, fornì l'apparato intermediario o psicologico in questo atto di magia bianca.

Ma probabilmente lo sforzo teosofico che Gesù tentò di avviare non durò più di cinquant'anni dopo la sua morte. Quasi immediatamente dopo la sua scomparsa, i suoi discepoli, tutti uomini poco istruiti, e in alcuni casi quasi analfabeti . . . imposero al mondo della loro epoca le forme e le credenze del primo Cristianesimo; e se non ci fosse stato nulla se non queste forme e credenze, quel sistema religioso non sarebbe sopravvissuto nemmeno altri cinquant'anni. Ma cosa accadde? Durante l'avvicinarsi del ciclo oscuro dopo Gesù (che cominciò, come abbiamo detto prima, al tempo di Pitagora) gli ultimi pochi raggi provenienti dal tramonto dell'antica luce splendevano flebilmente nelle menti di questi Padri della Chiesa, Clemente d'Alessandria per primo, e Origene d'Alessandria poi, e in un paio più simili a loro, che erano stati iniziati almeno in qualcuno dei Misteri inferiori pagani, allora degenerati; e questi uomini entrarono nella Chiesa Cristiana e introdussero qualche scarsa briciola di quella luce . . . che essi stessero scelsero; e questi raggi li derivarono principalmente dal sistema Neopitagorico e Neoplatonico." — Fundamentals of the Esoteric Philosophy, p. 486-87

Il nome ebraico Jah o Jehovah venne identificato nella mente dei cristiani con il nome di Gesù, sebbene Gesù non fosse mai stato, in nessun modo, identico allo Jehovah degli ebrei, ma fu identificato nell'iniziazione attraverso il proprio dio o Padre nel Cielo, e lo Jehovah ebraico misticamente era il reggente del pianeta Saturno.

Spesso è detto che le prime tre lettere in Greco hanno I. H. S., collocate in cima alle rappresentazioni del Gesù crocifisso, stanno per Iesus Hominum Salvator (Gesù il salvatore degli uomini) o In hoc signo (nel segno), in riferimento alla supposta visione dell'imperatore Costantino di una croce. Jesus è una forma di un nome misterioso in tutto il mondo, la cui importanza era il suo significato, spesso dato come un monogramma di tre lettere, analogo all'Aum sanscrito. Lo ritroviamo nello Iao gnostico dei greci, e delle varianti sono comuni nell'antica Grecia, come Iasos, Iasion, Iason, Iasos; e gli iniziati erano conosciuti come Iasidi, cioè figli di Iaso.


[1] Questa Appendice non fa parte dell'articolo La Storia di Gesù — è stata aggiunta dall'Editore per ampliare i Capitoli precedenti. — n. d. t.

[2] H. P. Blavatsky, Iside Svelata, II, 150-1 ed. or.; p. 151 volume II (Teologia) — Armenia Editore, MI, 1984.

[3] Per meglio approfondire questo Capitolo V e il successivo Capitolo VI [Il Mistero della Crocifissione] leggere La Sorgente Primordiale dell'Occultismo, dello stesso autore: Sezione 10, capitolo "L'Avatāra Gesù.." — n. d. t.

[4] Di questi esseri fuori dal comune ve ne sono anche due tipi — innanzitutto, gli avatāra umani, di cui Gesù e Śankarachārya in India erano rappresentativi e, secondariamente, avatāra non umani, tecnicamente chiamati avatāra aupapāduka. Quest'ultimo tipo si riferisce solo a quello che può essere chiamato un mistero cosmico. Aupapāduka è un composto sanscrito che letteralmente significa "senza genitori" o "senza un genitore," o, più precisamente, "uno che non segue" come un figlio segue suo padre in una diretta successione seriale. Quest'ultima classe di avatāra sarebbe troppo lunga da spiegare in un breve trattato. Lo studente interessato a questi insegnamenti può consultare il mio Occult Glossary.

[5] L'intera questione del cosiddetto Grido dalla Croce sta nel significato e nella forza del verbo ebraico shabah, poiché questo verbo significa parecchie cose, come, ad esempio, "portare pace," "glorificare," "consolare," e tutte con un senso di ricompensa consequenziale, o forse sarebbe meglio dire i frutti di qualche notevole raggiungimento spirituale ed intellettuale. L'altro verbo menzionato nel testo, 'azab,' significa "lasciare," o "abbandonare."



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